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Autore: Artemisia89    31/10/2006    1 recensioni
"Perchè l'amore è come una febbre". GSR.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gilbert 'Gil' Grissom, Sara Sidle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siccome non riesco ancora ad usare bene il programma chiedo a tutti di perdonarmi: i vari flashback, o pensieri sono in corsivo, i dialoghi in carattere normale.

"E’ triste vero dottore? I maschi come noi, uomini di mezz’età che hanno permesso al lavoro di consumare la loro vita. L’unico momento in cui tocchiamo gli altri è quando portiamo i guanti in lattice. Ma poi d’un tratto ci capita una seconda chance. Una donna giovane e bella, una per cui proviamo qualcosa, ci offre una nuova vita insieme a lei. Ma abbiamo una grande decisione da prendere, perché dobbiamo rischiare tutto quello per cui abbiamo lavorato per averla."

 

…Fever…

 

Sara era sdraiata sul divano della break-room.

La sala in penombra, gli occhi chiusi, la bocca aperta avida d’aria.

Il suo respiro affannoso era appena un sussurro sommesso nella solitudine della stanza, e lei pensava: è bello lasciarsi annientare e starsene in disparte.

Lei e Warrick avevano appena concluso un caso.

Una donna, una sua amica, aveva ucciso i propri figli per farla pagare al marito che l’aveva abbandonata per un’altra donna.

Rabbrividì.

Fuori il cielo sembrava pronto per un acquazzone. La volta celeste era scura e sembrava far molto freddo.

Rabbrividì nuovamente.

Ogni giorno era a contatto con la follia umana e ormai pensava d’averci fatto l’abitudine, ma…stava imparando a sue spese che per questo genere di lavoro il carattere non era mai abbastanza forte.

Eppure….gli occhi…gli occhi di quei bambini…sembravano due pozze d’acqua macchiate di sangue…come aveva potuto quella donna?

Con quale forza Laura era riuscita ad alzare quel coltello di 40cm sul corpo immacolato dei propri figli?

A nulla era servito accanirsi per dimostrare la sua innocenza, le prove, troppo evidenti le avevano dato il ben servito e lei aveva dovuto accettare la verità.

Victor e Michael. Erano due bambini radiosi.

Una lacrima scivolò con dolorosa grazia dalle sue ciglia.

Fuori, dietro la porta a vetri Gil Grissom la osservava, poi distoglieva lo sguardo, poi la fissava.

Piccola donna, sei giovane e bella.

Come fai a sconvolgermi con quegli occhi?

Aprì la porta e si avvicinò al divano…sentiva la sua pupilla tirare su con il naso.

Pianto e un brutto raffreddore.

Oh, l’uno nasconde l’altro.

Il dovere di un buon capo reparto si vede anche nel modo d’accudire la propria squadra.

"E’ tutto ok Sara?"

Sara aprì gli occhi e si voltò a fissarlo, si tirò su a sedere e si ricompose alla vista del suo capo.

"Si Gil, ma ho bisogno di bere qualcosa, ho la gola che sembra una fornace. C’è qualcosa di fresco in frigo?"

"Ehi…mi hai preso per una cameriera?"

Sara sorrise.

"Bhe…non saresti mica male con in grembiulino e la crestina!"

"Se i miei superiori mi licenzieranno un giorno o l’altro, darò tutto me stesso ai fast-food"

La vide sorridere amaramente, con lo sguardo fisso al pavimento.

"Medea"

"Cosa?"

"Medea. Il tragediografo greco Euripide scrisse una grande opera su di lei.>>

"E chi era costei?"

"Una maga che uccise la propria prole per vendicarsi del tradimento del marito Giasone."

Al sentire ciò Sara non resistette più e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.

Grissom si avvicinò e l’abbracciò.

Rischiare…rischiare tutto, ogni cosa per averla.

Cosa stava facendo?

Guardò al di là del capo di Sara, e si perse nello scuro paesaggio fuori della finestra.

Aveva appena cominciato a piovere.

"Vorrei essere come te. Vorrei essere senza sentimenti!"

La strinse un po’ più forte.

"Non essere mai come me piccola. Mai."

 

Si era un po’ perso nei propri dolorosi pensieri, ed erano passati almeno dieci minuti buoni.

Sara non piangeva più, ma sembrava profondamente addormentata. La scosse un po’ e vide che non si risvegliava, allora l’appoggiò sul divano e la lasciò dormire.

Per puro caso la sua mano sfiorò la fronte della ragazza. Grissom la ritrasse velocemente: era ardente!

Le sentì il polso: i battiti erano accelerati, e nel sonno sembrava respirare a fatica.

Bisognava portarla immediatamente a casa. La coprì con il suo cappotto e uscì dalla sala andando quasi a sbattere su Nick Stokes.

"Ehi Grissom, quanta fretta! Tranquillo…i cadaveri non vanno da nessuna parte!"

"Quali cadaveri? Non mi dire che è arrivato un altro caso…"

"Veramente ne sono arrivati due…uno l’ho lasciato a Cathrine e a Warrick, dell’altro dovremo occuparcene noi>>

Grissom si asciugò la fronte.

"E va bene, cosa abbiamo?"

"Sembra una morte per overdose, ma nella casa c’è sangue e…"

"Nick, Sara è dentro, non si sente bene…ha la febbre e anche molto alta. Devo portarla a casa e stare un po’ con lei, almeno finchè non si rimette. Credi di potertela cavare da solo?"

"Ok, non c’è alcun problema, mi faccio aiutare da Greg…"

"Aah…grazie Nick."

"Ok Gil. Mi raccomando"

"Anche a te."

E Nick, prima che entrasse nella break-room lo guardò.

Strano uomo Gil Grissom.

Uno che non finisce mai di stupirti.

Entrò in sala. Sara sembrava dormire placidamente ma il suo respiro era troppo marcato e il suo volto eccessivamente pallido.

Si avvicinò a lei e la scosse, rammaricandosi di doverla svegliare.

E la ragazza non era meno dispiaciuta di lui.

"Gil…non mi sento bene…"

"Sara, hai la febbre alta, ti porto a casa. Dove sono le chiavi della macchina?"

La ragazza frugò nella tasca dei propri pantaloni.

"Tieni…"

Nel porgergli le chiavi, la mano pallida della ragazza cadde in quella grande di lui.

Aveva gli occhi chiusi, e forse era proprio un bene il fatto che fosse così stanca.

In qualche modo riuscì a svegliarla abbastanza da trascinarla fino alla macchina, la sdraiò sul sedile posteriore, reprimendo un brivido, e mise veloce la macchina in moto.

Gil Grissom non aveva molti amici oltre la sua squadra e i suoi adorati insetti.

Gil Grissom è un uomo solo.

Gil Grissom ha segreti.

Gil Grissom non sembra umano, sembra un dio.

Gil Grissom soffre.

Le luci della città che non dorme mai si riflettono sul telaio della macchina.

Las Vegas, cupo scrigno di tesori e di presagi.

Si sentì avvolgere da una sottile cappa d’angoscia…perché accanto a lei non sapeva mai come comportarsi? Perché aveva paura quando i loro discorsi scivolavano lentamente dal tema "lavoro" a "loro"? Il terrore di deluderla, di farla soffrire…il terrore di veder spegnere quella luce per causa sua…

Non voleva vederla morire nelle sue mani…no…

Piccola donna…perché hai scelto me?

Perché un uomo così irresponsabile?

Gli occhi divennero lucidi.

Perché un uomo così debole?

Arrivò ben presto a casa della ragazza.

Viale, porta, ascensore, porta.

Il suo respiro caldo e le braccia attorno alle spalle.

Ardente.

Piccola donna, sei inebriante anche solo quando respiri.

Si guardò intorno in cerca dell’interruttore, fuori il temporale impazzava.

Accese la luce e si fece strada fra riviste di psicologia, medicina legale, fisica, magazine forensi…sorrise amaramente.

"Dì Grissom, ti sei mai chiesto perché mi sono consacrata al lavoro?"

Oh si piccola donna.

L’adagiò sul divano del salotto, trafficando negli armadi riuscì a trovare delle coperte in cui l’avvolse e gli preparò un bicchier d’acqua con dei farmaci per combattere l’influenza.

Dove poteva aver preso freddo? O era stato il caso di questi giorni a ridurla così?

"Sara…su, svegliati…tieni, bevi questo…"

Sara borbottò come una bambina, ma poi lasciò che la mano di Gil sotto la sua nuca la guidasse verso il bicchiere. Bevve e sembrò che la gola trovasse finalmente un po’ di refrigerio.

"Grissom…mi sembra d’esser appena stata investita da un camion…"

"Hai solo buscato una bella influenza…tutto qui, vedrai che presto ti sentirai meglio."

"Cameriera e anche infermiera…mi stupisci ogni giorno di più Gil."

"…sembra che sia un uomo dalle mille risorse al sentir la gente."

"Ho sentito Nick fuori dalla porta"

"Non hai perso il brutto vizio di origliare a quanto pare…anche da malata."

"Gil, c’era un caso. E tu sei qui a farmi da balia.>>

"…"

"Sei un vigliacco, e anche un debole…estremamente fortunato. Non ho la forza di farti un interrogatorio come si deve. Ma penso di dovermi accontentare della tua presenza."

Sara volse lo sguardo verso l’uomo che le stava accanto.

"Quindi penso che "grazie" sia la parola giusta da dire adesso"

Gli occhi di Grissom si illuminarono un attimo. Forse era arrivato il momento di fare il grande passo, forse era arrivato il momento di rischiare, di prendere il coraggio a due mani e prendere la decisione più importante della sua vita. Non si sentiva affatto pronto, ma pensò che in quelle situazioni non lo era mai nessuno.

Respirò affondo, e poi parlò.

"Sara, mi dispiace averti fatto soffrire in questi mesi . Io…vedevo i tuoi occhi spegnersi, ma vedevo il tuo animo ancora rincorrermi. Lo vedevo cercare me. Un uomo vuoto Sara, maledettamente e odiosamente vuoto, un uomo che non merita nemmeno di sfiorare un gioiello tanto raro e prezioso. Hai ragione a parlare di me come un debole, perché lo sono. Ho sempre avuto paura di ciò che provavo per te, delle mie insicurezze…ma sopra ogni altra cosa avevo paura di non riuscire a darti tutto ciò che meritavi, di deluderti, di vederti ancora soffrire e vederti appassire per il dolore. Non ho mai avuto accanto nessuno pronto ad offrirmi una nuova vita come hai fatto tu, nessuno. Ma - sorrise amaramente mentre pronunciava quella parole - ma io so che il tuo sentimento per me non è amore. Hai semplicemente cercato qualcuno di cui ti sentivi attratta, un modello da "ammirare", qualcuno che ti desse un po’ di stabilità"

"Mi dispiace Sara. Sono innamorato di te"

Grissom era seduto sul divano accanto a lei, lei, che aveva gli occhi chiusi e che sembrava non aver ascoltato niente.

Oh febbre…tu sei la mia febbre.

Sembrava sfinito, si sentiva quasi svuotato. E tutto il vuoto lasciato dal dolore e dall’angoscia sembrava esser stato riempito da una calma dolce che lo fece sorridere leggermente.

Chissà se anche se lei fosse stata sveglia, se avesse sentito il suo monologo, lui sarebbe stato così coraggioso. Chissà…

Si chinò su di lei per rimboccarle le coperte e sentì la sua mano cercare la sua, la prese e la strinse.

Quale bellezza era in quegli occhi castani che sembravano risplendere di luce propria…

Oh Sara…

"Gil…"

Gil deglutì a fatica e cercò di riprendere un attimo il controllo delle sue azioni.

"Stai male Sara? Vuoi che chiami un medico?"

"Nessun medico…potrebbe…curare questa mia malattia."

Si alzò a sedere e portò il suo viso accanto a quello di un Grissom stupito e incredulo, quasi i loro nasi si toccavano.

"Solo tu puoi curarmi. Gil…ti amo."

La guardò un attimo, quasi commosso, scosso nell’intimo.

Wilde diceva che pochi possono vantare il lusso di vivere e non d’esistere.

La sua bocca fu l’ultima cosa che i suoi occhi chiari videro, perché poi ricordò solo di perdersi in sentimento dolce e caldo, in qualcosa di confortante e da tempo sognato.

La baciò ancora e ancora, portando le sue mani sul viso mentre lei si lasciava abbracciare e trasportare.

Si staccarono per riprendere fiato.

"Non hai perso il vizio di origliare"

"No… ed è stato un bene a quanto pare."

Sorrisero…si sorrisero a vicenda, stretti in quel calore.

E fuori la notte con la sua pioggia sembrava quasi inghiottire quel piccolo appartamento nei pressi di Las Vegas.

 

Oh febbre…l’amore è come una febbre.

 

 

 

FINE

  
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