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Autore: Kuno84    04/04/2012    12 recensioni
Tutti conosciamo l'esito della battaglia finale contro Safulan. Ma se le cose fossero andate diversamente? Ranma avrebbe combattuto, avrebbe salvato Akane contro ogni evidenza, o più semplicemente si sarebbe lasciato soccombere alla pazzia?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 10 
“Il prezzo da pagare”

  
  
Per una volta, Mu Si voleva vederci chiaro. Appoggiatosi con la schiena contro una parete della sala, in posizione defilata, incrociò le braccia e cominciò a valutare la situazione. 
La scena che si profilava davanti a lui non era molto diversa da quella a cui aveva assistito diverse sere prima, anche se questa volta era notte fonda e non scorgeva alcuna traccia di Ryoga, sostituito dal dottor Tofu. Per il resto, di nuovo famiglia Tendo e compagnia si erano radunate intorno ai tavoli e, proprio come l’altra volta, tutti gli sguardi erano rivolti verso la vecchia, che dal canto suo stava appollaiata sopra un tavolino più distante. 
L’unica differenza che risaltava ai suoi occhi era l’abbigliamento di Ukyo Kuonji. Mu Si non aveva una grande familiarità con la cuoca di okonomiyaki ma, nelle occasioni in cui l’aveva incontrata, non aveva potuto fare a meno di notare il suo vestiario, così poco consono a una ragazza giapponese; adesso, stava invece portando l’uniforme scolastica del Furinkan, quella femminile che aveva visto tante volte addosso ad Akane Tendo. Era sicuro che questa stranezza si ricollegasse alla richiesta della vecchia mummia. 
Trova Genma Saotome. Oppure Akane. Sì, mi hai udito bene, non fare domande. Potresti trovarla al posto suo o assieme a lui. Se possibile, porta subito entrambi qui al ristorante. 
L’aveva soddisfatta, almeno per la parte riguardante Genma: certamente la presenza degli altri non corrispondeva a una volontà di Cologne, ma lui aveva pensato bene di procurarsi qualche ‘testimone’, specie dopo i discorsi su auree e trasformazioni che aveva udito mentre entrava nell’istituto trovandovi il gruppo al gran completo. Non che avesse capito poi molto dell’intera faccenda, ma ormai la sua mente aveva escluso l’ipotesi dell’ennesimo piano architettato dall’amazzone: no, la situazione appariva più complicata. A questo punto, ciò che lo turbava era piuttosto la telefonata di quella notte: non ne conosceva il contenuto, dato che Cologne era stata veloce a sottrargli la cornetta di mano, ma la voce, quella sì, l’aveva ascoltata e identificata fin dal primo istante. 
E, da quel che ricordava, la voce della guida delle Sorgenti Maledette non era mai stata premonitrice di buone notizie. 
“Allora, Obaba, si può sapere perché ci hai convocati qui con tanto tempismo?!” Quella frase così sgraziata, con suo stupore, era uscita dalla bocca di Nabiki Tendo. Passò ancora in rassegna le varie facce, dove stava Ranma? Eppure era sicuro che almeno lui fosse con loro. 
“Rispondetemi voi: chi ha usato l’acqua della fonte Akanenichuan?” Il tono di Cologne era duro ma non sembrava indispettito dall’irriverenza della ragazza. Mu Si interruppe la ricerca e spostò lo sguardo sul lungo bastone, che scorreva lentamente lungo i presenti. 
In quell’istante udì un verso di sorpresa, proveniente dal padre di Ranma. “Tu… tu come fai a saperlo?!” Protestò con veemenza. 
Lei incrociò lo sguardo con quello di lui, che Mu Si notò essere privo delle sue lenti, e Genma Saotome sbiancò nel giro di qualche secondo. 
“Stolto! Credevi di poter fare una cosa del genere a mia insaputa?” Gli disse. “Quando mi è arrivata la terza fiasca, inizialmente ho pensato a un errore. Tuttavia non ho voluto escludere alcuna possibilità, così vi ho tenuti tutti d’occhio quando avete attinto alle acque maledette… e non mi è sfuggito a quale fiasca tu abbia attinto. Ripeto la domanda: cosa hai fatto di quell’acqua? L’hai usata tu? L’hai data a qualcun altro? È stata versata su uno di voi?” 
Mu Si annui tra sé. La vecchia ha detto ‘Akanenichuan’. Come pensavo, questo spiega il contenuto della sua richiesta. Allora quello che si sono detti i Tendo prima… e la divisa che indossa Ukyo… significa davvero che… 
Nessuno rispose subito, ma la vecchia spostò la direzione del bastone, arrestandolo in direzione della cuoca. Ukyo Kuonji fece un passo in avanti, con aria insicura. 
“È… è così. Sono stata io a usare l’acqua maledetta.” Disse con voce flebile. “Ieri notte.” 
“Così è già accaduto.” Borbottò in risposta Cologne, che osservò la ragazza con un’espressione cupa e poi parve valutare tra sé le implicazioni di quell’affermazione. 
Un colpo di tosse forzato riscosse l’attenzione di tutti. “Sentite, io… penso proprio di averne abbastanza per stanotte. Vado a prendere un po’ d’aria qui fuori.” Biascicò il Saotome adulto, che grondava sudore ed effettivamente aveva l’aspetto di uno che non riusciva a respirare. Non era il primo cui gli occhietti accusatori della vecchia facessero quest’effetto, considerò Mu Si. 
“Solo un momento.” Lo riprese Nabiki, prima che si avviasse. “Papà, vai con lui e tienilo d’occhio. Ha creato abbastanza scompiglio, non c’è bisogno di… perseverare.” 
Soun Tendo sembrò voler obiettare qualcosa, poi ci ripensò e uscì assieme all’amico, dopodiché la vecchia si schiarì la voce ma venne anticipata. 
“In quanto a noi.” Ancora il tono pungente della giovane Tendo. “Parli come se fossi completamente estranea a questa faccenda, ma sapevi dell’acqua e non ne hai fatto cenno.  Ti conviene dosare le tue parole, e non mentirci più.” 
Mu Si deglutì. Da dove veniva la spavalderia di quella ragazza? Sapeva che Nabiki Tendo non si lasciava intimorire facilmente, ma tanto ardire non si addiceva nemmeno a lei, di solito così controllata. E ha appena dato un ordine a suo padre. 
“A dire il vero”, rispose con calma la vecchia, “gli unici ad aver tenuto nascosto qualcosa siete stati voi. Io ho potuto soltanto osservare e trarre delle conclusioni. E fino a stanotte, non mi ero resa conto della loro importanza.” 
“Fino a stanotte. Che coincidenza bizzarra! E si potrebbe allora sapere com’è che un istante fa sei andata a colpo sicuro su Ukyo? Come avresti potuto sospettare proprio di lei, senza avere tu stessa un ruolo in tutto ciò?” 
“Questo”, disse, “è stato più facile di quanto tu creda, ragazza mia. Si dà il caso che stasera il suo ninja personale sia venuto a frugare nel ristorante, molto interessato alle fiasche conservate nello sgabuzzino. Sì, so tutto di Konatsu: la sua abilità è notevole ma non poteva prevalere sui miei decenni di esperienza. E so anche che questo povero kunoichi maschio non è il tipo da prendere l’iniziativa, era chiaramente stato mandato da qualcuno… e perciò l’ho lasciato fare.” 
Nabiki non fiatò, ma l’espressione sorpresa che il suo sguardo si lasciò sfuggire fu piuttosto eloquente. La vecchia sogghignò. “Così l’avevi mandato tu? Non che m’interessi.” 
“Nemmeno a noi.” Nabiki provava chiaramente a riguadagnare la posizione di vantaggio. “È tardi e abbiamo tutti sonno, sarai così cortese da non girare intorno al punto?” 
Ukyo, finora così dimessa, s’inserì nel discorso. “So io cosa Obaba sta cercando di dirci. Quando mi sono versata quell’acqua, non ho soltanto assunto le sue sembianze. Akane è... dentro di me. Le ho potuto parlare, la sento ancora nella mia testa.” Sussultò, come realizzando di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato. “Non sono pazza! Dovete credermi!” 
“Tu fai silenzio.” La fulminò la giovane Tendo. “Come ti ho detto prima, non abbiamo intenzione di ascoltare un’altra delle tue patetiche…” 
“Ma certo, avrebbe senso!” Esclamò Tofu. Volgendo lo sguardo, Mu Si lo vide inginocchiato, intento a medicare un Ranma seduto sul pavimento, entrambi parzialmente nascosti dalle sagome in piedi di Kasumi e della signora Saotome. Capì all’istante come mai non avesse individuato subito il proprio rivale: non avvertiva alcuna traccia dello spirito combattivo che era solito ricollegare alla sua presenza. 
Il dottore ignorò l’irritazione della ragazza che aveva interrotto e continuò: “Spiegherebbe il disturbo del ki che sto percependo in Ukyo. Non è ‘come se’… ci sono sul serio due auree, sovrapposte tra loro. Venerabile Cologne, ci può confermare che la seconda aura è quella di Akane?” 
“Dottore, non ci si metta pure lei! La verità è che…” 
“Nabiki, ora basta. Lascia che parlino anche gli altri.” La sorella maggiore aveva lasciato la sua posizione e l’aveva raggiunta alle spalle, per stringerla tra le sue braccia in un moto protettivo, forse, ma che, se non fosse provenuto da Kasumi Tendo, avrebbe osato definire… minaccioso. 
Nabiki tacque e la vecchia sorrise ancora, con aria soddisfatta. “Sì, confermo. Posso affermare senza ombra di dubbio che l’aura aggiunta che avete percepito appartiene ad Akane. E ciò è avvenuto per via dell’acqua della sorgente di Zhou Chuan Xiang.” 
  
  
Tofu comprendeva sempre di più. Durante i minuti trascorsi a curare le ferite di Ranma, aveva avuto modo, poco a poco, di rassicurarsi sulle condizioni del ragazzo e prestare maggiore attenzione alle parole dell’anziana amazzone. Ho annullato l’effetto del nervo che gli avevo stimolato, così potrà muovere di nuovo il braccio. Il resto non è così grave. L’aura è ancora alterata, ma è dovuto più alla stanchezza e allo stress di questi giorni che ad altro. Sebbene Ranma abbia sicuramente avuto un esaurimento nervoso, per fortuna non è ciò che temevo. 
Adesso la sua attenzione era concentrata sulle strane condizioni di Ukyo. Udendo Cologne parlare di Jusenkyo, sentì l’esigenza di chiedere ulteriori chiarimenti. 
“Si tratta dunque di un altro potere legato alle fonti maledette?” Domandò. “Pensavo che la loro unica proprietà fosse quella di riprodurre l’aspetto della prima persona che vi ci s’immerge.” 
Cologne scosse piano il capo. 
“Di norma è così, ma non sempre. Ad esempio, le fonti Nannichuan e Niannichuan non funzionano in questo modo… oppure adesso il consorte e gli altri, invece di essere guariti dalle maledizioni, sarebbero diventati delle ‘fotocopie’ del ragazzo cinese che diversi secoli fa annegò nella sorgente magica. Pertanto, no, le fonti non operano tutte nella stessa maniera.” 
“È vero.” La nuova voce fece sussultare sia Tofu che gli altri. “E poi io e Herb siamo caduti nella stessa sorgente, ma le nostre trasformazioni erano molto diverse.” Tutti si voltarono verso di lui, o meglio verso il ragazzo al suo fianco, che si era rialzato di scatto; del resto, quelle erano le prime parole pronunciate da Ranma da quando erano entrati. 
Tofu lo scrutò attentamente, di profilo: poteva scorgere una fiamma, che prima non c’era, luccicare nei suoi occhi. Una luce che lui conosceva bene. Anche la sua aura si era fatta molto più stabile. 
Un barlume di speranza. Pensò. È tutto quello che gli serviva. Chiaro, ora il suo spirito può di nuovo focalizzarsi su un obiettivo, e in un certo senso ciò gli è d’aiuto. 
“Precisamente.” Annuì Cologne. “Non avete assunto l’aspetto della ragazza cinese vissuta millecinquecento anni or sono, invece i vostri corpi hanno acquisito una forma distinta: non una a caso, ma la versione femminile di voi stessi. Tecnicamente parlando, la sorgente ha adeguato il proprio potere ai vostri spiriti vitali, modellando la trasformazione in conseguenza di questo legame.” 
“Perciò”, continuò Tofu, “nemmeno l’Akanenichuan apparterrebbe alla categoria classica?” 
L’amazzone socchiuse gli occhi e mugugnò, prima di rispondere. 
“Lo avevo sospettato e così, giorni fa, ho telefonato alla guida di Jusenkyo, che mi ha raccontato della particolare origine della fonte.” 
Mousse dovette aver intuito la sua confusione, poiché abbandonò la propria postazione e gli venne incontro. “Penso di dovervi spiegare. La sorgente fu creata dai nostri nemici”, disse, “scavando una nuova pozza nel luogo maledetto. Akane Tendo vi fu fatta immergere e, in seguito, una donna della stirpe del monte Hooh, di nome Kima, si bagnò nella fonte per assumere le sue sembianze e ingannarci… Tuttavia”, continuò leggermente a disagio, “non mi sembrava che in lei fosse avvenuto qualcosa di simile a ciò di cui stava parlando Ukyo.” 
“Proprio questo mi ha fatto pensare”, annuì Cologne, “che l’acqua usata per l’Akanenichuan fosse del primo tipo, tale da limitarsi a copiare l’aspetto. Anche questo tipo di acqua interagisce con lo spirito del ‘posseduto’, ma il legame è più debole e quindi insufficiente ad adattarsi del tutto al corpo: del resto, se così non fosse, si comporterebbe come una Niannichuan trasformando in donne tutti coloro che vi si bagnassero.” 
“Perciò Ukyo sta di nuovo mentendo.” Concluse Nabiki. 
“Sarebbe potuto essere. Ed è anche questo il motivo per cui non ho fatto parola di questa fonte, anzi ho subito accantonato ogni pensiero al riguardo. E invece avevo sottovalutato la situazione. L’ho compreso solo stasera, quando in seguito alla visita di Konatsu ho ripreso a indagare, fino a intuire la verità.” Cologne si schiarì la voce. “Ciò che è successo non dipende dalla Akanenichuan, bensì dall’acqua miracolosa di Jusendo. Meglio ancora… dalla combinazione di entrambi i fenomeni.” 
“Parla chiaro, vecchia!” Sbraitò Ranma in uno scatto improvviso, scagliandosi contro di lei e sollevandola per la veste. Tofu si morse il labbro per non aver previsto quella reazione e non averlo trattenuto. “Stai dicendo che Akane è davvero ancora viva? Che possiamo salvarla anche se…” Avvertì nitidamente la rabbia placarsi e far posto a quello stesso disturbo dell’aura che lo aveva preoccupato tanto. Sono uno stupido, considerò Tofu, scuotendo la testa. Adesso capisco di cosa si trattava. Ranma esitò, poi riprese: “Anche se… se io… non ho…” 
Cologne, con somma sorpresa degli altri, non si era sottratta al gesto del ragazzo. Guardò il giovane Saotome fisso negli occhi, ma con una profondità diversa da quella che aveva rivolto a tutti loro poco prima. 
“Consorte”, disse infine, “la verità è che tu ‘hai’. Tu hai fatto in tempo, quel giorno. Bagnasti il corpo di Akane con l’acqua miracolosa, e l’acqua funzionò: prova ne è che il corpo è rimasto integro fino ad ora.” 
Ranma rimase paralizzato, mollando la presa. 
“Sì, consorte. Tu eri riuscito a salvarla.” Ripeté Cologne. 
  
  
Genma inspirò a pieni polmoni. Il freddo pungente dell’esterno per lui era un refrigerio, adesso più che mai. Udendo un secondo respiro, accelerato, forse nervoso, si ricordò di non essere solo e si volse verso il proprio accompagnatore. 
“Tendo. Sei tu, vero?” Tra la penombra e la miopia, quasi non avrebbe potuto giurarlo. 
Non ricevette risposta, né la cosa lo disturbò. Avrebbe dovuto parlare molto, nei prossimi giorni: per adesso era riuscito a scampare a quella vecchia spugna essiccata, ma restavano i Tendo e, soprattutto, dubitava che Nodoka avesse trovato onorevole il proprio comportamento e sapeva bene che, a sua moglie, non era possibile sfuggire in eterno. In quanto a Ranma… almeno in questo caso, era certo che non avessero niente da dirsi. 
Non si sentiva pentito di quanto aveva architettato. Pazienza se era venuto tutto allo scoperto, pazienza se le cose non erano andate come se le era immaginate. Pazienza se aveva perso anche l’ultima briciola di rispetto che il figlio sentiva di dovergli portare, Genma riteneva di aver fatto di tutto e di più come genitore e di non aver altro da dare in quel ruolo. 
Il fine giustifica i mezzi: aveva condotto la sua vita intera seguendo alla lettera questo motto, e non vedeva perché sarebbe dovuto cambiare di punto in bianco proprio ora che era avanti con gli anni. I fatti, poi, gli avevano dato ragione anche questa volta: il ragazzo si era finalmente scosso dal suo torpore, stava solo a lui non ricadere nel suo stucchevole stato di depressione. 
Ma nessuno avrebbe compreso le proprie ragioni. Lo sapeva, era abituato anche a questo, gli stava bene così. Genma sospettava che non fosse ancora finita, lo strano sfogo di Ukyo e la convocazione di Obaba lasciavano presagire qualcos’altro. Ma qualunque cosa stesse succedendo non lo riguardava più; a nessuno, tantomeno Nodoka, importava realmente di lui, e sapeva che era ora di tornare nell’ombra. Dopo gli inevitabili ‘confronti’ dei primi giorni, tutti si sarebbero gradualmente dimenticati del vecchio panda, come sempre. 
Strinse le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura che continuava a stagliarsi davanti a lui in assoluto silenzio. Cosa ci fa ancora qui? 
“Fossi in te tornerei lì dentro.” Disse. “La vecchia sembrava sul punto di dire qualcosa di importante.” 
Soun sbuffò, avvicinandoglisi come per tenerlo sotto controllo. “Le mie figlie mi informeranno, di qualunque cosa si tratti… qualunque disastro tu abbia combinato con la tua idea sconsiderata.” La sua voce, così misurata, avrebbe perfino potuto ingannare uno che non lo conoscesse a fondo come lui. E che non fosse in grado di avvertire la sua aura crescere d’intensità. “C’è una cosa più importante, che non è possibile rimandare.” 
Genma sollevò un sopracciglio. “E sarebbe? Mi spiace avvisarti che non sono in vena di una chiacchierata.” 
“Puoi stare tranquillo, Saotome.” Fu la replica dell’amico di sempre, mentre assumeva la posa d’attacco. “Adesso tu e io combatteremo.” 
  
  
Ukyo sentì di nuovo le lacrime salirle agli occhi. 
No, non era da lei, ma come avrebbe potuto reagire diversamente a quella improvvisa sensazione di sollievo, a quel peso che le era stato tolto dalla coscienza? Akane è viva, pensò. La vecchia del Nekohanten stava confermando ogni cosa, dunque quanto accaduto poco fa non era un parto della sua immaginazione. Quel dialogo era reale. Akane è viva, pensò, e tutto si sistemerà. 
“Credimi, ti capisco”, le aveva detto Akane nel ‘sogno’, “anch’io sono confusa quanto te. Quando stanotte ho nuovamente sentito una voce… la tua voce nella mia testa, credevo davvero di essere impazzita e ti ho urlato di lasciarmi in pace. Poi il signor Saotome mi ha… ci ha assalite e fatte addormentare, ed è stato in quel momento: per la prima volta ho avvertito nitidamente la tua presenza. È stato tutto così improvviso e violento, non capivo e ho istintivamente cercato di ricordare, così senza volerlo ho messo in moto i tuoi ricordi.” 
“Va bene… almeno credo”, le aveva risposto Ukyo, “ma l’ultimo ricordo che ho visto non può essere mio, io non sono mai stata a Jusenkyo. Oppure è…” 
“Un ricordo che appartiene a me. Non volevi calmarti e ascoltarmi, così ho cercato di darti una prova… che è tutto vero, che non sono un tuo senso di colpa.” 
In quel preciso istante Ukyo si era svegliata, trovando di fronte a sé lo sguardo rassicurante del dottor Tofu e quello accusatore di Nabiki. Ma la voce di Akane non era cessata. E ancora adesso la udiva nitidamente. 
Sentendosi osservata da alcuni dei presenti, arrossì e si scosse dai propri pensieri. Vide Obaba scostare Ranma da sé con delicatezza, prima di riprendere a parlare. “La ragazza vi ha detto la verità. Quando ha usato su di sé l’acqua maledetta, non poteva sapere che Jusendo aveva interferito con i suoi effetti.” 
Tofu accennò: “Quindi, quella che Ranma ha visto, che tutti noi abbiamo visto… non era semplicemente Ukyo con le sembianze di Akane…” 
“Vedete”, disse Obaba, “quando veniste al Nekohanten la prima volta e mi raccontaste di come la fonte di Jusendo avesse reidratato Akane, qualcosa non mi tornava. Vi avevo parlato dell’immenso potere di quell’acqua, tale perfino da preservare un corpo umano dagli effetti della morte. Proprio per questo ero incredula che la ragazza non si fosse salvata, nonostante il consorte avesse usato l’acqua in tempo. Infatti, quando Akane ha chiuso gli occhi, la tamashii, ovvero la parte senziente della sua anima, si è separata dal corpo: ma ciò non comportava che non potesse farvi ritorno.” 
L’amazzone inclinò il capo. “Anzi, appena il consorte ha curato il corpo con l’acqua di Jusendo, il ricongiungimento sarebbe dovuto essere immediato. Pertanto, se così non è stato, significa semplicemente che qualcosa l’ha impedito.” 
“La tamashii di Akane aveva già trovato un’altra dimora.” Concluse il dottore, annuendo. 
“Già. La sorgente Akanenichuan. Anche se la fonte è del tipo semplice, che copia solo l’aspetto, il legame instaurato con lo spirito di lei che per prima vi era stata immersa è bastato ad attirarlo a sé nel momento stesso della separazione… e imprigionarlo al suo interno. Pertanto, sì, potremmo dire che sotto le sembianze di Akane c’era il corpo di Ukyo. Ma, nel corpo di Ukyo, c’era la vera Akane.” 
I presenti si alzarono dalle sedie, mentre quelli già in piedi cercarono di dire qualcosa. Obaba li seppe zittire con una semplice occhiata, tutti tranne uno. 
“Perciò”, disse Ran-chan, con voce incredibilmente calma, “esiste un modo per far tornare Akane. Per esempio, se noi ora bagnassimo Ukyo con l’acqua fredda…” 
La cuoca di okonomiyaki si morse istintivamente le labbra, avvertendo una stretta al cuore. Mi ha chiamato Ukyo, non Ucchan, non riuscì a impedirsi di pensare. È arrabbiato con me per quello che gli ho fatto? Già, come potrebbe non esserlo?! 
Ma non era tipo da piangersi addosso, decisamente: si sarebbe fatta perdonare, avrebbe guadagnato la propria redenzione agli occhi di Ranma. A qualunque costo. 
Obaba non aveva risposto subito. Il suo sguardo si era rabbuiato. “Non è così semplice. Io… devo dirvi ancora una cosa. L’effetto della fonte di Jusendo sta per esaurirsi: precisamente ciò avverrà fra poche ore, quando sorgerà l’alba. Passato quel momento, non sarà più possibile fare alcunché.” 
“Allora sbrighiamoci!” Ranma batté un pugno sul tavolo, con molta meno calma di prima. “Dopo tutto quello che ci hai detto, non può non esserci una maniera per salvarla. Sputa il rospo, vecchiaccia!” 
L’amazzone sospirò. 
“Un modo esiste. E, come ho detto, abbiamo tempo solo fino all’alba per attuarlo. Ma il prezzo da pagare… potrebbe essere troppo alto.” 
Un prezzo da pagare. Ukyo si lasciò sfuggire un sorriso amaro. Nulla poteva essere troppo alto, a suo modo di vedere, dopo ciò che aveva passato. 
“Parla!” disse, decisa. “Siamo pronti a qualunque cosa.” 
Obaba si voltò verso di lei, con uno sguardo indecifrabile. 
“Solo tu”, mormorò. “Dipende da te. Pensi veramente di essere disposta a tutto?” 
In una frazione di secondo, Ukyo passò in rassegna i sacrifici di un’intera esistenza. L’abbandono della propria femminilità, la rinuncia a una vita normale. I duri allenamenti, gli innumerevoli momenti di sconforto. Le promesse non mantenute, le vendette accantonate. L’orgoglio calpestato. 
“Non lo penso. Lo sono.” Rispose, sentendosi più sincera di quanto mai fosse stata. 
La vecchia annuì. 
“Ebbene, affinché Akane possa tornare in vita… tu, Ukyo Kuonji, dovrai morire.”

 

   
 
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