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Autore: HamletRedDiablo    04/04/2012    2 recensioni
Se un assassino perdesse l’unica luce della sua vita, a chi si appellerebbe per ottenere aiuto? Di certo, non ai santi. In questo caso… quanto sarebbe alto il prezzo imposto dal diavolo?
Una magnolia congiunse i destini di un uccisore, un ragazzo e un becchino; i suoi petali registrarono una storia di sangue.
Aspettami, Finnian. Tornerò prestissimo.
[UndertakerFinnian]
[Terza Classificata al concorso "Dammi la coppia yaoi e ti rendo il terzo incomodo!" di BeaLovesOscarinobello]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bard, Finian, Undertaker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Bloody Waltz'
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Titolo storia: Requiem per una Magnolia
Fandom: Kuroshitsuji
Coppia protagonista+terzo incomodo: UndertakerFinnian+Bard
Rating: Arancione
Avvertimenti: Shonen-ai, Angst, One-shot
Introduzione: Se un assassino perdesse l’unica luce della sua vita, a chi si appellerebbe per ottenere aiuto? Di certo, non ai santi. In questo caso… quanto sarebbe alto il prezzo imposto dal diavolo?

Una magnolia congiunse i destini di un uccisore, un ragazzo e un becchino; i suoi petali registrarono una storia di sangue.

Aspettami, Finnian. Tornerò prestissimo.
Eventuali note dell'autore: questa è una fic tripartita in pentagrammi, cori e sinfonie. Ad ognuno di questi corrisponde un personaggio, rispettivamente Finnian, Bard e Undertaker, che stabilisce il punto di vista della narrazione: se c’è quindi il coro, la prospettiva sarà quella di Bard e così via. I titoli dei capitoli sono slegati dal contenuto del brano: sono semplicemente oggetti caratteristici del personaggio su cui è focalizzato il pezzo.

Side-story di “Mille Gocce di Sangue”, ma da questa slegata. I fatti, comunque, si collocano nel periodo che Undertaker passa in attesa dell’arrivo del Corvo e del Rubino. Della storia principale riprende lo schema di capitoli brevi (all’incirca una flash-fic a brano), il linguaggio onirico e l’ambientazione nebulosa.

Altre NdA sono presenti alla fine della fic per evitare spoiler<3

 

 

 

Requiem per una Magnolia

 

Primo Atto

Di intrighi e di sogni

 

La pioggia quel giorno si abbatté sulla grande magnolia, spogliandola di tutti i suoi fiori con la ferocia di una donna invidiosa.

L’ultimo bocciolo cadde su una guancia di uguale candore, e lì si posò come un bacio.

Delle dita forti e sottili afferrarono un petalo e lo fecero dondolare davanti agli occhi azzurri, vacui e spenti.

Due figure distorte dalla pioggia e dal buio osservavano silenti il ragazzo catatonico.

Il frastuono della tempesta smorzò la voce dell’uomo che parlò per primo.

«Devo chiederti un favore.»

 

Primo Pentagramma – Fioraio

«Questo è stato il tuo sogno?»

L’unghia nera affossò lievemente il labbro scarno mentre Undertaker rifletteva.

«Davvero inconsueto.»

Il sole mattutino si spezzettava in mille filamenti dorati sulla chioma bionda del giovane seduto all’altro lato del catafalco.

«Lo faccio da una settimana» considerò il ragazzo, sprimacciando il mazzo di gigli che teneva tra le mani. «E mi sembra di annegare, quando lo faccio.»

La spropositata tesa del cilindro coprì l’espressione pallida del becchino quando questo reiterò:

«Annegare?»

Il fioraio annuì, aggiungendo una rosa rossa alla composizione candida. Trovava disadorni gli abbinamenti floreali monocromatici, per questo aggiungeva sempre un particolare di un colore diverso da quello predominante nel mazzo.

«E’ strano, perché nel mio sogno c’è solo la pioggia, non ci sono mari o laghi» rifletté, battendo le palpebre sugli occhi cerulei, grandi come quelli di un bambino.

«Mi chiedi troppo, Finnian» gorgheggiò aspro Undertaker, aprendo il viso emaciato in un ghigno. «Il mio compito è scavare fosse e riempirle. Dovrei essere uno psicologo per sondare la mente umana.»

Il ragazzo voltò il mazzo perché Undertaker potesse esprimere il suo giudizio a riguardo. La profusione di fiori venne accettata con un cenno del capo.

Quella notte di bufera si era rivelata estremamente proficua, non solo per i clienti aumentati grazie alla rottura dell’argine del fiume: la magnolia gli aveva procurato un ottimo assistente.

Finnian si lasciò sfuggire un sospiro sui petali immacolati.

Aspettami, Finnian. Tornerò a prenderti prestissimo.

Bard gli aveva detto così, l’ultima volta che si erano visti, l’aveva ragliato con la sua voce rauca per il troppo fumare.

Non voleva che le parole del fratello si realizzassero così presto. Gli piaceva quell’impresa di pompe funebri, gli piaceva quel mestiere così malvisto, gli piaceva il becchino stesso.

Sperava che Bard non tornasse mai più a prenderlo.

 

 

Primo Coro - Assassino

«Non era questo quello che volevo!»

Il suo interlocutore lo fissò con glaciale sarcasmo, come una pantera che deride un insetto.

«Ho esaudito la vostra richiesta, signore.»

«Hai fatto solo il tuo interesse!»

Pur essendo un uomo imponente, difficilmente Bard della Corporazione Ovest si lasciava andare alla rabbia. Ma quel giorno, tutto in lui venne incenerito dalla collera; perfino il mite acquamarina delle iridi parve diventare un fiume di lava.

«Di cosa vi lamentate? Finnian è salvo, in buona salute… esattamente come avevate chiesto» enumerò l’altro, sadicamente serafico.

«Non è così che lo volevo!»

«Allora avreste dovuto essere più preciso nelle disposizioni iniziali» la malvagità con cui il suo lugubre interlocutore si faceva beffe di lui gli tramutò il sangue in tizzoni ardenti.

«Non diventerà un burattino!» esplose.

Due iridi malevole scintillarono nella penombra da cui strisciò fuori il sibilo dell’uomo:

«Se strapperete i fili che lo legano a me, Finnian tornerà a quella notte di pioggia.»

«Voglia il cielo che sia così» sbottò Bard, uscendo in fretta dalla stanza.

 

Prima Sinfonia - Becchino

I capelli argentei scivolarono sul petto scoperto del giovane quando l’uomo si chinò ad auscultare il suo cuore. Un battito furioso ed irregolare come il volo di un uccellino spaventato rispose alla sua preoccupazione.

«Mi stai ostacolando ancora, Bard» notò, incolore, passando le mani ceree sul corpo in iperventilazione del ragazzo.

«Vuoi vedere quanto sono disposto a lottare per lui?» sogghignò. Le unghie scure tracciarono segni quasi invisibili sulla pelle chiara e sudata che si contorceva sotto di lui.

«Allora resta a guardare» flautò mellifluo.

«Non che lui possa fare molto altro, dal posto in cui si trova ora» sottolineò pignola una bambola annodata in un drappeggio di trine lise.

«Non sottovalutare la sua determinazione» la riprese un burattino vestito da soldato. «Finnian ci ha dimostrato…»

Una terza pupattola, più grossa delle altre, costrinse i compagni a tacere: Undertaker si stava preparando all’operazione.

 

Secondo Pentagramma - Giglio

Ebbe di nuovo quella sgradevole sensazione, e sgranchì un braccio per allontanarla.

Ogni tanto i suoi muscoli si muovevano a rilento, come se dovessero farsi strada nell’acqua anziché nell’aria.

A quel disagio si accompagnava una lieve difficoltà respiratoria, che gli impediva sia di inalare che di espirare. Entrambi i disturbi si volatilizzavano dopo qualche secondo, ma lo sgradevole ricordo si attardava nel suo corpo, nascondendosi tra le ossa e i tendini.

Ruotò le spalle e torse il busto, nel tentativo di strizzare fuori quel fastidio come avrebbe fatto con l’acqua sporca da uno straccio.

«Non hai ancora completato la corona funebre?»

Il peso dell’uomo gli gravò sulla testa quando il becchino vi appoggiò sopra il mento. Le maniche scure della tunica andarono a sovrapporsi davanti al mento del ragazzo.

«Per fortuna Madama Red è molto più paziente adesso di quando era in vita…» scherzò Undertaker con il suo umorismo macabro.

Finnian annuì, nascondendo dietro i crisantemi rossi il viso del medesimo colore.

Doveva essersi accorto dell’effetto che aveva su di lui. Finnian era trasparente come un ruscello di montagna, per cui era impensabile che potesse nascondere qualcosa allo scaltro becchino.

«Sei ancora turbato per il sogno?» Undertaker gli pose la domanda facendogli passare l’unghia nera sul collo, seguendo la mediana di uno sgozzatore.

Finnian scosse la testa e sprofondò ulteriormente il viso nei fiori.

«Sto bene» garantì.

Gli bastava che il becchino svolazzasse attorno a lui con il fruscio della sua veste di carbone e le sue risate discordanti per essere contento.

Non riusciva a capire perché quella mattina fosse tanto turbato.

Aveva ancora la sensazione che qualcuno sarebbe venuto ad interrompere quella luttuosa quotidianità passata tra i feretri.

Qualcuno chiamato Bard, che aveva una voce grattata dalla raucedine, o forse dal troppo amore per le sigarette.

Ma perché uno sconosciuto sarebbe dovuto venire fin lì per prenderlo?

I sogni lasciavano davvero delle bizzarre sensazioni ancorate alla pelle.

 

Secondo Coro - Pugnale

Il cuore si rattrappì e si stirò provocandogli il massimo dolore possibile.

Non aveva strappato Finnian dagli artigli della natura per consegnarlo nelle grinfie del diavolo.

Non aveva invocato aiuto per vederlo ridotto in quello stato.

Si guardò intorno, alla ricerca di un oggetto sufficientemente pesante per distruggere il vetro davanti a sé.

Una mano adunca gli artigliò la spalla, trafiggendogli la carne con le unghie rapaci. Bard soffocò a stento un grido tra i denti digrignati.

«Voi della Corporazione Ovest dovreste limitarvi al vostro lavoro, e non intromettervi in quello altrui» consigliò una voce spettrale. L’artiglio incuneato nella sua spalla lo costrinse a voltarsi, in una posizione inginocchiata e umiliante. «Omicidi architettati in modo da sembrare catastrofi naturali: è questo il vostro compito.»

«Non si tratta di lavoro. Finnian è mio fratello» gli ricordò a labbra strette Bard, strattonando via da sé quelle unghie uncinate. Quattro grosse gocce di sangue si gonfiarono nei punti in cui gli artigli si erano conficcati, per poi colare con indolenza sulla camicia scura.

«Quanta ipocrisia» lo schernì l’uomo, scuotendo il capo. «Avete passato la vita ad uccidere il prossimo simulando incidenti… e ora non riuscite ad accettare che vostro fratello sia deceduto in una disgrazia naturale

«Non è morto» latrò Bard, premendo una mano sui graffi sanguinanti. «Non ancora.»

«Morirà, se sarete così cocciuto…»

Il loro dialogo fu interrotto da un rumore gorgogliante e ovattato, lo stesso di un corpo che si muove nell’acqua.

«Oh, ma che fortuna!» gioì falsamente l’uomo, rovesciando la testa in una risata senza gioia. «Potrete assistere al risveglio della mia creatura!»

L’essere si mosse ancora, producendo quel suono terrificante.

Bard lo fissò, gli occhi sgranati e il cuore pietrificato.

Non sarebbe fuggito. Non di nuovo.

 

Seconda Sinfonia - Croce

Non gli avrebbe permesso di vincere.

Bard era stato utile solo per creare l’occasione propizia all’avvio del suo piano sublime.

Era inammissibile che un simile inetto potesse intaccare la riuscita della sua ricerca.

Le bambole attorno a lui assistettero in un silenzio rispettoso.

L’uomo si affannò sul corpo madido del giovane steso sul catafalco: doveva regolarizzare la pressione sanguigna, schizzata alle stelle, e sedare il suo cuore prima che scoppiasse.

Maledizione.

Lui era un becchino, specializzato nel rendere confortevole il viaggio di sola andata verso le lande dell’aldilà. Non si era mai preoccupato della via di ritorno.

Non sapeva come convincere una persona sull’orlo della sincope a compiere un passo indietro: lui era sempre stato quello che, sull’orlo del baratro, assestava la spinta finale per potersi occupare del corredo funebre.

Ma in quel caso doveva tentare, o tutti i suoi sforzi sarebbero svaniti con il tracollo di quel piccolo corpo che si dimenava in preda agli spasmi.

I burattini sgranarono gli occhi di vetro, in attesa del seguito.

 

Terzo Pentagramma - Rosa

La corona di fiori scarlatti rendeva onore a quella che era stata una delle donne più eleganti della nobiltà nell’ultimo ventennio.

Finnian osservò il proprio lavoro, soddisfatto.

Il sorriso era tornato ad appropriarsi del suo volto, man mano che l’ansia lasciata dal sogno e dagli strani malesseri evaporava.

Undertaker stesso sembrava aver gradito il suo operato, e le sue strane lodi scompagnate erano state la migliore ricompensa.

Non capiva proprio perché quella mattina avesse avuto la netta impressione che qualcuno sarebbe venuto a separarlo dal becchino.

Non ricordava nemmeno il nome della sua angoscia. Rammentava solo la lontana eco di una voce arrochita.

Finnian si strinse nelle spalle esili, e tornò al suo lavoro fischiettando.

I sogni erano davvero incomprensibili.

Meglio lasciarli agli psicoanalisti.

Si arrotolò le maniche e riprese a comporre mazzi di fiori.

 

Secondo Atto

Di verità e di sangue

 

Anche se si erano trasferiti in quella città grigia di inquinamento, la campagna soleggiata in cui erano nati splendeva nei lineamenti del fratello.

Era l’unica cosa che considerasse davvero bella in un mondo che si avviava verso la decomposizione.

«Non dovresti fumare così tanto. Ti fa male alla gola.»

Sembrava proprio un gattino impaurito quando si preoccupava per lui.

«Al contrario, rende la mia voce unica. Così non te la potrai scordare» aveva scherzato Bard. Il suo fratellino era così ingenuo che avrebbe creduto a qualunque frottola, se ben recitata.

E così candido da riuscire a spiazzarlo e commuoverlo con pochissime parole.

Non le avrebbe credute, se pronunciate da altri. Ma Finnian era l’unica persona al mondo a non essersi immersa nel lago dell’ipocrisia: ogni sua frase era lavata da qualunque falsità.

«Non potrei mai dimenticarmi qualcosa di te. Ti voglio troppo bene.»

 

Terzo Coro - Siringa

Bard non traeva piacere dal suo lavoro. Non godeva nel vedere la gente arrancare nel tentativo di salvarsi dalla frana che lui stesso aveva provocato o raspare ai vetri della macchina che inspiegabilmente era finita fuori strada.

Semplicemente, era nato con quel talento, e lo sfruttava per sopravvivere. Soprattutto, lo usava per prendersi cura del suo fratellino minore.

Non importava quante croci avrebbe calpestato o quanti loculi avrebbe riempito: Finnian valeva ogni goccia di sangue sacrificata.

Per questo non aveva accettato che la natura volesse riprenderselo così prematuramente.

Forse la verde signora era adirata con lui per essere stata la sua involontaria complice in una serie troppo lunga di crimini, e aveva deciso di colpirlo nel suo unico punto debole: un albero si era schiantato sul suo fratellino, distruggendogli la spina dorsale.

Non aveva nemmeno pensato di rivolgersi agli angeli o ai santi: non avrebbero mai dato ascolto ad un peccatore impenitente come lui. Aveva chiesto aiuto al demonio peggiore che conoscesse.

Avrebbe dovuto capire subito che il diavolo sorrideva solo per nascondere il marciume dell’anima. Ma suo fratello stava morendo, e l’unica cosa di cui gli importava era che quell’uomo poteva aiutarlo.

Non era quello che si aspettava.

Credeva che quell’individuo avrebbe richiesto il pagamento da lui, magari assegnandogli una serie di obiettivi da eliminare. Mai avrebbe immaginato che il prezzo richiesto da quel malvagio fosse la stessa vita che stava salvando.

«Finnian…» chiamò, mentre la creatura si dibatteva nel suo liquido amniotico, all’interno dell’enorme cilindro di vetro.

Riportare in vita chi è morto, infondere la forza di un dio in un involucro umano.

Creare la macchina da guerra definitiva.

Questo era il progetto insensato di quel malefico uomo.

E Finnian, il suo innocente fratellino, sarebbe stato la cavia e la prova sperimentale di quella pazzia.

Bard osservò con trasecolato orrore l’essere che stendeva gli arti all’interno della sua gabbia cristallina, che caricava all’indietro un pugno e lo abbatteva con tutta la sua forza sulla parete di fronte a sé. Il vetro lanciò un acuto stridio, soffocato dallo scroscio di fluidi proteici che si riversò all’esterno con estrema violenza.

La creatura rimase rannicchiata sul fondo della sua prigione, appallottolata sulle proprie gambe per contenere il calore mentre l’aria fredda gli congelava i residui di liquido sulla pelle. Poi afferrò i bordi scheggiati del vetro spezzato: copiosi ruscelli cremisi sgorgarono dalle sue dita, ma l’essere non emise neppure uno sbuffo. Si issò sulle gambe malferme e mosse qualche passo incerto prima di trovare un equilibrio.

Uscì quindi dalla teca in frantumi, scrollando le mani che ancora rigettavano sangue. L’essere teneva il viso basso per monitorare lo spostamento dei piedi nei passi, perciò Bard non poté scorgerne l’espressione.

Un bagliore argenteo lo avvisò che l’uomo sepolcrale era uscito allo scoperto: le luci al neon di quel laboratorio facevano apparire la sua chioma quasi opalescente.

«Vivo e felice» Undertaker si spogliò del mantello per avvolgerlo attorno ai fianchi nudi e bagnati della sua creazione. «Non è forse questo ciò che desideravate?» afferrò tra le dita di ferro il volto minuto del ragazzo e lo sollevò verso la luce.

Bard riconobbe in quegli zaffiri spenti l’ombra degli occhi azzurri che si illuminavano alle sue battute, estrasse il ricordo dei capelli di grano dalle ciocche fradice appiccicate al volto, ma non riuscì a paragonare il sorriso solare del fratello con quello cadaverico della sua imitazione.

«Voi mi avete portato un corpo ad un passo dalla morte, e io l’ho ricondotto in questo mondo» si compiacque il becchino, girando attorno al suo esperimento per fissarlo meglio. «Come richiesto.»

«Finnian…» sussurrò di nuovo Bard, incapace di articolare altro.

I segni dello schianto dell’albero erano ancora visibili: i rami avevano scavato spessi sfregi sull’addome del ragazzo, ed i punti di sutura stringevano i lembi di pelle slavata che Undertaker aveva dovuto ricucire.

Finnian lo studiò con i grandi occhi spalancati ed il sorriso immancabile sulle labbra.

Bard non lo vide raccogliere la lunga lama di vetro, e non lo vide arrivare.

La punta insanguinata forò il suo polmone destro e sbucò sulla schiena; l’organo ferito vomitò una cascata di sangue denso e scuro sulla mano del giovane, chiusa ad impugnare l’arma improvvisata. La linfa vitale dei due fratelli si mescolò in un unico rigagnolo che strisciò sul polso del più giovane per poi gocciolare sul pavimento asettico.

«Chi è lei?» chiese Finnian, senza perdere il sorriso.

«Oh, forse me ne ero scordato» Undertaker si finse amareggiato nel rivelare: «Sono stato costretto a manipolare la sua memoria. Credo che attualmente… lui ricordi solo di essere stato il mio aiutante» ghignò, predatorio. «Temo che voi siate stato rimosso. I fratelli non sono utili per uno strumento di precisione.»

Bard non rispose alle illazioni del becchino: mosse faticosamente un passo in avanti, pestando la pozza del suo stesso sangue. Finnian piegò il braccio per permettergli di avvicinarsi, serafico nella sua apatia.

«Sembra che io debba andare…» gorgogliò Bard. Bolle vermiglie schiumarono sulle sue labbra mentre parlava: «Mi dispiace, Finnian. Non posso restare oltre. Ma non preoccuparti» l’espressione intontita e serena del giovane non mutò minimamente quando l’uomo lo abbracciò.

La voce rauca gli solleticò il collo ancora umido quando Bard terminò:

«Aspettami, Finnian. Tornerò a prenderti prestissimo.»

Questa volta fu Undertaker ad accorgersi troppo tardi del susseguirsi degli eventi: l’assassino infilò rapido una mano nel tascapane sulla coscia, strinse qualcosa nel pugno e lo diresse al collo di Finnian. Il ragazzo batté appena le palpebre quando la siringa gli perforò la carne sotto la mandibola.

«Andrò prima io, così potrò indicarti il sentiero» lo rassicurò Bard, stringendolo fraterno come facevano da bambini. «Non potrò accompagnarti fino in fondo, però, perché tu andrai in un posto molto più alto rispetto a dove sarò buttato io» si allontanò per guardare il fratello, ancora immobile nonostante la siringa penzolante dal collo. «Perdonami, Finnian. Non avrei mai dovuto ridurti ad un morto vivente.»

Le gambe gli cedettero, e le ginocchia affondarono nel sangue colato a terra.

Udì il tonfo del suo corpo che cadeva come un boato sommesso. Le membra si ibernarono, le palpebre scesero sugli occhi, un ultima stilla di sangue venne sputata fuori.

La morte fu crudele con lui nell’ultimo istante. Dopo tanti anni di fedele servizio, Bard si aspettava un trattamento di riguardo da quella vecchia megera.

L’estremo torpore non lo rapì abbastanza in fretta da soffocare le ultime parole del fratello.

«Undertaker, chi è quel signore?»

 

Terza Sinfonia - Epigrafe

Considerava Bard un uomo fondamentalmente debole. Muscoloso ed esperto nel suo mestiere, ma con il cuore di cristallo: aveva trasfuso tutta la sua forza d’animo nel fratello mingherlino, denutrendo il proprio spirito affinché l’altro potesse irrobustire il suo.

Erano simili gentilezze che portavano ad una tragica fine. Lo testimoniava il corpo ormai rigido dell’uomo, rovesciato in un lago cremisi.

Proprio per quella debolezza che si era autoinflitto, non lo credeva capace di avvelenare il consanguineo pur di strapparlo dal demonio cui lui stesso lo aveva consegnato.

La pelle del giovane riluceva di sudore, il cuore sbatacchiava contro le costole nel tentativo di non soccombere alle tossine in circolo, la bocca spalancata cercava ossigeno e vita.

Lo aveva riportato indietro una volta, poteva farlo una seconda.

Le marionette improvvisarono una piramide oscillante per osservare le manovre del becchino.

Videro passare fiale e boccette, siringhe e lacci emostatici, tamponi e becher pieni di liquidi sconosciuti. Ad ogni tentativo, il volto di Undertaker si rilassava o si tendeva in base alle reazioni del corpo guizzante steso sul catafalco.

Passarono minuti che parvero ore, e ore lunghe come settimane prima che la respirazione del giovane si regolarizzasse. Il petto tornò ad alzarsi e abbassarsi con un ritmo calmo e rilassato, gli occhi vitrei si chiusero per la stanchezza e il sudore si raggelò sulla pelle non più scossa dagli spasmi.

Il sogghigno di Undertaker fu particolarmente perfido: la scienza aveva trionfato sui legami di sangue, l’ossessione e la bramosia avevano schiacciato l’affetto fraterno. Poteva quasi percepire il risentimento di Bard dal girone d’inferno in cui era stato relegato.

Sollevò il ragazzo tra le braccia e lo adagiò nel luogo più adatto al riposo di un morto due volte: il raso del rivestimento frusciò quando Finnian venne depositato nella bara.

«Chissà se mi chiederà ancora chi eri» soppesò, scrutando il viso dormiente del giovane.

«Non credo avverrà» si allontanò dal feretro e si strinse nelle spalle. «Probabilmente, avrà dimenticato perfino di averti ucciso» ridacchiò sadico, poggiandosi al bancone. «Bard, credevi davvero di essere più forte della morte? Credevi davvero che ti avrei permesso di portarlo con te?»

E rise…

 

Ultimo atto

Di echi e di lacrime

 

Aveva deciso che la sua cavia sarebbe stata quel ragazzo da quando lo aveva visto insieme a suo fratello.

Bard era venuto nel suo negozio per consegnargli un cadavere, e il consanguineo lo aveva seguito trotterellando.

Il piccolo non aveva notato le casse da morto, l’odore di sangue o l’aria tenebrosa del locale.

Era rimasto fuori e aveva esclamato, additando un narciso:

«Guarda, Bard! E’ arrivata la primavera!»

L’omicida aveva raggiunto il fratellino per rimirare assieme a lui quel fiore.

Finnian non si era curato del fatto che il narciso sbocciasse sulle zolle smosse di una tomba fresca, e che affondasse le sue radici nel cuore del disgraziato sepolto lì sotto.

Un ragazzo che vedeva una goccia di vita nel mare della morte.

Sarebbe stato meraviglioso trasformarlo in un ossimoro, facendolo diventare colui che porta un lume di morte nel sole della vita.

La magnolia era stata provvidenziale: si era schiantata esattamente sul fragile dorso del giovane, sfracellandolo.

Dopo averlo ricomposto, aveva modificato i suoi ricordi in modo che rimuovesse l’immagine del fratello: non avrebbe permesso a quel giovane di allontanarsi, ora che lo aveva finalmente in suo potere.

Si era divertito a fargli sognare i suoi giorni da aiutante nella bottega, mentre riposava sospeso nella soluzione acquosa; riteneva di essere stato particolarmente abile nell’avergli ritagliato il ruolo di fioraio, e nell’aver intessuto un affetto ambiguo tra se stesso e il giovane.

Finnian credeva di essere un orfano salvato dal becchino, cui era devoto e fedele, e di aver vissuto i suoi giorni in quell’impresa di pompe funebri intrecciando ghirlande mortuarie.

Tutto il resto era stato cancellato.

 

Ultimo Pentagramma - Crisantemo

La calura sottile di marzo frizzava nell’aria.

Finnian inspirò a pieni polmoni, lieto dell’arrivo della bella stagione e della fine del suo malessere.

Undertaker era stato molto premuroso con lui: non gli aveva permesso di sforzarsi troppo, sebbene il ragazzo scalpitasse per tornare al lavoro.

Immaginava quanto il suo riposo gravasse sulle spalle del becchino, poiché, senza di lui, era costretto a fare tutto da solo. Le bambole che sedevano in un angolo del negozio non avrebbero di certo composto i mazzi per i funerali.

Quello era il suo primo giorno di libertà da quando una strana malattia lo aveva colpito. Stando alle parole di Undertaker, aveva contratto un virus tipico di febbraio, che si era mostrato particolarmente virulento per via della sua natura cagionevole.

Passeggiò allegro per le strade illuminate dal sole, canticchiando a mezza voce. Il becchino aveva insistito affinché non si mettesse subito al lavoro, per cui gli aveva concesso un giorno di festa.

Era felice: aveva un pomeriggio di tutto riposo davanti, la primavera scintillava, e Undertaker aveva dimostrato interessamento nei suoi confronti.

Quell’ultima cosa lo rallegrava più di tutte le altre: vedere l’uomo oscuro diventare ogni giorno più tenero nutriva la sua illusione di essere ricambiato.

Eppure c’era qualcosa che guastava quel quadro gradevole. Aveva la sensazione di aver dimenticato qualcosa.

Si bloccò all’improvviso.

La strada era sbarrata da una grande magnolia, spezzata a metà. I fiori erano sparsi a terra, strappati da una bufera aggressiva.

Il suo cuore si gettò nei piedi, come se provasse paura per quell’albero fracassato; i palmi divennero umidi di sudore, e il respiro si arrampicò con fatica nella trachea.

Mosse un passo indietro, e sentì la schiena bruciare. Per un attimo, nella sua mente lampeggiò l’immagine di quel tronco da un’altra prospettiva: vedeva le radici divelte, le schegge conficcate nella propria schiena, un fiore caduto gli danzava davanti agli occhi…

Portò una mano alla guancia, in cui un punto non più grande di un petalo aveva preso a scottare.

Un’eco roca gli rimbombò nella testa, una voce che stormiva una tristezza infinita.

Finnian si tappò le orecchie, cercando di arginare quel diluvio di sensazioni caotiche. Quel suono greve gli crivellava il cuore: in quella nota raschiata, c’era qualcosa che non avrebbe dovuto dimenticare...

La risonanza rauca si fece sempre più forte, sempre più martellante, fino a che non distinse una promessa, nel tuono raspato.

Tornerò a prenderti prestissimo.

Ma chi? Chi doveva venirlo a prendere?

Staccò le mani dalle orecchie, ed inorridì nel passarle sotto gli occhi: per un istante le vide ricoperte di sangue, imbrattate di una vita che non era la sua.

Le intrecciò tra loro mimando il gesto di lavarle, con sempre maggiore foga.

Non bastava. Non sarebbe bastata tutta l’acqua del mondo per mondarle.

Una lacrima cadde dai suoi occhi e si infranse sulle nocche contratte.

Perché quella voce lo faceva piangere come se fosse scomparso qualcosa di importante?

Come se fosse … morto qualcuno?

Una seconda lacrima seguì la prima, e un'altra ancora.

Fregò di nuovo le mani, irrorandole di pianto. Solo in quel modo avrebbe potuto rimuovere l’invisibile sudiciume che gravava sui suoi palmi.

E pianse, pianse, pianse.

Pianse per la magnolia sradicata, per la tristezza di quella voce arrochita e senza corpo che gli spaccava il cuore.

E per il vuoto, pesante come una lapide, che carbonizzava la sua anima.

 

Ultima Sinfonia - Epitaffio

«E’ di nuovo addormentato?»

«Undertaker preferisce tenerlo sotto sedativi finché non sarà sicuro di avere di nuovo il controllo della sua mente.»

«Quindi la morte di Bard l’ha sconvolto?»

«Sì, anche se non ricorda di essere un fratricida, né di aver mai avuto un fratello.»

«Un desiderio scientifico ha primeggiato su un affetto sincero.»

«Cosa sognerà?»

Le marionette si voltarono verso la più piccola che aveva appena espresso quel dubbio.

«Un negozio senza bambole parlanti» rispose la prima.

«Un padrone di cui essere innamorato» precisò la seconda.

«Una normale vita da fioraio» completò la terza.

«Quello che sognava anche prima del suo risveglio» brontolò la quarta.

Un mugugno sofferente si levò dalla bara in cui era steso il giovane. I burattini si arrampicarono sul bordo del feretro per vedere cosa turbasse il sonno forzato del ragazzo.

Finnian era raggomitolato su un fianco, una piccola processione di lacrime procedeva spedita sulle sue guance, le mani si affaticavano a lavarsi vicendevolmente. E uggiolava piano, come un cucciolo ferito, biascicando suoni incomprensibili.

«Cosa sta sognando?» chiese di nuovo la minore.

Le altre sospirarono prima di rispondere:

«L’eco di un fratello.»

«La sporcizia del sangue.»

«Il fantasma di una vita perduta.»

«L’ombra di una morte evitata. »

«Un vuoto che non colmerà mai.»

Un burattino si levò il cappello e mormorò, mesto:

«Riposa in pace, Finnian. Non svegliarti assieme a questo corpo morto e rinato.»

E stettero lì, ad osservare il giovane che si lamentava sommessamente.

Solo una frase scivolò fuori dalle labbra umide di pianto:

«Non volevo…»

 

Vieni a prendermi,

chiunque tu sia.

E’ così vuoto, qui…

 

 

 

 

 

NdA: dato il feticismo per i parallelismi, ne è presente uno tra le due scene che vedono Finnian e la magnolia: nella prima Finnian, morendo, raccoglie il fiore che gli è caduto sul viso e, quando la rivede nel proprio sogno, la stessa gota prende a bruciare.

I metodi di Undertaker per manipolare Finnian sono stati volontariamente taciuti per mantenere segrete le arti oscure del becchino e dei suoi anditi tenebrosi.

La prima parte della fanfic è quasi labirintica per trasmettere il senso di confusione e soffocamento creato da questa situazione assurda: un assassino che lotta per la vita, un becchino che gioca con la vita ed un ragazzo che non sa quale sia la sua vita.

L’ultima parte è un po’ freudiana: Finnian ha rimosso i ricordi mnemonici del fratello per via delle alterazioni di Undertaker, ma il suo subconscio non ha dimenticato le sensazioni provate con Bard, prima di tutte la voce arrochita del fratello.

E poi… ci sono altri parallelismi e significati nascosti, ma non desidero spiegarli tutti: preferisco che il lettore tragga le sue conclusioni da sé, altrimenti questo sarebbe un saggio, e non una narrazione<3

Ciò detto, la fic e le note si possono dire concluse.

Spero che, nonostante il carattere fosco, si sia rivelata una lettura gradevole<3

Alla prossima :D

Red<3




   
 
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