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Autore: _bucchan    02/04/2012    3 recensioni
Prossimi finalmente alla loro trincea, intravvediamo, al limite del terzo ordine di filo spinato, una figura umana, ritta in piedi, rivolta verso di noi col busto, ma con la testa stravolta all’indietro, e che si dimenava come per crisi epilettica.
Anche questa storia potrebbe far parte di una serie o di una raccolta.
[accenni di AusHun]
Genere: Guerra, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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San Gabriele, 12 aprile 1917


Elizaveta carissima,


Baumann è morto.1 Pover’uomo! Una granata ha centrato in pieno il suo alloggiamento. A sostituirlo è arrivato Tauber, questo tenentino, che ha fatto la Galizia (l’uomo che ti ha portato questa lettera); un giovane onesto, che avrebbe meritato di restare imboscato dov’era.
Anche qui comincia a scarseggiare tutto, e quello che arriva è di qualità infima rispetto al passato. Il vestiario, soprattutto; non si trovano i farsetti, manca persino il filo per rattoppare; gli articoli dell’anno scorso sono divenuti presto inutilizzabili, con dovizia di spreco. Maledetto sia il Carso, maledetti i suoi grigi declivi, maledetto il suo clima inclemente; questo inverno abbiamo avuto tutti il raffreddore. E i nostri vicini bosniaci stanno peggio di noi. Gli italiani (e tu sai bene quanto essi li odino2) li bombardano tutti i giorni. Ogni giorno passano quattro, cinque ore nei ricoveri trivellati sotto decine di metri di roccia; una situazione da impazzire, per i nervi. I ruteni e i dalmati, in questo, li superano in tenacia; non mi sento di escludere tuttavia di aver scambiato per disciplina semplice passività di fronte agli avvenimenti.
Parlando degli italiani, ricordi la voce secondo la quale Italia era stato preso prigioniero dai tedeschi, nell’agosto del ‘15? A quanto pare Germania deve averlo rispedito a Boselli3 perché l’ho incontrato, qui su questo stesso fronte, non più tardi di una settimana fa. Io e il povero Baumann eravamo stati autorizzati a compiere un’azione, per aprire alcuni varchi e fare qualche prigioniero. L’Italia, in questo punto del fronte, è abbastanza lontana; l’avamposto più vicino non disterà meno di quattrocento, cinquecento metri dalle nostre linee. Un’ora a strisciare nella terra di nessuno, fra i morti di nove battaglie, stratificati per provenienza, grado e stato di decomposizione, sotto la luce slavata della luna che tinge ricopre di una tinta argentea e uniforme i lastroni calcarei, la caligine biancastra e i fregi cuciti al bavero, demolendo siepi di reticolato con le sole pinze tagliafili; la gelignite, infatti, non funziona. Prossimi finalmente alla loro trincea, intravvediamo, al limite del terzo ordine di filo spinato, una figura umana, ritta in piedi, rivolta verso di noi col busto, ma con la testa stravolta all’indietro, e che si dimenava come per crisi epilettica.
“Signor capitano!.. signor capitano!..” scoppia improvvisamente a gridare, contorcendosi.4
“E basta, Vargas!” è la risposta di una voce, laggiù nel buio della trincea.
“Ma io ho paura! Ho paura! E se bombardano? Signor capitano!.. signor capitano!..” ora si contorce e si flette più strenuamente, piegando la schiena, e dando violenti strappi col busto “la prego, mi perdoni, mi faccia rientrare, le prometto che starò buono…” ricade ora in avanti, afflosciandosi, il capo sulle ginocchia, e le braccia che rimangono tese a sostenerne il peso “signor capitano, non mi lasci qui, la prego!” dà uno strappo improvviso, tendendo i piedi il più possibile, nel tentativo di svellere il paletto al quale è stato attaccato- invano; esso resiste “qua fuori è buio e ci sono tutti morti! Vicino a me c’è pure la mano di un tedesco che esce da terra!5 Prima per sbaglio l’ho pure pestata! Signor capitano!.. Signor capitano!..” e ancora esso si contorce, ancora si divincola, si lascia penzolare stremato, agita la testa, dimena corpo e arti “la prego, signor capitano, ho paura, non mi lasci qui!.. Signor capitano!.. Devo fare la pipì…”
“Falla nelle mutande come al solito, Vargas!”; seguì un coro di risate sguaiate.
Qual era il delitto del ragazzo? Aver cercato di mangiare della pasta, rimastagli da parte dal giorno prima, mentr’era di servizio. Fummo noi a far cessare quell’indegna farsa.6 Italia, legato mani e piedi, stava letteralmente impazzendo e se fossimo sbucati fuori dalla nebbia tutti in massa coi fucili spianati, avrebbe cacciato un tale strillo da far accorrere finanche Badoglio in vestaglia e camicia da notte.7
“Eh? Sei italiano? Ma gli italiani non vengono da dietro? Oddiooddioaiutoaiut…
“Silenzio, Italia. Dando l’allarme porteresti solo morte e sofferenza, ambedue vani. Dietro di me, ai miei ordini, stanno quaranta uomini armati; veterani capaci di strangolarti senza fare un solo rumore, se necessario. Noi adesso ti sleghiamo, però tu in cambio devi darci una mano.”
Lui mi guardò per un istante come istupidito, ma poco dopo si produsse in un entusiastico:
“Viva l’Austria!”
“Silenzio, ho detto! Presto, Baumann, sciolga quest'uomo” ho ordinato.
A quel punto occorreva agire, ma Italia parlava troppo e a sproposito ed io dovetti essere duro. Sembrava essere completamente a suo agio; guardava le sagome dei nostri che sbucavano dal buio e “Ehi, ma siete in troppo pochi per essere quaranta!” ripeteva. Agli uomini che lo attorniavano incuriositi diceva di essere stanco della guerra, che la guerra l’avevano voluta i signori contro la volontà del popolo e che quindi solo loro avrebbero dovuto farla, asserendo che lui non aveva nessun motivo per odiare l’Austria dov’era stato a lavorare un sacco di tempo ed era stato benissimo, e che i suoi compagni erano d’accordo con lui e che il giorno dell’avanzata avrebbero tutti mollato i fucili e si sarebbero dati prigionieri.8 Ignorano essi che Mauthausen è assai più pericoloso della prima linea e che fra poco non avremo più da mangiare nemmeno per noi?9 Facemmo un poco leva sul suo risentimento e lui, fra le altre chiacchiere, non tardò a offrirci molte piccole, utilissime informazioni. Ben presto si aggiunsero a Italia altri sei prigionieri, la maggior parte vedette; fra di essi c’erano due soldati, che ci abbracciavano come fossimo fratelli, e un anziano caporalmaggiore di quarantacinque anni. Italia continuava a recitare la sua parte,lì al reticolato, ma non era più legato, non si contorceva più; ogni tanto guardandoci faceva scappare le mani, e rideva. Ma a quel punto non fu più possibile rimanere nascosti; due sloveni caddero, altri cinque soldati rimasero feriti nel corpo a corpo che ne seguì; Maxim e Breyer dovettero essere lasciati indietro, affidati alla pietà dei nemici. Italia è stato mandato a Lubiana10, dover ormai sarà giunto da qualche giorno. Marciava tutto contento, nemmeno se la guerra fosse finita e quella doppia fila di ulani gli stesse facendo da scorta nella marcia verso casa.
Spero che Trieste sia rimasta bella e innocente com’era un tempo, la luce degl’occhi del nostro impero, lasciata integra dalle vicende di questo conflitto. Presto dovrei ricevere una licenza, prima della fine di questo mese, per quella data spero tu ti possa essere completamente ristabilita.
Scrivi presto, mi raccomando.

Con affetto,

(lettera firmata) [Roderich Edelstein]                                                                                  










1 L’ufficiale in seconda di Austria. Potrebbe comparire in altre lettere.
2 I reparti bosniaci dell’esercito austro-ungarico divennero famosi per il loro coraggio e la loro crudeltà. Gli appartenenti a questi reggimenti portavano il fez anche quando cominciarono a essere disponibili gli elmetti in metallo. Il timore che incutevano era tale che perfino alcuni reparti di diversa provenienza adottarono il loro copricapo per spandere maggior timore.
3 Paolo Boselli; primo ministro italiano dopo la cacciata di Salandra, avvenuta in seguito alla Strafexpedition, la “spedizione punitiva” austriaca. Per la frase di Austria mi sono ispirata alla strip di Himaruya in cui Italia, prigioniero di Germania, viene appunto rispedito al suo paese in un pacco postale.
4 Il fatto che Austria comprenda la nostra lingua non deve stupire, perché la conoscenza dell’italiano (seppur approssimativa) era patrimonio comune di molti ufficiali austriaci (la stessa cosa non si poteva dire di quelli italiani).
5 La pratica odiosa di legare i soldati ai pali dei reticolati e lasciarli per ore e ore esposti al fuoco nemico, secondo il capriccio degli ufficiali superiori, per infrazioni, di lieve entità, era pratica diffusa presso tutti gli eserciti. Ma questo Austria pare dimenticarlo.
6 Per questa battuta di Feliciano mi sono ispirata a una scena del film La grande guerra di Mario Monicelli. “’Na mano! Edde chi è?”
7 Pietro Badoglio, generale del Regio Esercito. La storiografia tramanda che andasse a dormire prestissimo e, quando le urgenze della guerra lo tiravano giù dal letto, che ricevesse messaggeri, ufficiali e delegazioni alleate in camicia da notte e in preda allo spaesamento.
8 Le idee che ho attribuito a Italia sarebbero la summa dei malcontenti e dei dubbi che circolavano nell’esercito italiano, e talvolta anche riportati per lettera. Queste idee “sovversive” erano sovente sanzionate dalla giustizia militare con severe condanne.
9 Mauthausen, tristemente famoso durante la Seconda Guerra Mondiale, fu campo di concentramento anche durante la Prima. Statisticamente era più pericoloso per un soldato finire in uno di questi campi che combattere al fronte, ma i soldati italiani sembravano ignorarlo.
10 L’attuale capitale slovena era uno dei tradizionali punti di raccolta dei prigionieri italiani, e conosciuta anche fra le nostre truppe.



Sehr gut! Arrivati in fondo? Vi devo un bel grazie! Soprattutto per la prolissità delle note, una cosa davvero assurda...
Avevo in mente l'episodio di Italia già da un po', ma nel farne un racconto a sè stante mi è parsa un po' inconcludente e così ho maturato l'idea di inserirlo in una lettera di Roderich, in cui comunque si parla di altre cose. In questo periodo della guerra Austria è sulle pendici del San Gabriele, una delle zone più micidiali del fronte carsico. Elizaveta è ricoverata a Trieste perché è ferita o ha contratto una malattia.
In questa lettera ho cercato di ricostruire con più precisione possibile il tono delle lettere di guerra del ceto medio-alto dell'epoca. Temo che se Roderich non avesse affidato la missiva al suo nuovo attendente, essa non avrebbe mai superato le maglie della censura. Spero caldamente che il personaggio sia rimasto IC, anche se a mia parziale discolpa posso dire che comunque una lettera è espressione di un momento molto personale.
Non lo raccomanderò mai abbastanza, non risparmiate le critiche! E fate domande, se ne avete :)
   
 
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