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Autore: La Chiave di Do    31/03/2012    5 recensioni
Summertime made promises
it knew it couldn't keep.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Turner, Miles Kane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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     Summertime made promises
     it knew it couldn't keep.


 

*



Svegliarmi la mattina e realizzare di non essere nel mio letto ma fra lenzuola profumate della fresca estate di Nantes ha smesso da un paio di giorni a questa parte di risultarmi traumatico, anzi, oserei dire che potrei ormai considerarlo quasi piacevole se la luce bianchissima delle dieci di mattina smettesse di accecarmi con una puntualità piu' svizzera che francese. Certo sarebbe piu' fastidioso il trillo impostato come sveglia sul cellulare, divenuto fortunatamente inutile grazie all'inquietante affidabilità dei raggi solari; infatti l'odio che provo per il mondo ogni qualvolta qualcuno o qualcosa, sia essa il telefono o madre natura stessa, infrange il mio preziosissimo sonno sembra aver trovato un contenimento durante il nostro soggiorno nello studio.
Nostro, mio e di Alex.
Alex, che a giudicare dalle lenzuola semiriverse sul pavimento in un cumulo di cotone bianco dev'essersi già alzato; la sua presenza, di solito silenziosamente palpabile, sembra un ricordo, in quella stanza vuota.
Compio uno sforzo incommensurabile per alzarmi dal letto e trascinarmi flemmaticamente fino al cucinino del nostro alloggio, dove due tazze di caffè -di cui una già svuotata- ormai meno che tiepido mi si offrono come una benedizione divina: Alex, sempre attento, premuroso come un fratello maggiore. Agguanto la bevanda senza berne, spalancando la finestra che da sul giardino alla ricerca di un volto da ringraziare; l'aria tiepida mi invade i polmoni e purifica il locale allo stesso tempo. Il clima della Loira è temperato, assolutamente piacevole: abbastanza caldo da poter girare in maniche di camicia, ma non al punto da fartici sudare. Mi viene da chiedermi se lo strimpellare di chitarra che mi giunge alle orecchie deformato e ammorbidito dal vento caldo sia caratteristica dell'aria francese, poi il mio sguardo si lascia guidare dall'udito verso una figurina seduta a gambe incrociate all'ombra frastagliata dell'abete con la mia acustica in grembo, la testa ricciuta china sul manico nel timido arpeggio di qualcosa che mi pare aver composto io. Inforco gli occhiali da vista per mettere a fuoco il profilo morbido della fronte e del naso di Alex seminascosti dalla frangetta scura e mi godo il rincorrersi delle sue dita sui tasti mentre mi infilo qualcosa che assomiglia ai miei jeans ma abbastanza stretti da poter essere i suoi, poi la stessa camicia bianca del giorno prima, identica a quella che porta lui.
Il caffè ad un primo assaggio risulta essere gelido, ma sono talmente assonnato che mi accontenterei di una fiala endovenosa di caffeina per riuscire a farmi luce nel cervello come appena fatto nella stanza.
Quando coraggiosamente decido di fronteggiare il mondo, ridotto in quelle due settimane al giardino degli studi e alla campagna che lo circonda, uscendo dall'alloggio la chitarra smette di stridere e mi sento improvvisamente addosso due immensi occhi color cioccolato, sebbene non sia ancora riuscito a spalancare i miei nella luce solare; quando mi abituo alla luminosità Alex è li', immobile con le mani sovrapposte sul corpo dello strumento, e mi guarda con il capo un po' storto come certe bestiole perplesse.
Era ancora caldo?” si limita a chiedermi con la sua voce ruvida da ragazzino in pieno picco ormonale; mi viene da chiedermi se riuscirà mai a cambiarla del tutto o se resterà per sempre in quel registro intermedio fra un baritonale bollente e un innocente grattato adolescenziale.
Mento annuendo e allungo due passi sull'erba, notando che i suoi piedi sono nudi come i miei.
Quando gli faccio notare che stando li' seduto gli si sporcheranno i pantaloni lui alza candidamente le spalle e riprende a strimpellare nervosamente;
al diavolo, penso mentre mi siedo di fronte a lui, cercando mentalmente di contare le diverse tonalità di castano che gli si dipingono fra le ciocche quando i raggi filtrando fra i rami gli colpiscono la fronte. Un lampo di luce gli fende l'iride, facendola brillare d'oro per un momento.
Sei sveglio da molto?” gli chiedo senza un vero interesse seguendo inconsciamente il dondolio delle sue braccia di cui la stoffa bianca ferita dal sole lascia intuire la magrezza.
Alex abbozza un mezzo sorriso che vista l'ambientazione riesce per qualche assurdo motivo a ricordarmi la Gioconda, o il finale di certi
mistery novels che ti costringono a rimuginare per ore senza trovarci una spiegazione valida, ma con un fascino piu' intimo, come se ci avessi fatto l'abitudine, e scuote un poco la testa senza dire niente; da un'ultima pennata secca alle corde e mentre mi accorgo che non sta usando il plettro mi tende la chitarra con l'espressione mortificata di un bambino che l'ha combinata grossa.
Non avevo voglia di tirare fuori la mia...” ammette in un sussurro incrociando quegli occhi bruni cui non saprei mai negare perdono coi miei.
Figurati”.
Le nostre dita si sfiorano per un momento nel passaggio di mano e lui mi fissa un istante con l'aria speranzosa di chi si aspetta qualcosa da te ma io mi limito ad appoggiarmela accanto sull'erba, sentendomi sordamente in colpa di averlo deluso.
Alex allunga le braccia dietro di sè spenzolando ad occhi chiusi la chioma bruna all'indietro prima di lasciarsi ricadere sul prato in un respiro profondo. Il suo corpo quasi non fa rumore quando tocca terra, sembra praticamente privo di peso. So già che il retro della camicia gli diventerà completamente verde, ma non me la sento di consigliargli di alzarsi quando un sorriso gli increspa il viso pallido mentre la luce filtrata dalla trama dell'abete vi dipinge strane geometrie; è cosi' calmo e immobile da sembrare addormentato, ma il suo respiro è troppo leggero e gli gonfia soltanto il petto.

Miles?” ogni volta che mi chiama cosi', in un mezzo sospiro, nel suo accento che nasconde la metà delle vocali, mi convinco intimamente che le successive parole destinate ad uscire dalla sua bocca saranno necessariamente concetti altamente filosofici, o versi poetici, ma questa volta lo sento solo alitare:
A che ora vogliamo iniziare, oggi?”.
Niente, per una volta Alex mi concede l'onore di apparire umano quanto me.
Nel pomeriggio” abbozzo senza convinzione; fosse per me potremmo passare la giornata in giardino a non fare assolutamente nulla all'ombra dell'abete, suonicchiare qualcosa e ributtarci sul letto a notte inoltrata dopo un paio di sigarette. L'ultimo punto, comunque, non mi pare una cattiva idea in ogni caso.
Accenna un sospiro che indica assenso e mi lascio ricadere al suo fianco, cosi', per vedere -o respirare, visto che tiene gli occhi chiusi- il mondo dalla sua prospettiva, fregandomene altamente del fatto che anche la mia camicia si sporcherà.

 

***


Non si riesce a sfuggire alla luce neppure nello studio, sembra in qualche modo attratta da viso di Alex, chiaro e luminoso come una stella. Il bianco della sua camicia -rimasto tale nonostante la nostra affettuosa scazzottata sul prato di qualche ora prima- gli si riflette addosso rendendo la sua pelle liscia un uniforme superficie candida, come il volto di un angelo. Quei suoi tratti dolci in effetti, accoppiati a quel suo taglio di capelli sempre piu' indefinito nel corso degli anni, lo hanno sempre reso un po' androgino e gli angeli, a quanto si dice, dovrebbero essere asessuati e incorrotti.
La verità è che ritrovarmelo fra le braccia, ridente e supplichevole sull'erba nel tentativo di sfuggire al secondo round mi ha vagamente turbato. E' stato lui a cominciare, ad essere sinceri, puntandomi un indice sottile contro la spalla, io mi sono limitato a restituirgli la ditata; poi abbiamo continuato fino a riempirci di pugni sul petto che probabilmente evolveranno in lividi nell'arco della giornata -e vista la sua ridotta forza fisica temo che domattina quello messo peggio sarà lui- gettandoci vicendevolmente sul tappeto verde, ma a parte lo strapazzamento fisico tutto quel giocare come due bambini idioti ha celato qualcosa di sfogante e, nella speranza che non mi si legga negli occhi lo ammetto, misteriosamente sensuale.
Di fatto la voglia di ridere come cretini ancora non ci ha abbandonato del tutto e in studio concludere qualcosa è diventata un'impresa.
L'ombra dei due calici di cristallo si proietta viola di vino sul muro di fronte, immensa e brillante, come un prisma limitato ai toni del rosso. Ci è venuta l'idea di stappare una bottiglia di costoso vino francese, giusto per concederci un po' di snobismo inglese prima di registrare. Il che, probabilmente, non contribuisce alla nostra poca voglia di fare odierna.
Alex mi regala per l'ennesima volta quella sua risata dolce e stupida e sostiene con un'unica mano l'acustica -la sua, questa volta- mentre con la sinistra pesca dal tavolo il suo bicchiere avvicinandolo alle labbra; incrocia gli occhi bevendo, poi mentre il pomo d'adamo gli danza in un sorso di quel nettare nero il suo sguardo nocciola incrocia il mio al di sopra del bicchiere: mi turba, quando fa cosi', i suoi occhi da soli hanno un che di inquietante, a metà fra il folle e l'innocente. Si lascia scivolare il calice dalle labbra lasciandovi l'arco della loro impronta rosea prima di posarlo di nuovo al suo posto. E' il terzo che si scola praticamente a stomaco vuoto e la sua proverbiale incapacità di reggere l'alcol ha già fatto si che gli occhi gli si velassero un poco; come possano due iridi brune celare una sorta di sfumatura azzurrina, cosa che gli accade in questi casi, per me è sempre stato un mistero, e francamente non mi va di prendere una laurea in oculistica per scoprirlo.
Una goccia di vino gli scivola lenta e rossa lungo la linea del labbro inferiore dipingendoglielo di un rosa piu' scuro del solito carminio pallido e catturando la mia attenzione: pericolosamente sospesa al di sopra della camicia candida scatena in me l'istinto di allungare l'indice a raccoglierla prima che precipiti a macchiarla.
Mi guarda perplesso, succhiandosi il labbro, poi capisce e si apre in un sorriso.

Vino” indovina divertito strizzando gli occhi in un sorriso che da qualche parte nell'universo sta probabilmente costringendo una stella ad implodere.
Vino” ripeto in risposta.
Reprimo il desiderio profondo di tuffarmi in bocca il dito bagnato della goccia rubata e prendo deliberatamente il calice di Alex, ricalcando l'impronta delle sue labbra sul cristallo macchiato di rosso; bevo, sentendomi un idiota mentre scopro che la sua esagerata dolcezza non è contagiosa. La bevanda mi scende in gola in un tepore voluttuoso.

E' il mio bicchiere” m'informa semplicemente.
Scusa” e lo poso accanto al mio.

 

***
 

Forse è invidia la mia, ma la sola idea di associare ad Alex un peccato capitale mi deprime e disgusta al punto da farmi risalire nel naso il gusto della cena. Mai in vita mia mi sono sognato di rivendicare qualsivoglia abilità culinaria, nè per me nè per qualunque altro Inglese, ma inizio a chiedermi se in Francia aglio, cipolla e distraenti erbette di ignota provenienza vengano propinate anche nei dolci. Persino l'insalata non era che un colossale groviglio di odori che il mio palato non è stato in grado di sciogliere: a casa mia un'insalata non è altro che qualche foglia di lattuga con sale, limone e olio. Alex ha scostato con abilità crescente e profondo disgusto ogni singolo cubetto di prosciutto cotto che il piatto tentava di propinargli, oltre a cercare di distogliere lo sguardo con ostinazione ogni volta che i miei denti ferivano il pane spalmato di foie gras. In effetti, a parte sgranocchiare bastoncelli di verdura cruda e riempirsi di insalata e frutta fresca, non è che lo veda mangiare chissà quanto; ringrazio finalmente chi ci abbia fatto trovare sul tavolo un enorme piatto di formaggi francesi che gli hanno fornito un apporto proteico e calorico sufficiente a non vederlo crollare da un momento all'altro per malnutrizione: credo che sarebbe in grado di spazzolarsi da solo una forma intera di Camembert. La mia ipotesi è che la sopravvivenza di Alex durante il nostro soggiorno qui sia strettamente legata alle due scatole di cioccolatini che ci hanno fatto trovare al nostro arrivo, di cui è divenuto tremendamente geloso e pericoloso custode: in questo momento, lasciati disordinatamente i resti del nostro assai poco soddisfacente pasto sul tavolo della cucina, è chinato sul tavolino del salotto nella scelta della sua preda. Finalmente si tuffa in bocca una conchiglia fondente e non riesco a fare a meno di pensare a come la calda sensazione del burro di cacao che si scioglie lentamente sulla lingua sia in qualche modo paragonabile a certi suoi sguardi languidi. Si gusta ad occhi chiusi quel suo piccolo angolo di piacere, poi spalanca la finestra e si mette a fumare, nel chiaro tentativo di uccidermi: Alex Turner, quando fuma, è quanto di piu' genuinamente attraente esista sulla faccia della terra.
Davvero non mi va, di invidiarlo, è un sentimento cosi' sgarbato, eppure quando se ne sta li', coi fianchi appoggiati al davanzale e i capelli che accarezzati dalla neonata notte prendono una sfumatura violacea non posso fare a meno di chiedermi come diavolo faccia ad essere sempre cosi' posato e taciturno, come se nulla al mondo turbasse la sua calma. Senza il minimo sforzo, bensi' grazie quel suo essere naturalmente impacciato ma sempre opportuno, per qualche strana ragione Alex piace un po' a tutti, donne e uomini di età variabile, e persino un qualunque maschio convintamente etero quale sono sempre stato non è in grado di negargli una discreta dose di fascino. Enorme dose. Perfino mentre si accende una sigaretta. Forse non è invidia la mia, forse è solo l'irrealizzabile desiderio di sentire cosa si prova, ad essere un ragazzino timido e misterioso desiderato da buona parte della popolazione mondiale, o quello piu' realizzabile -ma angosciante nella possibilità che s'infranga- di passare la vita intera senza mai perderlo di vista.
Lo scatto dello
Zippo mi ridesta ma il sogno sembra non volatilizzarsi, a meno che la boccata di fumo argenteo che si libera dalle labbra schiuse di Alex annebbiandogli lo sguardo faccia parte di questa realtà; probabilmente è cosi', perchè il suo spettinarsi i capelli con la mano libera è un gesto cosi' tipicamente realistico che neppure la dimensione onirica potrebbe ricalcarlo cosi' perfettamente. Quando si avvicina la Marlboro alle labbra appoggiandosela fra i denti in una nube chiara e si volta a fronteggiare il cielo il suo viso si fa cosi' bianco nel riflesso bluastro della luna da sembrare di cera; forse al buio brilla di luce propria, ma non avendo notato bagliori in quelle tre notti passate a dormire a pochi metri di distanza da lui respingo l'ipotesi. Ogni santa volta che vedo i suoi brillare in quel modo ho come il terrore che si possa mettere a piangere da un momento all'altro, invece si limita a ripescarsi dalle labbra la sigaretta fra l'indice e il pollice dopo un tiro concentrato e trattenendolo a denti stretti porgermela offrendomi un assaggio.
Non so perchè di preciso, siamo piuttosto avvezzi a passarci la sigaretta, ma questa volta decido di avvicinarmi e appoggiarmi alla finestra al suo fianco per poi allungare le labbra ad accogliere la sua concessione direttamente dalle sue dita; per un momento il suo medio mi sfiora la punta del naso, il pollice il labbro inferiore mentre ricalco la sua bocca sul filtro. Espiriamo simultaneamente.
Non un turbamento a quel mio gesto sciocco e inconsueto, non una parola mentre mi limito a ringraziarlo, anche se sarei pronto a scommettere che nel buio le guance gli si siano miracolosamente dipinte di rosa pallidissimo. Ma è calmo, come sempre, imperturbato nell'animo. Mi da abbastanza sui nervi.
Finisce la
Marlboro in tutta tranquillità, poi la spinge nel posacenere e richiude la finestra nascondendo parzialmente la luna dietro le tende chiare. Si lascia cadere sul letto ed io impiego una manciata di secondi per rendermi conto che è il mio; si slaccia i polsini allungando le braccia in aria sopra di sè e rimbocca con cura le maniche per mostrarmi la precisa impronta violacea del mio pugno al di sopra il suo gomito: mi viene da ridere, e nonostante al tocco sembra dolergli anche lui ride sotto i baffi.
Coglione” mi dice.
Se vuoi rincaro la dose” scherzo, ma lui strotola la stoffa ricoprendo il braccio e si stende di nuovo con le mani dietro la testa, lo sguardo fisso sul soffitto.
Ho sonno” mi informa in uno sbadiglio educatamente schermato dal pugno chiuso, gesto che ho sempre considerato infinitamente snob.
Annuisco e vado a sedermi sul mio letto per sfilarmi le scarpe, tentando di ricordargli che, appunto, è il mio; ma quello non si toglie costringendomi a tossicchiare:

Questo sarebbe il mio letto”.
La sua risposta consiste nel sospirare e tuffare la faccia nel cuscino in un mugolio supplichevole che mi fa temere che finire la bottiglia di vino a cena sia stata una pessima idea.
Cazzi tuoi” butto li' stendendomi al suo fianco il piu' vicino possibile al centro del letto e costringendolo cosi' a schiacciarsi contro il muro; sfortunatamente i letti francesi sono immensi, anche quelli singoli, e viste le dimensioni ridotte del corpicino di Alex non riesco a farlo ritrovare scomodo come sperato.
Ci è già capitato di dormire insieme, ma mai cosi' vicini tra noi e lontani dal nostro mondo, del tutto soli, nella piena consapevolezza che il rapporto creatosi fra noi nell'ultimo anno è quanto di piu' assurdo e intimo ci sia capitato: definirlo in qualche modo sarebbe cosi' limitante che quando ci capita di presentarci vicendevolmente a qualcuno non osiamo pronunciare la parola
amico o collega o compagno, perchè temiamo entrambi che ognuna potrebbe in qualche modo offendere l'altro o suscitare stupidi franintendimenti; non che mi interessi particolarmente quest'ultimo punto, ma mi rendo conto solo in quei momenti di quanto ogni singola cellula del mio corpo tremi nel terrore di perderlo.
La testa boccoluta di Alex mi ruba metà del cuscino ma in un sorriso spontaneo cedo alla voglia di spettinarlo, a mano aperta, suscitandogli un verso piu' vicino ad un miagolio che ad un vero lamento; non protesta, in realtà, quando il mio tocco si fa piu' gentile nell'abbozzo di una carezza in punta di dita, che prolungo fino a perdermi in quell'inchiostro morbido. Smetto di coccolarlo sentendolo respirare profondamente, temendo che si sia addormentato, ma lo sento mugolare contro il cuscino, piu' sveglio e determinato che mai:

Non mi muovo”.
Sbuffo, poco credibile e lo lascio accoccolarsi con la fronte contro la mia spalla, in una posizione che solo uno come lui potrebbe trovare comoda, una mano fra le gambe e un gomito contro la mia anca: tanto respinge il contatto con chi gli si avvicina nella pretesa impossibile di conoscelo, tanto lo cerca, anche minimo e banale, con le persone che ama, come certi cuccioli che ti appoggiano il naso sulle ginocchia semplicemente per ricordarti della loro esistenza.
Non respira, quasi, forse per non disturbarmi; nello sciocco desiderio di accertarmi che sia ancora vivo -cosa non del tutto certa vista la sua assoluta immobilità- me lo tiro piu' vicino cingendogli le spalle e lasciando che la mia mano capiti di nuovo a stuzzicargli i capelli: una specie di grugnito mi indica che è anche sveglio, anche se non del tutto cosciente. La sua fronte liscia, cosi' vicina, richiama le mie labbra che mi limito semplicemente a posargli sulla scriminitura dei capelli, dove il bianco della sua pelle fresca incontra il nero in quel punto cui di solito la frangetta scomposta impedisce ai comuni mortali di aspirare: una concessione del genere mi fa sentire una sorta di dio, o un eroe, oppure un totale blasfemo che cerca di carpire dogmi troppo profondi per essere usurpati da un volgarissimo bacio. Il rogo sarebbe quello che mi merito se a graziarmi non giungesse quel suo mezzo sorriso di bambino appena percettibile al buio, sereno; nessuno sa quante angosce e pensieri si azzuffino dietro quella fronte e nel suo petto fragile che sento alzarsi ed abbassarsi appena contro il mio fianco, eppure quando siamo soli e a si e no un migliaio di chilometri da casa sembra che assolutamente nulla riesca a turbarlo, neppure il fatto di dormire nel mio stesso letto in una casupola che sembra a tutti gli effetti un nido d'amore nella campagna della Loira. Se ne frega altamente, questo è un fatto.
Non il mio corpo, non la mia guancia s'infiamma quando Alex mi ci scocca un bacio morbido delle sue labbra sempre misteriosamente umide come fatto centinaia di volte in pubblico -cosi' come l'ho già stretto in quel modo fra le braccia anche davanti alle telecamere, senza un'ombra di vergogna- ma l'anima, quella si, sembra che mi prenda fuoco, come se la tenerezza la possedesse fino a farmi male, in un sentimento che la mia esperienza di figlio unico non mi permette di associare pienamente a quella nutrita per un fratello; forse è lo stesso per lui, anche se l'affetto di una figura paterna, cosa che io ho conosciuto di rado, potrebbe avvantaggiarlo in quest'intuizione. Non so quanto in tutto questo centri il trovare in lui il riflesso di tutto cio' che in me acquisisce il significato di inconsapevole perfezione.
Desidero la sua presenza fisica e la sua vicinanza affettiva, cerchiamo approvazione l'uno nell'altro mentre magicamente creiamo la nostra musica con una naturalezza che non ci è mai appartenuta, sempre insieme; in fondo mi basta sapere questo, ogni deduzione posteriore è superflua e banalizzante. Quello che so e che sappiamo è che stare insieme ci fa bene e ci fa stare bene, senza perdersi in ulteriori masturbazioni cerebrali.
Messo in chiaro tutto questo almeno sotto il profilo razionale, visto che intimamente so che il mio cuore non arriverà mai a comprendere a fondo tutto questo, posso tentare di scoprirmi assonnato, o almeno stanco per tutto quel vino rosso e questo pensare freneticamente. Il mio corpo ha smesso di rispondermi da parecchio e la mia mano viaggia ormai da sola nel costante ritmo della carezze alla testa ricciuta di Alex, anche lui prossimo al sonno.
E finalmente, nel tepore notturno dell'estate francese e del nostro patetico abbraccio, dico tutto quello che è in mio dovere dire, senza aspettarmi alcuna risposta che il suo respiro.

Buonanotte, Alex”.


*



                    La Chiave di Do.
          Nè  Miles nè  Alex,  con mio sommo dolore,  mi appartengono.  Ma cio' non toglie che siano l'esempio di
          bromance piu' commovente e perfetta che la mia anima possa suggerirvi, perchè in effetti per scrivere
          questo pezzo mi sono unicamente ispirata al canon, nonostante la mia mente sia solita partorire sconcez-
          -ze estreme noi loro riguardi,  cosa che spero mi venga idealmente perdonata.  Mi sono immensamente
          impegnata volendo finalmente dare dignità a questa coppia meravigliosa e per questo spero che piaccia
          almeno a qualcuno. Con un profondo ringraziamento alla mia Miles personale -Giulia- e col pensiero
          a  _fallapart  io mi congedo con questa:  http://www.youtube.com/watch?v=5WurP4dBKN8  che  si,  è
          cantata da Alex... non avrete mica pensato che gli avrei proprio negato cosi' platealmente la parola?

 

   
 
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