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Autore: Tinotina    03/04/2012    5 recensioni
[ZukoxKatara]
La battaglia finale non si è conclusa come tutti si aspettavano. L'Avatar aveva vinto, questo era certo, ma la vittoria non aveva portato solo gioia e speranza per il nuovo mondo che tutti aspettavano.
Zuko si è risvegliato ferito, con nuove verità schiaccianti ed ora deve compiere scelte per il suo nome, per il suo regno, per la sua vita.
[STORIA SOSPESA]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Al mio adorato computer,

che ha deciso di formattare l'intero sistema,

cancellando tutto quello che ho scritto finora.
 


 

 

 

Capitolo Decimo

 
Katara aprì la porta di casa cercando di fare il meno rumore possibile. Era tardi per tornare a casa, lo sapeva bene, ma non si era resa conto del tempo che passava fino a che non era già troppo tardi. Camminò in punta di piedi, slittando con abilità tra le ombre che la luce delle candele del palazzo avevano creato. Ma purtroppo per lei in un palazzo come quello c'era sempre qualcuno che non riusciva a dormire e che vagava senza meta all'interno dei suoi lunghi corridoi.

Lei se ne rese conto quando un leggero colpo di tosse proveniente dalle sue spalle la gelò sul posto.

<< Miss Katara >> disse la voce accogliente del primo maggiordomo di Zuko. Un uomo anziano dai capelli brizzolati e le rughe attorno agli occhi che accendevano il suo sguardo. Un uomo che riusciva a infondere pace e tranquillità con la sua sola presenza. << La stavo aspettando. >>

In quel momento Katara si fece piccola piccola. << Stavate aspettando me? >>

<< Ovviamente, signorina. Venga da questa parte, fra qualche minuto potrà cenare in tutta tranquillità. >> disse, invitandola a seguirlo verso la sala da pranzo.

<< Ce.. cenare?! >> chiese lei, sorpresa. << No, non ce n'è alcun bisogno! Ho già mangiato con alcuni amici. >>

<< Signorina, non sarò tranquillo fino a che non vedrò con questi miei occhi che lei avrà mangiato qualcosa. Mi faccia questo piacere. >>

<< Non sono affamata, davvero. Non dovete darvi tutta questa pena. >>

Lui le sorrise. << In verità, Miss Katara, mia moglie non mi lascerebbe in pace sapendo che non vi ho fatto assaggiare nulla di ciò che ha preparato. >>

Un lieve rossore dipinse le gote di Katara, mentre si accingeva a seguire quel bizzarro maggiordomo, ma con la ferma convinzione di non andarsene a dormire vinta.
 

 

***

 
Katara si sedette sullo sgabello che affacciava al bancone della cucina, aspettando paziente che il signor Mogi, il maggiordomo, le preparasse una bella tazza di tè.

Il buon uomo aveva insistito lungamente affinché potesse prepararle la cena che la sua signora aveva cucinato quel giorno, ma Katara era stata ben ferma nella sua posizione: avrebbe accettato una tazza di tè, ma non avrebbe mangiato nulla fuorché un paio di biscotti.

<< Se mi permette, signorina Katara... >> iniziò il signor Mogi.

<< Oh, la prego! >> disse Katara << mi dia del tu. Non sopporto tutto questo formalismo. >>

Il vecchio signore rise. << Non mi fraintenda, ma con tutti i miei anni di servizio qui a palazzo, non mi riesce facile utilizzare un tono più colloquiale di questo. Con chiunque tranne che con mia moglie. È lei, la mia eccezione.>>

Katara arrossì. Non immaginava che quel signore così avanti con l'età potesse parlare con un tono così fermo e con occhi così decisi della propria moglie.

Katara ricordava ancora di quando era piccola e dell'espressione che il volto di sua nonna assumeva ogni volta la pregava di raccontarle di suo nonno; di come si erano conosciuti e, col tempo, innamorati. I suoi occhi si riempivano di una tristezza tale che Katara aveva preso l'abitudine di identificare quel gesto rivelatore come “la visita del nonno”.

Non aveva nulla a che fare con lo sguardo che correva nel volto del signor Mogi in quel momento. Gli occhi di quell'uomo ardevano ancora della prima fiamma; di un amore vivo, un amore che non aveva intenzione di perire con l'avanzare dei giorni e dall'aumentare delle lacrime.

<< Come stavo dicendole... >> disse il signor Mogi riprendendo il discorso, mentre posava aggraziatamente davanti a lei una tazza laccata con righe rosse e oro, dalla quale fuoriusciva un vapore caldo ai frutti di bosco. Katara ringraziò e, prendendo per sé lo zucchero e il barattolo dei biscotti, lo invitò a continuare con un gesto del capo.

<< Anche se non vorrei sembrare invadente, mi creda, la curiosità mia e – soprattutto – di mia moglie non mi lascia altra scelta che andare diretto alla fonte. >> lo sguardo dubbioso di Katara lo costrinse a fermarsi per rivolgerle un sorriso d'incoraggiamento. << Veda, signorina, anche se non faccio parte della casata reale per linea di sangue, sono stato domestico qui da così tanto tempo che ormai capire i Reali è come un gioco per bambini, per me. Il signorino Zuko poi, è talmente facile da comprendere che, ero sicuro, vi sarebbe riuscita anche lei. Purtroppo, dopo quello che è accaduto questa mattina, debbo ricredermi. Il comportamento che ha tenuto il signorino Zuko mi ha rammentato in maniera ben viva perché non è consigliabile cercare un posto di lavoro in casa di dominatori così … irascibili. >>

<< Zuko è intrattabile, molte volte. >>

<< Inizio a credere che questa sia una caratteristica che affiori solamente quando c'è lei di mezzo. Per il resto, il signorino Zuko è facilmente trattabile. >>

Katara scrollò le spalle in segno di dissenso.

<< Non pretendo che lei possa capire. Dopotutto ha a che fare con lui da poco più di un anno; che, secondo la mia opinione, non è un tempo sufficiente per conoscere una persona. Non se entro questo anno non si è scoperto che cos'è che la fa arrabbiare davvero.

<< La rabbia di Zuko deriva dal rapporto che ha avuto con il padre. >> disse Katara risoluta.

Il signor Mogi emise un lieve sospiro. << Ritengo che l'ira del signorino Zuko provenga da qualcosa di diverso. Qualcosa che non comprende a pieno neanche lui. >>

<< E voi lo comprendete? >>

<< Oh si. Penso che sia colui che ho meglio compreso, oltre sua madre, la regina Ursa. >>

Katara, che stava bevendo un sorso di tè caldo, per poco non si strozzò lei stessa. Non era preparata a sentir parlare della madre di Zuko. Ne aveva sentito parlare molto poco in generale; e mai a lei direttamente. << La.. la regina era.. si, insomma... era come lui? >>

Il signor Mogi sembrò riflettere un secondo prima di rispondere. << Per un periodo sono stati molto simili; questo è indubbio. Anzi, sembravano quasi la stessa persona. Tuttavia la loro natura resta profondamente diversa. La regina era una grande donna, piena di coraggio e con un intelletto vispo. Nonostante ciò rimaneva troppo umana perché il suo spirito accettasse di restare sopito mentre Ozai si proponeva di distruggere le varie nazioni; e quando se ne andò quel seme di se stessa che aveva piantato dentro il figlio e che aveva curato negli anni sparì. Forse nel nulla.
Quello che posso raccontarti e che, dopo la perdita che ancora viveva in lui, il principe Zuko perse la sua identità; bruciata come metà del suo viso.
Sono persuaso a credere che il Signore del fuoco Ozai possedeva il desiderio di sopprimere la moglie in tutte le sue forme. E il principe Zuko non era forse l'ultima immagine, seppur sbiadita, della regina?
Probabilmente non sapremo mai la realtà dei fatti ma quello che so, signorina Katara, è che Ozai non poteva sopportare di venire ostacolato. Agognava il potere e l'indole troppo misericordiosa di Zuko, di fatto così simile a quella della madre, rendeva quel povero ragazzo l'ultimo filo da sforbiciare. >>

<< Ma Zuko ha sconfitto suo padre! >> obiettò Katara con fervore, sconvolta da tante rivelazioni. << E' un uomo migliore di lui! Ha combattuto per questo! Ha combattuto contro di lui! Ha combattuto con noi! >>

<< Indubbiamente, signorina. >> s'affrettò a placarla << Ma non può negare che Ozai abbia tentato di vincer sul suo stesso figlio. L'esilio aveva lo scopo di sopprimere la natura materna del principe – natura del tutto assente nella sorella, per esempio. >>

<< Trovo improbabile che il Ozai abbia immaginato questa fine quando assegnò il compito di ritrovare l'Avatar a Zuko. >>

<< Sicuramente, ma il signore del fuoco Ozai ha sottovalutato a lungo la forza di Zuko. Lo riteneva inadeguato al compito di sovrano. Troppo debole. E vedere come anche ora che è sovrano venga continuamente attaccato, mi fa comprendere come la Nazione del Fuoco sia rimasta con Ozai e non abbia capito di trovarsi di fronte ad una diversa guida. >>

<< No, no... aspetti... >> lo interruppe << chi è che sta attaccando Zuko? Che sta succedendo? >>

Il signor Mogi, che nel frattempo si era seduto di fronte alla ragazza, si alzò con controllata naturalezza; prese la tazza, ormai vuota, di Katara e andò verso il lavabo. Aprì l'acqua e la sciacquò con accuratezza.

Quando parlò, le sue parole risuonarono tetre. << Mia moglie mi rimprovererà per bene. Lasciarla alzata fino a quest'ora quando dovrebbe essere già a letto. >>

Katara alzò lo sguardo verso l'orologio appeso sulla parte. Effettivamente era tardi, ma... << Cosa? Non andrò a dormire adesso! >> strillò << Voglio sapere che sta succedendo! >>

<< Signorina, mi creda, è proprio il momento adatto, invece. >>

<< Ma che sta dicendo! Sta cercando di confondermi? >>

<< Non mi permetterei mai, signorina. Nella maniera più assoluta. >>

<< Allora mi risponda! Cos'è che sa? >> insistette lei.

<< Non so niente. Lei crede che il Signore del Fuoco venga da me per chiedere consigli? Ha un Consiglio Maggiore per questo. >>

<< Zuko ha chiesto consigli a qualcuno? >> “A qualcuno che non sono io?”

<< Non lo so, signorina. Ho solamente detto che esiste un organo con questa funzione. >>

<< Lei non mi sta dicendo la verità, non è così? >> mormorò Katara.

<< Signorina, deve proprio andare >> disse, congedandola con lo sguardo.

Indignata, Katara s'indirizzò verso la sua camera.

Quella notte, gli incubi la visitarono, impedendole di scappare.
 

 

***

 
Quando scese per andare a far colazione, la mente di Katara ragionava ancora su quanto le aveva rivelato il signor Mogi la sera prima. Il sonno non era stato capace di placarla, tutt’altro.

Quella notte aveva rivisto il fulmine che aveva investito Zuko. Solamente che questa volta lei non era riuscita a battere Azula e quindi, di conseguenza, non era riuscita a raggiungere in tempo per salvarlo. E salvarsi anch’essa.

Era stata una notte sfiancante.

Il suo sonno era stato così agitato che si stupì di non aver svegliato gli altri abitanti del palazzo.

Il suo ingresso nella sala da pranzo portò con sé una ventata di gelo.

Appena aprì la porta, si ritrovò immersa in un’aria così fredda da congelare i polmoni. Zuko, davanti a lei, non alzò nemmeno la testa e non accennò il minimo gesto di saluto.

Katara rimase interdetta. Non si era mai trovata di fronte ad un’indifferenza simile. Anche nei momenti di litigio, tra lei e Zuko non erano mai mancate le parole, anzi. Esse fluivano senza ostacoli, come un fiume in piena.

Ora, invece, sembrava che Zuko avesse costruito una diga, un muro di spesso cemento intorno ai suoi pensieri.

Si sedette a tavola e cominciò ad imburrarsi una fetta di pane tostato, cercando di passare per un essere invisibile.

Invisibile. Era il modo in cui la vedeva, e invisibile sarebbe dovuta diventare.

Ma perché poi? Che aveva fatto di male? Nulla. Lei era state sempre coerente con se stessa, nelle sue scelte. Se qualcosa aveva fatto che non rispondeva alla sua morale, probabilmente era stato fatto per costrizione delle regole che regolavano quel mondo fatto di inchini e riverenze.

Lei non apparteneva a quel mondo. Era una dominatrice dell’acqua, più precisamente della tribù dell’acqua del Sud e tutto quello le mancava.

Le mancava il non poter uscire fuori dalla sua tenda e ritrovarsi circondata dal ghiaccio.

Le mancava correre con i pinguini.

Le mancava suo fratello.

Le mancava la sua terra.

Non era il suo posto quello.

Se ne era accorta soltanto in quel momento, che non c’entrava nulla. Sicuramente ci sarà stato qualcuno che l’aveva notato prima di lei.

“E vedere come anche ora che è sovrano venga continuamente attaccato, mi fa comprendere come la Nazione del Fuoco sia rimasta con Ozai” questo le aveva detto il signor Mogi meno di ventiquattr’ore prima.

E lei ci era arrivata soltanto in quel momento.

Che stupida.

La nazione del fuoco era rimasta con Ozai. La vedevano come una nemica, una straniera che invadeva il loro territorio. Nulla sarebbero servite le parole di difesa di Zuko. Loro si sarebbero rivoltati contro il loro sovrano.

Sbattè le posate sul tavolo con veemenza.

Non poteva rimanere lì.

Velocemente com’era arrivata scompare, lasciando dietro di sé l’immagine sbiadita di una ragazza che correva al piano di sopra.

Zuko, pieno d’ira, s’alzò a sua volta e le andò dietro.

Entrò senza annunciarsi in camera di Katara e la trovò intenta a raccogliere i suoi panni.

Le sue parole fremevano d’indignazione. << Si può sapere che diamine stai facendo? >>

<< Non lo vedi? >> disse Katara senza fermarsi << Me ne sto andando. >> 







 

  
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