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Autore: CharlieBb    29/10/2006    12 recensioni
Sirius sorrise nell’oscurità. Aveva baciato Remus… e nello stesso istante in cui lo aveva fatto aveva capito di aver desiderato quel momento da sempre...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ehi, Remus!». Un Sirius euforico e baldanzoso arrivò nella sala comune dei Grifondoro.
Si avvicinò al ragazzo che sedeva a un tavolo, con il naso immerso in un libro e migliaia di pergamene piene di appunti e libri di scuola sparsi davanti a lui.
«Lasciami in pace, Sirius!», esclamò il bel diciassettenne. Subito dopo iniziò a cercare qualcosa in quel casino che c’era sul tavolo di fronte a lui.
Le mani correvano, quasi febbrilmente, sparpagliando ancora di più i fogli di pergamena.
«Eddai, Moony… ascoltami, almeno!», disse Sirius scuotendo i bei capelli neri e prendendo posto nella sedia vuota accanto al suo amico.
Remus lo degnò solo d’uno sguardo veloce, poi tornò alla sua ricerca.
«No che non ti ascolto, Sirius… mi distrai, e devo studiare. Và via!», sbottò Remus assumendo un’aria scocciata, sia per l’amico, sia per il foglio di pergamena che non riusciva a trovare.
«Dove cavolo l’ho messo?», si chiese ad alta voce.
Il ragazzo accanto a lui sbuffò.
«Moony, è una settimana che studi come un pazzo. Non ti fermi neanche un istante. Non hai quasi mangiato, se non te ne sei reso conto. E guarda come sei diventato!», continuò Sirius, con una nota apprensiva nella voce.
«Dai, vieni con me! James, Lily e Peter sono vicino al lago. Ci sono dei ragazzi che suonano le chitarre, hanno acceso un falò, e fanno festa tutti insieme! Vieni a svagarti un po’…», disse, gli occhi di zaffiro fissati sul suo migliore amico.
Remus si voltò, fissando i suoi occhi color dell’oro nei suoi stupendi scorci di cielo.
Rimase un secondo a fissare quegli occhi. Occhi che bramava avere fissi su di sé. Occhi in cui per anni aveva desiderato vedere quella particolare scintilla.
Sirius sorrise, speranzoso.
«Dai!!!», pregò.
«No». Remus tornò subito alla ricerca della pergamena perduta, evitando di fissare il compagno. Una fitta gli attanagliò lo stomaco, ma lui decise di ignorarla.
«Remus!», esclamò allora il moro, alzandosi in piedi. Il suo tono non ammetteva un No come risposta.
Okay, era vero che Remus doveva studiare, e in realtà avrebbe dovuto farlo anche lui, ma…
Erano giorni che quel ragazzo non si staccava dai libri, che non pensava ad altro, che non mangiava.
Era stato Sirius a portargli qualcosa rubata dalle cucine, la notte, per non lasciarlo andare a letto totalmente digiuno.
E anche allora Remus non staccava gli occhi dai quei dannati libri.
E Sirius, ogni sera, puntualmente, lasciava il vassoio col cibo sul comodino, e si lanciava in una sfrenata lotta, assalendo Remus sul suo letto, bloccandolo col proprio corpo, fissando gli occhi nei suoi…
E ogni sera, puntualmente, Sirius riusciva ad avere la meglio su Remus. Gli toglieva di mano il libro e lo buttava di lato(qualche volta aveva persino colpito Peter in testa…).
E ogni sera, puntualmente, Sirius bloccava Remus contro la spalliera del letto, e lo costringeva a mangiare.
Se non fosse stato per lui, sarebbe di certo morto di fame.
«Remus Lupin! Stacca immediatamente il naso da quei fottutissimi libri e seguimi al prato!!!», urlò Sirius, iniziando a scaldarsi, gli occhi ridotti a fessure per la rabbia.
Anche Remus si alzò in piedi. Gli occhi scintillarono pericolosamente.
 
«Sirius Black! Ti ricordo che domani iniziano gli esami per il M.A.G.O.! Sono importantissimi! E credo che anche tu e James dovreste rimanere qui a ripassare!», urlò il giovane licantropo.
I due si guardarono in cagnesco, rimanendo qualche secondo in silenzio.
Remus si sedette, iniziando a mettere in ordine le pergamene sparse davanti a lui.
Anche se Sirius e James erano studenti brillanti, lui credeva comunque che anche loro avrebbero dovuto ripassare.
Dopotutto, erano i M.A.G.O., e avrebbero determinato parte del loro futuro. Sirius gettò uno sguardo tutt’intorno alla sala comune.
Era deserta, tranne che per lui e Remus.
Tutti gli altri ragazzi del settimo anno erano a divertirsi all’aperto, godendosi la notte che anticipava l’inizio degli esami.
Il giovane Black guardò ancora una volta il suo migliore amico.
«Remus…», sussurrò dolcemente. Sperava che quel cocciuto avrebbe potuto cambiare idea.
«No, Sirius». La risposta secca non si fece per niente attendere.
La voce di Remus era incolore, atona come non lo era mai stata.
Sirius sentì le viscere contorcersi per la rabbia.
Senza dire altro, si voltò e uscì velocemente dal buco del ritratto.
 

Remus si voltò dopo qualche istante, rimanendo a fissare il punto in cui Sirius era sparito.
Si era arrabbiato davvero molto, il suo Paddy.
Ma avrebbe dovuto capirlo. Avevano gli esami, e Remus doveva studiare.
Con un sospiro, il ragazzo tornò a fissare gli occhi dorati sul libro che teneva in mano
 

Sirius corse per i corridoi poco illuminati della scuola, dirigendosi verso il prato.
Perché Remus gli aveva detto di no? Aveva bisogno di una pausa, di staccare almeno per un po’. Ma era troppo stupido per capirlo.
Aveva rifiutato la splendida opportunità di stare con lui, James e Peter solo per rimanere a studiare.
Quella era la loro ultima notte da Malandrini in quella scuola, perché con l’inizio degli esami non avrebbero potuto fare granché a parte studiare.
Sirius si sentì ribollire il sangue nelle vene.
Correva, totalmente accecato dalla rabbia.
Improvvisamente una goccia salata scese a bagnargli la guancia sinistra.
Stupito, la tolse con la manica della camicia.
A quella ne seguì un’altra. E poi un’altra. E un’altra ancora.
Era colpa di Remus, e Sirius lo sapeva bene. Era tutta colpa di quello stupido Moony.
Dell’intelligente ragazzo dagli occhi dorati, e le labbra sottili…
Sirius corse ancora più velocemente, togliendo le lacrime con il dorso delle mani.
Quando arrivò al grande portone, lo spalancò furiosamente e uscì, dirigendosi veloce verso il lago, dove avrebbe trovato i suoi amici.

Remus si alzò per sgranchirsi un po’ le gambe. Andò alla finestra e l’aprì. Lì dentro si stava soffocando, per via del camino acceso.
Una ventata d’aria fresca lo investì in pieno viso. Remus sorrise e guardò fuori, verso il prato. C’erano gruppi di ragazzi sparsi un po’ dappertutto. C’erano piccoli fuochi accesi e musica, e canti e grida.
Lo sguardo del giovane fu attirato da una figura scura che correva veloce, attraversando il prato e spostandosi in direzione del lago.
Sirius.
Il suo cuore mancò un battito.
Gli sarebbe piaciuto essere con lui, ma non era proprio possibile.
Rivide ancora lo sguardo arrabbiato dell’amico, quando aveva nuovamente rifiutato di seguirlo.
Rivide quegli occhi blu ridotti a fessure, che lo fissavano.
Si sentì quasi mancare il respiro.
Avrebbe dovuto parlare con Sirius, quando era andato a chiamarlo.
Ne aveva avuto l’opportunità, quando non c’era nessuno ad ascoltare. E invece l’aveva sprecata.
Non avrebbe mai più avuto l’occasione per parlargli, a quattr’occhi.
Il ragazzo si diede mentalmente dello stupido, mentre ancora seguiva con lo sguardo quella figura che stava raggiungendo il prato vicino al lago e si stava sedendo insieme ad altri ragazzi.
Un sospiro fuoriuscì dalle sottili labbra.
«Mi dispiace…», mormorò a quel ragazzo lontano, sdraiato sul prato, che non avrebbe mai sentito quelle due parole.

 «Ci hai messo un secolo!»esclamò James Potter mentre Sirius si sdraiava sul prato di fronte a lui.
«E Moony? Sta arrivando?», continuò il Cercatore. La sua ragazza, Lily, era seduta accanto a lui, i capelli rossi che brillavano alla luce del fuoco azzurro che aveva evocato. La ragazza guardò Sirius, fissando per un istante i suoi occhi verde smeraldo in quel quelli di lui.
Scosse la testa, e gettò indietro la bella chioma fulva.
«No. Moony non sta arrivando. Ha preferito rimanere a studiare», rispose Sirius, gettando un’occhiata al lago.
James si indignò.
«Ma come?! È pazzo! Doveva venire e stare un po’ con noi! Qualche minuto, almeno!», esclamò infervorandosi.
Il ragazzo che gli stava accanto annuì vigorosamente, per sottolineare la sua approvazione. Peter Minus adorava James Potter.
Era tutto ciò che lui non sarebbe mai stato.
Bello, intelligente, simpatico, brillante.
Da sette anni, ormai, Peter viveva nella sua ombra, godendo della sua gloria riflessa.
Sirius rimase in silenzio, gli occhi azzurri fissi sul lago, nero come i suoi capelli.
Le mani tremavano alla luce del fuoco, a causa della folle e distruttiva rabbia che si era impossessata di lui.
Odiava Remus.
Da quel momento in poi l’avrebbe sempre odiato, decise.
Quello stupido, dannato ragazzo!
Come poteva davvero rifiutare di trascorrere insieme ai suoi amici la notte prima degli esami?!
Anche la notte prima dei G.U.F.O. era stata la stessa storia. Identica.
Solo che quella notte di due anni prima Sirius non si era sentito così arrabbiato.
Non era mai stato così furioso in tutta la sua vita, a dir la verità.
Neanche quando aveva litigato con sua madre ed era andato via da casa, trovando rifugio dai Potter.
James si alzò in piedi, il bagliore bluastro del fuoco riflesso negli occhi castani.
«Ora vado su e lo prendo a pugni!», esclamò.
Peter annuì, assecondandolo.
Anche perché sapeva che contraddire James quando era così risoluto equivaleva a morte certa.
Sirius si voltò verso l’amico.
«No». Un'unica parola uscì dalle sue labbra.
James lo guardò con gli occhi sbarrati.
«Che-? Come no? Che vuol dire “no”?», farfugliò.
«No. Lascia che faccia come vuole. Lascia che rimanga con il naso incollato nei suoi dannatissimi libri per tutta la notte, se lo desidera», rispose Sirius, tornando a fissare gli occhi sulla superficie liscia del lago.
«E perché dovrei farlo? Rimpiangerà di non essere stato con noi!», disse il moro.
Sirius non rispose. Non ne aveva voglia. E, anche se avesse voluto, non avrebbe davvero saputo cosa rispondere.
Perché non voleva che James andasse a parlare con Remus, che lo tirasse fuori da quella dannata torre?
Probabilmente perché era davvero furioso con lui, e se lo avesse visto l’avrebbe davvero preso a pugni.
«James, siediti». Lily prese dolcemente la mano del suo ragazzo, invitandolo a sistemarsi accanto a lei. James obbedì, sbuffando.
Lily si accoccolò contro il suo petto e lanciò a Sirius uno sguardo penetrante. Il ragazzo si accorse dello sguardo puntato su di lui, e si voltò.
Lily sorrise, amaramente.
Erano davvero ciechi, tutti quanti!
Sirius spostò lo sguardo sui gruppi di ragazzi sparpagliati per il prato.
Le chitarre accompagnavano le voci degli studenti, le loro risa invadevano l’aria.
Improvvisamente, Sirius non ebbe più voglia di rimanere lì. C’era qualcosa che non andava. Era… no, non sapeva definire cosa fosse. Solo, si sentiva strano.
Aveva bisogno di allontanarsi, alla svelta.
Così si alzò, con uno scatto.
«Dove vai?», domandò James.
«A fare un giro…», rispose vagamente l’altro.
«Qualche ragazza che ti aspetta da qualche parte, eh?», fece Peter, sorridendo.
«Ricordati, la protezione prima di tutto!», esclamò James ridendo. Lily gli scoccò uno sguardo torvo.
Sirius non rispose, e si allontanò velocemente.
Vagò per il prato, passando accanto ai gruppi di ragazzi.
Alcune ragazze gli si avvicinarono, maliziose, ma lui le respinse in modo non esattamente gentile.
Di solito non se ne perdeva una.
Ma quella sera era troppo…
Era diverso.

L’orologio a pendolo rintoccò le due.
Remus si stiracchiò sulla sedia, inarcando la schiena. Sbadigliò.
Alcuni ragazzi erano già tornati in sala comune. Molti altri erano ancora giù al prato a divertirsi.
Il giovane licantropo diede ancora un’occhiata ai suoi appunti.
Nello stesso istante il buco del ritratto si aprì, lasciando passare i suoi amici.
James, Lily e Peter si diressero verso di lui, chiacchierando.
«Ciao, Moony», disse James, freddamente.
Remus lo guardò. E capì che se l’era davvero presa.
Lily gli sorrise, dolcemente.
Peter rimase in silenzio.
«E così… sei rimasto qui a studiare», continuò il bel Cercatore.
Remus sospirò.
«James-», esordì. Ma l’altro lo interruppe.
«Non c’è bisogno che tu dica niente, Remus. Era la nostra ultima notte, voglio solo che tu lo sappia e che te lo ricordi, sempre».
Lily guardò il suo ragazzo, gli poggiò una mano sul braccio per fargli capire che non era proprio il caso di fare così.
«Lo so, Pronks. E mi dispiace, ma…-». Di nuovo, il licantropo non potè finire la frase.
«Ne riparliamo, Moony. Adesso sono stanco, e ho bisogno di dormire. Domani sarà una giornata terribile». Detto questo, James baciò Lily, dolcemente, e si diresse al suo dormitorio.
Peter augurò la buona notte e lo seguì.
«Posso sedermi?», domandò Lily, dolcemente.
Remus annuì, spostò i libri dalla sedia mettendoli sul tavolo, e la ragazza si sedette accanto a lui.
«Mi è dispiaciuto davvero tanto, questa sera, ma dovevo studiare…», esordì il giovane.
«Lo so», disse la ragazza. Poi sorrise.
«Non preoccuparti, a James passerà presto. Non riesce a tenere il broncio molto a lungo», continuò la rossa.
Remus sorrise.
«Grazie», mormorò.
Rimasero alcuni istanti in silenzio. Poi Remus guardò la ragazza, fissando i suoi occhi color del miele negli stupendi smeraldi di lei.
«No», disse lei. Poi sorrise.
«No cosa?», domandò Remus, stupito.
«No, non so dove sia Sirius».
Il ragazzo diventò di un bel rosa acceso. Guardò verso la finestra, cercando di sfuggire lo sguardo di lei.
«Come lo sai?», domandò spostando lo sguardo sulla dolce figura che gli stava accanto.
«Intuito femminile», disse la rossa.
Subito dopo si alzò.
«Adesso vado a letto. E dovresti andare anche tu. Sei stanco, davvero. Hai bisogno di riposare. A domani…», disse, piegandosi a lasciare un tenero bacio sulla guancia del compagno.
Lui sorrise.
«A domani».
La guardò salire le scale, muovendosi con grazia infinita, simile a una dea, i rossi capelli che ondeggiavano dolcemente sulle sue spalle. La vide sparire dietro la porta del suo dormitorio.
Rimase in silenzio, pensando a cosa fare.
Non sarebbe riuscito a studiare, ormai. Era troppo stanco, e gli dolevano gli occhi.
Chiuse tutti i libri e arrotolò le pergamene con gli appunti, riponendoli nella sua borsa.
Rimase così per un po’, in silenzio, da solo, con l’unica compagnia dei suoi pensieri.
Decise di aspettare il ritorno di Sirius, così lasciò le sue cose sul tavolo e si sistemò in una poltrona, molto più comoda della sedia.
Non gli andava di leggere, era davvero troppo stanco.
Rimase in silenzio, a fissare il soffitto, con la testa reclinata all’indietro.
Alcuni Grifondoro entrarono dal buco del ritratto, chiacchierando allegramente. Oltrepassarono Remus, rivolgendogli un cenno del capo, e si diressero ai loro dormitori.
Il ragazzo tornò a fissare il soffitto.
Chiuse gli occhi per qualche istante, massaggiandoli come a voler cacciare via tutta la stanchezza che li opprimeva.
L’orologio segnò le due e mezzo.
Remus si chiese dove fosse finito Sirius.
Era tardi, e lui cominciava a preoccuparsi.
Poteva anche essere insieme a qualche ragazza, ma lo stesso Remus non poteva non pensarci.
Il tempo trascorse, lento, troppo lento per Remus.
Le tre meno un quarto.
A Remus sembrò fosse passata un’eternità da quando, quindici minuti prima, si era domandato che fine avesse fatto il suo amico.
Il giovane Grifondoro iniziò ad agitarsi sulla poltrona, irrequieto.
Dove diamine era finito quel cretino?
Oh, gliel’avrebbe fatta pagare, questo era certo.
Il ticchettio delle lancette contribuiva a far aumentare il nervosismo di Remus, che, alle tre e un quarto, si alzò dalla poltrona, deciso a trovare quel dannato Padfoot.
Ma non poteva andare così, tranquillamente in giro di notte.
Gli sarebbe servito un aiuto…
Dieci minuti dopo, Remus scese dal dormitorio dei ragazzi, dopo aver posato tutti i suoi libri e le pergamene, stringendo a sé il Mantello dell’Invisibilità di James.
Lui non si sarebbe arrabbiato, dato che comunque Remus l’aveva preso per una buona ragione.
Controllando prima che la Sala Comune fosse completamente deserta, Remus indossò il Mantello, e uscì dal buco del ritratto, lasciandosi alle spalle una Signora Grassa molto scocciata per essere stata svegliata nel cuore della notte.
Ovviamente, Remus aveva anche pensato a prendere la Mappa del Malandrino.
Dopo tanti sforzi, lui, Sirius, James e Peter erano finalmente riusciti a crearla. Era una mappa fantastica. Mostrava tutto. Ogni persona, ogni luogo, ogni passaggio segreto entro i confini del castello.
Remus la colpì con la bacchetta, mormorando “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”. Subito, una bella e ordinata grafia fece la sua apparizione sul foglio.
I Signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso sono lieti di presentarvi la Mappa del Malandrino”.
Quella era la sua grafia, e Remus sorrise. Aprì la Mappa e iniziò a cercare.
Vide il Professor Silente camminare su e giù nel suo ufficio, come faceva sempre, domandandosi se dormiva anche lui, ogni tanto.
Mrs Norris e Gazza giacevano nella loro stanza, beatamente addormentati.
Tutto sembrava tacere, nella scuola.
Remus controllò sulla Mappa il campo da Quidditch, ma non vi trovò traccia di Sirius.
Guardò la Stamberga Strillante, ma non era neanche lì.
I suoi occhi vagarono veloci, fino a trovare l’infermeria…
Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra. Sirius non era lì. Almeno stava bene.
Poi, controllando ogni singolo centimetro della Mappa, Remus vide un piccolo puntolino, immobile.
Sotto, la scritta Sirius Black.
Remus colpì la Mappa dicendo “Fatto il misfatto”, la ripose nella tasca del mantello, e iniziò a correre, veloce come non aveva mai fatto, il cuore in gola…
Sirius si sedette sul freddo pavimento di pietra, accostando le ginocchia al petto e tenendole strette con le braccia.
Guardò il cielo scuro della notte, dove qualche timida stella faceva capolino.
Tentò di calmarsi e di riflettere.
«Di solito quello è compito di Remus», mormorò.
Remus. Il solo pensare a lui gli faceva montare una rabbia tremenda.
Era stato davvero terribile, Moony, quella notte.
Quella era la loro ultima notte.
L’ultima notte da Malandrini.
L’ultima notte da ragazzi.
L’ultima notte che poteva passare, tranquillamente e senza problemi, con lui, James e Peter.
L’ultima notte in cui avrebbe potuto parlare con lui, da ragazzo a ragazzo, e non da uomo a uomo.
Dopo gli esami, tutto sarebbe cambiato.
Avrebbero iniziato a lavorare, e si sarebbero visti poco.
E, le poche volte che si sarebbero visti, sarebbe stato da uomini, e non da Malandrini. Sirius avvertì una fitta allo stomaco.
Dio come odiava Remus, in quel momento!!
Dalla tasca del mantello estrasse un pacchetto di sigarette. Ne accese una e poi ripose pacchetto e accendino.
Aspirò il fumo, ributtandolo fuori dopo qualche secondo.
Continuò a fumare, in silenzio, cercando di rimuovere ogni pensiero dalla sua mente.
Ma il viso di Remus continuava ad apparirgli davanti agli occhi.
Non riusciva a toglierselo dalla mente.
Era entrato dentro di lui, impossibile da rimuovere o dimenticare.
«Dannato Moony», mormorò il moro tirando l’ultimo tiro e gettando la sigaretta lontano, oltre il cornicione.
Rivide il suo sorriso, dolce, tenero. I suoi occhi color dell’oro. Le sue mani, così fragili, piene di libri.
E poi, rivide il Remus di quella notte.
Stanco, con gli occhi cerchiati di scuro, spenti. Rivide la sua espressione scocciata per essere stato interrotto. Sentì di nuovo quelle sue parole, quelle due parole pronunciate con calma incredibile. Quelle due parole fredde, senza colore.
“No, Sirius”.
Quelle parole continuarono a riecheggiare nella sua mente, accompagnate dal viso dell’amico. Decise di rimuoverle, di sostituirle con un altro Remus. Con il Remus che non stava impazzendo per lo studio e lo stress da esami.
Con il Remus che aveva conosciuto sette anni prima.
Con quel ragazzo dall’aria impaurita, dolce, tenera.
Quel ragazzo che Sirius aveva notato tra tutti gli altri e che, subito dopo lo Smistamento, aveva avvicinato.
Quel ragazzo che era diventato suo amico. Quel ragazzo così diverso da lui nel carattere, eppure stranamente così simile.
Quel ragazzo che, durante tutti quegli anni, gli era stato accanto.
Quel ragazzo che, ogni santa mattina, prima dell’inizio della prima lezione, gli toglieva la sigaretta dalle labbra, tenendola tra l’indice e il pollice, e la spegneva pestandola con un piede, accompagnando sempre il tutto con la sua solita frase “Smettila di fumare anche la mattina così presto, ti fa male”.
Sirius sorrise al pensiero di tutti quegli anni trascorsi insieme, e un calore si spanse per tutto il suo corpo, arrivando fino al cuore.
Forse, decise il ragazzo, non avrebbe tenuto il muso a Remus per tanto tempo.
Giusto quanto bastava per farlo sentire un po’ in colpa.
Ma, davvero, non sarebbe riuscito a rimanere arrabbiato con lui.
Era Remus.
E, anche se incollato ai libri, un po’ moralizzatore, e un po’ rompipalle, Sirius gli voleva bene.
Il ragazzo rimase seduto, con il sorriso sulle labbra dovuto al ricordo degli anni passati. Estrasse ancora una volta sigarette e accendino, ne accese una e ripose il tutto nella solita tasca del mantello.
Mentre stava aspirando il primo tiro, un rumore lo fece voltare.
Ma non trovò nessuno.
Rimase all’erta per un po’, ma poi si rilassò di nuovo, poggiando la schiena contro la fredda parete di pietra.
I suoi occhi si persero nell’immensità del cielo, vagando tra le stelle e il buio.
Fece un altro tiro e ributtò fuori il fumo.
Un altro rumore.
Questa volta più vicino.
Sirius rimase immobile, chiedendosi chi o cosa fosse, e sperando di non imbattersi in Mrs Norris…

Remus continuò a correre, e di corsa fece anche le scale che portavano alla torre di astronomia.
Salì i gradini, cercando di non inciampare nel Mantello di James.
Quando arrivò davanti alla pesante porta in legno, l’aprì e, con solo un cigolio dei cardini leggermente arrugginiti, se la richiuse alle spalle.
Da dove si trovava poteva vedere Sirius, seduto per terra.
Sembrava teso, all’erta.
Dopo qualche secondo, si rilassò e tornò a fumare la sua sigaretta.
Remus scosse la testa.
Rimase ancora un po’ in silenzio, a fissarlo.
Dio, come l’aveva fatto preoccupare!
Dopo qualche secondo di silenzio, Remus si diresse verso il compagno, cercando di non fare il minimo rumore.
Un bello spavento gli sarebbe stato bene, a quel dannato Padfoot.
Sfortunatamente, Remus sbattè il piede contro qualcosa di duro. Chinandosi, si accorse che doveva essere un pezzo smontato di un cannocchiale, di quelli che si usavano durante gli esami per scrutare il cielo.
Vide Sirius voltarsi e cercare la fonte del rumore, senza successo.
Remus ghignò, soddisfatto.
Si avvicinò al ragazzo.
Questa volta senza alcun rumore, si sedette accanto a lui.
Rimase a guardarlo, immobile, trattenendo quasi il respiro per paura di essere scoperto.
Guardò Sirius portarsi la sigaretta alle labbra, aspirare il fumo, e gettarlo fuori dolcemente, quasi cullandolo con il movimento delle labbra.
Era assolutamente straordinario come ogni suo gesto, anche il più semplice, fosse intriso di una aristocratica malizia, senza che lui se ne accorgesse.
Era per questo che piaceva tanto alle ragazze.
E ai ragazzi, anche.
Naturalmente, lui sapeva di essere affascinante, ma ignorava fino a che punto. Ignorava che un suo semplice gesto potesse essere in grado di mandare il battito cardiaco a mille.
Ignorava che, ogni volta che lo guardava, Remus si incantava, affascinato da quei movimenti così dannatamente sensuali.
Il moro stava scrutando il cielo, forse alla ricerca di qualche particolare stella, forse semplicemente per perdersi nell’immensità di quella splendida bellezza.
Remus decise che poteva essere ora di mostrarsi.
Così, togliendosi il cappuccio del Mantello, mormorò «Ciao, Sirius».

Sirius sobbalzò, spaventato. Si voltò a guardare quel viso tanto familiare, così dolce anche quando i lineamenti erano induriti dalla rabbia.
Si massaggiò il cuore, in parte per fare un po’ di scena, in parte per mascherare con quel gesto teatrale lo spavento che si era preso.
«Remus!», esclamò fissando i suoi occhi blu in quelli dell’altro.
Il licantropo sorrise. Poi tornò serio.
«Lo sai che ti fa male fumare anche a quest’ora della notte?», disse togliendo la sigaretta dalle mani dell’altro e gettandola lontano, oltre il cornicione.
Sirius sorrise, doveva aspettarselo…
«Sirius, mi hai fatto prendere un bello spavento, lo sai? È tardi! E io sono rimasto ad aspettarti, fino a quando, non vedendoti rientrare, ho deciso di cercarti», disse Remus guardandolo con occhi pieni di rimprovero.
Sirius lo guardò.
«Non volevo farti preoccupare. Ma ti sta bene, secchia che non sei altro!», rispose imbronciato. Sorrise dentro di sé, pensando che forse sarebbe davvero riuscito a fare sentire in colpa Remus. Almeno un pochino.
«Sirius…», esordì Remus. Stava per dire quello che aveva cercato di dire a James, e cioè che gli dispiaceva, ma quegli esami erano troppo importanti per lui. Ma Sirius l’aveva interrotto con un cenno elegante della mano.
«Non mi importa se questi esami sono importanti, Remus… era la nostra ultima notte…», mormorò il moro. Era davvero dispiaciuto che Remus non l’avesse trascorsa con lui e gli altri. Adesso, tutti i propositi di fare sentire Remus in colpa erano svaniti, sostituiti da una grande tristezza.
«Può ancora esserlo, Sirius…», sussurrò Remus, stupendo anche se stesso.
Si tolse il Mantello dell’Invisibilità sotto lo sguardo attento di Sirius, lo piegò e lo sistemò accanto a sé.
«Non può, Remus, è troppo tardi…», disse Sirius, gli occhi blu ancora più scuri.
«Abbiamo ancora una notte davanti a noi, Sirius. Questa notte è ancora nostra!», esclamò Remus, gli occhi splendenti di un bagliore dorato.
L’altro lo guardò. Com’era bello in quel momento! I capelli chiari scompigliati dalla leggera brezza notturna, gli occhi illuminati da una nuova luce…
Non era mai stato così bello, pensò Sirius.
E non lo sarebbe mai stato più di allora.
Quel momento era unico. Non si sarebbe ripetuto mai più, loro non sarebbero mai più stati gli stessi. Sarebbero irrimediabilmente cambiati. Sarebbero stati diversi. Non sarebbero mai più stati, forse, i Malandrini.
E Remus non sarebbe mai stato così bello…
Improvvisamente e senza alcun senso, Sirius si avvicinò a Remus e posò un delicato bacio sulle sue labbra.
I suoi occhi erano fissi in quelli dorati, ma non vi leggeva sgomento o orrore. No.
Solo una nuova luce dorata si era accesa in quegli occhi.
Sirius sorrise sulla bocca di Remus. Chiuse gli occhi.

Remus fu sorpreso di trovarsi le labbra di Sirius sulle proprie. Sorpreso e felice.
Rimase a fissare gli occhi blu, quegli occhi che tante volte in quegli anni aveva sperato di avere così vicini.
Quegli occhi in cui aveva bramato di vedere quello sguardo.
Occhi in cui, in quel momento, quello sguardo risplendeva alla luce delle stelle.
Sentì Sirius sorridere, lo vide chiudere gli occhi. Anche lui li chiuse.

 Sirius si avvicinò di più a Remus, attaccando i loro corpi.
Sollevò una candida mano, e gli accarezzò una guancia.
Continuò a baciarlo, dolcemente, delicatamente, a leccargli le labbra, ad assaporarlo.
Poi, il bacio si fece più profondo. Un bacio che nascondeva anni di passione repressa e nascosta.
Un bacio dolce e forte.
Remus prese il viso di Sirius tra le mani, continuando a baciarlo.
Dopo un bel pezzo si staccarono per riprendere fiato.
Sirius sorrise, abbracciando Remus, stringendolo a sé, inalando il profumo di cannella che emanava il suo corpo.
Remus rimase accoccolato tra le braccia di Sirius, sorridendo felice.
Poggiò la testa sul suo petto.
Potè sentire il battito del suo cuore, veloce, quasi frenetico.
Anche il suo cuore batteva così, in quel momento. Se non addirittura ancora più veloce.
Sirius lo stava abbracciando, lo aveva baciato, e questo era tutto ciò che Remus avesse mai desiderato.

Sirius sorrise nell’oscurità. Aveva baciato Remus… e nello stesso istante in cui lo aveva fatto aveva capito di aver desiderato quel momento da sempre.
E capì il motivo per cui, quella notte, dopo il rifiuto di Remus si era sentito così arrabbiato. Il motivo per cui aveva respinto quelle ragazze, si era sentito solo e… tradito. E triste.
Remus lo completava… con un solo sorriso era capace di farlo sentire bene.
E Sirius non l’aveva mai capito…
Ma adesso era con lui, con il suo Remus stretto tra le braccia, e non l’avrebbe lasciato andare…


Oh, quanto amo Remus e Sirius! Con questa ff ho tentato di immaginare come potrebbero aver trascorso il periodo degli esami, e soprattutto la notte prima della prima prova…
Che ve ne pare? Spero vi sia piaciuta…
Lasciatemi almeno un piccolo commento, okay?
Baci,
Blaise

   
 
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