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Autore: j3nnif3r    06/04/2012    5 recensioni
Ok, è facile.
Una subito, giusto per inaugurare la cosa. L’accese. La seconda, pensò aspirando, dopo il caffè. La terza verso le diciassette, la quarta alle diciannove, e poi poteva spararsi le altre prima di dormire. Facile. Facilissimo. Mica era schiavo di quella roba, lui. Poteva smettere quando voleva, giusto? Giusto.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cid Highwind, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Adorabile peccatore'
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“Puzzi.”

Cid alzò il viso di colpo, rischiando quasi di darle una nasata in fronte. “Che cosa?”
“Puzzi.” Yuffie indicò la sigaretta, con una smorfia. “Quella roba puzza. E’ disgustoso.”
Cid la squadrò con sufficienza, tirando un’altra boccata. “Tua madre non ti ha mai detto che frantumare le palle agli adulti non è educato?”
Yuffie si rialzò, le mani sui fianchi. “E tua madre non ti ha mai insegnato che essere maleducati non è educato?”
L’arma migliore è l’indifferenza, pensò Cid alzando gli occhi al cielo e sospirando. Yuffie aveva sbuffato, poi era rientrata in casa. Vincent si lasciò sfuggire un sorriso, continuando a fissare l’orizzonte. Il sole stava tramontando.
Ma che avevano tutti, da lamentarsi? Ultimamente anche Shera aveva iniziato a rompere per il fumo. Mai sposare una donna, mai. Iniziano col concedersi regolarmente, e finiscono per pretendere che tu smetta di fumare. Che affare, davvero.
“Non ha tutti i torti.” disse Vincent a bassa voce. Cid si voltò a guardarlo. “Non è un odore piacevole.”
“Vuoi dire che non hai mai fumato in vita tua? Ma non avevi cent’anni o roba del genere? Ti sarà capitato, andiamo!”
“Uhm... Ho provato da ragazzo, sì.”
“Ah, certo. E hai tossito e ti ha fatto schifo e non ti sei mai fatto una canna e sei astemio. Già.” Cid aspirò il fumo, con il tipico piacere di chi si sente dire che dovrebbe smettere.
“No. Cioè sì, ho tossito... ma non ho riprovato perché non mi è piaciuto, tutto qui.”
“Certo, come no.”
Vincent lo fissò, un po’ perplesso. “Non pensi sia possibile?”
”Ma dai, è l’unico piacere della vita!”

“Ah... davvero?”
”Certo!”

Vincent fece un movimento che poteva essere interpretato come una leggera scrollata di spalle. Quel ragazzo (ragazzo? Si poteva dire così? Oh, fanculo a lui e ai suoi problemi d’età!) era incredibilmente rigido. Cid sospirò al cielo, guardò la cicca ormai quasi finita.
“Cioè...” riprese “Quando sei da solo, la sera, nella tua tana...”
”Non ho una tana.”
”Sì, insomma, a casa tua. Avrai una casa o qualcosa di simile, no?”
”Certo.”
”Eh. La sera, dicevo, quando ti rilassi di fronte alla TV...”
”Non ho la televisione.”
Cid lo fissò, irritato. “Ok. Lasciamo perdere.”
”No, cosa volevi dire?”
”La sera, nel posto dove stai, quando hai finito quel cazzo che fai durante il giorno, qualsiasi cosa sia... non hai voglia di rilassarti e non pensare a niente? Solo... star seduto e... fumare, ecco?”
”No.”
”E...” Iniziava ad avere l’impressione di non sapersi esprimere. “E che fai?”
”Non credo di aver capito bene cosa vuoi sapere...”
”Ah, ma porc... Insomma, come lo passi il tempo?”
”Leggo.”
”Leggi.”
”Sì, leggo.”
”E cosa?”
”Uhm, un po’ di tutto. Saggi, più che altro.”
”Leggi saggi.”
”Sì.”
”La sera. Passi tutta la fottuta sera a leggere saggi, e basta.”
”Già.”
”Hai mai pensato di, uhm, entrare in terapia?”
”Prego?”
”Vincent...” Cid se ne accese un’altra con gesti veloci. “Io fumo, va bene? Tu leggi saggi, io fumo. Come ti sentiresti se qualcuno ti dicesse che leggere saggi fa schifo?”
”Beh, ma i saggi non puzzano.”
Non lo guardò nemmeno, si sdraiò fra l’erba chiudendo gli occhi e pensando che non potevano rimanere poi tanto in casa sua, ormai. Gran figata, le visite degli amici. Come no.


“Quante ne hai fumate, oggi?”
Oh, ecco che torna la rottura di palle, il frantumarsi dei coglioni, l’infrangersi delle parole più fastidiose che un essere umano potesse...

“Eh? Cid?”
”Mh. Non lo so, dieci?”
”Dieci? Ma se ho trovato due pacchetti vuoti nel cestino!”
”Forse le ha fumate Vincent, che ne so?”
”Vincent non fuma. Credi che sia scema?”
”Dai Shera, ti supplico. Ne abbiamo già parlato.”
”Ma lo dico per te, non capisci? Potresti almeno... fumarne di meno!”

“Non le conto mica, come faccio a decidere quante fumarne?”
”Due pacchetti sono quaranta! Quaranta in un giorno!”
”Eh.”
”Devi proprio diminuirle.”
”...”
”Sai quanto costano? Spendiamo un’enormità in sigarette! Con quei soldi potremmo...”
”Buonanotte, tesoro.”
Shera si sporse verso di lui, gli afferrò una spalla. “Eh no, sai. Ora ne parliamo!”
”Va bene, domani ne fumerò dieci. Ok? Dieci. Solo dieci.”
”Sicuro?”
”Sicuro. Sicurissimo. Ora lasciami dormire.”
”Va bene... Ti amo, sai?”
”Eh. Buonanotte.”


Dieci.
Cid si fermò ad osservare il pacchetto appena aperto, il fottuto pacchetto triste da ragazzino, quello da dieci paglie.
Ok, è facile.
Una subito, giusto per inaugurare la cosa. L’accese. La seconda, pensò aspirando, dopo il caffè. La terza verso le diciassette, la quarta alle diciannove, e poi poteva spararsi le altre prima di dormire. Facile. Facilissimo. Mica era schiavo di quella roba, lui. Poteva smettere quando voleva, giusto? Giusto.
Fiero di se stesso, si mise a lavoro. Oh, se gli mancava la cicca fra le labbra mentre stringeva bulloni. Ma no, ok, basta aspettare un po’, che sarà mai. Magari poteva prenderne un’altra, giusto per sentirsi più allegro mentre lavorava. Stava faticando, cazzo. Aveva bisogno di qualcosa che lo tenesse in forma!
All’ora di pranzo, era alla sesta.
“Quante?” aveva chiesto Shera versandogli il caffè, e lui aveva emesso una sorta di grugnito. “Eh? Quante?”
”S...Cinque. Solo cinque.”

“Ah sì? Fammi vedere il pacchetto.”
”Sei. Porca merda.”

“Quindi dopo il caffè è la settima.”
”Sì.”
”Ok.”

Ma quella dopo il caffè serviva a togliersi il sapore dalla bocca, non si gustava mica. Così, mentre Shera lavava i piatti, era uscito un attimo a fumare in fretta l’ottava. Non perché fosse necessario, oh certo che no, ma solo perché gli andava. Una decisione consapevole. Già, esatto.
La decima venne alle diciassette, e Cid sospirò gettando il pacchetto nella spazzatura. Shera lo guardava a braccia conserte.
“Ok.” disse lui allargando le braccia. “Va bene, non ce la faccio. Se non vado a comprarne altre impazzirò prima di sera, potrei anche diventare pericoloso e sai, visto che ci tengo a te, è proprio il caso di comprarle!”
“Cid...”
”No, sul serio... non vorrei fare cose di cui poi...”
”Cid.”
”Eh.”

“Le hai finite. Comprerai le altre domani mattina.”
”Domani? Ma... e quella del risveglio? E quella della buonanotte? Shera, non puoi chiedermi questo!”

“Domani. E non ci sono discussioni.”

Di certo era tutto più facile, quando lei era solo la sua governante.
Alle diciotto e trenta in punto, gli istinti omicidi iniziarono a farsi sentire. Percepiva il nervosismo crescere, i muscoli tesi. Stava seduto al tavolo della cucina, il viso basso e le mani giunte. Non era riuscito a concludere nulla nel pomeriggio, una giornata sprecata. Certo che si riduceva davvero ad una merda, senza sigarette. Quelle piccole cose schifose e carissime. Che senso aveva fumarle, in fin dei conti? Non poteva forse farne a meno? Erano davvero un sostegno così importante, quelle robe?
Percepiva, poi, strane cose. Vedeva lo sguardo di Shera, l’aria della casa più pulita, la sua coscienza che si agitava e ribolliva. Come se, mah, come se fosse tutto un po’ più chiaro, più facilmente comprensibile. Una marea di stronzate, ovvio. Ma era vero, non fumare migliorava le cose.
Però, lui voleva fumare.

Alle diciannove stava contando i minuti, sperando che Shera avesse un attacco di sonnolenza e andasse a dormire subito. Rimase a spiarla mentre lei finiva di rassettare, le era accanto mentre indossava la camicia da notte per stare comoda, si sdraiò sul letto a bere un tè caldo e a chiaccherare con lei. Le parlò del lavoro, dei suoi pensieri sul futuro, di moltissime cose che non sapeva neppure di pensare. Gli veniva spontaneo vomitarle addosso tutto quello che la mente suggeriva, aveva bisogno solo di parlare, di far passare i maledetti secondi.
E passarono. Quando si voltò verso l’orologio, erano le venti.
“Stai male?” chiese Shera con cautela.
“Sto impazzendo.” Cid sorrise appena, senza guardarla. “Non credo che riuscirò a fumarne solo dieci anche domani...”
“Sono felice che tu abbia accettato, almeno per oggi.”
”Sì, ma è un casino. E’ impossibile. Vedi, io... io fumo. Non c’è niente da fare, non posso smettere!”

“Abbiamo parlato molto.”
”E certo, cosa dovrei fare? Se non mi tengo impegnato...”
”Non parliamo così tanto, di solito.”

Cid si girò a guardarla. “Dici?”
“Già. La sera io mi cambio da sola e tu stai in cucina a fumare, guardi la tv. E quando vieni a letto, di solito sto quasi dormendo.”
”Ma porca miseria, se volevi soltanto che venissi a letto prima perché non l’hai detto chiaramente, invece di farmi patire le pene del fottuto inferno?”

“Non volevo chiedertelo. Volevo che tu ne avessi voglia.”
“Ah, le donne!” Cid si mise a sedere, sbuffando in modo plateale. “Che rompicoglioni sei!” Si alzò, iniziò a rivestirsi.
“Dove vai?”
”A comprare le paglie, e dove se no?”

Shera annuì, fissando le coperte. Cid la guardò con la coda dell’occhio mentre saltellava per infilare i pantaloni.
“Domani...” riprese, poco convinto “...verrò a letto prima. Anzi... Ci mettiamo a letto alle sei, va bene? E parliamo quanto vuoi.”
”E non fumerai, mentre parliamo?”
”Non fumerò. Non mentre parliamo a letto.”
Shera gli sorrise. Lui ricambiò, afferrò al volo il portafogli, si precipitò fuori.

Ah, le donne. Che creature assurde. Montare la storia che lui non poteva fare a meno delle sigarette, pur di ricevere qualche attenzione in più! Quando sarebbe bastato dirlo! Che roba! Come se lui ne avesse bisogno sul serio, delle paglie, più di quanto ne avesse di lei. Bah! Che roba!
Per fortuna il tabaccaio era ancora aperto. Cid entrò con una certa baldanza, tutti lo salutarono e gli dissero di essersi preoccupati, ehi, dov’era finito tutto il giorno?
“Allora, il solito?” chiese il cassiere allungando due pacchetti.
Cid li fissò. Un lungo momento.
“Uno soltanto, per oggi.”
“Ah sì? E se poi le finisci?”
“Non sono mica schiavo di questa roba!” esclamò Cid, e pagò con aria offesa. Beh, magari non dieci, ma venti invece di quaranta... forse... forse si poteva anche fare.
Almeno, per adesso, lo sperava.

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