Storie originali > Favola
Ricorda la storia  |       
Autore: Beauty    04/04/2012    11 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

La carrozza avanzava velocemente lungo la strada sterrata; forse un po’ troppo velocemente. Infatti, una delle ruote prese improvvisamente una profonda buca, facendo sobbalzare la vettura e i suoi passeggeri.

Catherine fece un salto sul sedile, e sua sorella, esile e minuta, per poco non picchiò la testa contro il tettuccio.

- Oh, i miei poveri nervi…- gemette Lady Julia, premendosi un fazzoletto sulla bocca.

Catherine alzò istintivamente gli occhi al cielo. Era tipico della sua matrigna lasciarsi andare a quei gesti teatrali, quando si vedeva lontano un miglio che non era neanche pallida, figuriamoci se poteva avere addirittura la nausea.

Stava benissimo; quei suoi finti capogiri erano solo una messinscena per attirare l’attenzione di suo padre. Messinscena che funzionava sempre a meraviglia.

- Vetturino, insomma!- tuonò infatti il mercante.- Vuole stare un po’ più attento?! Mia moglie si sta sentendo male, a causa sua e delle sue follie alla guida!

- Chiedo scusa, signore…- fece il cocchiere, e i cavalli rallentarono immediatamente il passo.

- Grazie, tesoro…- squittì Lady Julia, facendo gli occhioni da cerbiatta.

Altro gesto che non mancava mai di attirare l’attenzione del mercante, che infatti le rivolse un’occhiata adorante.

Catherine lanciò uno sguardo d’intesa a sua sorella, la quale non mancò di esprimere tutto il suo disgusto con un sonoro sbuffo.

- Che c’è, piccola, ti annoi?- chiese il mercante, fraintendendo quel gesto.

- Un po’…Quanto manca?- domandò Rosalie.

- Non molto. Dovremmo quasi esserci.

Rosalie si appoggiò stancamente allo schienale. Catherine si sporse dal finestrino.

Alberi, nient’altro intorno a loro.

- Certo che siamo proprio lontani dalla città, eh?- fece il mercante, intuendo i pensieri della figlia maggiore.

- Un bel guaio!- sentenziò Lady Julia.- Avresti anche potuto pensarci, prima di concludere un affare così avventato…- sibilò poi, in direzione del marito.

Il mercante sospirò, abbassando lo sguardo sulle proprie ginocchia, colpito nel segno.

- Mi dispiace tanto, ragazze…- mormorò, senza trovare il coraggio di guardare in faccia la moglie e le proprie figlie.

Catherine digrignò i denti; la sua matrigna non perdeva occasione per rinfacciare a suo padre quel che era successo solo pochi mesi prima, ben sapendo che non era stata affatto colpa sua. L’avrebbe volentieri presa a schiaffi, ma non voleva dare un ulteriore dispiacere a suo padre, che già soffriva abbastanza sia per il dissesto finanziario sia per i rapporti tesi che si erano instaurati fra matrigna e figliaste. Posò dolcemente una mano su quella dell’uomo, leggermente sollevata quando vide che lui ricambiava il suo sorriso.

- Non credo che sia il caso di prendersela tanto, signora madre - disse poi, rivolta a Lady Julia.- Vivere in campagna non sarà poi così male…d’altronde, Rosalie avrà molto più spazio per sé e potrà divertirsi un po’, anziché starsene tutto il giorno sui libri…- aggiunse, ammiccando verso la sorella minore, di cui conosceva il profondo odio nei confronti della geometria e dell’aritmetica…

- Ci sarà anche un giardino?- domandò Rosalie, che, pur avendo tredici anni compiuti, ancora si divertiva a giocare all’aria aperta come una bambina.

- Penso proprio di sì - rispose il mercante, sorridendo un po’ rincuorato che le figlie non avessero preso a male quell’improvviso trasferimento.

Ma Lady Julia non era affatto convinta. Non credeva per niente a quello che aveva detto la figliastra, e, in ogni, caso, mai l’avrebbe data vinta a Catherine.

- Non sono affatto d’accordo, mia cara…- fece, sventolando il ventaglio ad una velocità impressionante, mentre sulle labbra le si disegnava un sorriso gelido.- Vedi, mia cara Catherine, ci sono cose che tu pensi di sapere, ma che non immagini neanche lontanamente…

- Oh, davvero?- fece Catherine, senza preoccuparsi di nascondere l’ironia.- E quali sarebbero?

- Beh, innanzitutto, la campagna non è affatto il posto adatto per una signora…mi ci vedi, tu, a fare i lavori domestici come una sguattera? Tuo padre per il momento non può permettersi neanche uno straccio di domestica…- disse acida la donna, scoccando un’occhiata di rimprovero al marito, il quale, per tutta risposta, tornò a volgere lo sguardo affranto alle proprie ginocchia.

- Di questo non dovrete preoccuparvi, signora madre - saltò su Catherine, fissandola con aria di sfida.- Penserò io ad occuparmi della casa…

- E io l’aiuterò!- intervenne improvvisamente la donna seduta accanto a Rosalie, che fino a quel momento se n’era stata zitta.

- Grazie, Lydia - sorrise Catherine.

Lydia era stata la balia di Catherine e Rosalie, e il mercante, allorché si era trovato a dover licenziare tutta la servitù, aveva deciso di tenerla con sé, benché avesse ormai sessant’anni e le due ragazze fossero cresciute. Lydia era in casa loro da anni, si era occupata di tutti e tre i figli del mercante ed era stata l’infermiera della povera prima signora Kingston; era considerata praticamente come una di famiglia, e lui non se l’era sentita di licenziarla.

Lady Julia non si scompose, ma anzi, sorrise ancora più freddamente.

- Fai pure, cara. Sono certa che, con i vestiti stracciati e la faccia sporca di fuliggine, per di più senza un soldo bucato di dote, una marea di ottimi partiti farà la fila per chiederti in sposa…- ironizzò la donna.

- Non importa come sarà vestita o quanti soldi avrà, la mia Catherine sarebbe in grado di far innamorare tutti gli uomini del regno…- sorrise Lydia, accarezzando lievemente una guancia della ragazza.

Ora, non era un mistero che l’anziana domestica nutrisse una vera e propria ammirazione per le due sorelle Kingston. Definiva sempre Rosalie una bambolina, per il suo visetto ovale e angelico, circondato da una lunga chioma di capelli biondo scuro così simili a quelli della sua povera madre, che contrastavano sublimemente con i grandi occhi scuri e penetranti. Quanto alla maggiore, beh, secondo Lydia Catherine aveva tutti i pregi di questo mondo. Era buona, intelligente e bellissima. Catherine era piuttosto alta, e snella, con gli occhi verdi e una cascata di capelli neri e mossi lunghi fino alla vita, che mettevano in risalto la sua pelle di porcellana.

- Come no!- tornò all’attacco Lady Julia.- Svegliati, vecchia, e guarda in faccia alla realtà! La tua preziosa Catherine ha già diciotto anni, e non ha ancora ricevuto lo straccio di una proposta di matrimonio!

- Sapete quanto me ne importa!- sbuffò Catherine.- Non ho nessuna intenzione di sposarmi, non ora, almeno. Per ora sto bene così, voglio proseguire i miei studi e stare accanto alla mia famiglia. Non voglio assolutamente un marito, tantomeno per un matrimonio di convenienza!

- Parla, parla pure. Quel bel visetto non durerà per sempre. Alla tua età, io ero già al mio primo matrimonio…

- Questo spiega come mai tutti i vostri mariti tendano a defilarsi!

- Caro, le permetti di parlarmi così?- piagnucolò Lady Julia.

- Catherine, quante volte te lo devo ripetere che devi portare rispetto a tua mad…

- Siamo arrivati!- esclamò Rosalie, interrompendo la nascente ramanzina di suo padre.

Le due sorelle Kingston si sporsero dal finestrino della vettura, mentre la carrozza rallentava lentamente il passo, fino a fermarsi di fronte al cancello di una grande villa.

Proprio come aveva detto il mercante, c’era un giardino, ma più che altro sembrava una specie di giungla. Erbacce e piante rampicanti spuntavano da ogni dove, insinuandosi fra le mattonelle della staccionata e arrampicandosi su per i muri della casa, la quale aveva le pareti esterne sporche e scrostate.

- Oh…- gemette Rosalie, non appena la vide. Catherine le lanciò un’occhiata di rimprovero, che la ragazzina colse al volo.

Benché quella non fosse esattamente una reggia, mai e poi mai avrebbero dovuto manifestare la loro delusione al padre…come invece stava palesemente facendo in quel momento la loro adorata matrigna!

- Cielo, una baracca per i porci sarebbe stata migliore!- bofonchiò Lady Julia, sollevando appena la gonna dell’abito viola scuro, mentre il marito l’aiutava a scendere dalla carrozza.

- Vedrai che con un po’ di olio di gomito tornerà come nuova…- disse il mercante, tentando di assumere un tono allegro.

- Bah, sarà…ma siamo in mezzo al nulla! C’è almeno uno straccio di paese, in questo posto dimenticato dal mondo?!

- Sì, certamente, tesoro, è poco distante da qui…tra poco, potrò cominciare a vendere di nuovo i miei prodotti…

Lady Julia, sbuffò, togliendosi alcuni aghi di pino dalla gonna con un gesto seccato, avviandosi quindi in direzione della porta d’ingresso.

- Vendere roba al mercato come dei volgari bottegai, bah…!

Rosalie scese dalla carrozza con un balzo.

- Dici che Henry sarà già arrivato?- chiese alla sorella.

- Sì, certo. Guardalo, è laggiù…- disse Catherine, indicando il fratello maggiore che, in piedi sull’uscio della loro nuova casa, le stava salutando agitando timidamente una mano.

Rosalie fu la prima a corrergli incontro, abbracciandolo con calore. Henry rise, scompigliandole affettuosamente la chioma bionda così simile alla propria. Rosalie gli sussurrò qualcosa all’orecchio, per poi entrare in casa, seguita immediatamente da Lydia, che invece gli rivolse uno sguardo freddo.

- Buongiorno, signorino Henry…- disse, per poi passargli accanto quasi fosse stato un cumulo di letame.

Se Lydia non si era mai risparmiata di manifestare tutta la sua simpatia e la sua devozione alle due signorine Kingston, così non aveva mai nascosto di detestare profondamente il loro fratello maggiore. E Catherine sapeva benissimo il perché, si disse, sospirando alla vista di Henry che, dopo aver salutato la matrigna con un casto baciamano, stringeva con poca energia la mano al padre, senza però riuscire a guardarlo negli occhi.

Quando anche il padre fu entrato, Catherine si fermò di fronte al fratello.

- Allora, come state?- chiese lui, imbarazzato.

Catherine fece spallucce.

- E tu? Da quanto tempo sei qui?

- Sono arrivato solo due giorni fa…Ho dato un’occhiata in paese, sai…- continuò, nel disperato tentativo di tenere in piedi la conversazione.- E’ una bella cittadina…ci sono molti negozi, qualche osteria…si gioca a carte, e…

- Non ti sarai di nuovo cacciato nei guai, vero?- interruppe improvvisamente la ragazza.

- Che? Io? No, certo che no…ho chiuso con quella roba…vieni, entriamo, che ne dici?

Catherine annuì, mentre suo fratello le cedeva il passaggio.

Henry era sempre stato la sua croce, fin da quando erano piccoli. In genere, era il fratello maggiore che si occupava del più piccolo; beh, con loro, era sempre stato il contrario. Henry aveva la stramaledetta tendenza a cacciarsi nei guai, a cercare di affrontare imprese più grandi di lui, da cui puntualmente usciva sconfitto.

E, per quanto Catherine detestasse ammetterlo, era in parte colpa sua, se ora lei e la sua famiglia si ritrovavano in quella situazione assurda, costretti a trasferirsi e a ricominciare tutto daccapo, senza un soldo.

Suo padre, un mercante di seta una volta molto ricco, aveva perso tutto quanto solo pochi mesi prima, quando, durante una tempesta, la nave che trasportava il suo carico di stoffe e materiali preziosi era naufragata. La stessa sera in cui era giunta la notizia, erano anche venuti a sapere che Henry si era giocato tutto il loro patrimonio a carte, e lo aveva perso.

Catherine gettò un’occhiata d’insieme al salone d’ingresso. Era molto grande, ma pieno di polvere e ragnatele, le assi del pavimento scricchiolanti, tarlate e mezze marce, e i mobili ricoperti da teli bianchi tutti bucherellati.

Lady Julia, senza smettere di agitare il ventaglio, le rivolse un sorriso sprezzante.

- Promessa fatta, promessa mantenuta, mia cara Catherine - disse.- Spero tu abbia intenzione di onorare ciò che hai detto riguardo all’occuparti tu stessa della casa…

- Statene certa, Lady Julia…- rispose Catherine, guardandola con sfida.- Non mancherò.

Sua sorella Rosalie le passò accanto di corsa, cominciando a salire le scale in fretta e furia.

- La prima che arriva sceglie la stanza!- gridò, riprendendo a correre.

Catherine rise, accettando silenziosamente la sfida e prendendo a correre dietro alla sua sorellina.

- Prima! Ho vinto!- gridò Rosalie.- Allora, io scelgo…questa!- e indicò una camera da letto molto spaziosa e luminosa.

Catherine sorrise.

- E va bene…allora vorrà dire che io prenderò…questa - ed entrò nella stanza di fronte, più piccola ma sicuramente, pensò la ragazza, più adatta a lei.

C’era poca mobilia; un letto, una libreria vuota e mezza tarlata, un tappeto consunto e una vecchia sedia a dondolo. E, a pochi metri dal letto c’era una piccola finestra. Catherine vi si avvicinò; la vista che le si prospettava era quella della foresta che avevano appena attraversato e che, a quanto pareva, doveva essere sterminata. Gli alberi si stagliavano in lontananza quasi non avessero fine.

Rosalie la raggiunse, abbassando lievemente le palpebre per vedere meglio.

- Quello cos’è?- chiese ad un tratto.

Catherine guardò meglio. In lontananza, all’orizzonte, si stagliavano alcune torri scure, alte e cupe, vagamente inquietanti.

- Sembrerebbero delle torri…- mormorò la ragazza.

- Quindi, lì c’è anche un castello - fece Rosalie.

- Non saprei. Può darsi.

- Chi lo sa…magari ci abita un principe…- disse la ragazzina con aria sognante.

- Ma che dici? Ti pare che un principe verrebbe a vivere qui? In questo luogo sperduto?

- E allora come me lo spieghi il castello?

- Girano diverse voci su quel castello…- fece una voce alle loro spalle. Le due ragazze si voltarono; a parlare era stato il mercante, in piedi sulla soglia della stanza.

- E’ abbandonato da anni…non credo che ci abiti nessuno…

- Oh…- fece Rosalie, un po’ delusa.

Il mercante diede un’occhiata in giro.

- Ti sei scelta una stanza molto graziosa, Catherine. Se volete scusarmi, io vado nel mio studio a…a sbrigare un po’ di conti…

Detto questo, se ne andò. Le due sorelle si scambiarono un’occhiata piena di tristezza.

 

***

 

- Papà?- fece Catherine, aprendo piano la porta dello studio.- Papà, posso entrare?

Trovò suo padre chino sulla scrivania, con le mani affondate nei corti capelli ingrigiti. Aveva un’aria stanca e avvilita che mai Catherine gli aveva visto prima. La ragazza gli si avvicinò, inginocchiandosi accanto a lui e cingendogli le spalle con le braccia.

- Ehi, papà, va tutto bene?- sussurrò, pur conoscendo già la risposta.

Il mercante scosse la testa, senza guardare sua figlia.

- Mi dispiace tanto, Catherine…- mormorò infine.- Mi dispiace…So di avervi deluso…

- Tu non hai deluso nessuno papà! Quello che è successo non è stata colpa tua…

- Non è vero. Ce l’avete tutti con me, lo so. Perfino tua madre…

- Lady Julia non è mia madre!- disse Catherine.- E, sinceramente, papà, non riesco proprio a capire perché l’hai sposata. Non fa altro che criticare tutto quello che fai e umiliarti in continuazione…

- Ma…- cercò di giustificarsi il mercante.- Ma…ma dovevo pur dare a te, a Rosalie e a Henry una nuova madre dopo che…

- Nessuno potrà mai sostituire la mamma, papà…- disse Catherine, osservando il ritratto sorridente di sua madre, la sua vera madre, posato sulla scrivania.- Nessuno…

Il mercante non rispose, limitandosi ad abbassare nuovamente il capo.

Catherine sorrise, accarezzandogli lievemente una guancia e posandovi quindi un tenero bacio.

- Andrà tutto bene, papà…- sussurrò.- Ne sono sicura. Vedrai che si sistemerà tutto…

- Spero davvero che tu abbia ragione, Catherine…- sospirò il mercante.- Ma nel frattempo…ti chiedo di occuparti della nostra famiglia…e di essere buona e rispettosa con Lady Julia…me lo prometti?

- Te lo prometto, papà…- la ragazza lo abbracciò.- Farei qualunque cosa per te. Qualunque cosa.

 

Angolo Autrice: Ciao a tutti! Ok, questo primo capitolo è un po’ noioso, ma d’altronde gli inizi lo sono sempre…Spero comunque che abbiate la bontà di leggerlo e di recensire, fosse anche un commento negativo, critiche e consigli sono ben accolti…Dunque, il termine signora madre è una citazione da Cenerentola della Disney, anche se penso che l’abbiate capito, è solo che volevo che Catherine mantenesse un tono distaccato con Lady Julia…che, lo anticipo, è una matrigna veramente cattiva! J. Dunque, questa storia trae ispirazione da La Bella e la Bestia, anche se troverete dei vaghi riferimenti anche ad altre favole…

Spero che il personaggio di Catherine non sia risultato troppo antipatico, non era nelle mie intenzioni…anzi, lei è una tipa dolce ma al contempo molto tosta.

Bene, ringrazio molto Ellyra che è riuscita a convincermi a pubblicare questa ff.

Grazie a tutti x aver letto! Appuntamento al prossimo capitolo (se vorrete)!

Ciao!

  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Beauty