Titolo:
Sarà il fascino della sfida.
Autore: braver than nana
Rating: rosso
Conteggio
Parole: 1153
Riassunto: «Com’è
solo possibile che tu mi piaccia, Tomlinson? Sei un
Gryffindor.» sbiascicò tra
un bacio e l’altro, mentre infilava le mani caldissime sotto
la camicia, mentre
gli allentava la cravatta e sbottonava con difficoltà e poca
concentrazione i
primi bottoni, per permettere alla sue labbra infuocate di baciare
lembi del
suo petto.
NoteNote: AU!Larry, Harry Potter world,
16!Harry + 18!Louis (periodo x
factor quindi). Che il mondo si prepari, stiamo chiaramente degenerando
se
iniziamo a scrivere certi cross-over, ma una potterhead slash
directioner non
si tira mai indietro se zeroschiuma si scomoda anche di trovarti dieci
prompt.
Prompt
1:
Astronomy Tower.
Sarà
il fascino della sfida.
Dalla torre di
Astronomia, appena salite le infinite scale, si poteva vedere solo una
minima
parte della sconfinata Foresta Proibita, sporgendosi dal parapetto
passo e
freddo si poteva intravedere la capanna del custode, e tutto il Lago
Nero,
minaccioso e ribollente. In una delle feritoie troneggiava una luna
calante,
circondata da una miriade di puntini luminosi. Louis si strinse nel
mantello e
tirò la sciarpa rosso-oro fin sopra il naso, provando a non
congelare in quella
notte così fredda.
Quando aveva
ricevuto
quel gufo, quella mattina, era rimasto piacevolmente sorpreso. Si
strofinò il
dorso della mano con attenzione, sentendo ancora i graffi si era
procurato
cercando di estorcere la pergamena dalle zampe dell’uccello e
sorrise.
A
mezzanotte, sulla torre diceva. Non una
firma, o un
qualsiasi segno di riconoscimento, ma quando aveva alzato uno sguardo
verso il
tavolo degli Slytherin aveva trovato Harry che lo fissava, con le
guance
arrossate e un sorriso sghembo sulla faccia. Poi si era girato a
parlare con
Cher e non lo aveva riservato più di neanche uno sguardo.
Quel ragazzo era
strano, non c’era altro da dire. Era il capitano della
squadra di Quidditch, aveva
ottimi voti e una famiglia Purosangue che lo viziava e venerava come un
principe, eppure, ogni volta che lo guardava, non gli sembrava mai
veramente contento. Sapeva che suo
nonno era stato
un mangiamorte, ai tempi della seconda guerra, e quindi molti lo
temevano ma in
realtà non aveva mai trovato nulla di spaventoso in lui.
Si
appoggiò con le
spalle al muro di pietra, fissando le scale tortuose, aspettando. Erano
ancora
le undici meno un quarto e magari non sarebbe venuto nessuno quindi
tanto
valeva mettersi comodi e provare a non addormentarsi fissando la luna.
Harry era un
mistero,
non c’era nulla da fare. Un giorno lo ignorava, poi si sedeva
al suo tavolo ai Tre manici di scopa,
lo buttava giù
dalla scopa durante un allenamento combinato e poi lo baciava nei bagni
del secondo
piano. Non che gli importasse, che volesse dare un’etichetta
al loro rapporto, ma un
po’ si sentiva confuso.
Sbuffando prese
la
bacchetta dalla tasca dei pantaloni, scivolando fino a sedersi per
terra, e Avis, sussurrò,
facendo apparire
uccellini colorati che gli svolazzarono attorno. Sorrise, gli usciva
bene quell’incantesimo.
«Che
fai?»
La voce del
ragazzo fu
coperta dal suonare dell’orologio che annunciava la
mezzanotte e il coprifuoco.
Lo vide nella penombra delle scale, con ancora solo la divisa addosso.
La
cravatta era allentata e la camicia fuori dai pantaloni, come se si
fosse
vestito di fretta. Il suo petto si muoveva freneticamente e i suoi
respiri
erano rumorosi come se avesse fatto una corsa ma sulle labbra aveva un
sorriso
dolcissimo che gli fecero dimenticare il resto.
«Mi
esercito. Oppugno.» disse
puntando la bacchetta
verso il muro e vedendo gli uccellino schiantarsi e scomparire.
«Non hai
freddo?»
«Un
po’»
Louis si tolse
il
mantello e batté poco la mano per terra, invitandolo a
sedersi di fianco a lui.
Il riccio lo guardò con un sopracciglio alzato e la sua
storica espressione da Slytherin,
dovrei poggiare le mie regali chiappe su
tanta sporcizia? dicevano
i suoi
occhi, ma poi si sedette facendo sfiorare i loro fianchi e lo
coprì. Avrebbe
voluto mettergli un braccio attorno alle spalle ma lui lo precedette,
appoggiando la testa al suo petto e respirando piano.
«Non
ti sei chiesto
perché ti ho invitato qua?»
«Sinceramente
non mi
piace farmi troppe domande.» rispose, allungando il braccio e
tirandoselo più
vicino, respirando direttamente dai suoi capelli che sapevano di miele
–diamine,
pensò, ecco perché
quell’odore di miele nell’amortensia!–
e appoggiò il
mento sulla sua testa guardando fuori la torre.
Le mani del
più piccolo
erano calde sopra la camicia della divisa, quando iniziò ad
accarezzargli la
schiena e il ventre durante quello strano abbraccio, quasi timidamente
anche se
sapeva che non c’era nulla che potesse imbarazzare quel
ragazzino, e il suo
respiro era bollente sulla pelle sensibile del collo, e il primo bacio
a bocca
aperta, bagnato e rumoroso, che gli posò sulla giugulare era
rovente,
consapevole.
«Se
non fai le domande
però non avrai mai le risposte.»
sussurrò pianissimo, mentre si muoveva poco e
lentamente, posando baci un po’ ovunque, prima di alzarsi
sulle ginocchia e
sedersi sul bacino di Louis. Lo guardò per pochi istanti,
prima di perdersi nel
bacio che tutto il suo corpo stava implorando, e lo trovò
semplicemente
bellissimo. I ricci sulla fronte, la pelle lucida e bianca resa quasi
eterea
dalla luce della luna, le ombre che la torre rendeva più
profonde e oscure sul
suo viso, gli occhi di un verde quasi accecante, che facevano
scomparire
qualsiasi altro colore. E che qualcuno lo affatturasse se quella
visione non
era la cosa più bella che i suoi occhi mezzosangue non
avessero mai visto.
«Com’è
solo possibile
che tu mi piaccia, Tomlinson? Sei un Gryffindor.»
sbiascicò tra un bacio e l’altro,
mentre infilava le mani caldissime sotto la camicia, mentre gli
allentava la
cravatta e sbottonava con difficoltà e poca concentrazione i
primi bottoni, per
permettere alla sue labbra infuocate di baciare lembi del suo petto.
Avrebbe
potuto offendersi per quella affermazione ma il modo in cui la sua
bocca stava
beando la sua pelle, mordendo e leccando una clavicola come un vampiro
per provocare
e lenire il dolore, lo faceva sentire come sotto l’effetto di
un confundus
potentissimo.
«Sarà
il fascino della
sfida.»
«Sarà
che hai un culo
da paura.»
Finì
di sbottonargli la
camicia e si tolse il golfino con lo stemma della sua scuola,
buttandolo
lontano insieme alla sua sciarpa e al mantello, che ormai non serviva
più. Ecco, si
ritrovò a pensare mentre lo
guardava, mentre si spogliava così sensualmente da
costringerlo a premersi una
mano sul cavallo dei pantaloni per alleviare un po’
l’impazienza, ora non abbiamo
più niente delle nostre
case, ora non dovrebbe importare più.
Allungò
un po’ il
collo, premendo una mano contro il retro del suo collo e tirandoselo
addosso,
premendo con forza le labbra sulle sue, stringendo il suo sedere ancora
coperto
dai pantaloni ruvidi e spingendo tutto il corpo, ogni terminazione
nervosa,
ogni singolo lembo di pelle per farlo coincidere con il suo.
Sospirò, alzò lo
sguardo verso il tetto circolare della torre e si morse
l’interno delle guance
mentre Harry lo torturava con le mani e la bocca. E non aveva senso
preoccuparsi di nulla perché lo Slytherin stava chiaramente
scendendo sul suo
corpo fino a ritrovarsi con il viso all’altezza del suo cazzo
duro dall’aspettativa.
E se stanno per farti un pompino, se una persona con la faccia, con gli
occhi,
le ciglia, le guance, i denti di Harry Styles sta per prendertelo in
bocca non
importa se indossa una divisa rossa-oro o verde-argento, tu metti le
mani tra i
suoi capelli morbidi che sanno di miele e cerchi di tenere gli occhi il
più
aperti possibile per non perderti la scena.
Cinquanta punti
a
Slytherin.
Fine.