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Autore: Averyn    05/04/2012    8 recensioni
COSA SAREBBE SUCCESSO SE HARRY POTTER AVESSE SCELTO DI MORIRE?
prima storia di una serie chiamata "Cicatrice"- Spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Cicatrice'
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CAPITOLO I


IL BINARIO NOVE E TRE QUARTI


“Harry? Harry!” qualcuno lo scosse. Una fitta corrente fredda gli penetrò dentro le ossa, facendolo rabbrividire: qualcuno doveva aver spalancato la finestra. Seconda cosa, la sua testa era posata su un cuscino. Forse tanti cuscini. Ed era sdraiato. Aveva il corpo completamente rilassato. Harry sollevò le palpebre leggermente e intravide la sagoma di una donna dai capelli rosso scuro e gli occhi brillanti che l'osservava accigliata: sua madre Lily. Trovarla lì gli fece uno strano effetto, simile alla nostalgia. Ebbe come la sensazione che fosse passato molto tempo dal loro ultimo incontro. Non riusciva a coglierne il motivo: dopotutto, era normale che lo stesse svegliando.
Harry si stiracchiò e si mise a sedere sul letto, e Lily gli alzò i cuscini per appoggiarsi. “Grazie mamma” ringraziò, sorridendole. La donna rispose con uno sguardo gentile e gli porse un piatto di uova strapazzate e pancetta che emanavano un invitante profumo di soffritto: lo stomaco brontolò, e Harry si rese conto di avere una gran fame. Inforcati gli occhiali, si sistemò il vassoio sulle gambe. “Sbrigati” ordinò la madre, ficcandogli con forza le posate nelle mani .
Harry s'aggiustò le lenti, ora scivolate sulla pendice del naso, e spostò lo sguardo da sua madre, bella e luminosa come sempre, alla stanza circolare che era camera sua. Alla sua sinistra vi era l’anta della finestra mezza spalancata; alla destra di questo vi era la sua scrivania, sempre disordinata e sulla parete opposta un largo armadio marrone scuro. Accanto a questo, succeduto subito dall’uscita della stanza, vi era un lungo specchio rettangolare. Al centro dell’ambiente, proprio ai piedi del letto di Harry, vi era un tappetino ovale, schiacciato in parte dalla sedia di legno della scrivania. Subito alla destra del letto, vi era invece il comò con la lampada a olio, una piccola libreria e le pareti erano decorate di vecchie foto, da dove salutavano amici e parenti in bianco e nero. Non c’era nulla di strano; allora perché era tutto così…inusuale? “Mangia” gli ordinò la madre con tono autoritario, sfiorando la punta del naso del figlio. Questo gesto riportò Harry alla realtà.
“Oggi è il tuo primo giorno a Hogwarts. Il treno parte alle undici. Finisci la colazione in fretta e poi fila in bagno a lavarti!”
“Sì mamma!” assentì lui, anche se suonava strano sapere che sarebbe andato per la prima volta a Hogwarts. Sentiva, in qualche modo, di esserci già stato. Non ebbe tempo di arrovellarsi oltre che suo padre James si affacciò nella camera, i capelli scompigliati e le lenti tonde proprio come le sue. “Buongiorno, eroe!” salutò, allegro, e poi si appoggiò a bordo letto.
“Ciao, papà” replicò Harry, scoprendosi ancora assonnato. James pose una mano sul capo di Harry, amorevole. “Emozionato per la partenza?” domandò eccitato, come se fosse stato lui a dover andare a scuola al posto suo.
“In realtà, “ confessò Harry, sperando che il padre lo capisse, “non mi ci sento neanche un po’. È…è normale?” A James sfuggì una risatina , spettinando la testa del figlio. “Certo che lo è!” rispose.
“Pensa, il primo giorno in cui sono salito sull’Espresso di Hogwarts, non ero emozionato dalla prospettiva di andare nel castello.”
Harry s’accigliò. “Davvero?”
James ammiccò. “Diciamo che ero più orgoglioso… e poi, sapevo già in che Casa sarei stato smistato. La stessa in cui finirai tu, naturalmente”.
Gli occhi di Harry s'ingrandirono ancora di più, il pezzo di uova e bacon infilzati nella forchetta, tenuta verso l’alto. “E quale, papà?” L'altro sorrise, si alzò e gli diede un bacio sulla fronte.
“Grifondoro, naturalmente”.
Poi s’allontanò, fece per uscire, ma sembrò ripensarci e si voltò verso il figlio, sereno.
“Tranquillo, il senso di vuoto è solo un modo di essere emozionati. Ora sbrigati, Sirius e Remus ci aspettano davanti alla stazione con Frank e Louise!”
Harry sentì una scarica di gioia pervadergli le membra: Frank, il figlio del suo padrino Sirius e della moglie, ormai defunta, e Louise, la nipote di Remus, erano le persone con cui aveva trascorso la maggior parte della sua vita. Rivolse ancora una volta lo sguardo alla parete disseminata di fotografie, abbandonandosi a un sorriso divertito. Per tutta l’estate li aveva ammirati lì, il ricordo intrappolato in quelle immagini. Sarebbe stato bello incontrarli di nuovo.
Quando suo padre pronunciò i loro nomi, però, ebbe come l’impressione che non fossero mai… esistiti. Sempre per colpa di quel brutto sogno, pensò. E poi gli venne un dubbio, dovuto sempre alla nottataccia.
S’alzò. Doveva controllare. Si rivolse allo specchio, e camminò lentamente verso di esso, quasi con il timore di scoprire qualcosa di sconvolgente. Aveva il fiato corto e il cuore gli batteva forte. Si ammirò con attenzione: eccolo lì un ragazzino di undici anni, piccolo e magrolino, che dimostrava molto meno della sua età. Però…per qualche ragione mancava qualcosa al suo aspetto. Un segno distintivo che l’aveva accompagnato da sempre….così sollevò l' unico ciuffo ribelle che cadeva sulla fronte.
Non c’era nulla, su di essa: era lucida e intatta, senza neanche un’imperfezione. Stranamente, si aspettava che coprisse…?
“Harry, tesoro, finito di mangiare?” Lily s’affacciò nella stanza e stava per uscire quando notò il figlio in piedi di fronte allo specchio, la mano premuta sui capelli.
“Harry, tesoro, che stai facendo?” chiese, un po’ allarmata.
“Mamma,” le si avvicinò Harry, indicando con la mano libera la fronte. “Mamma, non avevo una cicatrice?”
La madre esitò titubante. “Una cicatrice, Harry?”
“Sì, mamma” incalzò lui, sicuro. “Non ho mai sbattuto da nessuna parte? Ricordavo di avere un segno, proprio qui, che la copriva completa…”
“Non che io ricordi, amore”.
“Sei proprio….?”
“Sì, sono sicura, Harry, e ora smettila e preparati!”
Harry s’afflosciò, arreso; Eppure ne era assolutamente certo… “Oh,” fece, deluso. “Peccato. Devo averlo sognato…”
Lily assottigliò le labbra in una decisa linea rossa. “Sì, è probabile” osservò, ragionevole. “Per favore, adesso vuoi prepararti? Stiamo facendo tardi!”

“Possiamo evitare la Smaterializzazione… sai, Harry, King’s Cross è piena di babbani… non è il caso di dare nell’occhio!” spiegò James allegro, seguito da Harry e Lily che chiudeva la porta, valigie pronte. Attraversarono il cortile della loro casa a Godric’s Hollow, e giunsero all’ automobile, che si aprì con un clic. Harry aprì lo sportello ed entrò, trascinando il bagaglio con sé.
“Aspetta, ti aiuto io!” si offrì Lily, ridendo e spingendo il baule all’interno dell’auto.
Il ragazzino sorrise, sollevato che qualcuno gli avesse dato una mano. “Grazie mamma!”
“Figurati caro!” replicò lei, cordiale. “Anche se da come ti comporti sembra che nessuno ti abbia mai aiutato in dieci anni della tua vita!”
Harry s’immobilizzò a quella frase, senza sapere perché.
“Tutti pronti?” chiese il padre, sedendosi al posto guida. “Si spera di sì, James!” rispose la moglie, accomodandosi accanto a lui. Lily e James si voltarono verso Harry. “E tu?” squittirono all’unisono.
Harry annuì e si appoggiò sullo schienale; troppo sconvolto per parlare.

*

“Non capisco cos’abbia, James” parlottò Lily fitta al marito, credendo Harry addormentato. “Oggi si è svegliato piuttosto strano, e ha cominciato a blaterare la storia della cicatrice…”
James girò senza controllo a destra, andando quasi a sbattere contro un’altra automobile.
“E per l’amor del cielo, stai attento!”
James virò più delicatamente a sinistra, per poi grattarsi la nuca, imbarazzato. “La storia.. la storia di cosa, mia cara?”
“Della cicatrice” ripeté lei, anche se evidentemente le scocciava farlo.
Seguì un silenzio di riflessione.
“E’ evidente che è emozionato per il suo primo giorno a scuola, Lily. E probabilmente, per provare più adrenalina, vuole sentirsi come il Ragazzo che è sopravvissuto…” azzardò James, l’attenzione tutta sulla guida.
Lily grugnì. “La cosa non mi piace per niente, tesoro. Non vorrei che si convincesse….”
“Amore, ma di cosa ti preoccupi?” la rassicurò lui. “Tanto lo sappiamo benissimo che lui non è Paciock, insomma…. E poi credi che si sentirebbe meglio, a vivere senza due genitori fantastici come noi?”
James tirò fuori un braccio dal finestrino, agitandolo in direzione di quattro persone, due ragazzi e due adulti. Harry spalancò completamente gli occhi: erano arrivati davanti alla stazione. Senza pensare, suo padre mise il freno e uscì dallo sportello, abbandonando la macchina in mezzo al parcheggio e raggiunse i suoi vecchi amici.
Lily scalò al posto di guida e s'affacciò al finestrino, pigiando violentemente il clacson ed emettendo un ringhio rancoroso.
“James! Vuoi parcheggiare questa diavolo di macchina?” Il marito sobbalzò. “Subito, mia dolce pupilla!” e, mentre Sirius Black e Remus Lupin si rotolavano dalle risate, James ritornò all’auto e la posteggiò… in modo storto.
Del resto, non si poteva pretendere molto dal padre di Harry: non aveva molta dimestichezza con queste cose.
Harry scese dall’auto, seguito dal baule e dal gufo candido, puntellato sulle ali di macchioline nere: si chiamava Arnold, e gliel’avevano regalato i suoi genitori per il suo undicesimo compleanno. Lily aprì il bagagliaio e tirò fuori quello che assomigliava a un carrello spiaccicato che, una volta maneggiato, raggiunse le dimensioni di uno di quelli per la spesa. “Puoi mettere le cose qui, caro,” indicò lei a Harry. Aiutato dalla madre, Harry sistemò Arnold e il baule e insieme si unirono ai loro amici, intrattenuti da James. Harry non fece in tempo a salutarli che fu avvistato da Louise, la nipote di Remus; quando gli corse incontro, i boccoli dorati e svolazzanti furono l’unica cosa che riuscì a vedere, perché l’amica si precipitò fra le sue braccia per stringerlo forte. “Harry, Harry Harry che bello!” esclamò Louise, baciandolo sulla guancia.
“A-anche a me fa piacere vederti…” replicò Harry un po’ imbarazzato, paralizzato dalla forte presa. In quel momento, si avvicinò a loro Frank.
Era incredibile quanto fosse straordinariamente bello. Molto di più di Harry, questo era fuori discussione: era sempre stato caratterizzato da quel fascino arrogante che aveva ereditato dal padre, i capelli scuri, tenuti un po’ più lunghi del normale, che gli incorniciavano il volto donandogli un aspetto molto affascinante.
Sirius, la versione adulta di Frank, si avvicinò a Harry, insieme a Remus.
“Louise, lascia in pace il ragazzo, altrimenti non metterà mai piede su quel dannatissimo treno!” la riprese Remus.
Louise, sbattendo le ciglia degli occhioni azzurro verdognoli, fece un passo indietro, a disagio per aver mostrato quel palese affetto nei suoi confronti. “Scusa, Harry…”
“Nessun problema!” la rassicurò lui, anche se come lei aveva le guance in fiamme.
“Amico, come stai?” esordì Frank, dandogli una pacca sulla spalla. Era semplicemente meraviglioso riunirsi con il suo migliore amico, dopo la lontananza dell’estate. Frank aveva soggiornato un mese in Irlanda e, per quanto potessero aver scambiato una fitta corrispondenza, gli mancavano le partite di Quidditch con lui.
Sirius osservò l’orologio da polso, intensamente. “Beh, direi che è ora di muoverci!” annunciò gioviale, e così tutti e sette s’incamminarono verso la stazione.
“Allora, passata una bella estate, Louise?” chiese Harry ai suoi amici, spingendo il suo carrello dietro i genitori.
“Oh, beh, diciamo di sì…anche se non ho girato molto, quest’anno…” ammise lei con un’alzata di spalle.
Harry allora si rivolse a Frank. “E tu? Com’è l’Irlanda?”
Il ragazzo roteò annoiato gli occhi celesti, per poi posarli sugli amici. “Carina”.
Carina?” sbottò Louise, aggrottando la fronte. “Non ti accontenti mai. Io ho cercato in tutti i modi di convincere zio Remus a portarmici: dev’essere favolosa, da quello che ho sentito! E tu la definisci solo carina?”
Louise aveva passato le vacanze con Remus, perché i genitori avevano deciso di andare a fare un viaggio romantico alle Maldive. Harry non aveva mai passato un’estate senza genitori, ma capiva la frustrazione dell'amica.
Frank le sorrise maliziosamente. “Ho visto posti esotici molto più intriganti… soprattutto per noi due, Louise…”
Lei grugnì. “Diamine, Frank, hai così tanto bisogno di qualcuno al tuo fianco?”
Frank la ignorò, mettendo un braccio attorno alle spalle sue e di Harry.
“Ragazzi, preparatevi a fare baldoria sul treno!”
Harry si limitò a sorridere. Non sapeva il motivo, ma si sentiva già stanco, ancora prima di partire.

In breve, il gruppo arrivò davanti al muro tra i binari nove e dieci. Lily si chinò accanto a Harry per infondergli coraggio.
“Tesoro, ora devi passarci attraverso. Non ti preoccupare, ci saremo io e papà a fianco a te!” Harry annuì, sicuro. Prima passò Frank con Sirius. Poi Louise, seguita da suo zio. Harry prese un respiro e, senza pensarci troppo, decise di voler sfondare il muro.
Prese la rincorsa, e proprio quando pensava che avrebbe sbattuto la testa, si trovò dall’altra parte. Quello che vide lo lasciò a bocca aperta: un treno laccato rosso scarlatto si stagliava sui binari, proprio davanti a lui, e sulla banchina affollata vi erano mille altri studenti, accompagnati dai propri genitori e parenti che li salutavano o li aiutavano a sistemare le proprie cose sul treno .
Harry si emozionò. Fremeva di sapere cosa sarebbe successo una volta lasciata la stazione. Qualcosa però continuava a sussurrargli che in qualche modo era già salito sull'Espresso di Hogwarts, aveva…
James gli mise una mano sulla spalla, solidale. “Non vedi l’ora, eh, figliolo?”
“Già…” rispose lui, addrizzandosi gli occhiali sul naso. E tornando bruscamente al presente.
“Andiamo, Harry!” incitò la madre, avanzando verso Louise e Frank. Sirius sembrava coinvolta in una profonda conversazione con il figlio ma quando vide arrivare i tre si rivolse a Harry, James e Lily.
“Ci siamo quasi” sentenziò, osservando Harry che si affiancava ai suoi due amici.
“Cavolo, James!” Il tono di voce si ammorbì insieme alla sua espressione. “Non sembrano proprio noi all’età di undici anni?”
“Assolutamente, Sirius!” convenne James, e sul viso comparve un sorriso beffardo, un fantasma dell'adolescente che era stato. “Ma noi non eravamo spaventati quanto loro!”
“Io, perlomeno, non lo ero per nulla!” s’unì Remus. Il treno fischiò. Harry lanciò un’occhiata elettrizzata all’orologio, fissato sull’insegna che partiva dal muro magico: erano le undici meno cinque. “Credo che voi tre dobbiate proprio andare!” constatò Lily, sbiancando di colpo. James prese per le spalle Harry, costringendolo a guardarlo. “Harry” iniziò, con un insolito tono serio, “andrà tutto bene. Vedrai. Sarà fantastico. Voglio che tu ti diverta…” “…oltre che a studiare!” rimbeccò Lily dietro la schiena del marito.
“Sì, oltre che a studiare” e ammiccò in direzione di Harry, in modo che Lily non potesse vederlo.
“Stai tranquillo. I tuoi genitori ti amano. E potrai scriverci tutte le volte che vorrai…”
Harry abbracciò il padre stretto stretto, e a James sfuggì una risatina. “… anche se so che non ne avrai bisogno!”
Poi Harry salutò la madre nello stesso modo, e lei ricambiò. “Vai tesoro, è tardi!”
“Sì, mamma!” ubbidì lui, e s’affrettò a salire sul treno dietro a Louise e Frank.
“Ciao, ragazzi!” salutarono all’unisono Sirius e Remus, e Harry agitò una mano nella loro direzione.
“Bene” esordì Frank, strofinandosi le mani, una volta saliti sul treno. Si guardò intorno. “Ora dobbiamo solo cercare gli altri: John e Richard si sono già sistemati… basterà affacciarci agli scompartimenti per vedere dove sono finiti!”
Harry e Louise concordarono. John e Richard erano figli di altri due amici dei loro genitori, che erano stati membri dell’Ordine della Fenice e con cui tutti e tre avevano stretto subito amicizia.
Così, trascinando i loro bauli, si misero a cercare i loro compagni in ogni scompartimento: era incredibile quanto fossero affollati, e non c'era nessuna traccia di loro.
Poi aprirono un’altra porta scorrevole, imbattendosi in due persone, ma non erano né John né Richard: una ragazza dai folti capelli bruni, molto mossi e un po’ crespi, la divisa di Hogwarts già appuntata sul petto, e cianciava in fretta con la sua bocca dai denti molto sporgenti al suo amico, un tipo dall’aria timida e impacciata con una ranocchia in mano.
Harry, così come gli altri due amici, balzarono sul posto quando si resero conto di chi fosse: il Ragazzo che è sopravvissuto, Neville Paciock, proprio davanti a loro.
Nel momento in cui i due li notarono, Harry si sentì torcere lo stomaco.
Quella ragazza aveva qualcosa a che fare con lui… sì, come se… se l’avesse già conosciuta. E non appena gli occhi di Neville incontrarono i suoi, Harry si portò automaticamente la mano alla fronte. Che strano, pensò, è lui ad avere la cicatrice, non io. Dev’essere la soggezione, per forza!
Entrambi, sia la ragazza dai denti sporgenti che Paciock, con l'aria di averli riconosciuti, rivolsero loro un’occhiataccia. “Desideravate?” domandò lei, con tono altezzoso. “N-no, noi…” Frank impallidì. “Noi ce ne andiamo.” E chiuse la porta scorrevole di scatto. Poi guardò gli altri due, senza fiato.
“Avete visto chi frequenta scuola con noi? Neville Paciock!” “Eh già!” ammise Louise, colpita.
“Per essere sopravvissuto all’Anatema che Uccide, però, non ha l’aria molto sveglia…”
Frank alzò le spalle. “A quanto pare non serve per scampare alle Maledizioni… e poi vive con la nonna, cosa ti aspettavi?”
Harry, ancora stranito dall’incontro con Paciock, si riscosse dai suoi pensieri.
“Con la nonna?” domandò.
L'amico annuì. “Sì. I suoi genitori facevano parte dell’Ordine… papà e i vostri li conoscevano molto bene. Sono stati loro ad affidarlo a sua nonna; piuttosto rigida da quello che ho sentito”.
“Bene, non mi importa” tagliò corto Louise, con un improvviso tono da diplomatico, “ vuoi spiegarmi perché ci guardavano con tanto odio?”
“La risposta è semplice” spiegò Frank. “Noi…siamo ricchi. Papà ha la sua eredità dei Black, anche se preferirebbe venderla a Dung…e, beh…” “I miei sopravvivono con l’eredità dei miei nonni” tagliò corto Harry, tristemente. “A quanto pare, siamo le persone più odiate dopo i Malfoy!” sospirò Frank.
Harry storse il naso; non voleva minimamente sentirsi paragonato a simile gente.


NOTE: VI PIACE? NON VI PIACE? COME TROVATE QUESTO SCONVOGLIMENTO DELLA STORIA? ED E' SOLO L'INIZIO, PENSATE UN PO'! SPERO DI AVERVI DIVERTITO, ALLA PROSSIMA.. :)
P.S. GRAZIE PER LE PRIME RECENSIONI E PER AVER MESSO LA STORIA FRA LE PREFERITE E SEGUITE!
  
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