I
wanna love you, but something’s pulling me away from you
We have all
this independence
but it still feels like we never had a choice
Darling, I'm leaving
Wanderlust
– Frank Turner
–
Stai scherzando vero?
La
voce di Harry non è mai stata così dura come in
quel momento: i suoi occhi sono
piantati in quelli azzurrognoli di Louis, le labbra - quelle labbra che
Louis
aveva avuto così tante volte e che avrebbe voluto avere solo
per sé - piegate in
una linea ferma sul viso da ragazzino. È sicuro di
ciò che dice, non sta
scherzando: non è da Harry scherzare su quel genere di cose,
no.
– No, –
risponde infatti, freddo,
allentando il nodo della cravatta verde-argento che indossa; era una
storia
morta prima di nascere, la loro, ma Louis ci aveva davvero creduto -
troppo ingenuo
o, forse, troppo Grifondoro. La famiglia di Harry è troppo
legata al passato
per poter accettare che l’unico discendente si sia innamorato
di un altro
ragazzo: è sempre la stessa storia, ma sperava con tutto se
stesso che quella
volta potesse essere diverso.
– Durmstrang, –
mormora, lasciandosi
scivolare quel nome dal sapore aspro sulla lingua e tra le labbra,
continuando
a fissare Harry come alla ricerca di un ripensamento. Ma come
può trovarlo,
dopotutto, se la scelta non è stata sua? –
È molto lontana.
Il Serpeverde annuisce con un cenno
secco che fa ondeggiare i capelli ricci e castani sul suo capo, e
stringe i pugni:
pare una prerogativa dei Grifondoro, quella di sottolineare
l’ovvio e rendere
ancora più difficile quello che è palesemente un
addio - no, non un arrivederci
come vorrebbe.
– Ti scriverò,
– dice Louis, cercando di
riacquistare la sua solita aria menefreghista e scherzosa; ma non
può farlo,
no, non con Harry che lo sta salutando - dannazione, Durmstrang
è davvero troppo
lontana.
Harry non dice nulla, continua
semplicemente a fissarlo per un tempo indefinito, prima di abbassare
appena gli
occhi: Louis capisce in quell’attimo che Harry sta per
crollare, esattamente
come lui. Hanno giocato ad essere liberi, per pochi mesi, di nascosto
dal mondo
e dalle rispettive famiglie, ed è stato bellissimo; ma non
lo sono mai stati,
in realtà, e l’imminente partenza di Harry ne
è la prova.
Il Grifondoro lo abbraccia di
slancio, istintivo
come sempre, e lascia che il volto di Harry affondi nel suo petto,
intrecciando
le dita ai suoi ricci: lo ama, lo ama davvero, e sa che quando
andrà via sarà
come se un pezzo del suo cuore fosse andato in frantumi.
Non si nasconderanno più
nei bagni
insieme, per potersi baciare, toccare, per fare l’amore
insieme, non si
inseguiranno più su un manico di scopa a caccia del Boccino
durante le partite
di Quidditch, non si guarderanno più durante i banchetti in
Sala Grande, né si minacceranno
per finta davanti ai rispettivi compagni di Casa per mantenere segreta
la loro
relazione così atipica: atipica perché sono due
ragazzi, atipica perché appartengono
l’uno a Grifondoro e l’altro a Serpeverde, atipica
perché non hanno neppure la
stessa età e non dovrebbero proprio conoscersi.
– Non voglio andare via,
– cede allora Harry,
tra le braccia dell’altro, stringendo con entrambe le mani la
lana ruvida del
maglione di Louis: sente il suo calore, il suo profumo, capisce che
sarà più
dura di quello che pensava, quando lo porteranno via da Hogwarts.
– Non voglio
andare via, – ripete, gli occhi che si inumidiscono
pericolosamente: può pestare
i piedi, urlare, fare i capricci come un poppante senza nessun pudore,
ma non
può né vuole mostrarsi in lacrime davanti a
qualcuno, specialmente a Louis e in
quel momento.
– Andrà tutto
bene, – si costringe a
rispondere Louis, lasciando che alcune delle lacrime che non ha tentato
nemmeno
di trattenere scivolino sul suo viso, mentre affonda il naso tra i suoi
riccioli e sente il primo singhiozzo squassargli il petto; stringe con
più
forza le braccia, schiacciando il corpo di Harry contro il proprio e
odiando
come mai prima le proprie origini: se fosse stato un Purosangue come
lui,
forse, stare insieme sarebbe stato più facile, pensa, ma si
dà dell’idiota
subito dopo perché sa, lo sa, che non sarebbe stato
così.
– È una
stronzata e lo sai, Tomlinson, –
bofonchia Harry con le labbra premute contro il colletto bianco della
camicia
del Grifondoro, a pochi centimetri dal nodo come sempre sfatto della
sua
cravatta a righe rosse e dorate. – Sarà uno
schifo, sarà tutto una fottutissima
merda, – continua sfoderando quel linguaggio che i suoi
genitori non gli hanno
mai sentito usare ma che Louis adora: è più umano
quando parla in quel modo, più
simile ad un normale ragazzo di sedici anni, anche se definire normale
uno come
Harry Styles è quantomeno da stupidi.
E Louis sorride, tra le lacrime che
continuano a scivolargli sulle guance, nonostante non ci sia nulla di
divertente
in quello che sta succedendo.
– Hai ragione,
– risponde schietto,
allontanando il volto del ragazzo dal proprio petto ed alzandogli con
due dita
il mento per far sì che i loro occhi si incontrino. Lo
bacia, d’impulso,
sentendo che la cosa più importante in quel momento
è far capire a Harry che,
nonostante la distanza che ci sarà tra loro, continueranno
ad amarsi e appartenersi:
nulla potrà davvero separarli. – Andremo a vivere
insieme, dopo che avrai preso
i tuoi M.A.G.O., – gli comunica allora, dando per scontato
che Harry accetterà,
dopo essersi allontanato dalla sua bocca con uno schiocco languido.
E l’assenso scontato di
Harry arriva
pochi attimi dopo, in un bacio più sporco del precedente,
nelle sue mani che si
insinuano sotto i vestiti di Louis, nei suoi occhi verdi che hanno
ritrovato la
luce che l’annuncio della propria partenza aveva cancellato e
che lo scrutano maliziosi
dal basso verso l’alto mentre la sua lingua bagna la pelle
tesa del bassoventre
del Grifondoro.
Fanculo,
pensa mentre accoglie tra le
labbra il sesso di Louis, Durmstrang non riuscirà a
distruggere quello che
hanno.