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Autore: Silvar tales    03/04/2012    5 recensioni
I capelli biondi tenuti corti, la sciarpa di panno dei colori autunnali, le branchie della giacca di pelle aperta ondeggiavano al vento. Il suo portamento manteneva la vigorosità, la decisione, la ribellione della sua indole, ma i suoi occhi erano stanchi, velati, riflessivi.
«Mi mancherai».
«Non dirmelo»; poi si affrettò ad aggiungere, Deidara, «soffrirò una nostalgia dannata. Soffrirò come un cane».
Il loro tempo era terminato.

[Sesta classificata al "Flash contest" indetto da KumaCla]
[Partecipante alla challenge "Le situazioni di lui & lei" indetta da Starhunter] [#14 genere: malinconico/angst]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Sasori & Deidara - The Great Revival'
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L'Arcobaleno Bianco
[#14 genere: malinconico/angst]


Era una bella giornata, con il sole tiepido di Aprile, il cielo azzurro, nuvole rade.
La giornata perfetta per uscire, sdraiarsi sulle colline del Parco Amendola con un cartoccio di crêpe fumanti, a sentir le anatre starnazzare.
Per i cinque giorni della visita di Deidara l'aria era stata fredda e umida, e i tombini rigurgitavano fiumane d'acqua. Ed ora, proprio la mattina in cui lo riaccompagnava alla stazione, sbocciava il tepore primaverile.
«Saso, facciamo in tempo a mangiarci un gelato?»
Deidara aveva un sorriso malinconico scolpito in volto; si sforzava di sdrammatizzare il tutto, ma non era mai stato un bravo bugiardo. Uno dei motivi per cui ora viveva nell'inferno; gli era stato concesso un magro respiro di cinque giorni, ma poi sarebbe tornato su un tavolo di tortura più crudele.
«No, è già tardi».
Per consolarlo, e per togliergli quel mesto cruccio dal viso, Sasori gli baciò la guancia veloce, approfittando della momentanea solitudine del viale.
«Non puoi tardare».
Deidara volse un amaro sorriso ai propri piedi, costringendoli a camminare più veloci.
«Lo so».
I capelli biondi tenuti corti, la sciarpa di panno dei colori autunnali, le branchie della giacca di pelle aperta ondeggiavano al vento. Il suo portamento manteneva la vigorosità, la decisione, la ribellione della sua indole, ma i suoi occhi erano stanchi, velati, riflessivi.
Deidara si era ribellato al mondo, aveva lottato con le unghie e con le parole per scolpire la voce nel suo piccolo universo milanese, aveva ridestato gli esclusi che vivevano ai margini della periferia, li aveva raccolti come randagi e aveva dato loro una coscienza, si era sporcato nella polvere per poi rialzarsi, sempre tenendo ben strette le sue bandiere; ed ora, aveva incontrato un macigno contro il quale non poteva ribellarsi.
Il Viale Amendola, così lungo e fumoso d'auto, non era mai stato così breve da percorrere.
Sasori pregava non finisse mai. Sasori, col suo fervido ateismo, pregava.
«Hei, stai ancora indossando i miei jeans!»
Deidara lo guardò storto, offeso da quel reclamo. In tutta risposta gli ficcò due dita dietro la cintura, sopra l'inguine, e tirò l'elastico di un intimo verde acceso.
«E tu le mie mutande».
Ricevette, in risposta, un sorriso e una ravviata di capelli.
«Mi mancherai».
«Non dirmelo»; poi si affrettò ad aggiungere, Deidara, «soffrirò una nostalgia dannata. Soffrirò come un cane».
Erano stati bene, quei cinque giorni.
I genitori di Sasori si erano bevuti la storia dell'amico in visita - vera, in fondo, a metà -, avevano accolto con diffidenza ma con cortesia quel ragazzo pallido e patito, preoccupati del suo aspetto e del suo vestiario, per non parlare dei suoi discorsi sulla demolizione delle autorità, delle regole e delle catene sociali. Sasori, ogni cena che passavano in famiglia, sprofondava nel rossore, conscio d'altronde che fosse impossibile tenere a freno la lingua di un Deidara avviato su un discorso politico.
Il tempo era volato.
La sera del quarto giorno Deidara era sprofondato in una grossa crisi, gonfia di pianto e di asma.
Non voleva tornare a casa, non voleva rientrare in ospedale, sapeva che non avrebbe retto stavolta mesi e mesi senza di lui, chiuso in una clinica.
Gli aveva detto chiaramente che l'unico atto di ribellione che avrebbe potuto compiere contro la sua malattia era il suicidio. Sasori non gli aveva creduto. Era convinto che se gliel'aveva annunciato, non era intenzionato a farlo realmente. Piuttosto, cercava una dissuasione.
Non sarebbe un atto di ribellione Dei, aveva detto, sedendoglisi di fronte sul pavimento, a gambe incrociate e prendendogli le mani umide di febbre.
Faresti solo il suo gioco, non faresti altro che facilitare il tutto. Tu devi uscirne vincitore, devi combattere, essere forte e vincere. Solo allora potrai dire di esserti ribellato.
Gli strinse le mani con maggior vigore e lo fissò negli occhi bagnati.
«Noi possiamo cambiare la realtà».

La posata architettura ottocentesca della stazione troneggiava sopra le loro teste. Un tabellone elettronico indicava Milano, ore 10.15, ritardo di 5 minuti.
Le pensiline, le biglietterie e i sottopassaggi erano presi d'assalto.
Sasori si fece spazio tra la folla, a fatica, proteggendo Deidara con un braccio attorno alle spalle. Come se avesse paura che la calca potesse inghiottirlo.
Deidara prese a tossire, gli occhi gli si fecero rossi per lo smog e la polvere.
Sasori gli porse un fazzoletto di carta.
«Coraggio».
Il freccia rossa era arrivato.
Alla vista del treno, negli occhi di Deidara balenarono, per un momento, panico e disperazione.
Provò quasi rancore nei confronti di Sasori, perché non aveva il coraggio di aiutarlo a fuggire dall'insostenibile bigottismo del suo ambiente familiare, perché non aveva il coraggio di lasciarlo morire e passare in serenità il poco tempo che gli sarebbe rimasto, in assenza di cure, insieme a lui. Perché lo amava troppo, e non ne valeva la pena.
«Mi raccomando».
Sasori lo fissò con occhi sinceri, fermandolo sul binario con due mani sulle spalle.
«Abbi cura di te».
«Sì, certo, te lo prometto».
Non resistette. Anche lì, in mezzo alla gente, lo baciò sulle labbra, e si trattenne un poco per soffiargli sul collo: «tu non sai mentire».
Deidara per un attimo fu confuso, poi riacquistò il suo sorrisetto antipatico.
Senza proferire ulteriore parola salì sul vagone, issandosi sulla spalla la tracolla celeste.
Sasori rimase a terra, sul marciapiede in cemento, sull'inquinato binario della stazione ferroviaria di Modena.
Deidara si sistemò sul sedile, adagiando la fronte contro il vetro. Il treno iniziava a muoversi.
Tutto quello che poteva desiderare era alle sue spalle, davanti vedeva solo lo spettro della sua vita.

«Noi possiamo cambiare la realtà».

Ci aveva creduto. 








Ispirata a The Cranberries - Animal Instinct










6° classificata al Flash contest indetto da kuma_cla

Grammatica 7/10 
Ci sono alcune sviste e ripetizioni (come all’inizio, della parola «giornata») e compaiono anche diversi errori sull’utilizzo dei pronomi («sciarpa di panno dai colori autunnali» e non «dei»; «marciapiede di cemento» e non «in»). Hai poi fatto un po’ di confusione con la punteggiatura in questo punto: «Non dirmelo»; poi si affrettò ad aggiungere, Deidara, «soffrirò una nostalgia dannata. Soffrirò come un cane». Togli il punto e virgole e le due virgole; sposta il poi dopo «affrettò» e vedrai che la frase ora scorre. Infine c’è quel «sedendoglisi»; toglilo e sciogli il verbo (sedendosi di fronte a lui sul pavimento). Infine scrivi «branchie» del giubbotto, ma immagino intendessi altro. 
Stile 7/10 
La storia è narrata in modo discorsivo e piacevole, lo stile è senza dubbio buono e il lessico risulta adatto. Non ho assegnato un punteggio più alto, però, perché purtroppo non mi ha trasmesso molto. Certo, è uno stile pulito e piacevole, ma oltre a questo non riesco a dire altro perché non mi ha colpito. 
Originalità 7/10 
La Fanfiction è interessante e l’idea di base è buona, originale. Avresti potuto, però, approfondirla meglio. Ti sei limitata a realizzare veloci pennellate di quello che potrebbe essere davvero un bel quadro. Un approfondimento migliore e più accurato avrebbe sicuramente giovato al risultato finale. Ora come ora la storia, dopo attente letture, risulta appiattita, senza quel qualcosa che potrebbe valorizzarla maggiormente. 
IC 8/10 
Ammetto di non conoscere molto bene Sasori e Deidara, ma da quel che ho letto mi è sembrato di ritrovarli nei due personaggi descritti. 
Totale 29/40 

   
 
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