Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: addo    02/04/2012    0 recensioni
Il dramma della malattia vissuto in solitudine.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era felice. Finalmente dopo tanto, forse troppo, tempo era felice. Di quella felicità da esprimere. Non era possibile tenere tutto dentro. Sentiva la necessità di gridare come non aveva fatto mai in vita sua. Uscì di casa sbattendo la porta e si mise a correre, senza curarsi dello sguardo delle persone che incrociava, era felice, le importava nulla. Si sentiva di nuovo viva. Non era passato molto da quando era praticamente sicura che le prossime settimane sarebbero state le ultime della sua vita. Credenza rafforzata da quella visione spettrale che filtrava dallo specchio ogni mattina. Quel volto magrissimo e incavato, quei lineamenti ormai così spigolosi, quella testa priva di ogni singolo capello. Quel maledetto cancro le aveva tolto tutto, non solo la salute. Quando lo scoprì disse che avrebbe reagito, che era la cosa giusta da fare, che la depressione era pericolosa, tuttavia sapeva benissimo che la realtà era ben diversa dalla finzione cinematografica, dove donne bellissime e intelligentissime, con una splendida famiglia scoprivano di essere malate e allora vivevano la loro vita secondo per secondo senza curarsi di cosa sarebbe successo il minuto successivo. Ma lei non era così. Non era sicuramente brutta, ma non era neanche bellissima, una di quelle di cui ti dimentichi in fretta. Non aveva un carriera brillante, era una semplice commessa in un negozio di moda low cost e la sua famiglia si riduceva ad un fratello ricco, sposato, che viveva in Francia e vedeva due o tre volte l'anno, e due gattine, quelle si molto belle, Minnie e Luna. Aveva poche cose che la potessero spingere ad andare avanti, tralasciando i 25 anni vissuti e quindi un'intera esistenza davanti ancora da compiere. Anche i medici le avevano detto che quello spirito non aiutava le cure e che sarebbe stato meglio cercare di reagire. Certo i dottori erano bravi a parlare, loro sono sempre dall'altro lato della scrivania, ad esaminare e non ad essere esaminati. In realtà avevano ragione, e lo sapeva benissimo, ma la sufficienza con cui si facevano sfilare davanti decine di malati gravi ogni giorno la spaventava. Pensava che lei non ce l'avrebbe mai fatta a guardare tutte le mattine troppe persone diverse e dire loro quanto gli restasse da vivere. Era una sentenza. Era crudele. I medici, secondo lei, avrebbero dovuto mentire per non privarti della speranza della guarigione. Sentire che hai giorni contati ti toglie la voglia di vivere e  ti impedisce di guardare al futuro senza avere in testa costantemente un count down con giorni, ore, minuti e secondi che non smettono mai di scorrere. Ma lei ora era felice. Una felicità che non sapeva spiegare. Stava per morire, non era mica guarita, ma aveva realizzato che ormai era meglio chiuderla lì anziché continuare a grattarsi dentro sperando in un miracolo. Avrebbe smesso di soffrire e le importava poco se a questo punto anziché lei ne avrebbero risentito altre persone. Tanto lei stava per andare via, cose le poteva mai importare se delle persone, suo fratello, i suoi gatti avrebbero versato delle lacrime. Tanto piangere non faceva mica tornare in vita le persone. Come lei aveva dovuto star male quando morirono prima suo padre e poi sua madre, ora era il suo turno per poter far soffrire qualcuno, non le dispiaceva neanche, mica erano loro a morire, era lei che sarebbe andata via per sempre. Credeva, da un po' di tempo a questa parte,  che piangere per la morte di qualcuno era quanto di più egoistico potesse un essere umano compiere. Certo, cosa piangevano? Perché non avrebbero potuto più vedere quella persona? Esatto questo era il punto. Loro non avrebbero potuto più vedere quella persona, ma ad una che sta morendo come fa ad interessare che gli altri piangeranno solo perché non la vedranno più con i loro occhi, quindi strettamente per un bisogno personale. Continuava a correre mentre tutti questi pensieri le passavano per la testa. Sapeva che la malattia le aveva tolto ogni forza e si aspettava di svenire ad ogni passo, intendendo il tutto come una sorta di originale modo per suicidarsi, perché ovviamente l'animo per compiere qualcosa di più cruento per porre fine alla sua vita non sapeva proprio dove prenderlo. Sperava davvero che il cuore non reggesse quello sforzo e decidesse di prendersi un pausa. E sappiamo tutti che se il cuore si prende una pausa è per sempre. Ma nonostante tutto scoprì un'incredibile resistenza a quella fatica che sarebbe stata disumana per chiunque fosse nelle sue identiche condizioni di salute e iniziava a guardare quasi divertita le facce delle persone che la credevano pazza. In effetti chiunque avrebbe pensato che lei fosse quanto meno un po' fuori di testa. Era scalza e con un improponibile pigiama violetto con dei maialini rosa su. I calzettoni di lana erano quasi del tutto consumati dopo forse solo un paio di minuti. Inoltre era completamente calva e di una magrezza che rasentava l'anoressia.  Continuò senza fermarsi per circa 20 o 30 minuti, le sue forze ormai stavano davvero per venire completamente meno. Ad un tratto cadde pesante sulla ginocchia con la vista fortemente offuscata. Ce l'aveva fatta, pensava, stava finalmente mettendo fine ad un'agonia che le aveva tolto la felicità di poter vivere serenamente le ultime settimane della sua vita. Si reputò, negli istanti finali di lucidità, una completa idiota ad accettare di sottoporsi a tutte quelle cure nonostante sapesse benissimo che le sue speranze erano davvero ridotte ad un lumicino. I suoi ultimi giorni trascorsero regolati dal fastidioso ronzio del respiratore e nei brevissimi lassi di tempo in cui fu cosciente capì di non essere riuscita nel suo intento, ma di aver fatto sicuramente una mossa decisiva per raggiungere il suo scopo. Fu realmente così. Dopo 72 ore di agonia il suo cuore cessò definitivamente di battere. I medici rimasero attoniti quando la videro tra la vita e la morte. Non riuscivano a capire perché una ragazza così giovane avesse deciso, forse consapevolmente, di sforzare oltremodo il suo fisico, ben sapendo che non avrebbe potuto sopportare quel ritmo. Erano fortemente colpiti dal fatto che a soli 25 anni e con le cure che cominciavano a funzionare fosse andata ora irrimediabilmente via. Non sapevano cosa provasse lei in quei momenti. Nessuno mai le aveva chiesto come stava.
Che fine hanno fatto Minnie e Luna è tuttora un mistero.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: addo