Disclaimer: I personaggi sono di JK Rowling, le idee stupide solo mie, non c'è scopo di lucro (anche perché non credo che qualcuno mi pagherebbe per scrivere...)
Note dell'autrice: Nata per caso, mentre mi crogiolavo tra le lenzuola ieri pomeriggio. Stavolta, visto quello che è uscito, mi tocca dare ragione a mamma, che insiste nel dire che i pisolini pomeridiani fanno male...
Dedicata alla mia beta Hakka,
alla sis Clo, a Mamma Cissy/Samantha e a Vera ^^
ATTENZIONE: nella fic si parla di CANCRO. Se l'argomento vi da fastidio, o anche solo credete che possa darvene, non leggete. Io vi ho avvertiti, poi non venite a lamentarvi.
Un altro giorno ancora
Clack.
La serratura scatta, la porta si apre senza un cigolio.
Harry entra, se la richiude dolcemente alle spalle, piano, senza far rumore.
Non lo vuole disturbare.
Posa le chiavi nel piattino di ceramica sul mobile di fianco all'ingresso, si
posano con un lieve tintinnio.
Dobby arriva.
- Harry Potter signore. - Parla piano. Gli prende la giacca e la cartella di
cuoio.
- Grazie Dobby. - Non si è ancora abituato all'idea di avere un elfo
domestico per casa, ma è Dobby. Si è offerto lui. Ed Harry non
ha potuto dirgli di no. Gli dà uno stipendio, comunque.
Ed è contento che ci sia lui, che ci sia Dobby. Se non ci fosse non sarebbe
uscito oggi, emergenza o meno.
Al Ministero sanno. Gli hanno dato un periodo di ferie illimitato, lo chiamano
solo se proprio non possono farne a meno. Come in questo caso.
- Lui? - Dobby ha appeso la giacca.
- In camera, Harry Potter signore. Riposa. -
La finestra è spalancata, le tende tirate danzano lievi con la brezza
primaverile. Il sole sta cominciando a tramontare e la stanza tra poco si tingerà
di rosso.
C'è una figura rannicchiata nel letto. Harry non può vederne bene
i lineamenti, un po' perché è in controluce, un po' perché
essendo coricata sul fianco il viso rimane completamente in ombra.
Non li vede, ma ormai li conosce a memoria.
Il naso piccolo, un po' all'insù, le labbra dolci, morbide.
Si accosta al letto.
Sta dormendo, le mani vicino al viso. Dita lunghe, affusolate, da pianista.
Si inginocchia, il viso alla stessa altezza del ragazzo addormentato. È
pallido, le labbra sono secche e un po' screpolate.
Gli sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, dolcemente.
Ma Draco ha sempre avuto il sonno leggero, e si sveglia.
Apre gli occhi, vede Harry e gli sorride.
- Ciao. -
- Ciao. Scusami, non volevo svegliarti. - Harry gli accarezza piano la guancia
morbida.
- Come stai? -
- Bene. Non ho la nausea. -
- Ottimo. Vuoi provare a mangiare qualcosa? -
Draco ci pensa un attimo, poi sorride come un bambino.
- Voglio del gelato. Alla panna. -
Harry sorride, gli sposta un'altra ciocca dalla fronte. Si alza, gli dà
un bacio sui capelli.
- Te lo porto subito. Lo mangi a letto? -
- No, portami fuori, sulla terrazza. Prendimi in braccio. -
Harry sposta le coperte, afferra Draco delicatamente. Lui gli allaccia le braccia
intorno al collo, appoggia la testa nell'incavo della spalla, respira il profumo
di Harry. Lo fa stare bene.
Londra è magnifica, distesa sotto di loro. Adesso la luce è rossa,
il sole sta tramontando.
Draco rigira il cucchiaino nella coppetta, poi si porta alla bocca un po' di
gelato quasi del tutto sciolto. A lui piace così.
È seduto in braccio ad Harry e si lascia coccolare. Non parlano, non
ne hanno bisogno.
Una mano di Harry gli accarezza pigramente i capelli corti sulla nuca, l'altra
lo cinge delicatamente per la vita. Draco finisce il gelato e si accoccola contro
il petto caldo di Harry.
Rimangono così, a guardare il sole che tramonta su Londra, i rumori della
città che giungono smorzati dal basso.
È bello stare abbracciati così, godendo della reciproca presenza
senza pensare a niente.
Draco ha il cancro.
Il sole è tramontato del tutto, e Harry ha riportato Draco in camera.
Si era addormentato in braccio a lui.
Ora sono a letto, lo tiene stretto a sé, sente il suo respiro delicato
che gli sfiora il collo.
Draco ha il cancro. Potrebbe guarire, ma potrebbe anche non farcela.
Harry preferisce non pensarci.
Si limita a ringraziare ogni sera per il giorno appena trascorso, e prega chiunque
stia lassù di concedergli un altro giorno ancora con lui.