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Autore: Dayne    05/04/2012    2 recensioni
Una short con un nuovo personaggio. Virginia è un'amica di Annabelle, la compagna di Sirius Black. E' timida, impacciata, piena di paure fin dall'infanzia. Non ha mai capito perché, anni prima, il Cappello Parlante l'abbia inserita nella Casa di Grifondoro. Ora è arrivato il momento della verità.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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LA TESTIMONE
Le luci dei lampeggianti della polizia fendevano il buio della notte.
Gli uomini in divisa si muovevano rapidi, in modo professionale. Uno di loro, al centro della carreggiata e vicino alla macchina di servizio messa di traverso, era pronto con la paletta per fermare eventuali automobilisti di passaggio. Bisognava farli deviare tutti sul lato destro della strada perché il sinistro era occupato dai rottami fumanti di un’Opel rossa.
Quello che sembrava il capo stava parlando con gli uomini delle due autoambulanze. Probabilmente stava spiegando loro che era inutile portar via i corpi delle tre persone a bordo dell’auto; si doveva attendere l’arrivo della Scientifica per gli accertamenti del caso. Naturalmente era lampante che si trattava di un incidente.
Aveva proprio detto così: “lampante”.
Virginia, nascosta fra i cespugli del boschetto che sovrastava la strada, avrebbe voluto gridare che non era vero, non c’era stato nessun incidente…
Lei aveva visto tutto: era una testimone!
Ma quale testimone? Una pazza, avrebbero detto i poliziotti. E, se ci fosse stata un’inchiesta, sapeva benissimo come sarebbe andata a finire: tutti avrebbero riso di lei. Il Coroner avrebbe concluso che l’uomo alla guida era rimasto, probabilmente, abbagliato da un’auto che andava in senso opposto e, sbandando, sarebbe finito contro la roccia. L’impatto aveva ucciso lui, la moglie e il figlio adolescente all’istante e aveva provocato un principio d’incendio.
Un incidente, quindi, un drammatico, tragico incidente.
In quanto a lei, Virginia McCallum, era meglio che si facesse visitare da un medico e la smettesse di andare in giro a raccontare “favole” di cattivo gusto.
Questo avrebbe stabilito la giustizia dei babbani e Virginia non avrebbe potuto farci nulla. Anzi, per la precisione, non doveva far nulla: il suo mondo non poteva interferire con quello dei babbani, anche quando le loro strade si incrociavano tragicamente, come in quel caso.
Stesa dietro ai cespugli, cercando di non muoversi per non fare alcun rumore, la donna osservava la scena e sentiva tutto l’orrore che aveva provato durante l’omicidio (perché di un omicidio si trattava) salirle lungo il corpo, scuoterle ogni fibra, colpirle violentemente lo stomaco.
Chiuse gli occhi ed inghiottì due o tre volte la saliva, per bloccare la nausea che l'attanagliava.
Doveva allontanarsi da lì, tornare a casa, chiudersi dentro, perché lei era una testimone e “loro”, presto, l’avrebbero saputo.
No, non poteva tornare a casa, sarebbe stato il primo posto in cui l’avrebbero cercata e avrebbe messo in pericolo i suoi genitori.
Meglio rifugiarsi in qualche posto più sicuro… forse la sua amica Annabelle avrebbe potuto ospitarla. Dopotutto non era un’ottima strega? Non era la fidanzata di Sirius Black? Non era un’amica di Silente?
Sì, Annabelle era la soluzione migliore, ma ora doveva farsi coraggio, proteggersi con qualche incantesimo, alzarsi e dirigersi verso Londra.
Aveva sfilato la bacchetta, mormorato “Repello babbanum” e “Muffilato”, fatto qualche passo verso gli alberi, quando l’immagine nitida del delitto le esplose nella mente…
Come ogni sera d’estate, dopo cena, Virginia aveva l’abitudine di fare quattro passi nel boschetto davanti a casa sua.
Piccolina, capelli corti e castani, rotondetta, con gli occhi leggermente sporgenti, non era mai stata considerata una bellezza, nemmeno quando era adolescente a scuola. Tuttavia il suo carattere gentile e la sua timidezza innata le avevano permesso di trovare degli ottimi amici nella casa assegnatale dal Cappello Parlante: Grifondoro.
Chissà perché Grifondoro? Virginia era certissima che non sarebbe mai finita in Corvonero, come la sua amica Annabelle,  dopotutto lei non aveva certo un ingegno sopraffino! Però anche l’assegnazione di Grifondoro l’aveva lasciata perplessa: la casa dei coraggiosi. E da quando lei era coraggiosa? Suo padre l’aveva soprannominata Topolino e rideva ogni volta che lei, tremando come una foglia, doveva scendere in cantina.
Comunque, finita la scuola, aveva almeno imparato a non temere più il buio: l’incantesimo “Lumos” era stato il primo che aveva rapidamente assimilato.
Così, ogni sera, attraversava il boschetto e si spingeva fino al punto sovrastante la strada. Si sedeva e osservava le macchine dei babbani che uscivano da Londra e puntavano verso Brighton.
Non c’era molto traffico quella sera. Quando l’Opel era spuntata dalla curva non c’era nessun altro.
Poi, all’improvviso, erano comparsi “loro”.
Cinque Mangiamorte sghignazzanti che si spintonavano e cantavano “canzonacce” in mezzo alla strada.
L’uomo alla guida dell’Opel aveva inchiodato bruscamente e si era sporto dal finestrino.
Virginia si era prontamente gettata a terra e l’aveva sentito gridare
“Toglietevi di lì, ubriaconi! Guardate che Halloween è ancora lontano!”
“Ehi, Dan, hai sentito qualcosa?”
“No, forse era il ronzio di una zanzara!”
E giù risate.
“Ma guarda, sembra che il babbano ce l’abbia con noi!”
“Non sa chi sono i Mangiamorte!”
“Diamogli una lezione!”
“Sì, definitiva, però!”
I cinque avevano circondato la macchina . L’uomo si era reso conto del pericolo ed aveva urlato
“Non fate del male a mia moglie e a mio figlio!”
Virginia aveva chiuso gli occhi, ma l’Avada Kedavra le aveva ferito le orecchie.
I tre occupanti dell’auto non si erano nemmeno accorti di morire, ma Virginia aveva sentito un atroce dolore nel corpo e nell’anima. Avrebbe dovuto intervenire, invece si era limitata a stare nascosta. Non sarebbe mai dovuta finire a Grifondoro: era una vigliacca!
I cinque Mangiamorte, intanto, avevano iniziato a lanciare delle scintille sul cofano della macchina cercando, forse, d’incendiarla. Poi, probabilmente, si erano stancati del “gioco” e, ruotando su se stessi, erano spariti.
Virginia, ora, barcollò e dovette appoggiarsi ad un albero. Non poteva andare da Annabelle. Cosa le avrebbe
raccontato? Che era rimasta ad assistere all’omicidio senza far nulla? Che si era nascosta?
No, la cosa migliore era tornare velocemente a casa, trovare una scusa per i suoi genitori, buttare quattro cose in valigia ed andarsene da sola da qualche parte, lontano da tutti.
Non era mai stata brava a smaterializzarsi, però avrebbe potuto prendere il Nottetempo e andare in Scozia. Era abbastanza lontano, per il momento. Con un po’ di fortuna sarebbe potuta arrivare ad Hogsmeade, avrebbe magari visto Silente… Lui l’avrebbe capita, sarebbe stato indulgente, le avrebbe detto dove rifugiarsi.
Virginia riprese a camminare, sempre più in fretta… cominciò a correre.
“Loro” erano lì, al limitare del boschetto.
Era finita!
La giovane si fermò. Strano, aveva pensato che sarebbe morta di paura e, invece, non sentiva proprio nulla.
Fissò quelle maschere ghignanti quasi con stupore, la bacchetta in mano.
“Ehi, la curiosona ci sta minacciando! Hai visto come tiene la bacchetta?”
Virginia, inavvertitamente, l’aveva tesa davanti a sé e la puntava contro di loro.
“Ma guarda come è minacciosa! Sto tremando di paura!”
Odiose risate le risuonarono nel cervello. Una voce che non sembrava, non poteva essere la sua, replicò:
“Schifosi, viscidi bastardi! Non vi avevano fatto nulla!”
“Sentila, che linguaggio! Sciacquati la bocca prima di rivolgerti ai Mangiamorte!”
“Maledetti! Maledetti voi ed il vostro padrone!”
“Non…osare…Crucio!”
Il dolore lancinante la colpì all’improvviso, urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre migliaia di aghi roventi le trafiggevano il corpo.
La porta di casa si spalancò.
“Stupeficium!”
Il dolore cessò di colpo, quando il Mangiamorte cadde a terra.
“Stupeficium!”
“Stupeficium!”
Inebetita udì le grida dei suoi genitori, che correvano verso lei.
Tre Mangiamorte erano già a terra, gli altri si erano voltati. Virginia, con uno sforzo, rotolò di lato.
“Stupeficium!” disse, puntando la bacchetta contro uno dei due Mangiamorte rimasti.
L’incantesimo, lanciato dai suoi genitori sull’ultimo, fu talmente forte che il mago venne sollevato da terra e lanciato contro un albero.
“Incarceramus!” Suo padre, rapidamente, fece uscire dalla bacchetta dei fili resistenti che avvolsero i corpi dei cinque Mangiamorte. Poi Virginia sentì sua madre sfiorarle la fronte e, cautamente, sollevarle le spalle con un braccio.
Dopo qualche minuto suo padre s’inginocchiò al suo fianco.
“Come stai Topolino?”
Virginia sorrise e, subito, qualcosa di umido le colò sul mento. Portò la mano alle labbra e, con stupore, si accorse di averla sporcata di sangue.
“Gli Auror stanno già arrivando, li ho avvertiti.”

In quel momento una serie di schiocchi confermarono che suo padre aveva ragione.
 
 
 Virginia era distesa sul divano nel salotto di casa. I suoi genitori le stavano di fianco.
Un Auror, con un volto severo  pieno di cicatrici, il naso malamente mutilato e un inquietante occhio di vetro azzurro cielo, la stava osservando.
Virginia provò un senso di disagio: quell’occhio finto sembrava leggerle dentro, scrutarle la mente ed il cuore.
“Perché diavolo cinque Mangiamorte si sono presi la briga di…”
Sono un Grifondoro, pensò Virginia e si mise seduta.
“Topolino, non devi…”
“No,” la voce di lei, ora, era forte e decisa “devo! Volevano uccidermi perché ho assistito ad un loro delitto! Sono pronta a dirlo davanti a tutto il Wizengamot, perché io sono stata testimone!”

  
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