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Autore: Cabiria Minerva    01/04/2012    1 recensioni
La giovane Minerva non ha niente a che vedere con la fredda e composta insegnante di Trasfigurazioni. Sorride, balla, si innamora... Cosa l'ha cambiata?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Quando ti si spezza il cuore,
A volte si aggiusta male...

 

 

Settembre 1945 


 

Minerva McGranitt, vent'anni appena compiuti, nascondeva a malapena l'agitazione mentre entrava nella Sala Grande di Hogwarts per il ballo in maschera che la scuola aveva organizzato per festeggiare la fine della guerra Babbana che aveva scosso l'intero mondo – magico e Babbano – per lunghi, devastanti anni. La giovane, vestita con un semplice vestito di taffetà color muschio, era ancora stupita dall'invito – perché mai avrebbero dovuto invitare proprio lei? Certo, aveva un discreto successo nel campo della Trasfigurazione, ma non si poteva certo definirla una personalità. Nel momento in cui attraversò la grande porta in legno scuro sentì gli sguardi di molti dei presenti posarsi su di lei, malgrado la semplicità del vestito che aveva scelto, infatti, Minerva era una ragazza piuttosto attraente: aveva un corpo snello e tratti dolci.

Arrossendo abbassò lo sguardo e si immerse nella folla cercando volti conosciuti. Alzò più volte una mano per un segno di saluto a vecchi insegnanti o compagni di scuola – quasi tutti provenienti da famiglie antiche e facoltose. Dopo aver scambiato qualche parola con Albus Silente – il suo vecchio professore di Trasfigurazione – si diresse verso un tavolo ricolmo di stuzzichini e bevande dai colori improbabili.

Mentre si godeva un bicchiere di Vino Elfico notò un giovane uomo a pochi passi da lei. «Ehi, tu sei il fratello di Ewan Davies!» Subito dopo aver parlato Minerva sentì le guance bruciargli. Possibile che non riuscisse mai a stare zitta? Oltretutto lei conosceva Shiloh Davies – o meglio, l'aveva visto una volta, da lontano – ma lui non conosceva lei.

L'uomo la osservò sorridente e strinse un poco gli occhi, di un caldo marrone. «Esatto, e tu sei...?»

«Minerva... Tuo fratello era nella mia Casa.» Aggiunse a mo' di spiegazione.

Shiloh allungò una mano. «Piacere.» Minerva la strinse nervosamente. C'era qualcosa in quel ragazzo... Qualcosa che le chiudeva la bocca dello stomaco e le anestetizzava i pensieri. Shiloh la tirò improvvisamente verso di sé. «Ti va di ballare?»

Con gli occhi del giovane fissi nei suoi Minerva non poté far altro che annuire e lasciarsi portare, cercando di ignorare i brividi che si irradiavano dal luogo in cui le mani calde di Shiloh l'accarezzavano attraverso il vestito.

«E dimmi, Minerva, di cosa ti occupi?»

«Sto approfondendo i miei studi nell'ambito della Trasfigurazione» mormorò.

«Sei un Animagus?» le chiese Shiloh incuriosito.

«Quasi... Devo ancora passare alcuni esami e poi potrò iscrivermi al Registro.» rispose con aria vagamente orgogliosa, sentendo la tensione allentarsi un poco.

Dopo alcuni istanti, tuttavia, Shiloh si scusò: doveva andare, raggiungere degli amici che lo aspettavano. «Ma posso confidare nel fatto che ti rivedrò alla festa organizzata dai miei genitori, la settimana prossima?» Minerva annuì e lo guardò scomparire tra la  folla.


 

* * *


 

«Minerva!» La voce di Shiloh la raggiunse non appena varcò la soglia di Casa Davies. Poco dopo le sue mani erano strette in quelle del ragazzo. «Sono felice che tu sia venuta...» Le diede un bacio leggero sulla guancia, ma tanto bastò a farla arrossire. La trascinò in mezzo alla pista da ballo, stringendola a sé.

Mentre le narici di Minerva si riempivano dell'odore – un misto di sapone e... zucchero? Sì, sembrava zucchero... E forse anche un tocco di muschio – in cui era avvolto Shiloh, il suo cuore accelerò i battiti. Che cosa le stava succedendo? Mai si era sentita così... così ammaliata, come persa in quella presenza che l'avviluppava, possessiva.

Shiloh le mormorò alcune parole e la condusse su un balcone. Era già buio, e l'aria fredda fece venire i brividi a Minerva che, tuttavia, non chiese di rientrare. Il ragazzo l'abbracciò, e Minerva si guardò attorno con occhi sgranati.

«Lascia che guardino» le sussurrò Shiloh come se le avesse letto nel pensiero. Le baciò nuovamente la guancia una, due, tre volte. Il quarto bacio, invece, atterrò sulle labbra rosee e sottili. Minerva sobbalzò, incapace tuttavia di allontanarsi. Quel ragazzo esercitava su di lei un'attrazione magnetica, quasi pericolosa. «È dal primo momento in cui ti ho vista che desideravo baciarti» le disse senza staccare le labbra dalle sue. «Se avessi potuto mi sarei prostrato davanti a te, sarei stato tuo!, già la scorsa settimana, al ballo.»

«Io...» Minerva non sapeva cosa dire. Sembrava tutto fin troppo perfetto.

«Credi all'amore a prima vista?» La domanda la lasciò di stucco. Come poteva parlare d'amore, dopo così poco tempo passato assieme a lei? A malapena si conoscevano. Shiloh correva troppo e la cosa spaventava Minerva, che sentì il proprio corpo irrigidirsi tra le braccia del ragazzo.

«No.» Sentì l'ansia crescere dentro di sé, la paura d'esser ingannata prendere il posto della gioia. «Io credo che l'amore sia conoscenza» mormorò mordendosi il labbro. «Credo che richieda tempo ed impegno.»

Inaspettatamente, Shiloh rinnovò il suo sorriso. «Io invece ci credo. Perché non appena mi hai rivolto la parola ho sentito qualcosa che non avevo mai sentito prima.» La baciò nuovamente, questa volta intrufolando la lingua, assaporando il sapore dolciastro della giovane. «Ora che ti ho trovata non ti lascerò mai andare via...» mormorò appena, le labbra su quelle della ragazza.

Le braccia di Minerva si mossero come animate di vita propria e corsero lungo la schiena di Shiloh, accarezzandola, per poi tuffarsi tra i suoi capelli, lunghi quasi fino alle spalle. Come drogata ricambiò i baci, le carezze, incurante di chi potesse vederli. Era una follia, riconosceva con se stessa in brevi momenti di lucidità, ma Shiloh era un nettare troppo buono per potersene allontanare.

Rimasero abbraccianti a lungo, insensibili al freddo e all'oscurità che si faceva sempre più densa, dimentichi della festa, degli invitati, della musica... Solo quando un cameriere uscì per comunicare che la festa stava giungendo al termine e che era richiesta la presenza di Shiloh per salutare gli ospiti i due giovani si staccarono, ancora uniti dagli sguardi.

«Temo sia arrivata l'ora di salutarci.» le mormorò Shiloh facendo un cenno d'assenso al cameriere che, dopo un breve inchino, tornò all'interno.

Minerva annuì ma non disse nulla. Una parte di lei, ingenua, voleva credere alle parole che Shiloh le aveva detto e sperava che le chiedesse di vederlo ancora, ma l'altra, sospettosa e all'erta, attendeva la delusione.

«Pensi di aver tempo, nei prossimi giorni, per fare una passeggiata? O per bere un tè, come preferisci!» Le accarezzò il volto e la ragazza non riuscì a nascondere l'emozione.

«Sì, certo.»

«Benissimo!» Rise; la risata di chi ottiene sempre ciò che vuole, sapendo che l'otterrà ancora prima di chiedere. «Ti manderò un gufo il prima possibile.» Le fece il baciamano guardandola maliziosamente, poi le diede la buonanotte e raggiunse i genitori e il fratello nel salone.


 

Novembre 1945


 

Minerva osservava deliziata il panorama davanti a sé, nascondendo un tremore. Le luci lontane della città risplendevano come le stelle sopra di loro, e il fruscio del vento tra gli alberi sembrava quasi seguire il ritmo delle carezze – sempre più sfrontate peraltro – di Shiloh. Arrossendo fermò una mano che, sfacciata, era appena scivolata sopra il suo ginocchio. «Shiloh...» mormorò poco convinta.

«Ssssh» fu la risposta, accompagnata da un bacio caldo, umido. Le dita del ragazzo si intrufolarono tra i lunghi capelli di Minerva assicurandosi che non potesse allontanarsi.

Ma Minerva non voleva allontanarsi. Non voleva rimanere anche solo un istante senza di lui, e ogni volta che si dicevano addio, seppure solo per pochi giorni, si sentiva svuotata, deprivata di una parte di se stessa. Soffriva, ma non glielo avrebbe mai confessato. Come avrebbe potuto? Era terrificata dall'idea di mostrargli i suoi veri sentimenti, trattenuta dalla paura che le promesse di Shiloh fossero solo bugie. Era stretta nella morsa dell'inquietudine che le diceva di non farsi illusioni, che così come il ragazzo aveva deciso di amarla, all'improvviso, allo stesso modo avrebbe presto perso ogni interesse per lei, per la novità che rappresentava, e sarebbe passato a giurare amore eterno alla prossima. Queste ed altre erano le sue paure, eppure in quel poco tempo che erano riusciti a passare insieme aveva sentito sensazioni nuove, stupende, crescere come una quercia incantata dentro di lei, allungare i loro rami verso ogni suo pensiero, fiorire nei suoi sogni.

Lo amava. Ma aveva paura.

«Sei così bella...» mormorò il giovane dopo averle ricoperto il viso di piccoli baci.

Minerva arrossì. Aveva chiesto più volte a Shiloh di non inondarla di complimenti, credendo che li dicesse per mera gentilezza, o per arruffianarsela. Ma lui aveva continuato, imperterrito, ed ora lei ci credeva, credeva di essere bella, di essere fantastica e speciale.

Shiloh le prese il mento con una mano. «Sono serio. Sei così bella... E sei mia.» Sorrise maliziosamente. «Per sempre.»

Il cuore di Minerva batteva all'impazzata. Per sempre. Forse era ora di abbassare le difese, i muri che le impedivano di fidarsi e di concedersi completamente a qualcuno. «Shiloh...» Due occhi marroni la fissarono. Non ci riusciva. Era ancora troppo presto. «Niente.» Abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto dirgli che lo amava, che era sua e che lo sarebbe sempre stata, che voleva che il mondo intero sapesse che lei, Minerva McGranitt, era solo sua. Ma non ce la fece, e si odiò per quel suo essere così diffidente e introversa. Ha detto che aspetterà che io sia pronta, non importa quanto tempo ci vorrà disse tra sé e sé, sentendosi un poco sollevata.

Sì, Shiloh le aveva promesso che avrebbe avuto rispetto per i suoi tempi. Le sue labbra si inarcarono in un sorriso quando ricordò la frase che il giovane aveva pronunciato subito dopo: «E ho tutto il tempo per conquistarti!» Le aveva fatto l'occhiolino e aveva continuato a baciarla, proprio come stava facendo quella sera.

E Minerva gli credette.
 


 

Dicembre 1945


 

Minerva era accoccolata in un angolo della sua stanza, le braccia attorno alle gambe, scossa dai singhiozzi. Solo alcuni giorni prima era stata inondata dalla cattiveria, che fino ad allora aveva cercato di ignorare, insita in Shiloh. Era scattato dopo una sua battuta scherzosa, e le aveva rivolto parole che l'avevano ferita nel profondo, mettendo in dubbio le sue capacità, la sua vita intera. L'aveva umiliata davanti a tutti a causa di una battuta innocente che, tuttavia, l'aveva toccato nell'ego.

Non voleva più vederlo. Non voleva più sentire la sua voce, quella stessa voce che le causava i brividi ad ogni sillaba. Non voleva più pensare a lui, sognarlo, mormorargli ti amo quando lui non poteva sentire.

Alzò gli occhi tumefatti verso una finestra, mordendosi le labbra, pensando alla vera ferita che Shiloh le aveva inferto. Aveva rotto le sue promesse. Il suo ego era stato più importante dell'amore che le aveva più volte dichiarato, non l'aveva cercata, non si era scusato. Se n'era semplicemente andato. Sparito. Non una parola, un gufo, niente.

«Bravissima, Minerva. Hai rovinato anche questo.» mormorò, riversando suo malgrado tutte le colpe su se stessa. .


 

* * *


 

Stava camminando, lentamente, tra le vie di Diagon Alley quando sentì una voce conosciuta chiamarla. Alzò lo sguardo da terra e, pochi metri più in là, vide il famigliare volto di Ewan Davies. Il suo pensiero corse al fratello di questi, accompagnato da una stretta al cuore, ma cercò di non lasciar trapelare nulla sul suo viso. «Ewan!» Lo scrutò. Non era cambiato molto, in quegli anni. Sempre un po' pacioccone, gli occhi – chiari, di un colore simile all'acqua stagnante dei pozzi – illuminati da un sorriso. «Quanto tempo.» aggiunse subito in tono cortese.

«Oh Minerva, è veramente bello rivederti. Soprattutto dopo...» si guardò attorno imbarazzato. «Ho sentito che tu e Shiloh...» Macchie rossastre gli ricoprirono il volto e, malgrado la tristezza che l'aveva invasa nel sentire quel nome, Minerva si ritrovò a ridacchiare. «Ecco... Spe- spe- spero che non ti abbia fa-fatto soffrire.» Il balbettio del ragazzo la costrinse a trattenere le risate, anche se ora si sentiva stranamente di buonumore.

«Non è niente.» Gli appoggiò la mano su una spalla. «Vieni, andiamo a chiacchierare dietro a una Burrobirra bella calda, ti va?»

Ewan annuì e la seguì, docile come un cucciolo. Minerva sapeva che il ragazzo aveva sempre avuto un debole per lei, durante gli anni a Hogwarts, e per un istante ebbe paura di illuderlo in qualche modo, mostrandosi gentile. Allontanò il pensiero con un gesto della mano. Si trattava solo di una riunione di vecchi compagni di scuola, niente di più, si disse mentre entravano nell'affollato Paiolo Magico.

Dopo alcune ore passate a parlare – e qualche Burrobirra di troppo – Minerva si ritrovò suo malgrado ad accettare l'invito a cena di Ewan, il giorno dopo. È solo una cena, pensò, mentre abbracciata al braccio del giovane uomo oltrepassava il muro che divideva Diagon Alley dalla Londra Babbana. È solo per gentilezza, cercò di convincersi, quando le mani di Ewan le accarezzarono timidamente un braccio. Non è niente, ripeté poco convinta lasciandosi baciare.
 


 

Marzo 1987


 

«È incredibile come eventi apparentemente consueti riescano a cambiare così tanto una persona.» mormorò Albus Silente da dietro la sua tazza di tè fumante.

«Non capisco cosa tu voglia dire, Albus» rispose, composta e un po' gelida, la professoressa McGranitt. Aveva appena finito di raccontargli di Shiloh ed Ewan – che aveva lasciato, dopo un lungo fidanzamento, poco prima che si sposassero. Non sapeva perché, quando il Preside aveva accennato alla sua reputazione di strega fredda e impettita, gli aveva raccontato quella storia. Ma con Albus, d'altronde, nulla era mai veramente chiaro.

«E cos'è successo, in seguito?» le chiese, ignorando la frase della donna.

«Niente di che. Come ti ho detto ho rotto il fidanzamento con Ewan poco prima che ci sposassimo. Poi mi hai chiamato per sostituirti come insegnante di Trasfigurazioni.» Soffiò un poco sul tè.

«E Shiloh?» gli occhi azzurri dell'uomo sembravano perforarle l'animo.

Minerva deglutì e il suo volto si congelò. «Ha sposato una strega dei Balcani, una certa Lucilla.» Abbassò lo sguardo sul suo vestito grigio antracite. «Direi che si sono trovati.» Aggiunse, implicando molti altri commenti, probabilmente poco positivi, ma Albus non indagò oltre.

«E perciò hai deciso di chiudere il tuo cuore?»

La donna socchiuse gli occhi. Era tipico di Albus, parlare di sentimenti ed amore, fare certe domande come se stesse semplicemente chiedendo di passargli il sale. Dopo tutti quegli anni Minerva si era abituata, certo, ma a volte si chiedeva se il Preside facesse apposta o avesse semplicemente un modo particolare di interagire. «Da come lo dici sembra un dramma.» commentò, rispondendo indirettamente.

«Hai mai pensato a come sarebbe stato, avere qualcuno al tuo fianco? Avere lui al tuo fianco?»

Minerva ebbe un veloce flash di lei, con Shiloh, seduti davanti ad un caminetto acceso, alcuni bambini che scartavano regali o mangiavano biscotti, un sorriso. Sentì una leggera fitta al cuore. Passerà mai? Una lacrima spinse contro la sua palpebra, ma Minerva la ricacciò indietro. «No.» mentì. «Sarebbe solo un inutile spreco di tempo.» Si alzò, composta come sempre. «Ed ora scusami, Albus, ma ho una classe di Corvonero e Tassorosso che mi attende.» Uscì in un fruscio di gonne, lasciando il Preside da solo.

Albus guardò la porta chiudersi dietro Minerva, poi allungò una mano verso il tavolino e prese un dolcetto al miele. Lo osservò con attenzione prima di infilarlo in bocca, assaporandone il gusto dolciastro e forte al contempo. Un lampo di tristezza gli oscurò il volto. Sapere che Minerva aveva amato così tanto un altro uomo, e che questi le aveva spezzato il cuore, impedendole di amare nuovamente – magari me? Si chiese dando un morso ad un altro dolcetto. – era semplicemente... triste. Appoggiò una mano dove, poco prima, era seduta Minerva, scacciando la gelosia e l'astio nei confronti del fantasma del passato della donna. Se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe più che volentieri preso il posto di Shiloh, onorando quel per sempre promesso e mai mantenuto.



 




Et voilà! Un primo esperimento di Albus/Minerva (moooooolto leggero, lo so) con allegato tentativo di spiegare la natura quasi glaciale di Minerva.. Spero vi sia piaciuto!

Un abbraccio,
Cabiria Minerva

ps: vi ricordo la mia nuova pagina su Facebook: https://www.facebook.com/CabiriaMinerva
   
 
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