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Autore: Lua93    01/04/2012    12 recensioni
«Ti dispiace?» Si lamentò Bella abbassando lo sguardo sul suo corpo avvolto solo da un asciugamano troppo piccolo. Era la prima volta che Isabella incontrava uno dei tanti ragazzi di Jessica in giro per la casa, solitamente non uscivano mai dalla camera da letto, salvo per andarsene.
Il ragazzo sembrò risvegliarsi, e arrossendo visibilmente si voltò dall’altra parte.
«Non credevo ci fosse qualcuno». Disse con voce bassa. Bella sussultò, e si accorse di stare tremando, non poi così certa di farlo a causa del freddo.
«Tu chi sei?» Gli domandò indietreggiando fino a raggiungere la porta della sua camera, e nascondendosi dietro di essa, rimase a fissare il ragazzo che ancora le dava le spalle.
«Emmh… mi chiamo Edward e sono un compagno di corso di Jessica». Rispose quest’ultimo leggermente imbarazzato, passandosi una mano tra la folta chioma ramata.
Isabella inarcò un sopracciglio, indispettita. Si era ritrovata improvvisamente innervosita, quasi gelosa del fatto che Jessica fosse riuscita a conquistare un ragazzo talmente bello da sembrare irreale. Un sentimento, la gelosia, a lei totalmente estraneo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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                                                                                          The Cinematic Orchestra-Arrival of the Birds & Transformation
                                                                                                                         
                                                                         1

                                                                                

Con le dita seguì i contorni della rilegatura cerulea, percependola ruvida sotto i polpastrelli. Un sorriso si disegnò sul volto, le guance arrossate a causa del freddo, le labbra leggermente screpolate e gli occhi più scuri del solito, la facevano sembrare ancora più bella.
 
Le temperature quel giorno erano scese sotto la media stagionale, l’inverno più freddo mai registrato stava colpendo la città, annunciavano gli esperti. 
Isabella Swan viveva a Chicago, Madison Road numero 186, in un piccolo appartamento senza riscaldamenti. Per questo passava tutti i pomeriggi dentro il Milk Bar, piccolo locale poco distante dal suo appartamento. Le piaceva l’ambiente familiare che si respirava al suo interno, la cioccolata calda servita con i marshmallow e i tavolini con le tovaglie rosse. 
L’aveva conosciuto poco dopo essersi trasferita una volta lasciata Forks, sua cittadina di nascita, per seguire un corso di scrittura creativa presso la Chicago University. Stava cercando un locale, dove poter studiare senza interruzioni e, per puro caso, si era imbattuta nel Milk Bar, attratta dalle luci colorate intorno al bancone. 
A distanza di anni, il proprietario del suo appartamento non aveva ancora installato i termosifoni, pur avendoli acquistati, a detta di Jessica, la sua coinquilina, il vecchio Mr Utterson non aveva alcuna voglia di riempire le buste già stracolme di soldi degli operai. Lasciando correre la cosa, inventando ogni inverno una scusa diversa. Così mentre Jessica cercava calore tra le braccia degli uomini, Isabella si rifugiava nel suo locale preferito. 
Erano passati tre anni dal giorno in cui ci aveva messo piede per la prima volta, eppure era rimasto tutto invariato. Si sentiva a casa dentro quelle quattro mura, poteva dire di esserci cresciuta lì, e con lei anche le sue storie. 
L’ultima, quella che custodiva amorevolmente dentro la sua moleskine celeste, raccontava la storia del Milk Bar, descrivendolo come un luogo incantato. L’aveva paragonato al famoso armadio di Narnia, ed entrandovi non si poteva non venir risucchiati dalla magia del luogo. 
Quel pomeriggio aveva appena messo la parola fine in quel racconto, quando fu riportata alla realtà dalla voce armoniosa di Alice. 
«Ciao Bella». Il sorriso della ragazza le illuminò il volto accaldato, gli occhi chiari brillavano sotto le lampade al neon del locale. Indossava un cappotto bianco con una sciarpa rossa, due guanti dello stesso colore le coprivano le piccole mani. Osservava Isabella con un cipiglio divertito, «posso sedermi?» le chiese cortesemente. 
«Certo». Le aveva sorriso Bella, afferrando la borsa che aveva posato sulla sedia, appoggiandola vicino ai propri piedi, «come mai qui?» 
Alice si spogliò, abbandonando la sciarpa e il giubbotto sull’appendiabiti all’ingresso, infilando i guanti dentro le tasche del cappotto, poi portando la borsa con sé, si sedette di fronte all’amica. 
«La lezione è saltata, così ho pensato di venire da te», le rispose sollevando gli angoli delle labbra. 
«Hai fatto benissimo», disse Isabella felice di poter passare un po’ di tempo con lei. «Ti andrebbe una tazza di the?» le domandò, poi si voltò verso Susan, la cameriera. Quest’ultima non si avvicinò neppure al tavolo delle ragazze, non aveva alcun bisogno di avvicinarsi per prendere l’ordinazione. Conosceva bene i loro gusti. 
«Sai che preferisco una buona tazza di cioccolata calda», la riprese facendole la linguaccia. 
Isabella ridacchiò, lisciando il tessuto pesante della gonna. 
Alice lanciò un’occhiata alla moleskine, «stavi scrivendo?» le domandò incuriosita, sporgendosi per prenderla. 
Isabella la lasciò fare, solitamente non permetteva a nessuno di toccarla, ma Alice era diversa. Era quell’amica speciale a cui confidava tutti i suoi segreti. Si erano conosciute qualche anno prima proprio all’università. Alice frequentava il corso d’arte nell’edificio accanto a quello di scrittura. Si conoscevano di vista, ma non avevano mai parlato. Una mattina, Alice le si era avvicinata in biblioteca, porgendole un pacchetto piccolo e rigido. Incuriosita Bella, l’aprì, trovandovi dentro la moleskine cerulea. «Così non rischierai di perdere quello che scrivi, sarà sempre al sicuro qui dentro», le aveva detto sedendosi accanto a lei. Poi da quel giorno, divennero inseparabile. Alice era stata la prima persona capace, in tutta la sua vita, di sapere cosa le passasse per la mente senza il bisogno di dirlo ad alta voce. Si capivano con uno sguardo e bastavano le braccia dell’altra per stare bene. 
«Scemenze come il solito», Isabella rispose alla sua domanda per poi voltarsi verso Susan. La cameriera arrivò con il vassoio pieno. Sorridendo alle due ragazze, allungò la tazza di cioccolata calda ad Alice e quella contenente il the a Isabella. 
«Questo è il terzo oggi», esclamò indicando la tazza di Bella, «prima o poi il the prenderà il posto del sangue nelle vene». 
Tutte e tre scoppiarono a ridere, fissandosi divertite. 
«Suz, ti andrebbe di venire al cinema con noi sabato sera?» 
«Non so Bella, dipende da Mark». Rispose la rossa stringendosi nelle spalle, «ultimamente è sempre di cattivo umore, non mi va di lasciarlo solo». Aveva spiegato, portandosi il vassoio vuoto sul petto. 
«Porta anche lui», le consigliò Alice, bevendo un po’ della sua cioccolata. 
Susan abbassò gli occhi, imbarazzata. Le guancie le si colorarono di rosso, «non credo sia una buona idea». 
Bella scosse la testa, «non mi piace questa situazione. Tuo fratello dovrebbe reagire, non lasciarsi abbattere». 
«Lo so, ma era talmente innamorato che, proprio non riesce a capacitarsi del fatto che lei non ci sia più». Aveva risposto Susan con un sorriso triste. 
Rimasero in silenzio non sapendo bene cosa dire. Quando qualcuno se ne va, lascia sempre qualcosa a chi rimane. Nel caso di Mark, dopo la morte della sua ragazza avvenuta per cause naturali, dentro di lui albergava solo tanta rabbia. Bella li aveva visti poche volte, l’ultima era stata il giorno di Natale. Lei era una ragazza solare, di una bellezza sconvolgente e lui, Mark, si alimentava dei suoi sorrisi, della sua spensieratezza, le ruotava intorno come un satellite. Dopo la sua morte, era precipitato. 
«La vita gioca strani scherzi», Alice sospirò, «ma non bisogna arrendersi. Sono passati due mesi, capisco però che ci vuole tempo, in caso cambi idea, sai dove trovarci». Le disse con affetto. 
Susan ringraziò entrambe, poi tornò dietro il bancone, con gli occhi persi nel vuoto. 
La tazza di the si stava lentamente raffreddando, così Isabella iniziò a bere prima che diventasse freddo. 
«L’amore rende deboli». Disse improvvisamente, catturando l’attenzione di Alice. 
«Non so, Sid Vicious era convinto che fosse l’amore a uccidere non la droga, ma a me sembra tanto una stupidaggine», sussurrò inzuppando un dolce di pastafrolla dentro la cioccolata. «Non credo che sia l’amore a uccidere, più che altro sono le persone a non sapersi accontentare», spiegò mandando giù il biscotto. 
«Dici?» Domandò Isabella, perplessa. 
Alice annuì, «si. Ci vuole una certa misura nelle cose, non bisogna mai esagerare. Amare troppo rischia di bruciare, ma amare troppo poco, significherebbe vivere nel dubbio, non avere mai dato abbastanza, non averci neppure provato». 
«E allora qual è la giusta misura?» 
«Qualcuno disse che la giusta misura dell’amore è amare senza misura, ci sono pareri contradditori sull’argomento». Rispose con un sorriso. 
Bella rimase interdetta, «parlare con te è un po’ come svelare un enigma, lo sai?» 
Il labbro inferiore di Alice tremò, «sai cosa invece a me manda in confusione?» le domandò allungandole la moleskine aperta, «quello che scrivi». Bisbigliò indicandole una pagina piena di parole. 
«Perché?» 
«Non saprei, riesci sempre a entrarmi dentro. Sono piena di te e delle tue parole, il professor Volturi doveva stare poco bene per dire che sono tutte sciocchezze». Le rispose con un’alzata di spalle. 
Bella abbassò gli occhi rattristandosi, «evidentemente quello che scrivo non arriva poi così in profondità». 
Alice scosse la testa, «forse è perché arrivi fin troppo dentro. Pensaci, nessuno amerebbe uno specchio capace di riflettere solo i propri difetti, sarebbe come ammettere di averne. Considera che le tue parole, invece che difetti, riflettono sentimenti. Chi leggerebbe qualcosa capace di tirare fuori le proprie emozioni?» 
«Dici che sono troppo diretta?» 
«Dico che una seduta da uno psicologo sarebbe meno produttiva».  Alice finì la sua cioccolata calda, gustandola fino all’ultima goccia. Isabella terminò il suo terzo the, e quando si alzò per pagare il conto, improvvisamente se lo sentì realmente scorrere nelle vene. 
  
Quella sera, quando rientrò nel suo appartamento, Isabella lo trovò vuoto e silenzioso. Per combattere il freddo, lei e Jessica avevano messo dei paraspifferi alle finestre, di quelli allegri e colorati che attiravano l’attenzione. Eppure nell’oscurità quei festosi serpenti di stoffa sembravano aver assorbito la notte dentro le loro fibre. 
Bella si avvicinò alla stufa a gas, accendendola. Poi con calma si spogliò del giubbino, adagiando la borsa sul tavolino in mogano della cucina e con lei la sua moleskine. 
Entrò nel bagno aprendo l’acqua nella vasca, facendola scorrere fin quando non raggiunse la giusta temperatura. Poi lasciò riempire la vasca, raggiungendo la sua stanza, infondo al corridoio. Lei e Jessica condividevano un piccolo bilocale. Jessica si era ritrovata costretta a chiedere un coinquilino a causa dell’affitto troppo caro, e trovare una ragazza come Isabella fu una fortuna. Bella si trasferì subito dopo il suo arrivo, felice di aver trovato casa vicino all’università, così avrebbe risparmiato i soldi per il trasporto. Era stato un incontro fortuito il loro, anche se non erano mai andate d’accordo. Forse perché troppo diverse, forse perché una bruna e l’altra bionda, fatto sta che erano rare le volte in cui si sedevano a tavola insieme. 
Jessica passava tutte le sue serate in compagnia di ragazzi che prontamente, dopo esserseli portata a letto, li lasciava il giorno dopo. A Isabella non era mai piaciuto quell’atteggiamento, ma non si era mai lamentata. Fin quando nessuno le avrebbe dato fastidio, lei le avrebbe permesso di portare chi desiderava. Su questo punto si erano chiarite immediatamente. 
Così Isabella passava la maggior parte delle sue serate in compagnia di un buon libro o di Alice, durante il fine settimana, mentre Jessica si divertiva nella sua camera da letto. Semplice rapporto mai andato più in là di un’amicizia mai approfondita, nemmeno mai dichiarata. 
Stanca e assonnata, Bella s’immerse nella vasca, rabbrividendo quando la sua pelle fredda fu bagnata dall’acqua calda. Chiuse gli occhi, scivolando lentamente fino a toccare con la nuca il bordo della vasca. 
Rimase immobile in quella posizione per un tempo quasi infinito, aveva chiuso gli occhi un paio di secondi, ma quando li aveva riaperti l’acqua era diventata fredda. Si accorse di essersi addormentata quando osservando il cielo dalla finestra del bagno, lo vide scuro e nuvoloso. 
Tremando allungò il braccio verso l’asciugamano bianco, e uscendo dalla vasca, l’avvolse intorno al suo esile corpo. I capelli bagnati le scivolavano lungo la schiena nuda, bagnando il pavimento. 
Avvertiva il tenue calore emesso dalla stufa, accesa nel salotto, ma non riscaldava mai abbastanza. 
Scocciata per quella situazione, uscì dal bagno, cercando di raggiungere la propria camera il più velocemente possibile ma, la presenza di uno sconosciuto lungo il corridoio la pietrificò. 
Davanti a due grandi occhi verdi rimase paralizzata, cercando di coprirsi come meglio poteva. Lo sconosciuto, un ragazzo alto e smilzo, con un colore di capelli fuori dall’ordinario, fissava Isabella, sorpreso e imbambolato. 
«Ti dispiace?» Si lamentò Bella abbassando lo sguardo sul suo corpo avvolto solo da un asciugamano troppo piccolo. Era la prima volta che Isabella incontrava uno dei tanti ragazzi di Jessica in giro per la casa, solitamente non uscivano mai dalla camera da letto, salvo per andarsene.
Il ragazzo sembrò risvegliarsi, e arrossendo visibilmente si voltò dall’altra parte.
 
«Non credevo ci fosse qualcuno». Disse con voce bassa. Bella sussultò, e si accorse di stare tremando, non poi così certa di farlo a causa del freddo. 
«Tu chi sei?» Gli domandò indietreggiando fino a raggiungere la porta della sua camera, e nascondendosi dietro di essa, rimase a fissare il ragazzo che ancora le dava le spalle. 
«Emmh… mi chiamo Edward e sono un compagno di corso di Jessica». Rispose quest’ultimo leggermente imbarazzato, passandosi una mano tra la folta chioma ramata. 
Isabella inarcò un sopracciglio, indispettita. Si era ritrovata improvvisamente innervosita, quasi gelosa del fatto che Jessica fosse riuscita a conquistare un ragazzo talmente bello da sembrare irreale. Un sentimento, la gelosia, a lei totalmente estraneo. 
«E allora perché non sei con lei?» Gli domandò Bella non riuscendo a trattenersi, la sua voce uscì bassa e isterica. 
Edward continuò a darle le spalle, i suoi occhi erano fissi su un quadro appeso sul muro. Lo guardava senza alcun interesse, sembrava che nella sua mente ci fosse solo l’immagine di quella ragazza, semi nuda, che lo guardava spaventata. 
«Lei è rimasta con gli altri». Rispose rischiarendosi la voce, «forse è meglio se vado via». Borbottò tra sé e sé, non certo di averlo detto ad alta voce. 
Bella lo fermò, «senti, non credo di aver capito. Se lei non è con te, come mai tu sei qui?» 
«Dovevo lasciarle degli appunti». 
«A quest’ora?» Domandò con tono divertito Isabella, «guarda che non c’è alcun bisogno di raccontarmi bugie. Non sei mica il primo ragazzo che Jessica porta a casa, e se proprio vuoi saperlo, non sarai neppure l’ultimo.» Disse sentendosi improvvisamente meglio, usò un tono cattivo, che poco si addiceva alla sua abituale dolcezza. 
Edward ridacchiò, «interessante». 
La ragazza parve confusa, «cosa?» 
Quando preso da un impulso irrefrenabile, Edward si voltò verso di lei, Isabella sentì le guancie andare a fuoco. Il suo viso spuntava da dietro la porta, e alcune ciocche ancora bagnate si erano appiccicate sulla faccia. Quegli occhi gli entrarono dentro, retina contro retina, pupilla contro pupilla, non si sarebbe sorpresa se i suoi occhi avessero assunto anche il colore di quelli di lui. Desiderava rivestirsi ma qualcosa le impediva di muoversi, di distogliere l’attenzione da quelle gemme verdi. 
«Forse dovresti vestirti», le consigliò Edward, apprensivo. 
Bella sollevò gli occhi verso il soffitto, «si può sapere cosa ci fai qui?» chiese per la seconda volta, sperando in una risposta più esaustiva. 
«Te l’ho detto, Jessica mi ha chiesto di salirle gli appunti dell'ultima lezione, altrimenti ubriaca com’era li avrebbe sicuramente persi». 
«E lei ti ha dato le chiavi di casa per questo motivo?» Gli domandò sospettosa, «chi saresti la nuova Andy Sachs?» 
Edward corrugò la fronte pensieroso, «non conosco nessuno con questo nome». 
«Lo credo bene è la protagonista di un film», disse spazientita Isabella, «senti, perché adesso non vai via, sono certa che gli appunti l’avrai lasciati sul tavolo». 
«Esatto», sorrise Edward continuando a fissarla senza muovere neppure un muscolo. 
Bella sbuffò, «adesso cosa stai aspettando?» 
Abbassando la testa, Edward ridacchiò divertito, poi voltandosi, si allontanò raggiungendo la porta d’ingresso. Isabella attese di sentirla chiudere prima di cambiarsi. 
«Ti lascio le chiavi in cucina.» Gridò Edward prima di uscire,  «buonanotte». 
Bella non rispose, e solo dopo essersi accertata che lui fosse realmente andato via, indossò il suo caldo pigiama, asciugando i capelli prima di beccarsi un raffreddore. 
Ancora scossa da quell’incontro pensò che prima d’infilarsi nel letto, sarebbe stato meglio controllare la casa. Così una volta raggiunta la cucina, notò sì un paio di chiavi posate sul tavolo, ma la sua moleskine era improvvisamente scomparsa.

 

 

Toc toc, c'è qualcuno?
Sono riuscita ad incuriosirvi almeno un pochino? Premetto che non sarà una storia lunga e che, i prossimi capitoli sono già pronti, quindi non vi farò attendere molto. Diciamo che questo è un esperimento, avevo voglia di scrivere qualcosa di leggero e romantico, e questo è quello che la mia testolina ha partorito.
Voi cosa ne pensate? 
Non voglio svelarvi nulla, lascerò a voi ogni parola. Questa storia sarà leggera, divertente, romantica e spensierata. Nessun tono drammatico, ovviamente, chi mi conosce sa che un pò di melodramma nelle mie storie si trova sempre, però questa volta sarà molto meno marcato. E' una favola moderna, dove i protagonisti sono due ragazzi normali, pieni di sogni e paure.
Posterò regolarmente tutte le Domeniche.
Lua93.

P.s. Il nuovo capitolo dei Colori del vento è in fase di scrittura, spero di riuscire a postarlo prima di Pasqua.
   
 
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