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Autore: moon89    30/10/2006    2 recensioni
Perdere la persona più importante della propria vita fa male, troppo male.
Ricordare, poi, è ancor più doloroso.
Ma l'eternità aspetta dietro l'angolo, lontano da questa vita mortale.
Attenzione: terza one-shot, seguito di "Amore e Pioggia" e "Sotto le Stelle", può essere letta anche indipendentemente dalle altre.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: tutti i personaggi di questa storia mi appartengono, sono inventati da me solo per puro divertimento personale, senza scopo di lucro

Premessa: tutti i personaggi di questa storia mi appartengono, sono inventati da me solo per puro divertimento personale, senza scopo di lucro.

 

Note dell’autrice: terza ed ultima one-shot con protagonisti Harry e Steve, da collocarsi un anno e qualche mese dopo “Amore e Pioggia”, anche se può benissimo essere letta senza aver letto le due fic precedenti. Ci tengo inoltre a precisare che in questa fic si parla di una malattia terminale e di un rapporto yaoi, ovvero amore omosessuale. Chi non fosse interessato a tali argomenti o provasse fastidio, ribrezzo ecc…è pregato vivamente di non leggere, non voglio sconvolgere nessuno ^^

 

 

Vola, mio angelo

di Moon89.

 

 

 

Bip, bip, bip.

 

Un rumore costante che scandisce il tempo, qui dentro.

Quando arrivo l’infermiera mi fa il solito cenno di saluto, invitandomi come sempre ad entrare.

Lo avrei fatto lo stesso, comunque.

Non appena varco la soglia il solito odore di medicinali mi avvolge, provocando il mio fulmineo correre alla finestra, spalancandola.

Deve entrare aria fresca, anche se è proibito.

Il mio sguardo si posa su di te, infine, bellissimo ed etereo.

Come vorrei poterti osservare come un tempo, come prima…

Quando insieme facevamo la strada verso scuola, rigorosamente in silenzio e rigorosamente distanziati di un buon metro e mezzo.

Non hai mai voluto mostrarti in pubblico, non hai mai voluto svelarci, riconoscere quel noi del quale hai negato tanto l’esistenza.

Eppure tutte le mattine eri lì, la sigaretta in mano e i capelli biondi al vento, ad aspettarmi. Aspettare me, cavoli. Quando mi vedevi iniziavi ad aumentare il passo, distanziandoti. Sembrava quasi un rituale tutto tuo, per farmi capire che ci saresti sempre stato. Lontano, ma ci saresti stato.

 

Bip, bip, bip.

 

La linea di questa macchina infernale continua a registrare i battiti lievi del tuo cuore, che tanto ho amato ascoltare anch’io, poggiando l’orecchio sul tuo petto, sorridendo felice.

Mi siedo meccanicamente su questa sedia bianca, come bianche sono le lenzuola che ti avvolgono.

Tutto sembra eterno qui, senza tempo alcuno, proprio come te.

Mi chino verso di te e poso un lieve bacio sulla tua fronte, accarezzandoti piano la guancia.

So che non mi avresti mai permesso di fare una cosa del genere, prima. E mi fa ancora più male.

- Ciao – dico, tentando di stamparmi in faccia il più falso dei sorrisi, quasi sperando che tu possa vederlo.

Mi manchi.

Mi manca il tuo volto freddo, il tuo irriducibile contegno, la tua espressione impassibile e il tuo fare distaccato. Ma mi mancano anche i tuoi rari sorrisi, quella scintilla negli occhi nei nostri momenti magici, le tue parole che volevano essere dolci, tutti i piccoli gesti d’affetto.

Non sei mai stato bravo a mostrare i tuoi sentimenti ed io non so cosa ho trovato di bello in te, la prima volta che ti ho visto.

Ora lo so.

Tu sei tu, tutto qui.

Per quanto potessi essere pieno di difetti, altezzoso, arrogante e molto altro, ho capito che non avrei mai scelto nessun altro, fin da quando sei venuto a casa mia e mi hai confessato il tuo amore, entrando nel mio cuore che non aspettava altro che accoglierti, amarti disperatamente.

 

- Mi ami, Harry? -. 

- … -.

- Harry? Mi hai sentito? -.

- … -.

- Ti prego… -.

- Se sorridere, perché tu sorridi, se piangere, quando tu piangi, se vivere, quando tu vivi, vuol dire amore…hai già la risposta, Steve -.

 

Una lacrima scende dal mio volto, lenta, piccola, sola.

Avevo già la risposta, allora.

Ce l’ho anche adesso, se è per questo.

- Dimmi Harry…mi amerai anche da lassù? –sussurro, al vento.

 

Bip, bip, bip.

 

- Buon anniversario -.

- Anche a te -.

- Harry, secondo te dove cadono le stelle cadenti? -.

- Nel cuore di chi le sa afferrare -.

 

Quell’anniversario…il primo.

Improvvisamente, una consapevolezza mi colpisce.

Sarà anche l’ultimo…

Altre lacrime si aggiungono alla prima, in un susseguirsi continuo e desolante.

Piangere dovrebbe farti sentire meglio, ma non è così, ora.

 

- Harry, pensa…quest’estate potremmo partire in vacanza, soli…che ne pensi? Mancano solo due mesi… -.

- Non vedo come… -.

- Harry! -.

Un corpo che cade a terra, pallido.

Un ragazzo che disperato invoca il nome dell’altro.

E poi gli accertamenti, le visite in ospedale.

L’agghiacciante verità…

Progetti inutili mai realizzati, sogni infranti, vite spezzate.

 

Biiiiiip…

 

Alzo il volto di scatto.

No.

Non oggi.

Spalanco subito la porta della stanza di Harry, ma trovo i medici già pronti per entrare.

Mi hanno preceduto.

Vengo spinto di lato a forza, mentre impotente osservo il mio ragazzo, il mio amore, la mia ragione di vita…volare via.

Persone frenetiche che corrono in tutte le direzioni, gente sconosciuta che tenta di salvare una vita come tante altre, non capendo la sua importanza.

Non capendo quanto Harry sia meraviglioso, non capendo quanto dannati sogni ho fatto, di me, di lui e di una piccola casa con lo steccato bianco, la nostra casa.

Loro lavorano, io spero. Spero di potermi svegliare domani, spero di poterlo di nuovo osservare in silenzio, dopo aver fatto l’amore, prima che anche lui si desti e rovini un momento per me idilliaco, con una qualsiasi delle sue frasi glaciali. Spero di poter vedere i suoi occhi ancora aperti, di quel bellissimo colore pallido di un cielo mattutino, spero di poterlo vedere sorridere ancora una volta, solo per me.

 

Biiiiiip…

 

Speranze vane.

 

Tutto si ferma.

Nessuno lavora più.

Io non respiro.

 

Cado a terra in ginocchio, non mi preoccupo di trattenere i singhiozzi, non bado alle infermiere che mi scrutano compassionevoli, non mi curo della processione di medici che esce, della voce che annuncia “Ora del decesso, 16.25”.  

Non leggo la cartelletta che viene richiusa, che dice che sei malato di cancro, che sei morto da poco più di cinque minuti, che non avevi speranze.

 

Non mi importa più di nulla.

 

[…]

 

- …e che la sua anima possa riposare in pace, Amen -.

Terra e sassi fanno un rumore che a me sembra il più fastidioso del mondo.

Mi tappo le orecchie mentre mia madre mi posa una mano sulla spalla, in un gesto che vuole essere di conforto.

- Ti aspetto in macchina – mi dice, quando tutto è finito.

Quando tutti se ne sono andati.

Mi avvicino con cautela a quella che sarà la mia meta ogni giorno, da domani in poi.

 

“Harry David Drewford,

1988 – 2005”.

 

“Che il cielo lo possa accogliere,

che possa vivere felice nell’eternità,

così come lo è stato sulla Terra”.

 

Mi abbasso verso la tua fotografia e la sfioro con un bacio.

- Ti amo… - sussurro allontanandomi.

Vola, mio angelo.

E aspettami.

Perché quando arriverò…non ti lascerò più andare.

Rimarrai sempre…il mio Harry.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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