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Autore: BloodyLu    01/04/2012    1 recensioni
“L’amore è debolezza, Regina. Se tieni a qualcosa e sei disposta a tutto pur di salvarla, i tuoi nemici tenteranno di portartela via per distruggerti… non devi cedere all’amore..”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era una splendida giornata di primavera. Regina era sdraiata sul prato in giardino, come ogni mattina. Le piaceva guardare il cielo attraverso i rami nodosi del suo melo. Tutto sembrava più bello visto da quella prospettiva. Le sembrava di poter vedere oltre quelle nuvole grigiastre. Era proprio curiosa di sapere cosa ci fosse lassù, oltre quel cielo così azzurro. Aveva sempre immaginato di visitare il mondo in sella al suo cavallo Sun, abbandonando tutto e tutti alle spalle senza mai voltarsi indietro: non c’era nulla per cui valesse la pena restare, se non per il suo adorato albero. Sembrava assurdo che una singola pianta significasse così tanto per lei. Ovviamente per lei non era solo un melo. Rappresentava Mikael, il suo migliore amico d’infanzia, che aveva dovuto dimenticare nel corso degli anni. Erano già passati otto anni dall’ultima volta che lo aveva visto. Con lui aveva fantasticato sul mondo, sulla possibilità di attraversare ogni bosco, ogni paese del regno, di conoscere gente nuova e disposta a mostrargli nuovi aspetti della vita. Sospirò. Purtroppo non avrebbe mai fatto nulla di tutto ciò. La sua vita era già stata programmata e non aveva nessuna possibilità di scelta. Era sua madre a “dirigerla” come meglio credeva. Era lei a decidere chi e cosa fosse adatto a sua figlia e cosa non lo era. Così era successo con Mikael. L’umile figlio di un macellaio non era di certo all’altezza della figlia bella e fine, destinata a grandi cose. Anche lei non era nessuno in fondo: era esattamente come Mikael, una ragazzina di appena dieci anni, curiosa di scoprire la vita e coglierne ogni singolo sapore, suono, odore. Quello che li separava era un’insignificante, almeno per lei, titolo nobiliare. Perché doveva essere così importante?  Non contava nulla. Era solo una stupido titolo, ma evidentemente sua madre non era della stessa opinione. Una volta scoperta la particolare amicizia tra lei e Mikael, aveva subito fatto allontanare il ragazzo dal palazzo, licenziando suo padre, lasciandoli così per strada, costretti a mendicare per avere un po’ di pane. Regina non aveva potuto fare nulla per impedirlo. Una sola lacrima le era costata un mese rinchiusa nella sua stanza senza poter uscire, senza poter correre sotto il suo adorato melo, dove era solita trascorrere le ore con il suo migliore amico. Dopo quel giorno la sua vita era calata a picco e sembrava non esserci più una via d’uscita.

Regina si voltò sul fianco. Chiuse gli occhi, improvvisamente accecata da una lacrima. Cora, sua madre sarebbe venuta a prenderla in pochi minuti. Aveva due alternative. Rifiutarsi di eseguire il suo volere e affrontarla o chinare il capo, come era ormai abituata a fare e lasciare che esercitasse il suo potere su di lei. Cora diceva di amarla più di ogni altra cosa, diceva di agire solo per il suo interesse di essere pronta a tutto pur di darle ogni cosa possibile. Regina non vedeva tutto questo amore. Se l’amava, aveva un modo perverso di dimostrarlo. Quale madre priva la sua unica figlia della possibilità di amare? “L’amore è debolezza, Regina. Se tieni a qualcosa e sei disposta a tutto pur di salvarla, i tuoi nemici tenteranno di portartela via per distruggerti… non devi cedere all’amore..” Era questo che continuava a ripeterle ogni volta che intraprendeva la strada dei suoi sentimenti. Scosse la testa rassegnata. Avrebbe seguito il suo volere, in fondo lei era sempre stata una ragazza debole e piena di paure. Tentava di nasconderle come meglio poteva, ma sua madre le conosceva bene e le sfruttava al meglio. Cora l’aveva privata di tutto. Quando da piccola desiderava solo uscire a giocare con gli altri bambini, lei la obbligava a restare in casa a dedicarsi al suo aspetto. “Tutto ciò che una giovane donna possiede è la sua bellezza. Senza quello, non vale niente.” La faceva sedere davanti a un grosso specchio argentato e le pettinava i lunghi capelli neri. Le piaceva sperimentare su di lei nuove pettinature, mentre canticchiava melodie, simili a macabre litanie. Regina riusciva a volte a liberarsi, sgattaiolando fuori dalla finestra del salotto. Solo così poteva essere come tutti gli altri bambini. Fingeva di avere una madre troppo apprensiva e tornava a casa prima degli altri. Quando giungeva quel momento, Regina tremava. Sapeva che sua madre l’avrebbe punita, lo faceva ogni volta. Si scusava per essere fuggita, ma riceveva sempre lo stesso trattamento. Cora le legava i polsi e le caviglie e la chiudeva in uno stanzino umido e buio per un giorno intero. Il silenzio era assoluto, interrotto a momenti dallo squittio di un topolino di passaggio. Era sicura che persino i topi provassero pietà per lei. Cora sosteneva che questo l’avrebbe resa più forte e più obbediente e in parte era vero. Regina aveva il terrore di sua madre e la seguiva ciecamente per timore di contraddirla. Non aveva il coraggio di reagire, così rispondeva passivamente a qualsiasi situazione a lei imposta. E suo padre? Lui era sempre stato un debole esattamente come lei. Aveva sposato una donna che credeva diversa ed ora era costretta a farle da servo, mentre guardava sua figlia gettare via i suoi sogni come fumo nel vento. Era sola, senza un alleato e spaventata da tutto e tutti. Ogni sua azione era dettata dalla paura di una possibile ritorsione da parte della madre. Fece leva sui palmi delle mani per alzarsi in piedi. Lacrime salate le rigavano il viso. Si asciugò con  le maniche del vestito e s’incamminò verso l’ingresso di corsa. Era senza dubbio in ritardo per la prova dell’abito e sua madre non reagiva bene con chi non rispettava le scadenze.

 

Poco tempo dopo era pronta, vestita, truccata e pettinata. Sembrava un vero e proprio pacco regalo, un regalo per un destinatario non gradito. Senza dire una parola, Regina salì in carrozza seguita da Cora. Durante il viaggio non dissero nulla, anche se si aspettava da un momento all’altro una raccomandazione della madre, sul suo modo di comportarsi e di parlare. Indossava un vestito bordeaux a balze, che le metteva in risalto le forme sinuose. La stretta fascia dell’abito metteva in mostra il seno prosperoso, facendole mancare il respiro. Si vergognava a portarlo. Le sembrava di essere troppo appariscente. I capelli erano raccolti dietro la nuca con un fermaglio nero. Folti boccoli scuri le ricadevano lungo le spalle e la schiena nuda. Alzò gli occhi su sua madre incrociando il suo sguardo freddo e distaccato. Li distolse rapidamente, timorosa.

“Regina, guardami.” Il suo tono non ammetteva repliche.

A malincuore Regina si voltò verso di lei.

“Bene. Non manca molto al castello. Ora voglio che mi ascolti con molta attenzione…” così dicendo avvicinò il viso a quello della figlia. “Poco più avanti si trova il tuo futuro. Tutto quello a cui hai rinunciato in questi anni, ti sarà riconosciuto e ti renderai conto che tua madre non ha fatto altro che aiutarti a ottenere quello che ti meriti. Una volta dentro, comportati come ti ho insegnato. Sii gentile e fine, ma al tempo stesso attira la preda nella tua ragnatela. Gli uomini sono creature elementari. Basta mostrargli l’oggetto primo del loro desiderio per averli in pugno.” Cora sorrise astuta. Giunte davanti al massiccio cancello in acciaio del castello, regina si sentì mancare. Avrebbe voluto restare nella carrozza, avrebbe desiderato decidere della proprio vita… allo attento sguardo attento della madre non era sfuggita questa piccola esitazione.

“Ora sorridi Regina e non azzardarti a rovinare tutto.” Disse gelida. Lei annuì. Cos’altro poteva fare? Un servitore aprì la porta della carrozza tendendole la mano per aiutarla a scendere. Regina avanzò verso il grosso portone del castello. Di fronte a quella struttura così imponente, si sentiva come un minuscolo insetto insignificante e aveva la netta sensazione che una volta varcata quella soglia, la sua già fragile personalità, si sarebbe completamente azzerata, assorbita dalle pareti del castello. Esitò, ma sentendo lo sguardo crudele della madre perforarle la schiena, riprese a camminare, tentando di sembrare decisa e sicura. Dall’interno proveniva della musica e il profumo di cibo riempiva l’aria. Forse non sarebbe stato tanto male come aveva immaginato. Una voce la distolse dai suoi pensieri.

“Mi scusi, potrebbe riferirmi il suo nome?” Un paggio reale le stava di fronte in un abito estremamente pomposo di un ocra pallido.

“Signora e signorina Mills, prego.” Fu sua madre a rispondere per lei, come sempre. Il paggio controllò i nomi nella lista degli invitati e li annerì soddisfatto.

“Prego da questa parte, il re vi attende.”

L’uomo le scortò fino ad una grossa porta in mogano scuro, di un marrone brillante. Regina respirò a fondo, ora non avrebbe dovuto combinare casini. Doveva essere bella, felice sorridente, piacente e tutte quelle altre cose con cui sua madre le riempiva la testa fin da quando aveva l’età per capire. Il paggio spalancò il portone, lasciando intravedere un’enorme sala colma di gente. Il re aveva dato una festa in onore di sua giovane figlia Snowhite e a quanto sembrava, aveva colto l’occasione per invitare anche le ricche figlie delle famiglie più in vista del regno per cercarsi una nuova moglie. Appena Cora era venuta a conoscenza della notizia non aveva certo perso la possibilità di presentare sua figlia al re. Così ora, Regina si trovava in quella sala immensa, accerchiata da una folla di invitati che avevano abbandonato la loro precedente occupazione, improvvisamente interessati a scoprire di più sulla nuova arrivata. Prese ad avanzare affiancata da sua madre, che si guardava attorno soddisfatta della reazione che sua figlia aveva suscitato. Regina era in imbarazzo. Mentre attraversava la sala la gente si faceva da parte senza toglierle gli occhi di dosso. Abbassò lo sguardo. Si sentiva nuda in mezzo a tutte quelle persone, che sembravano pronte a saltarle addosso da un momento all’altro. C’era chi fingeva di essere interessato ad altro, chi era imbarazzato, chi era visibilmente incantato e chi riusciva a stento a contenersi dal compiere una pazzia. La reazione delle donne in sala era oltre modo differente. La guardavano con disprezzo o palese invidia. Regina non voleva sembrare volgare, ma a giudicare da quegli sguardi indignati, era così che appariva. Giunte dinnanzi al trono, il re si alzò, pronto a esibirsi del suo saluto di routine.

“Permettetemi di presentarvi la mia bellissima figlia, Snow.” Così dicendo indicò la ragazza alla sua destra che, restando all’aspetto, non doveva avere più di dodici anni. La ragazza sorrise orgogliosa delle attenzione ricevute.  

 “Voi siete?”

“Cora Mills, vostra maestà e questa è mia figlia Regina.”

Regina aveva mantenuto sguardo basso per tutto il tempo, ma ora doveva reagire. Alzò gli occhi incrociando quelli del re. Si accorse che lui era particolarmente interessato alla collana di cristallo nero che portava al collo o più semplicemente al piccolo cristallo esagonale che le attraversava i seni. Il re si riscosse facendo un passo verso di lei. Le prese la mano e la baciò, senza smettere di fissarla. Sembrava intento ad ammirare una merce pregiata più che una donna.

“Incantato.” I suoi occhi di un castano chiaro si spostarono nei suoi. Regina poteva giurare di aver intravisto un lampo di desiderio attraversarli. Dopo un tempo che le parve un’eternità, il re le lasciò la mano e tornò a sedersi sul trono.

“Godetevi la festa signore.”

Cora prese la mano di sua figlia stringendola così forte da farsi venire le nocche bianche. Senza dare troppo nell’occhio, la trascinò verso il balcone nella parte sinistra della sala, mentre rispondeva con un falso sorriso a ogni saluto rivoltole. Probabilmente non conosceva neanche la metà di quella gente, ma l’apparenza era tutto per lei. Una volta fuori dalla sala e lontano da occhi indiscreti le liberò la mano, che ormai aveva raggiunto un colorito violaceo.

“E’ fatta Regina. Il re non riusciva a toglierti gli occhi di dosso. Sono più che sicura che vostra maestà manderà un servo a prelevarti nei prossimi giorni.” Sorrise con un’espressione di totale soddisfazione dipinta sul volto. Regina da parte sua era a dir poco disgustata e questa volta non era poi tanto sicura di poter tacere.

“Madre, non posso sposarlo.” Lo aveva detto tutto d’un fiato ad una velocità senza dubbio innaturale. Lo sguardo di disapprovazione e profondo disprezzo con cui Cora la fulminò, la costrinse ad abbassare gli occhi, convinta di aver detto per l’ennesima volta la cosa sbagliata. Se le avesse confessato di voler mettere fine alla sua misera vita di certo sarebbe stato meglio. Non disse nulla però e lei ne approfittò per continuare il suo discorso.

“Non posso… potrebbe essere mio padre, avrà il triplo dei miei anni! Poi non lo conosco nemmeno, non lo amo… non mi conosce nemmeno, come può volermi sposare?”

“Quanto sei stupida e ingenua figlia mia.” Cora la guardò con compassione. “Certo, ti ho allevata abituandoti a non pensare e a quanto sembra ci sono riuscita bene. Nonostante ciò, la tua stupidità è disarmante. A lui non importa come ti chiami o cosa ti piace indossare, mangiare e tutti questi inutili dettagli. Vuole solo una giovane moglie che allieti le sue serate solitarie, se capisci cosa intendo… e tu lo sposerai naturalmente, perché è per questo che ti ho cresciuta.” Cominciò a girarle attorno come un avvoltoio, con una smorfia stampata in volto. “Inoltre Regina, cos’altro può fare una ragazza come te, debole e priva di carattere, che non sia sottomettersi al volere di qualcun altro?”

Regina si voltò verso la madre, gli occhi pieni di lacrime.

“Perché mi state facendo questo? Non mi avete sempre detto di amarmi e di volermi vedere felice?” si rendeva conto di quanto suonasse patetica, ma non le importava più nulla ormai.

“Esatto ed è per questo che devi sposare il re. Lui ti terrà al sicuro nel suo castello, sotto la sua protezione. Una ragazza fragile come lo sei tu non è in grado di affrontare il mondo da sola.”

Regina nascose il volto tra le mani, mentre i singhiozzi si facevano più intensi. Non aveva la forza di ribattere ancora e comunque qualsiasi commento sarebbe stato inutile. Non aveva mai visto sua madre così. Non era furiosa o alterata: era estremamente calma e questo la rendeva ancora più diabolica.

“Non diamo spettacolo, per cortesia.” Le porse un fazzoletto in cotone. “Asciugati gli occhi e torna dentro a fare il tuo dovere.” Disse asciutta.

Regina si strofinò gli occhi umidi. Doveva rassegnarsi e fare quello che le era stato ordinato. In fondo quell’uomo era il re e anche se non incarnava per nulla i suoi ideali sull’amore, l’avrebbe rispettata e si sarebbe preso cura di lei. Doveva convincersi di questo, altrimenti sarebbe impazzita.

Il resto della serata si rivelò essere estremamente snervante, il tempo sembrava non voler passare. Più di un uomo le aveva chiesto di ballare e lei aveva sempre accettato, suo malgrado. Farsi notare dagli altri era il modo migliore per farsi notare dal re, che come previsto, seguiva ogni sua mossa senza perderla di vista. Al termine della serata, il re e sua figlia si congedarono ringraziando tutti per aver partecipato alla cerimonia.

Il viaggio di ritorna verso casa non fu certo migliore di quella all’andata, solo che questa volta, Cora osservava la figlia esaminandone ogni centimetro di pelle, compiaciuta di non trovare neanche un minuscolo difetto.

Arrivate a casa, Regina scese dalla carrozza senza attendere l’aiuto di Nolan, il maggiordomo e si ritirò nella sua stanza. Non voleva vedere né sentire nessuno e per fortuna sua madre la lasciò in pace. Nemmeno suo padre si fece vivo, forse per timore di ricevere la brutta notizia. Lui era l’unico a cui importasse veramente della sua felicità, ma purtroppo non aveva voce in capitolo quando si trattava di prendere decisioni importanti.  

L’indomani mattina Regina venne svegliata da un suono insistente e oltre modo fastidioso. Aveva quasi paura di sapere da dove provenisse. Si mise a sedere sul bordo del letto passandosi una mano tra i capelli per ravvivare i boccoli scuri. Sentiva delle voci provenire dal giardino così si diresse verso il balcone. Si affacciò incuriosita e le mancò il respiro. Non è possibile, non possono essere loro… il re non può volermi veramente sposare. Un messaggero stava riferendo qualcosa a sua madre con voce concitata. Cora annuiva sorridente a ogni sua parola. Al termine del colloquio, l’uomo risalì sul suo cavallo scortato da un paio di guardie reali e sparì oltre la collina. Regina rientrò in camera, indossò una vestaglia e scese le scale più veloce che poteva. Sua madre l’aspettava ai piedi dell’ampia gradinata, come immaginava.

“Che cosa volevano?” era certa di saperlo già, ma voleva sentirselo dire da lei. Trattenne il respiro.

“Re Leopold chiede la tua mano e ovviamente io acconsento. Il matrimonio si farà entro cinque giorni. Congratulazioni figlia mia.” Cora l’abbracciò entusiasta. Regina si lasciò buttare le braccia al collo, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Deglutì con fatica. Aveva la bocca asciutta e un nodo in gola che le impediva di parlare.

“Ma – madre…”

“Shhh, zitta Regina, non rovinare tutto!” Cora la guardava con sguardo severo. “Il matrimonio non è oggetto di discussione. Piuttosto lo è scegliere l’abito, il bouquet e tutto il resto. Dobbiamo sbrigarci, cinque giorni passano in fretta.”

Cora aveva ragione. Il tempo era volato nei giorni successivi tra la prova dei vari abiti la estenuanti “sedute di bellezza”. Continuavano a ricevere visite da lontani parenti, che non aveva mai visto in vita sua. Erano tutti così carini e gentili con lei, che le veniva quasi da piangere. Erano euforici per il grande evento, mentre Regina si sentiva in trappola. Il massimo dell’intimità che poteva raggiungere era mentre dormiva. Scappare non era un’opzione. Cora l’avrebbe trovata e l’avrebbe riportata indietro. La mattina del quinto giorno sua madre la fece svegliare all’alba per prepararsi. Doveva essere perfetta. Appena fu tutta agghindata, una carrozza reale passò a prelevarle. Suo padre si era rifiutato di partecipare alla cerimonia e Cora non aveva protestato: la sua presenza era relativa. Regina raccolse da parte la tendina della carrozza e guardò un ultima volta la sua casa d’infanzia, non che l’avesse amata poi tanto, ma l’idea di non rivederla mai più le metteva addosso una tristezza inspiegabile. Guardò il suo melo. Quello non lo avrebbe lasciato lì. Una volta sposata, avrebbe chiesto al re di farlo spostare nei giardini del palazzo reale. Voleva averlo sempre accanto per ricordarsi i momenti felici della sua infanzia.

Davanti alla chiesa era raccolta una folla di gente sorridente. Prima di scendere dalla carrozza Cora le afferrò il braccio, trattenendola.

“E’ inutile che io ti dica che ti accompagnerò io all’altare, visto che tuo padre si è rifiutato di venire. Vedi, lui non tiene a te come ci tengo io.” Le accarezzò i capelli con dolcezza. Regina rimase spiazzata, sua madre era veramente convinta di fare la cosa giusta.

“Certo, madre.” Regina abbozzò un mezzo sorriso prima di fare il grande passo verso quello che rappresentava il suo futuro: sul fondo dell’ampia navata, l’aspettava il re. Si fece coraggio. Quando era bambina non si sarebbe mai sognata di sposare in uomo molto più vecchio di lei, ma si sa, i sogni che si fanno da bambini restano tali…solo sogni. La realtà era ben diversa e per una ragazza, soprattutto se appartenente a una famiglia nobile, le possibilità erano sempre poche. Regina prese ad avanzare puntando gli occhi in quelli del re. Sembrava felice e questo le diede forza. Lei non lo amava, anche se lui era evidente che la desiderava, ma avrebbero imparato a volersi bene con il tempo, ne era sicura. Sorrise timida. Tutta quella gente era lì per lei e la guardava con ammirazione facendola sentire un dea, venerata e amata da tutti. Giunse di fronte a Leopold che le sollevò il velo sorridendo. Il resto della cerimonia trascorse più veloce del previsto, culminando in un coro di applausi. Era fatta. Ora poteva dire di essere una vera e propria regina e di conseguenza la seconda persona più importante in tutto il regno. Provava un po’ di orgoglio per se stessa, anche se non riusciva a togliersi dalla testa quanto fosse stata innaturale e strana quella cerimonia. Gli invitati si spostarono nella sala da ballo, che era stata imbandita a dovere per l’occasione, preceduti dal re e dalla sua nuova sposa. Leopold le teneva la mano delicatamente e Regina si sentiva rilassata al fianco di quell’uomo così sicuro di sé. La cena si trasformò ben presto in un via vai di gente che conveniva al tavolo reale per porgere i propri omaggi. Di fianco al re sedeva la piccola Snowhite, che sembrava entusiasta di avere un nuovo membro in famiglia. Ogni tanto lanciava uno sguardo ricco di gioia verso Regina sorridendole. Regina rispondeva ogni volta al suo sorriso. Era sicura che si sarebbe davvero affezionata a quella piccola principessa così buona e gentile.

Fu Leopold ad abbandonare la sala per primo. Regina lo guardò allontanarsi consapevole di doverlo seguire da lì a breve. Cominciava ad avere paura. Solo l’idea di trovarsi da sola in una camera da letto con quell’uomo o con qualsiasi altro uomo, la metteva in imbarazzo. Per lei era la prima volta e sperava davvero che il re lo comprendesse. Prese congedo salutando tutti cordialmente. Sapeva di essere osservata: sua madre le stava sorridendo da un angolo della sala. Voleva senza dubbio incoraggiarla, ma Regina percepì un brivido attraversarle la schiena: quella donna aveva veramente uno sguardo diabolico e solo il fatto che l’avesse obbligata a sposare un completo sconosciuto, la rendeva ancora più spietata ai suoi occhi. Si diresse verso la sua stanza. Lì le sue nuove dame di compagnia l’avrebbero lavata e preparata per “l’incontro” con il re. Poco dopo era pronta. L’odore intenso di rosa selvatica con cui l’avevano lavata le riempiva le narici. Indossava una vestaglia, sempre che così si potesse chiamare, di un bianco quasi trasparente, che lasciava intravedere il suo corpo nudo. L’abito, aperto sul davanti mostrava le cosce lisce e snelle e una generosa scollatura a V le metteva in risalto il seno. Le lunghe maniche le ricoprivano le dita affusolate, solleticandole i palmi delle mani. Rilassò il volto prima di bussare.  

“Avanti!”                                                                                                                                  

Quella voce così profonda la fece sobbalzare. Sentiva le ginocchia molli e un senso di nausea la costrinse a deglutire. Spinse delicatamente la porta per richiuderla velocemente alle sue spalle. Alzò lo sguardo verso il re, ma vedendolo puntare verso di lei, si affrettò ad abbassare gli occhi sentendosi fragile e vulnerabile. L’uomo la raggiunse facendo svolazzare la vestaglia di seta vermiglia.

“Non devi avere paura di me. Non ho intenzione di farti del male.” Aveva una voce sincera o così Regina sperava.

“Quanti anni avete?” le chiese mentre le accarezzava delicatamente la guancia destra.

“Diciotto, vostra maestà.” Rispose esitante.

“Così bella, così giovane…”

Fece scorrere il palmo della mano lungo il suo collo soffermandosi sui bordi cuciti della vestaglia. Senza dire una parola, cominciò a sfilarle lentamente la manica sinistra del vestito. Regina chiuse gli occhi. Voleva fidarsi di quell’uomo, voleva credere che non le avrebbe fatto del male, ma quella situazione le sembrava davvero troppo innaturale. Non voleva concedersi a un uomo che non amava, aveva sempre detto che si sarebbe affidata solo all’uomo che amava e invece ora era costretta a farsi toccare da qualcun altro, senza poter fuggire. Pregò che quell’incubo finisse in fretta, nonostante fosse consapevole che ormai era la regina, nonché moglie di re Leopold e quindi costretta a compiacere sua maestà fino alla fine dei suoi giorni. Si abbandonò al suo volere, convinta che con il tempo avrebbe imparato ad amarlo.

“Vieni… vieni da me…” Regina si svegliò di colpo ansimando. Quella voce era terrificante, stridula e diabolica al tempo stesso. Aveva gli occhi lucidi e un mal di testa tremendo. Si sentiva diversa, come se un’altra persona avesse preso il suo posto. All’altro lato del letto il re dormiva russando profondamente. Regina era disgustata: era successo davvero quello che sperava di aver solo sognato. Scostò le pesanti coperte e mise i piedi a terra sospirando. Si alzò in piedi con estrema cautela sentendosi indolenzita e debole. Leopold si rigirò nel letto mugolando. Sentì le lacrime riempirle gli occhi: doveva uscire da lì. Le pareti sembravano puntare verso di lei con il solo desiderio di soffocarla. Infilò la vestaglia bianca e uscì dalla stanza, facendo attenzione a non fare rumore. il pensiero che il re potesse svegliarsi e richiamarla dentro le metteva i brividi. Si affrettò a raggiungere la sua stanza che per fortuna non era lontana: si trovava sullo stesso piano, posta sulla sinistra del lungo corridoio. Doveva mettersi addosso qualcosa e uscire da quella prigione e in fretta. Rovistò nell’armadio alla ricerca di qualcosa di presentabile da indossare e optò per un vestitino azzurro pallido abbastanza accollato e a maniche corte. Per fortuna le sue nuove “dame di compagnia” non si fecero vive, considerando che era notte fonda. Almeno poteva lavarsi da sola. Detestava non avere la sua intimità, soprattutto dopo che il re… scosse la testa per scacciare quel pensiero. Nella sala da bagno trovò una tinozza d’acqua ancora tiepida. Pescò una spugna da una cesta di legno intrecciata e la immerse nell’acqua. Si massaggiò l’interno coscia, ma la vista del sangue le diede la nausea. Lanciò con rabbia la spugna contro il muro e si lasciò scivolare lungo il freddo muro. Sua madre aveva ragione: non poteva farcela da sola. Non era né forte né coraggiosa per affrontare nulla da sola. Non riusciva nemmeno a guardarsi senza stare male. Scoppiò a piangere senza ritegno pregando che i muri del palazzo fossero abbastanza spessi da contenere le sue lacrime. Rimase in quella stessa posizione tutto il resto della notte senza riuscire a muovere un muscolo.

Improvvisamente sentì delle voci provenire dal corridoio. Probabilmente era l’alba e la servitù si era già attivata per rendere il castello pulito per l’arrivo del nuovo giorno. Coraggio, riprenditi… non lasciare che qualcuno ti veda così… pensò Regina. Si alzò da terra decisa e dopo essersi lavata velocemente gli occhi con quell’acqua ormai gelida, indossò il vestito selezionato e uscì dalla camera di soppiatto. Doveva avere una faccia improponibile perché la serva che la guardò dritta negli occhi, nel vederla, abbassò lo sguardo affrettando il passo nella direzione opposta alla sua. Regina si morse il labbro inferiore preoccupata di quello che la donna potesse pensare di lei. Puntò verso le scale dandosi della stupida: prima usciva da quella gabbia e prendeva un po’ d’aria fresca, meglio era. Pose il piede sul primo gradino, ma qualcosa la obbligò a fermarsi.

“Perché sei così triste?” disse una vocina assonnata e incuriosita.

Regina era sicura che si trattasse della piccola Snowhite che, per una malaugurata coincidenza, dormiva proprio nella camera acconto alle scale dal lato opposto rispetto alla stanza reale. Si voltò verso di lei sfoderando il suo migliore sorriso.

“Non sono triste, sono solo un po’ stanca. Tornate pure a dormire, principessa.” Rispose dolcemente.

“Non chiamarmi principessa per favore. Chiamami Snow, è più carino.” Sorrise. “E non dirmi bugie. Sarò anche piccola, ma non sono stupida… sei triste, si vede che hai pianto tanto. Cosa c’è che non va?” aggiunse con sguardo triste.

Regina rimase un attimo spiazzata. La sensibilità di quella bimba era disarmante, sentì gli occhi lucidi e si affrettò a voltarsi per non tradire le sue emozioni.

“Ehm no… Snow… va tutto bene, voglio solo prendere un po’ d’aria fresca in giardino.” Mentì, senza ottenere un grande risultato.

“Menti...” la sua voce s’incrinò. “Non… non ti fidi di me? Hai pianto a causa di mio padre? Ti ha fatto del male?”

Regina increspò le labbra in un nuovo sorriso, ma il secondo tentativo si rivelò essere peggiore del primo. La piccola decise di cambiare strategia; raggiunse le scale e le prese la mano.

“Mi faresti compagnia? Non riesco più a dormire e mi sento sola…” disse arrossendo.

“Ma certo, Snow.” Sorrise, un sorriso sincero. Così si lasciò trascinare nella camera di quella bimba tanto gentile. Una volta dentro Snow accese una candelina rosa e la posizionò sul suo comodino invitando la sua ospite ad accomodarsi sulla poltrona di fianco al letto. Regina si sedette e la guardò prendere posto sul bordo del letto a baldacchino. Dopo un lungo momento di silenzio Snow sospirò.

“Ho capito che non vuoi parlarmi, sai… io vorrei tanto essere tua amica però… la mia mamma non c’è più e io non ho nessuno con cui parlare…” abbassò gli occhi sulla punta dei piedini rosei. Regina sentì un tuffo al cuore: quella giovane principessa sembrava sola quanto lei e desiderava un’amica con cui confidarsi, qualcuno che potesse farle da madre. Anche Regina desiderava avere una persona con cui parlare, con cui trascorrere il tempo e magari che le mostrasse quel mondo a lei così estraneo. Così l’abbracciò lasciando che la bimba le appoggiasse il mento sulla spalla. Non dissero nulla, non servivano parole. Entrambe sapevano di aver trovato qualcosa di prezioso che le avrebbe legate per sempre.

Nei giorni successivi impararono a conoscersi meglio. Snow le mostrò ogni stanza del castello, ogni “luogo segreto”, come diceva lei. Le fece visitare i giardini costellati da cespugli di rose e alberi da frutto. Era grazie a lei se ora poteva ammirare tutti i giorni il suo melo dalla finestra della sua camera. Era stata lei a convincere Leopold a piantare il suo melo nel giardino di fronte alla finestra di Regina. Da parte sua Regina non parlava molto con lui, se non era strettamente necessario. Tutte le volte che apriva un discorso lui la zittiva con un gesto della mano, mostrandosi tutt’altro che interessato ad ascoltare quello che aveva da dirgli. Così di giorno, tentava di stargli distante, eccetto nelle occasioni mondane che Regina trovava snervanti. Giungevano nobili e amici da ogni parte del regno e lei doveva presenziare sorridendo e fingendo di essere felice. Leopold sembrava essere a suo agio durante quegli eventi. Non faceva altro che ridere e scherzare, lodando la sua bellissima moglie, come se fosse un trofeo: un oggetto pregiato che tutti avrebbero voluto possedere. Oltre a quelle occasioni, le giornate trascorrevano tranquille. Nonostante ci fosse Snow a farle compagnia la maggior parte del tempo, Regina odiava la monotonia e lo scorrere lento del tempo, ma allo stesso tempo sperava che la sera non arrivasse mai; ma l’incubo puntualmente si ripeteva. Leopold la faceva convocare nelle sue stanze e lei non poteva fare altro che soddisfare i suoi desideri. Ogni mattina si domandava con quale coraggio avesse ancora la forza di guardarsi allo specchio. Era ridotta a fare da schiava a un uomo che disprezzava e che, sfortunatamente, non era migliorato nei tre mesi che erano trascorsi dal matrimonio. Anzi, diventava sempre più possessivo e sospettoso. Non le permetteva di lasciare il castello se non sotto sua concessione o al seguito delle guardie reali. Era per questo che era sua madre a farle visita e non viceversa. Lei aveva libero accesso al castello e non perdeva occasione per andarla a trovare e tormentarla. Le domandava sempre le stesse cose. “Allora figlia mia, quand’è che mi farai il dono di un bel figlio maschio?”,“Com’è la vita a palazzo?”,“Come trascorri le giornate?” “Come sta la piccola Snow?” e Regina si era anche stufata di risponderle. Così ogni volta ripeteva le stesse identiche parole, come se recitasse un copione, tanto aveva già provato a spiegarle quanto fosse infelice e si era sentita rispondere che era solo un’ingrata viziata. Aveva deciso di dire che era tutto perfetto e che non era mai stata più felice, tanto sua madre era cieca davanti alla sofferenza, ormai ne era certa.

Regina sedeva sul muretto che delimitava la fontana al centro del giardino. A breve sarebbe arrivata anche Snow a strapparla da quei pensieri tormentati. Le aveva detto di farsi trovare alla fontana dopo pranzo perché doveva farle vedere qualcosa e non poteva aspettare. Adorava quella bambina, sempre così gentile e affettuosa. Se non fosse stato per lei non avrebbe saputo come fare a sopravvivere… le teneva compagnia e le ricordava come ci si sentiva ad avere accanto qualcuno che ti ama. Snow spuntò da dietro il muro che circondava i giardini. Regina sorrise alzandosi per andarle incontro.

“Snow! Finalmente! Ti…”

“Shhh” la interruppe lei facendole segno di non parlare. “Nessuno sa che sono venuta qui adesso. Dovrei essere a lezione di storia, ma dovevo farti vedere assolutamente una cosa. Forza, seguimi!” continuò.

Regina la fissò perplessa. “Sei scappata dalla tua lezione? Cosa c’è di più importante?”

Snow la guardò con occhi severi. “Regina non dobbiamo farci sentire. Quello che ti devo far vedere è segretissimo e se qualcuno ci vede, allora non avrà più senso!” così dicendo la superò e si diresse verso un folto groviglio di rampicanti che crescevano proprio a ridosso del muro del palazzo. Regina la seguì incuriosita notando di non aver mai fatto caso a quei cespugli situati proprio sotto il balcone della sua stanza. La bimba si fermò  vicino ai rovi e cominciò a spostarli lentamente rivelando la sagoma di una porta scura in legno con una grossa maniglia al centro. Snow la guardò negli occhi e sorrise.

“Ieri mentre mi parlavi della tua casa e di quando non vedevi l’ora che arrivasse il pomeriggio per poter cavalcare sul tuo cavallo in compagnia di tuo padre, ho deciso di mostrarti questa. È un’uscita segreta che porta dritta dietro al castello, vicino alle scuderie reali nei pressi del bosco… ho pensato che ti avrebbe fatto piacere poter rivedere il tuo cavallo, visto che ci sei così affezionata e ti manca cavalcare con lui. Ho capito che soffri perché lo puoi vedere solo nelle occasioni speciali e non quando lo desideri…”

Regina era senza parole: un’uscita segreta ed era stata sotto il suo naso per tutto il tempo. Sbatté le palpebre un paio di volte immaginando di avere un’espressione ridicola stampata in faccia. Si schiarì la voce con un colpo di tosse: “Ma… ” non fece in tempo a terminare la frase.

“Sì, è aperta. Mio padre non l’ha fatta sbarrare perché il caso di pericolo possa essere subito utilizzabile. Comunque non ce ne sarebbe stato bisogno, i rovi la nascondono perfettamente…” Snow cambiò espressione, mostrando la sua inquietudine. “Non avrei dovuto dirtelo… se mio padre lo vieni a sapere, sono guai. Gli avevo promesso di non dire niente, ma tu mi sembravi così infelice e ho voluto farti un regalo… solo che…” si rabbuiò.

“Snow, ti ringrazio per tutto quello che hai detto e per quello che hai voluto mostrarmi… ma non userò mai questa porta, se non sarà davvero necessario… e poi ho già te.” Le sorrise allargando le braccia. Snow ridacchiò lasciandosi abbracciare.

“Voglio che tu questa porta se lo desideri, me lo prometti?”

Regina esitò. “Sì, te lo prometto, Snow.” 

“Sono felicissima, ma ora devo tornare dentro o si accorgeranno della mia assenza.” S’incamminò verso l’uscita del giardino, ma si bloccò di colpo ricordandosi qualcosa: “Regina… è il nostro segreto.” Mise la mani sui fianchi mettendosi in posa, come le piaceva fare e poi corse via saltellando allegramente.  

Appena la vide voltare l’angolo, Regina si rilassò e si allontanò dei cespugli per non destare sospetti. Si sedette sul bordo della fontana giocherellando con i sassolini sul fondo della vasca. Cercò di pensare a qualcosa di interessante, senza riuscire a togliersi dalla testa l’immagine di quella porta in legno consumato. Rimase a fissare quei rovi per un tempo indefinito, maledicendosi per la sua indecisione. Per una volta aveva la possibilità di scegliere e non riusciva a decidersi. Aveva la sensazione che una volta attraversata quella porta le cose non sarebbero più state le stesse e forse era proprio quello che le ci voleva: una svolta che cambiasse la sua vita. Si alzò di scatto e si diresse verso il punto preciso del castello che ad un tratto non sembrava più così scontato. Scostò i rami dei rampicanti sentendo le spine pungerle le morbide mani. Afferrò la maniglia e tirò con tutte le sue forze. Entrò velocemente richiudendosi il portone alle spalle. Spalancò gli occhi meravigliata. Si aspettava di trovarsi immersa nell’oscurità più assoluta e invece si poteva intravedere della luce filtrare dal fondo del corridoio. Prese ad avanzare con cautela tenendosi alle pareti umide. La gradinata diventata sempre più ripida. Probabilmente stava attraversando la parte del castello sottostante ai giardini. La luce si fece sempre più vicina. Qualcosa bloccava l’uscita: si avvicinò lentamente facendo attenzione a non scivolare su quei gradini viscosi. Alcuni rampicanti spinosi ricadevano rigogliosi fino a terra. Fece per spostarli di lato, ma ritrasse la mano immediatamente. Le spine le avevano lasciato dei profondi graffi sul dorso della mano. Constatò che avrebbe dovuto trovare una buona scusa per giustificarli. Aveva paura a procedere, ma ormai era arrivata fino a lì e non si sarebbe tirata indietro tanto facilmente. Spostò con forza i rovi di lato quel tanto che le bastava per passare incolume. La luce accecante la costrinse a nascondere gli occhi. Sarebbe stato difficile abituare di nuovo la vista alla luce. Dopo un serie di tentativi riuscì a mettere a fuoco: davanti a lei si estendeva un boschetto e proprio di fronte si ergeva una costruzione in legno chiaro. Quelle dovevano essere le stalle. Regina si massaggiò il braccio ferito e si diresse verso la scuderia. Sperava che non ci fosse nessuno, almeno avrebbe potuto passare un po’ di tempo da sola con Sun. Entrò di soppiatto scoprendo una serie di stalle una di fianco all’altra. Regina era stupita, lo stalliere che si occupava di quel posto era veramente in gamba. Si guardò intorno alla ricerca di Sun notando l’entrata per un’altra stanza sul fondo destro dell’entrata. Doveva trovarsi lì e infatti lo vide. Era impegnato a brucare del fieno in un angolo della stanza. Regina sorrise correndogli incontro.

“Sun! Quanto mi sei mancato, amico mio!” aveva le lacrime agli occhi per la felicità. Accarezzò l’animale sul muso appoggiando la fronte contro quella del cavallo. Sun sembrò gradire e nitrì lasciando cadere la paglia. Si lasciò coccolare socchiudendo i grandi occhi castani. Una voce catturò la loro attenzione.

“Ehi, scusa, ma te ne devi andare. Non puoi stare qui! Quello è il cavallo della regina e non credo che gradirebbe vederti giocherellare con lui.”

Regina si voltò di scatto. Un ragazzo stava sulla porta con aria preoccupata. Sicuramente stava pensando a cosa sarebbe successo se all’animale fosse successo qualcosa. Non rispose subito. Qualcosa nei suoi occhi catturò la sua attenzione: erano di un grigio chiaro che le ricordava il colore della luna nelle notti d’estate. Anche lui sembrava guardarla con interesse. Regina rimase un attimo spiazzata. Lo sguardo di quel ragazzo non era come quello che le rivolgevano tutti gli altri uomini che aveva conosciuto.. era sincere, puro, quasi intimidito, ma sembrava non aver capito chi era lei. In genere tutti i servitori appena la vedevano passare s’inchinavano rispettosamente, pratica che lei non riusciva a sopportare… lui invece no, la fissava stranito. Era incantata da tanta naturalezza che si scordò persino quello che le era appena stato detto. Lo stalliere si riscosse avanzando di qualche passo verso di lei.

“Scusa, ma ti devo chiedere di uscire. Se la regina o il re venissero a sapere che hai importunato questo cavallo, ci sarebbero delle conseguenze molto serie.”

“Veramente…” Regina non era sicura di voler rivelare la sua identità. Se avesse saputo chi era l’avrebbe guardata diversamente e lei non voleva che quegli occhi così belli puntassero verso il pavimento invece che dritti nei suoi. “Io.. non credo che alla regina darebbe fastidio…”

Il ragazzo rise. “Credimi, le darebbe fastidio, ma soprattutto darebbe fastidio al re.”

“Il cavallo è non è suo, ma della regina e lei non ha problemi a far coccolare il suo cavallo da qualcun altro.” Rispose indispettita.

Lui la guardò perplesso. “Sei una dama di compagnia della regina?”

“Sì..” rispose d’impeto. No, non voglio mentirti, non è giusto maledizione… Regina abbassò gli occhi senza smettere di massaggiare il muso di Sun.

“Cioè no…”

“Allora chi sei?” lo stalliere era visibilmente indispettito, lo poteva intuire dal tono della sua voce.

Regina alzò gli occhi incerta se dirgli la verità o mentire spudoratamente. Sospirò, sicura che si sarebbe pentita della sua decisione.

“Sono la regina.” disse in un sussurro. Si aspettava una reazione come “Mi dispiace di averla infastidita vostra maestà, mi perdoni..”, invece il ragazzo scoppiò a ridere, una risata genuina. Regina si accigliò. Non sapeva se essere felice che lui l’avesse presa sul ridere o sentirsi offesa. Probabilmente con quelle ferite sulla mano, i capelli spettinati e il vestito rovinato, non dava l’idea di essere una nobile, tantomeno la regina.

“Lo trovate divertente?” Regina sorrise.

Lui non rispose. Non riusciva a smettere di ridere. Regina si preoccupò, forse era una risata isterica del tipo “Oddio è la regina, ora mi farà giustiziare per come l’ho trattata.”

Gli si avvicinò lentamente senza nascondere un mezzo sorriso. Quel ragazzo era davvero buffo mentre rideva, quasi contagioso.

“Ehi...”

Il ragazzo si era appoggiato allo stipite della porta e continuava a ridere.

“Va bene se non mi vuoi credere, meglio così…” gli toccò una mano per attirare la sua attenzione, ottenendo il risultato sperato. “Ti prego solo di non riferire niente al re o a qualcun altro. Nessuno deve sapere che sono stata qui, intesi?” lo stalliere cambiò espressione, facendosi quasi serio.

“Perché nessuno dovrebbe sapere che sei qui?” disse incuriosito. Doveva trovarla davvero divertente, perché nonostante fingesse di essere serio, era evidente il suo tentativo di assecondare le teorie di una povera pazza che si credeva la regina.

“Perché non posso lasciare il castello per nessuna ragione se non sotto lo stretto controllo di mio marito.” Rispose senza esitazione. “Con permesso..” così dicendo si diresse verso l’uscita, sperando che quel ragazzo le dicesse ancora qualcosa… aveva una voce così dolce. Imboccò la stradina verso la galleria, delusa di non averlo potuto sentire un’ultima volta.   

“Ehi!”

Regina si fermò di colpo sorridendo. Si girò immediatamente nascondendo l’emozione.

“Sì?”

“Come ti chiami?”

“Mi dispiace, ma dovrete convivere con l’idea di non averlo mai saputo.” Rispose divertita. Lo stalliere la guardò indispettito. “Tornerai per dirmelo?”

Regina si sentì avvampare, ma mantenne la calma. “Non credo…Voi invece, come vi chiamate?” disse incuriosita.

Sorrise furbo. “Mi dispiace, ma dovrai convivere con l’idea di non averlo mai saputo.”

Regina socchiuse gli occhi fingendosi offesa. Poi riprese a correre verso il passaggio nel muro, che ormai non era più tanto segreto. Qualcosa le diceva che quel ragazzo non avrebbe detto nulla del loro incontro.

“Tornerai per scoprirlo?” gridò il ragazzo.

Regina continuò a correre senza voltarsi. Sì, sarebbe tornata, forse per l’ebbrezza di rischiare la vita o forse perché il pensiero di non rivedere più quegli occhi così belli le spezzava il cuore.

Durante il tragitto verso la fontana ripensò all’accaduto scoprendosi essere quasi euforica per quell’incontro fortuito. Avrebbe tanto voluto raccontarlo a Snow, ma per ovvi motivi era meglio tacere. Doverle nascondere una cosa così importante la rattristava, ma era necessario. Purtroppo non avrebbe capito. Regina scosse la testa. In fondo non era successo nulla, giusto? Se si escludeva il fatto che aveva lasciato il castello per un breve lasso di tempo, disobbedendo così agli ordini di suo marito e comportandosi come una comune paesana come avrebbe detto sua madre. Ora doveva pensare ad una scusa plausibile per la sua assenza e per i graffi che si era procurata. Avrebbe cominciato con il darsi una ripulita. Tanto Leopold era fuori dal castello a quell’ora a svolgere qualche “importante missione diplomatica”, come tutti i pomeriggi. Imboccò l’entrata secondaria laterale e salì in fretta le scale. Per fortuna incontrò solo un paio di serve, che la guardarono meravigliata, ma non fecero domande. Una volta sola in camera si tolse i vestiti sporchi e si recò nella sala da bagno. Ringraziò il cielo che Gelda, l’avesse ascoltata fin dall’inizio. Ogni ora la cameriera entrava nella sua camera e le cambiava l’acqua così che potesse sempre esserci per ogni emergenza, come quella ad esempio. Essere la regina aveva i suoi vantaggi: ognuno faceva esattamente quello che lei richiedeva. Eccetto quello stalliere. Regina abbozzò un sorriso. Non l’aveva davvero riconosciuta e questo le faceva piacere. Almeno si sarebbe comportato naturalmente la prossima volta che si fossero incontrati.. Regina si morse il labbro inferiore meravigliata dei suoi stessi pensieri. La prossima volta? Ci sarebbe stata una prossima volta? Aveva davvero intenzione di rifare quella follia? Sì, sì e mille volte sì. Quello che era accaduto seppur stupido, le aveva fatto provare qualcosa di strano, aveva risvegliato in lei sensazioni che non provava fin da quando era piccola, fin da quando Mikael se n’era andato per sempre. Sarebbe tornata in quella stalla: doveva a tutti i costi sapere come il nome di quello stalliere. Il resto della giornata sembrò volare. Snow le raccontò quello che aveva fatto con il suo tutore, ma Regina non riusciva ad ascoltarla. L’unica cosa che riusciva a vedere erano quegli occhi chiari, quei lineamenti gentili, quella voce così dolce…

“Regina, ma mi stai ascoltando?”

“Uhm? Sì certo Snow!” mentì.

La piccola non sembrava tanto convinta, ma decise di non investigare.

Era stata davvero una giornata memorabile. Iniziata come tutte le altre mattine, ma migliorata in un crescendo di belle notizie. La ciliegina sulla torta: il re sarebbe restato lontano da palazzo per una settimana, doveva concludere alcuni affari nel regno vicino. Regina non poteva desiderare di meglio. Per la prima volta in quei tre mesi di prigione si addormentò felice, pensando che il giorno seguente sarebbe stato diverso e inaspettato. La mattina trascorse relativamente veloce. Regina era tranquilla e Snow sembrava apprezzare il sorriso stampato sul suo viso. Lei fremeva. Non poteva aspettare, doveva tornare in quella scuderia il prima possibile. Dopo pranzo baciò sulla fronte Snow augurandole una buona lezione e corse a cambiarsi. Voleva indossare qualcosa di meno ingombrante rispetto ai suoi soliti abiti. Scelse un vestitino lilla con una leggera scollatura e le maniche corte a sbuffo. Raccolse i capelli in una treccia e li legò con un nastro dello stesso colore dell’abito. Corse in giardino e dopo essersi assicurata di non essere osservata, imboccò l’ingresso sentendo l’eccitazione aumentare sempre di più. Quando varcò l’ingresso della scuderia aveva il fiato corto e un dolore lancinante allo stomaco la costrinse a sedersi per riprendere fiato. Si guardò intorno e scelse una balla di fieno proprio accanto alla cella di Sun. Gli soffiò sul muso affettuosamente e si lasciò cadere sul fieno sfinita. Prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi.

“Siete tornata..”

Regina sobbalzò. Vedendolo si rilassò. “Mi avete fatto prendere un colpo…”

“Mi dispiace.. non era mia intenzione spaventarvi…” rispose con un filo di voce.

Regina corrugò la fronte. C’era qualcosa di diverso nel suo atteggiamento.. siete, spaventarvi.. le possibilità erano solo due: o la stava prendendo in giro per assecondare la sua folle idea secondo la quale lei era la regina o aveva scoperto chi era in realtà.

“Beh, sono tornata per sapere il vostro nome.” Sorrise.

Mantenendo lo sguardo fisso sul cavallo, il ragazzo si schiarì la voce. “Daniel.”

“Io mi chiamo Re…”

“Regina.” La interruppe lui. “So chi siete..” aggiunse con un tono dispiaciuto.

“Oh..” Regina abbassò lo sguardo sui fili di fieno che ricoprivano il pavimento della stalla.

“Non vi avevo mai vista prima, non potevo sapere che eravate davvero la regina… di solito è l’altro stalliere che prepara i cavalli e li porta al castello… io mi occupo solo di tenere in ordine le stalle. Ieri ho chiesto notizie sulla regina e mi è stata descritta una donna molto simile a voi… così ho collegato.. mi dispiace di avervi mancato di rispetto in quel modo ieri…perdonatemi.” Chinò il capo in segno di rispetto.

Regina non sapeva cosa dire. Si sentiva così stupida e ridicola ad aver anche solo pensato per un secondo che potesse accadere qualcosa tra di loro. Cosa diavolo le era passato per la testa? Avrebbe fatto meglio a uscire da lì o non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime. Accarezzò il muso di Sun e s’incamminò verso l’uscita senza staccare gli occhi da terra. La voce di Daniel la bloccò.

“Posso chiedervi una cosa?”

Regina esitò. Aveva paura di sentire ancora quella voce. Si sentiva come se non potesse più farne a meno.

“Ditemi…”

“Perché siete venuta qui?” domandò tutto d’un fiato.

“Per vedere Sun… il mio cavallo. Non ho mai la possibilità di vederlo, se non durante le occasioni speciali quando sono costretta a spostarmi da palazzo. Volevo solo stare un po’ da sola con lui...”

“No, intendevo dire…perché siete tornata oggi?”

Regina si voltò incontrando gli occhi di Daniel.

“Perché..” esitò. “Perché volevo sapere il vostro nome.” Ammise.

Il ragazzo si fece più vicino. “E perché volevate sapere il mio nome?” Quegli occhi le erano così vicini che si sentì mancare l’aria. “Ero solo curiosa…” Distolse lo sguardo. “Devo andare o si accorgeranno della mia assenza.” Uscì velocemente dalla scuderia senza voltarsi. Daniel le corse dietro.

“E voi avete rischiato di farvi scoprire solo per conoscere il mio nome?”

“Sì..” rispose senza fermarsi. Doveva riflettere e lì non ci sarebbe riuscita.

 

Si sentiva confusa. Non doveva più tornare in quella stalla e rivedere quell’uomo. Era sbagliato: lei era sposata, era la regina e quello era solo uno stalliere. Chissà cosa avrebbe pensato sua madre se l’avesse vista, se avesse anche solo saputo che lei aveva fantasie su quell’uomo. Daniel… che nome semplice e limpido, proprio come i suoi occhi chiari. Ora lui conosceva la verità e non le avrebbe più rivolto la parola senza un “vostra maestà” finale. Si era comportata da stupida. Avrebbe raccontato a Snow di aver utilizzato il passaggio segreto per andare a trovare Sun e di aver incontrato uno stalliere e poi avrebbe dimenticato quell’esperienza per sempre. Era giusto così, anche perché si stava facendo tanti problemi per nulla. Lui senza dubbio non si era neanche sognato di fantasticare su di lei a maggior ragione una volta scoperto che era la regina; se fosse stato scoperto anche solo a parlare in modo irrispettoso di lei, il re l’avrebbe fatto giustiziare senza battere ciglio. Allora per quale motivo le era sembrato dispiaciuto di scoprire che era la regina? Se fosse stata una normale paesana lui si sarebbe interessato a lei? Avrebbe potuto succedere qualcosa tra di loro? Quelle domande la tormentarono per tutta la serata. Snow si era offerta di farle compagnia in mancanza di Leopold e Regina gliene era infinitamente grata. Riusciva a distrarla di tanto in tanto da quel pensiero fisso. Avrebbe voluto raccontarle tutto, ma come l’avrebbe presa? Cosa poteva dirle? “Ehi Snow, mi sono innamorata di uno stalliere  che a quanto pare lavora a palazzo, cosa ne dici? Tuo padre non l’ho mai amato e mai lo amerò, sono stata costretta a sposarlo… ” Suonava a dir poco folle. Innamorata, forse era una parola azzardata, ma Regina provava qualcosa per quel ragazzo e di certo non era indifferenza. Decise di dormirci sopra senza escludere la possibilità di tornare in quella stalla il giorno seguente. Invece non ci tornò né quel giorno né il successivo. Si sarebbe sforzata di dimenticare tutto. Così giunse il giorno del ritorno del re. Regina gli andò incontro fingendo che gli fosse mancato, ma Leopold sembrava contrariato. La salutò appena e le diede appuntamento la notte stessa nella sua camera de letto. Lei si presentò puntuale pronta a fare quello che le veniva richiesto. Leopold l’attendeva sul letto con un’aria pensosa. Quando la vide le fece cenno con il capo invitandola a raggiungerlo. Regina non se lo fece ripetere due volte. Si sdraiò al suo fianco sorridendogli.

“Come è andato il v..?” non fece in tempio a finire la frase. Leopold la zittì con un gesto della mano.

“Ho fatto visita ad un amico che si è appena sposato. Sua moglie a un mese dalle nozze aspetta già un bambino. Poi ho fatto visita a un mio lontano zio. A poco più di un mese dalle nozze anche sua moglie aspetta un figlio…”

Regina sapeva dove voleva andare a parare e abbassò lo sguardo preoccupata. Il re le prese il mento puntando gli occhi nei suoi. “Tu a tre mesi dalle nozze non mi hai fatto questo dono. Sei sempre fredda e distaccata ed è evidente che mi detesti.”

“Vostra maestà, sono..”

“Non interrompermi.” Disse severo. “Purtroppo non vali nemmeno la metà della mia prima moglie. Lei era una vera regina, in grado di amministrare gli affari in mia assenza, sempre diplomatica e sorridente…Lei era amorevole e intelligente, mentre tu…” Lasciò quelle parole in sospeso, ma Regina sapeva bene cosa volesse dire. Conosceva qualcun altro che la pensava esattamente allo stesso modo.

“Posso chiedere il permesso di ritirarmi nelle mie stanze?” La voce s’incrinò. Leopold sbuffò infastidito a quell’ennesima manifestazione di debolezza.

“Ovvio. Per questa sera desidero restare solo.”

Regina abbandonò in fretta la stanza sicura di esplodere da un momento all’altro. Non poteva sopportare più quella situazione. Nessuno la riteneva all’altezza per poter fare nulla. Cora la considerava una debole e ora aveva deluso anche il re… e se fosse scappata? Senza riflettere, corse nella sua stanza, prese una mantella dell’armadio e scese le scale di corsa diretta verso la scuderia. Un nuovo inizio era quello che le ci voleva: nessuno si sarebbe accorto della sua assenza almeno fino alla mattina successiva. Le dispiaceva solo per Snow. Lei era sempre stata carina e gentile… perdere un’altra madre sarebbe stato un duro colpo, ma Regina non sarebbe stata di molta utilità se fosse rimasta lì. La scuderia era immersa nel silenzio come si aspettava. Con passo veloce raggiunse Sun.

“Bello, io e te ce ne andiamo ora…” prese un paio di briglie agganciate al muro e le mise a Sun. La sella non le serviva. La usava solo per fare contenta sua madre quando lei la guardava correre “una donna deve cavalcare regalmente, non come un uomo..” lo trascinò verso l’uscita. Era senza dubbio una pazzia quello che stava facendo. Avrebbe avuto alle costole tutti una volta abbandonato il regno: il re, sua madre e chissà chi altro. Sarebbe stata disonorata e ridicolizzata da ogni abitante del regno, ma era sempre meglio di restare in una corte a sentirsi dire quanto era stupida e inutile.

“Tu, cosa credi di fare!” quella voce… sulla soglia stava Daniel, illuminato della luce lunare. Aveva un’aria sospettosa. Naturalmente non poteva riconoscerla visto che era ancora nascosta nell’ombra. Avanzò decisa senza guardarlo in faccia. Il ragazzo lasciò andare il bastano che teneva in mano visibilmente sconvolto.

“Regina? Cosa ci fate qui a quest’ora di notte?”

Regina non gli rispose anche perché era già abbastanza chiaro cosa avesse intenzione di fare. Oltrepassò il portone tirando Sun per le briglie. Daniel non si diede per vinto. La seguì fuori parandosi davanti a lei.

“Cosa avete intenzione di fare?”

“Non sono affari vostri. E ora per favore lasciatemi passare.” Disse.

Lo stalliere la guardò con occhi indagatori. “Qualcuno vi ha fatto del male? Non credo che scappare sia la soluzione migliore comunque…”

Regina non riuscì a trattenere le lacrime. “Voi non potete capire come mi sento! Cosa si prova ad essere continuamente criticati, considerati meno di niente, sempre inadatti a ogni situazione. Non potete immaginare cosa voglia dire essere obbligati a sposare qualcuno che non si ama, relegati in quattro mura senza mai poter essere liberi di fare quello che si vuole. Doversi sempre comportare educatamente in ogni situazione, essere belli, piacenti, sorridenti, fingere che vada tutto bene, fingere di non soffrire, fingere di amare un uomo che in realtà detesti, dover accontentare ogni suo desiderio senza mai potersi tirare indietro. Sentirsi dire di non essere all’altezza di una vera regina, di non essere abbastanza forte per affrontare la vita…” si accovacciò a terra senza riuscire a smettere di piangere. “Sono stanca di dover essere quello che non sono. Voglio solo poter essere felice.. perché tutti gli altri possono avere il loro lieto fine e io no? Cosa ho fatto per meritarmelo?” continuò singhiozzando. Daniel non si era mosso di un centimetro. Stava ancora di fronte a lei in piedi, impietrito da quello sfogo inaspettato. Regina avrebbe voluto prendersi a pugni per il suo comportamento infantile, ma ormai non aveva più senso. A breve se ne sarebbe andata e non lo avrebbe visto mai più. Il ragazzo s’inginocchiò al suo fianco senza dire una parola. Le sollevò il mento delicatamente per poterla vedere negli occhi. Regina lo lasciò fare, senza smettere di piangere. Quello che vide la sorprese: non era compassione quella che traspariva da quegli specchi perlati, ma un’infinita dolcezza.

“Avete ragione, non so come ci si sente, non ho idea di cosa voglia dire farsi controllare dagli altri o essere costretti a fare quello che gli altri ci ordinano di fare, ma so una cosa per certo: tutti possono avere il loro lieto fine in un modo o nell’altro. Anche quando sembra che non ci siano vie d’uscita e che tutto vada per il verso sbagliato, c’è un modo per andare avanti, per risollevare la testa e far capire a chi ci disprezza quanto valiamo veramente. I forti e i potenti esistono solo perché esistono coloro che si fanno assoggettare al loro volere per paura di mostrarsi per quello che sono in realtà. La vostra è solo paura della vita e con questo non vuol dire che siate debole, ma solo più sensibile di altri. Ora, se pensate che il vostro lieto fine sia lontano da questo palazzo, lontano da questa scuderia, lontano da…me, allora andate, non sarò certo io ad impedirvelo.. ma se deciderete di restare e combattere e se me lo permetterete, proveremo a superare queste difficoltà, e vi prometto che in un modo o nell’altro vi aiuterò ad avere il vostro lieto fine.”

Regina gli gettò le braccia al collo. Piangeva, ma questa volta non per disperazione. Era felice e per la prima volta aveva capito che non tutti erano crudeli come aveva sempre pensato. Sarebbe rimasta.. per lui..

 

Qualcosa era cambiato e Snow non era certo stupida, lo aveva intuito. Regina passava meno tempo con lei e quelle poche volte che si vedevano lei aveva la mente lontana, assente. Snow era proprio curiosa di sapere cosa la mettesse di buon umore, cosa fosse successo per renderla così serena. Aveva provato a chiederglielo, ma Regina aveva tergiversato, cambiando discorso. Era sicura che prima o poi glielo avrebbe detto, in fondo erano amiche e le amiche si dicono tutto.

 

Regina era euforica. Si sentiva rinata da quando aveva conosciuto Daniel, lui le trasmetteva allegria come nessun altro era mai stato in grado di fare. Era dolce e sempre disponibile ad ascoltarla, a consolarla, a coccolarla, a farla sentire amata. Ormai non era più un problema dover passare la notte con Leopold. Lo prendeva come un compito da svolgere: il dolore che provava in quei momenti era insignificante rispetto alla felicità che provava quando si trovava in compagnia di Daniel. Correva da lui ogni pomeriggio, appena Snow la salutava per le sue lezioni giornaliere e il re partiva per qualche viaggio lontano. Ogni giorno il ragazzo le raccontava qualcosa di nuovo, le mostrava luoghi segreti oltre il boschetto dietro la scuderia e la guardava correre con Sun. Era successo tutto così velocemente. Si conoscevano solo da un mese, ma le sembrava che fosse passata una vita. Daniel la conosceva meglio di chiunque altro e Regina non si era mai aperta così con nessuno. Non aveva mai confidato ogni suo segreto a una persona, non aveva mai donato tutta se stessa a qualcuno. Con Daniel era diverso. Tutto sembrava più bello quando la guardava dritta negli occhi, quando la baciava, quando restavano abbracciati per ore all’ombra degli alberi nodosi del boschetto.

Un giorno Regina aveva tardato al loro solito appuntamento a causa di un pranzo diplomatico. Era corsa alla scuderia più veloce che poteva, ma di Daniel nessuna traccia. Vicino a Sun aveva trovato un biglietto scritto con una calligrafia stentata. Regina aveva sorriso. Era stata lei a insegnargli a scrivere  e doveva ammettere che il risultato era piuttosto soddisfacente. Quel “ti amo” alla fine le riempì il cuore di gioia. Daniel l’aspettava oltre la collina. Era montata su Sun senza esitare e l’aveva raggiunto. Lui l’attendeva su Theodora, il suo cavallo, pronto a ripartire al suo fianco. L’aveva portata a un ruscello proprio nel centro del boschetto. Avevano mangiato insieme e avevano fatto l’amore cullati dal gorgoglio dell’acqua limpida. “Daniel non lasciarmi mai… non sopporterei di perderti…” aveva detto in un sussurro.

“No Regina. Non ti abbandonerò mai. Qualsiasi cosa accada resterò sempre al tuo fianco, te lo prometto. Il mio futuro è con te e nessuno potrà mai portarci via il nostro amore.” L’aveva baciata, accarezzandola con quel tocco gentile di cui solo lui era capace e Regina aveva appoggiato la testa sul suo petto nudo sentendo di aver trovato tutto quello che aveva sempre desiderato.

 

Naturalmente qualcosa o meglio qualcuno cominciò ad accorgersi del suo repentino cambiamento d’umore. Cora veniva a trovarla sempre più spesso ultimamente, senza nascondere la curiosità di sapere cosa portasse sua figlia ad essere così felice. Regina si guardava bene dal dirglielo. Se sua madre avesse anche solo sospettato che lei avesse una relazione con un altro uomo, avrebbe fatto una pazzia, ne era sicura. Anche il re sembrava aver notato qualcosa di diverso nella moglie. Le aveva domandato più volte cosa era successo per renderla così felice e lei aveva risposto che voleva semplicemente comportarsi come una moglie amorevole, mentendo spudoratamente. Leopold sembrava accettare quella spiegazione, anche se manteneva sempre un’aria sospettosa e indagatrice. Per non parlare di Snow. La piccola le aveva detto più volte di sentirsi trascurata e Regina non poteva darle torto. Le voleva bene come a una sorella, la odorava, ma l’amore per Daniel era indescrivibile e il desiderio di correre ad abbracciarlo era più forte di qualsiasi altra cosa.

Una pomeriggio successe quello che Regina temeva. Si era recata presso il giardino, come tutti i giorni, ma ad attenderla aveva trovato Leopold seduto sul bordo della fontana. Teneva le braccia incrociate e guardava nella sua direzione con circospezione.

“Vostra maestà..”

“Cosa c’è in questo giardino che vi piace tanto, Regina?” disse asciutto.

“Non capisco.. nulla, mi piace trascorrere del tempo vicino al mio melo, tutto qui.” Bugiarda

“E’ un chi? O un cosa?” continuò lui imperterrito.

“Come? Non capisco cosa stiate insinuando…” Oddio

“Lo sai benissimo invece. Chi vi raggiunge ogni pomeriggio in questo giardino?”

Regina non sapeva cosa rispondere, ma una cosa era certa, il re sospettava qualcosa e le cose non si stavano mettendo per niente bene.

“Nessuno, lo giuro. Perché dovrebbe raggiungermi qualcuno? Se state facendo questa scenata solo perché non capite come mai io sia così felice, la spiegazione è semplice…” e adesso cosa si doveva inventare? Pensa Regina, pensa… improvvisamente le venne un’idea, pazza sì, ma geniale. “.. aspetto un bambino da voi…e vengo qui ogni pomeriggio per rilassarmi all’ombra del mio melo…”

Il volto di Leopold s’illuminò. “Ma.. è una notizia fantastica, perché non me l’avete detto prima?”

“Volevo che fosse una sorpresa. Ho detto al medico reale di non riferirvi nulla, perché volevo trovare io il momento giusto per annunciarvelo.”

Il re le accarezzò il volto. Aveva le mani lisce, come quelle di un uomo che non ha mai alzato un dito per lavorare in vita sua. Non erano come quelle di Daniel, callose, ma calde e rassicuranti.

“Bene, ora devo partire Regina. Una questione urgente richiede la mia attenzione lontano da qui, ma tornerò entro due giorni e daremo una festa per annunciare la bella notizia.” Si congedò baciandole la mano.

Regina attese che il re svoltasse l’angolo, poi si prese la testa tra le mani massaggiandosi le tempie. Questa volta aveva combinato un casino immenso. La soluzione poteva essere una sola e per quanto si sforzasse di trovarne una migliore, non ce n’erano: lei e Daniel dovevano lasciare il regno al più presto. Era l’unico modo. Doveva assolutamente dirglielo. Corse alla scuderia e lo trovò intento a spazzolare Sun, come tutti i giorni. Appena la vide sorrise.

“Ciao!”

Le andò incontro a braccia aperte. Regina rispose all’abbraccio e lo baciò sulle labbra con trasporto. Ora che lo rivedeva si rendeva conto che la sua era la scelta più giusta.

“Vieni Regina! Oggi ho pensato di fare un salto al nostro laghetto, almeno facciamo correre un po’ Sun e Theodora.” Disse eccitato.

“No, aspetta Daniel, ti devo dire una cosa importante.” Si fece seria.

“Cosa succede amore? Qualcosa non va?” rispose preoccupato.

“In effetti sì. Ora ti dirò tutto, ma tu devi promettermi che non ti arrabbierai e che esaminerai bene la mia proposta, va bene?”

Il ragazzo annuì senza nascondere una certa preoccupazione. Regina gli raccontò ogni cosa, senza tralasciare la sua “brillante” trovata per giustificare la sua contentezza. Gli espose il suo piano con calma, annunciando l’ora e il luogo in cui si sarebbero dovuti incontrare. Daniel la guardava con interesse sempre più meravigliato ad ogni sua parola.

“Allora?”

Lui si massaggiò la radice del naso chiudendo gli occhi.

“Va bene. Facciamolo. Domani appena cala il sole, ci vedremo qui.”

“Lo sapevo che saresti stato d’accordo.” Regina lo baciò mentre gli accarezzata i capelli lisci. “Ti amo più della mia stessa vita, Daniel. Vedrai che saremo felici insieme, lontano da questa prigione. Non dovremo più nasconderci, potremo essere liberi di stare insieme ogni ora, ogni secondo…” le vennero le lacrime agli occhi per la gioia. Lui la guardava con una sguardo colmo d’amore. “Io di più… farei di tutto per renderti felice, lo sai.”

Si salutarono con un lungo bacio pronti a compiere quella follia.

Ancora con un sorriso spensierato stampato in faccia, uscì dal tunnel sbucando nel giardino. Di fronte a lei stava Snow con un’aria perplessa. Abbassò gli occhi dispiaciuta.

“Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa…perché non mi hai detto che hai usato la porta che ti ho mostrato?”

“Snow, mi dispiace..” Regina s’inginocchiò davanti a lei per guardarla dritta negli occhi. “Non te l’ho detto perché avevo paura…”

Snow si accigliò. “Paura di cosa? Tu sei mia amica, perché dovresti avere paura di me?”

Regina non se la sentiva di mentirle, non più. In fondo era solo grazie a Snow se aveva conosciuto Daniel. Lei meritava la verità, tanto si fidava di lei, sapeva che Snow non avrebbe detto nulla a nessuno, almeno fino a quando lei e Daniel non fossero partiti.

“Snow, se io ti confidassi un segreto, tu non lo diresti a nessuno vero?”

“Certo che no.” Rispose offesa.

 “Anche se si trattasse di un segreto molto pericoloso?”

Snow indietreggiò sopetta. “Così mi fai spaventare Regina.”

“Va bene.. ti dirò la verità, ma tu non dovrai dire nulla a nessuno, non a tuo padre, non alla tua tata, ma soprattutto no a mia madre…ho usato questo passaggio parecchie volte Snow, per andare a trovare Sun…e alla scuderia ho conosciuto un uomo…io e lui, ecco. Ci amiamo e non possiamo più nasconderci così. Domani sera abbiamo intenzione di scappare e lasciare per sempre il regno. So che può sembrare sbagliato, ma è la cosa giusta da fare, te lo assicuro… me lo hai sempre detto anche tu: una persona deve fare l’impossibile per poter essere felice, ricordi? Bene, io lo voglio fare, lo devo fare. Mi mancherai Snow, ma è l’unica soluzione…”

La piccola la guardava ad occhi sgranati senza riuscire a capire il significato di tutte quelle parole.

“Vuoi lasciarmi qui da sola?” disse con le lacrime agli occhi.

Regina le si avvicinò stringendola stretta contro il suo petto. “Ti giuro Snow, mi mancherai tantissimo, ma devo farlo, lo capisci? Finalmente ho trovato un uomo che mi ama e non voglio che qualcuno  me lo porti via…” aveva gli occhi lucidi e un vuoto nel cuore. Lasciare lì quella bimba le procurava un dolore tremendo.

Snow si divincolò dal suo abbraccio e si asciugò gli occhi.

“Non dirò nulla a nessuno, lo giuro. Io non voglio che tu te ne vada, ma se così facendo sarai felice, allora vai….”

“Grazie Snow…se mai avrò una figlia, voglio che sia esattamente come te…” Era commossa e felice essersi tolta quel peso dalla coscienza.

La mattina seguente Regina si svegliò all’alba. Non era riuscita a chiudere occhio e non vedeva l’ora di partire e lasciarsi alla spalle tutte quelle bugie che era stata costretta a dire, tutte quelle false abitudini, falsi sorrisi. Non avrebbe mai più rivisto sua madre per fortuna…

 

Snow era seduta sul bordo del  vicino all’ingresso del castello quando vide arrivare la carrozza. Scese rapida, il cuore che batteva all’impazzata. La porta della carrozza si spalancò e Cora scese elegantemente, aiutata da un servo.

“Principessa! Cosa ci fate qui, mi stavate aspettando per caso?” disse con falsa gentilezza. Odiava quella mocciosa viziata, ma era la figlia del re e quindi era cosa buona non mancarle di rispetto.

“Io.. ehm, sì in effetti..” la piccola muoveva nervosamente gli occhi da una parte dall’altra indecisa se parlare o meno. Cora la osservava incuriosita. Qualcosa le diceva che la piccola aveva un segreto inconfessabile da rivelarle e lei non se lo sarebbe fatta scappare per niente al mondo.

“Venite principessa… facciamo in giro in giardino, così potrete dirmi con tranquillità quello che vi tormenta..” disse infima.

La piccola prese a camminarle di fianco, tenendo lo sguardo basso. Si accomodarono su una panchina appena dopo l’ingresso dei giardini. Snow guardò la donna negli occhi e si decise a parlare. Le rivelò tutto. I sentimenti di Regina, l’amore per il suo stalliere, il loro piano di fuggire quella sera stessa. Cora stette ad ascoltare senza scomporsi minimamente, ma dentro fremeva. Doveva immaginare che quella stupida di sua figlia tramasse qualcosa. L’odio profondo che provava per lei in quel momento non aveva limiti. Le avrebbe fatto pagare quel gesto impulsivo. Le avrebbe fatto pagare per il suo comportamento. Se fosse riuscita a scappare con quel ragazzo, cosa avrebbero detto di lei, oltre che di sua figlia? Cosa avrebbe fatto il re? Ci avrebbe pensato lei a sistemare ogni cosa, come aveva sempre fatto. La vocina insicura di Snow interruppe il flusso dei suoi pensieri.

“Io speravo che voi avreste potuto farle cambiare idea.. lei mi ha detto di non dirvi nulla, ma io ho preferito raccontarvi tutto. Siete sua madre e le farete cambiare idea, vero? Una madre sa sempre cosa è meglio per sua figlia…. io non voglio che se ne vada via…”

“Non andrà via Snow, te lo prometto. Questa sera avrai di nuovo Regina tutta per te e tutto si sistemerà. Le parlerò io e vedrai che cambierà idea.” Rispose fingendo di essere gentile. La bimba sembrò convinta e si allontanò, lasciando Cora da sola con il suo desiderio di vendetta. Snow aveva ragione, una madre sapeva sempre cosa era meglio per la figlia e per Regina, sapeva esattamente cosa fare. Quella ragazza aveva sempre avuto la tendenza ad affezionarsi a persone insignificanti e deboli, come Mikael, come suo padre, come questo.. stalliere. Era furiosa, ma non le avrebbe permesso di vincere…

 

Regina era rimasta nella sua stanza tutto il giorno, pensando e ripensando a dove sarebbero potuti andare una volta lontani dal castello. Avrebbero visitato il mondo, proprio come avrebbero dovuto fare lei e Mikael anni prima. Questa volta nessuno le avrebbe impedito di essere felice. La piccola non avrebbe detto nulla, ne era sicura. Chissà, magari con il tempo avrebbe trovato il modo per tornare a trovarla e ringraziarla di quello che aveva fatto. Guardò fuori dalla finestra: il sole era calato ormai. Indossò un abito leggero e comodo con una giacca e raccolse i capelli in una treccia centrale. Senza esitare, oltrepassò il tunnel e sbucò nel campo  di fronte alla scuderia. Non riusciva a contenere l’eccitazione. Varcò la soglia ansimando. “Daniel, sono qui! Sei pronto?”

Nessuna risposta. “Daniel?” … niente. Regina si guardò attorno preoccupata. “Daniel non è divertente! Dove ti sei nascosto?” nulla. Una strana sensazione cominciò a impossessarsi di lei. Avanzò lentamente, trattenendo il fiato. Qualcosa non andava. Il silenzio era pressante e la leggere brezza notturna trasportava uno strano odore di… morte. “Daniel, dove sei?”

“Daniel? Chi è questo Daniel?”

Regina sentì il sangue gelarsi nelle vene. Indietreggiò boccheggiando. Sua madre uscì dall’ombra facendosi illuminare dalla leggere luce lunare. Teneva le braccia conserte e la guardava con un’aria di intensa soddisfazione. “Chi è? Un conoscente, un amico, un amante?”

Regina si sentì mancare. “Cosa..cosa gli hai fatto?”

“Io? Nulla cara.” Così dicendo si mise una mano sul petto fingendosi indignata. Rabbrividì… una sostanza viscosa e scura le gocciolava lungo le dita affusolate. Regina poteva giurare di sentire le gocce cadere a terra con un tonfo sordo.

“No…” oltrepassò la madre correndo verso la stalla di Sun. Si lasciò cadere sulle ginocchia… non poteva essere reale.. doveva essere un brutto sogno. No.. no..no..

“Oddio..” disse con un filo di voce..

“Dio non c’entra Regina. La colpa è solo tua. È morto.” disse con voce crudele.

Regina scoppiò a piangere senza distogliere gli occhi da quel macabro spettacolo. Daniel era steso a terra accanto a Sun, un rivolo di sangue scorreva lungo le sue labbra perfette. Gli occhi puntavano sgranati nella sua direzione, sembravano volerle dire qualcosa. Regina si buttò a terra strisciando verso di lui, non aveva la forza di camminare. Le assi di legno grezzo del pavimento le graffiavano le braccia, ma a lei non importava. Doveva raggiungere Daniel… era inorridita. Il suo corpo era riverso di lato in una posizione innaturale, le ossa del petto spezzate. Il cuore era stato strappato via, lasciando una profonda cavità vuota. Regina lo sollevò, poggiando la sua testa contro le ginocchia. Gli accarezzò il viso con mani tremanti. Il sangue ancora caldo le scorreva copioso lungo le gambe graffiate, ma non le importava. Nulla le importava più…

“Daniel, ti prego non lasciami qui da sola… io ho bisogno di te..” disse tra i singhiozzi… “Mi avevi promesso che non mi avresti mai abbandonata, che saresti rimasto sempre con me! Non puoi lasciarmi.. non puoi..” gridava disperata, ma nessuno rispondeva. Il buio assorbiva le sue grida smanioso di riceverne di nuove.

Lacrime di rabbia le rigavano il viso gocciolando lungo le guancie pallide di quello che un tempo era stata la sua unica gioia, il suo unico motivo di vita. Non avrebbe potuto più vivere senza di lui… non voleva vivere senza di lui… lo baciò sulle labbra fredde riuscendo ad assaporare solo il ferroso sapore del sangue.

Una mano le toccò la spalla. “Io ho fatto solo ciò che andava fatto… ma non ce l’avrei mai fatta senza la piccola Snow… è stata lei a rivelarmi tutto… se non fosse stato per lei, voi due avreste potuto lasciare per sempre il regno e vivere felici..”

Cora stava ancora parlando, ma lei non riusciva a distinguere le sue parole. Nella sua testa sentiva mille voci che le sussurravano parole senza senso.. alcune la incitavano ad agire… altre la pregavano di smettere… le gridavano di mettere fine a quel pianto straziante… ma una voce era più forte delle altre, urlava sempre le stesse parole, facendosi largo tra la folla, graffiando e mordendo ogni cosa… era una voce profonda e forte.. una voce magnetica, che s’insinuò nel suo animo stringendo il suo cuore in una morsa velenosa. Cresceva ogni secondo di più come un rampicante che trova terreno fertile in un vecchio vaso di rose ormai morte. Quella voce le diceva solo una cosa.. continuava a ripeterla facendo vibrare ogni fibra del suo essere… vedetta… Nulla le avrebbe impedito di ottenere quello che voleva, nessuno si sarebbe più permesso di mettersi contro di lei. Daniel aveva ragione: i deboli esistono solo perché hanno paura di mostrarsi per quello che sono realmente, ma lei non aveva più paura. Si sarebbe mostrata per quello che era veramente e questa volta avrebbe gioito lei della sofferenza degli altri. Avrebbe goduto nel vedere i suoi nemici soffrire… avrebbe fatto tutto ciò che era necessario per ottenere la vendetta, qualsiasi cosa. Socchiuse gli occhi cullata dal dolce suono di quella singola parola… vendetta.



 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti ^-^ . E’ la prima volta che pubblico una mia storia, quindi siete clementi xD .. Qualsiasi critica/commento, è bene accetto!

 

PS: scusate eventuali errori di battitura, ma questa storia doveva essere pubblicata molto prima e per via della scuola, non sono riuscita a terminarla in tempo. Sta mattina ho fatto una follia e mi sono alzata presto a finirla =P

 

Buona lettura ^-^

  
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