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Autore: Izumi V    01/04/2012    8 recensioni
Quella fu la prima volta che Shinichi le fece quel dono, e nei due anni seguenti si ripeté come un rito.
Ma quell’anno era diverso: Shinichi non c’era, era in giro per il Giappone seguendo un caso che sembrava non finire mai.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mamma mia: la gioia del tornare finalmente a scrivere è immensa! Mettersi seriamente davanti al computer e dire: Ok, adesso a noi due! Impagabile*.*
Ma volete sapere dove sono stata in gita di classe la scorsa settimana?!
A LONDRA!!! Sono stata al Museo di Sherlock Holmes e ho fatto la foto sotto la statua <3
Fantastico!
Ma tornando a noi: eccomi con una nuova fic teneramente ShinRan, con la speranza che vi piaccia:)
Scusatemi per il mio "silenzio poetico", ma questo periodo è veramente un po' difficile, al di là della scuola...
Buona lettura!




8 marzo




L’anno precedente, avrebbe sicuramente affermato che l’8 marzo era uno dei giorni che preferiva di più all’anno.
Ran amava la festa della donna, soprattutto da quando aveva studiato a scuola a cosa fosse dovuta quella data specifica: la lotta delle donne, il loro desiderio di riscatto…si sentiva orgogliosa di essere una delle miliardi di festeggiate nel mondo!
Ma questo no, non era l’unico motivo. Ce n’era un altro, per il quale era sempre stata così felice di aprire gli occhi e andare a scuola in quella giornata.

Shinichi l’aspettava come al solito all’angolo, per andare insieme.
Per un po’, il ragazzo fece finta di nulla e condusse la conversazione sugli argomenti più disparati: quanto fosse scarso il nuovo portiere della loro squadra di calcio, perché la prof di matematica arrivasse sempre in ritardo, quanto era stato facile il compito di storia il giorno prima…
Poi, quando stavano per avvicinarsi a scuola, lui si fermò e la costrinse a fare lo stesso.
Con fare impacciato, cominciò a fissare insistentemente il cemento della strada e a tracciare semicerchi immaginari col piede. Teneva le mani fermamente nascoste dietro la schiena, come a nascondere qualcosa.
E mentre Ran si sporgeva da un lato, sorridendo, nell’intento di capire cosa avesse lì in mano, lui mormorò quelle parole dolcissime che ebbero il potere di illuminarle la giornata, specialmente le ore di scuola.
-Ecco…beh…Auguri, Ran!-
E le porse timidamente il suo mazzolino di mimose, incartato e con un bel fiocco alla base. Nascosto tra i ramoscelli, un bigliettino giallo.
Ran fissò stupita ed emozionata quel piccolo dono, sentendo il cuore gonfiarsi per una gioia infinita.
Shinichi la guardava timoroso, attendendo una reazione.
In tutta risposta, Ran si lanciò addosso a lui e gli schioccò un bacio sulla guancia.


Quando ricordò anche quel particolare, Ran sentì un brivido di piacere: era stato un istinto, non l’aveva controllato, eppure solo a pensarci lo sentiva come una delle cose più intelligenti che avesse mai fatto in tutta la sua vita.
Si ricordò anche di come si era sentita in imbarazzo trenta secondi dopo…

Rendendosi finalmente conto del suo gesto improvviso, Ran si ributtò indietro, come scottata. Stringendo tra le mani sottili il fiore brillante di colore, balbettò il suo “grazie Shinichi”, più rossa in viso di un pomodoro maturo.
Aveva notato il bigliettino nel pacchetto, ma qualcosa nel suo cuore le sussurrava di aprirlo a casa, più tardi.
Forse il semplice fatto che non volesse mettere in imbarazzo l’amico, che già aveva messo in gioco molto per arrivare a regalarle quel mazzolino.
Era la terza media, e già si sentivano innamorati l’uno dell’altra, senza che –forse– se ne rendessero conto davvero.


Quella fu la prima volta che Shinichi le fece quel dono, e nei due anni seguenti si ripeté come un rito.
Ma quell’anno era diverso: Shinichi non c’era, era in giro per il Giappone seguendo un caso che sembrava non finire mai.
Era ancora il 7 sera, e Ran cercava disperatamente di concentrarsi sul libro di scienze aperto sulla scrivania…ma nulla da fare, non riusciva proprio a darsi pace.
Il giorno dopo sarebbe stato un disastro, sicuramente.
Rinunciò allo studio, nemmeno troppo impellente, e decise di fare la cartella, per poi scendere a preparare la cena.
Conan la osservò arrivare speranzoso…aveva una fame!
-Ran! Cosa ci prepari per cena?- domandò, entusiasta.
La ragazza lo fissò un secondo spaesata, come se non avesse nemmeno sentito, poi si riprese: -Ah, sì! Non so ancora, ci devo pensare!- ma intanto si era già messa a trafficare tra le pentole e nel frigo.
Conan cercò di interpretare il sorriso mite e un po’ triste che la ragazza gli aveva rivolto prima di mettersi al lavoro.
Non gli ci volle molto per capire, quando il suo occhio cadde sul calendario appeso all’ingresso.
-È evidente che Ran sta già pensando a domani…- constatò avvilito il finto bambino, sentendo i sensi di colpa riaffiorare in lui per l’ennesima volta. Ma una lampadina si accese presto nella sua mente: -Ran, ma tu domani entri un’ora dopo, vero?-
E lei, affettando una carota: -Mmh, sì! Perché me lo chiedi?-
-Curiosità!- e sorrise.

Dopo cena, una volta lavati i piatti, Ran risalì in camera sua.
Guardò la cartella già preparata ai piedi del letto: almeno una cosa l’aveva fatta!
Per l’ora seguente, si dedicò alla lettura di un libro, e quando il sonno cominciò ad appesantirle gli occhi, non oppose alcuna resistenza e spense la luce.
Addormentandosi, il pensiero che avrebbe potuto dormire un’ora in più la fece sentire un po’ meglio.

La sveglia suonò più fastidiosa del solito. Non aveva proprio voglia di alzarsi, ma il suo dovere di studentessa ebbe la meglio sull’umore nero.
Si cambiò in fretta, e portò lo zaino di sotto, prima di far colazione. Solo una cosa attirò la sua attenzione: era convinta di aver lasciato la cartella ai piedi del letto, la sera prima, eppure quella mattina la trovò vicino alla scrivania.
Non vi fece troppa attenzione, aveva altro per la testa.
-‘Giorno papà…- bofonchiò la ragazza, con la voce ancora impastata di sonno.
-Buongiorno piccola! Auguri!- esclamò Kogoro, che sembrava essersi ricordato della festa della donna per la prima volta nella sua vita. La guardava entusiasta: sperava davvero che la figlia apprezzasse il suo sforzo.
Per non deluderlo, Ran gli rispose con un abbraccio, ringraziandolo.
Le costò uno sforzo enorme, fingere. Quello che il padre aveva fatto nelle migliori intenzioni, non aveva fatto altro che affossare ancora di più il suo animo.
Era felice che suo padre si fosse ricordato, ma era un altro l’uomo da cui avrebbe ardentemente desiderato ricevere gli auguri.
-Ma…Conan?- domandò la ragazza, guardandosi intorno.
-E’ a scuola, dove vuoi che sia a quest’ora? Ti sei alzata un’ora più tardi, ricordi?-
-Ah…già- preparare la colazione al piccolo era una cosa che adorava fare…
-Anzi, credevo che anche tu alla fine andassi alla prima ora, dato che verso le 6.30 ho sentito la porta di casa aprirsi!-
Con un enorme gocciolone sulla testa, Ran ribattè: -Papà, te lo sei sognato di sicuro! Anche se fossi dovuta andare alle 8 a scuola, non sarei certo uscita così presto di casa!-
Lasciandolo leggermente perplesso, Ran uscì augurandogli buona giornata.

-Ehi, Ran! Guarda cosa mi ha regalato Kyogoku! È venuto apposta sotto casa mia a portarmelo!- Sonoko sventolava raggiante il suo mazzo di mimose: lo mostrò all’amica non appena si videro, a scuola.
Non lo aveva fatto con cattiveria, semplicemente, non ci aveva pensato: Ran scoppiò in un pianto silenzioso e affossò il viso sotto le braccia.
-Oh, Ran! Perdonami!- Esclamò l’altra, davvero mortificata.
Strinse Ran in un abbraccio, e riuscì così a calmarla un po’. Poi, con un sorriso da vera amica, staccò dal suo mazzolino un ramoscello e glielò infilò nel diario.
Alla mia amata Ran, da Sonoko.
La mora dimenticò finalmente il pianto con una bella risata e predispose l’animo alla lezione di matematica che stava per cominciare.
Aprì la cartella per recuperare libro e quaderno, quando notò qualcosa che prima le era sfuggito.
Qualcosa che le fece vibrare l’anima.
Rimase qualche secondo col fiato sospeso, il cuore che batteva a mille e una strana sensazione allo stomaco. Sempre fissando un punto all’interno del suo zaino.
-Ran…che ti prende?-
-N..niente, niente…-
Con uno scattò, la ragazza richiuse la cartella.

Poteva averlo messo chiunque…
Uno spasimante segreto, Conan, suo padre…
Di certo, non lui.


Non fece che pensare a quello per le sei ore seguenti.
Non ebbe il coraggio di guardare meglio finchè non fu suonata la campanella dell’ultima ora.
Solo in quel momento, come risvegliandosi da un sogno, Ran saltò in piedi e comunicò all’amica: -Scusa Sonoko, oggi sono proprio di fretta! Ci sentiamo stasera, ok? Così mi racconti di Kyogoku!- e con un sorriso sincero che lasciò interdetta l’altra, si gettò fuori dalla classe.
Doveva arrivare in un posto preciso, aveva un appuntamento a cui non poteva mancare.

Magari si era sbagliata.
Probabilmente non era suo, in fondo, come avrebbe potuto farlo arrivare a lei?
Eppure la speranza c’era…quella speranza cieca e folle a cui ci si aggrappa nella disperazione…quella speranza che permette di sognare ancora un po’, di credere in qualcosa a cui ormai si teme di affidarsi.
Ran aveva bisogno di quella speranza.

Arrivò al suo angolo, al loro angolo, col fiatone e un’ansia pazzesca.
Quello era il luogo dove Shinichi l’aspettava sempre, dove lui le aveva regalato quel mazzo di mimose due anni prima, per la prima volta.
Si sedette un attimo sul ciglio della strada, per regolarizzare il respiro.
Si prese la testa tra le mani, nell’ennesimo momento di sconforto. Ma poi si fece coraggio, solo come lei riusciva a fare.
Era arrivato il momento della verità.

Ran aprì lo zaino con mano tremante, tirando fuori il mazzo di mimose che aveva notato solo a scuola. Aveva fatto attenzione per tutta la giornata a non rovinarlo, tutte le volte che aveva preso o messo via i libri.
La carta era diversa, ma il fiocco…era lo stesso fiocco.
Fece un grosso respiro e guardò nel pacchetto: tra i piccoli batuffoli gialli, vide apparire quello che sperava.
Un bigliettino giallo.
Con gioia, permise a una lacrima di cadere su di esso e segnare per sempre quel momento di felicità.

Quella sera, la ragazza si diede parecchio da fare ai fornelli, e lo fece con una serenità che da qualche giorno le era mancata.
Conan non potè fare a meno di notarlo e si sentì felice come non mai.
Dopo cena, la mora sparì nuovamente in camera sua, come la sera prima, eppure con un animo completamente diverso.
Il piccolo detective, curioso, raggiunse in silenzio la camera della giovane e aprì la porta senza far rumore.
Dalla fessura creatasi, la scorse in piedi al balcone, con il cellulare in mano e qualcosa di giallo brillante stretto in mano…

Ran si appoggiò alla ringhiera del balconcino della sua stanza, guardando la luna.
Innamorata e felice.
Rilesse ancora una volta il foglietto colorato trovato in mezzo alle mimose.

Alla mia donna dolce e complicata,
Tanti auguri.
Shinichi


Decise finalmente di metterlo via, insieme agli altri. Richiudendo il cassetto, notò cosa c’era scritto sul primo che le aveva regalato:
“A una donna speciale”
Il primo biglietto, unico e inimitabile.
Eppure, questo era ancora più speciale. Questa volta, lei era la “sua” donna.

D’improvviso, Conan sentì la tasca vibrare.
Era talmente concentrato sulla ragazza, che si era pure spaventato!
Richiuse con delicatezza la porta e si trasferì nella sua camera.
Tirò fuori il cellulare, quello di Shinichi: Ran gli aveva appena mandato un messaggio.

Sei uno stupido fanatico,
ma il
mio stupido fanatico.
Grazie Shinichi.


Sul volto del bambino spuntò un nuovo sorriso: era Shinichi che sorrideva, Shinichi che amava e in silenzio continuava a lottare per il suo amore.





  
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