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Autore: j3nnif3r    06/04/2012    6 recensioni
Sono sempre stata una CloTi convinta, ma volevo regalare un tributo anche alla bella fioraia. E dunque eccolo, dolce e triste come la sorte che le è toccata...
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Ciò che lo stupiva, più che altro, era la sua carne.
Così fresca, come se non potesse mai avere caldo. Così sottile, quasi trasparente. Era possibile seguire il percorso di ogni vena, indovinare come il sangue le scorreva dentro, come un piccolo esperimento imprigionato sotto la pelle.
Lo deliziava il respiro, accelerato, ansante. Le mani seguivano i suoi percorsi naturali, indugiando nei punti in cui lei si tendeva, socchiudendo gli occhi, riconoscente.
Quegli occhi grandi, dolci. Non c'erano altri modi per descriverli, anche se sembrava banale dirlo così. Nessuna ragazza poteva avere quegli stessi occhi, lo sguardo innocente e dipinto di una malizia da intuire.
Giocare con i suoi capelli, che emanavano una fragranza sottile, come di rose, di fiori vivi, di erba pulita, lo faceva sorridere. La luce li rendeva biondi, e lei si muoveva appena, facendoli ricadere sulle spalle bianche, fragili.
Aeris era dolcezza, era vita. Il suo ventre piatto, appena arrotondato sopra il pube, la linea delle gambe che nascevano e proseguivano sottili, come sviluppate da un disegno a carboncino, perfettamente bianche su uno sfondo bianco, distinguibili dai contorni che davano vita ad un corpo perfetto, femminile ma modesto, pudico e sfacciatamente bello.
Le dita di Cloud che seguivano la sua simmetria. Scendevano fra i seni, sulla pancia, sfioravano i fianchi e risalivano sulle braccia tese verso lui. Aeris che lo circondava, che riapriva gli occhi per guardarlo, che sorrideva appena, le labbra piene e rosate che si schiudevano come per regalargli una parola, ma che rimanevano mute di piacere e armonia.
Aeris.
Si era accorto di aver sempre desiderato quel contatto. Voleva respirarla e sentirla sua. L'odore agrodolce della carne ferma ad aspettare, le pieghe dei gomiti, del collo in cui poteva tuffarsi ed inalare, soltanto, perché era quello che aveva sempre voluto fare.
La spensieratezza equivoca con cui lei si apriva, posando le braccia a lato, mostrando il seno candido, nuovo. Le ciocche celavano i dettagli da immaginare. Cloud poteva scostarle, con gesti lenti e gentili, ed ammirarla studiando la sua bellezza finalmente esposta, finalmente raggiungibile, finalmente sua.
Circondati da un bianco accecante, dalla luce innocua che rivelava le sfumature, la linea dei profili privi di ombra, erano spogliati di ogni cosa. Soltanto loro due, in un mare di niente, insieme.
Insieme.

"Avevo paura di perderti." aveva detto lui, e l'espressione di Aeris si era fatta contrita, preoccupata.
Temendo di aver spezzato l'incantesimo, Cloud l'aveva toccata, l'aveva stretta cercandone la fisicità, indagando con i sensi, cercando di contenerla interamente, di non lasciarsi sfuggire nessun pezzo di lei. Nulla doveva essere fuori controllo, scoperto. Doveva coprirla, doveva averla, nessuno doveva poterla guardare, sfiorare, portare via.

"Non è colpa tua." aveva sussurrato lei, con una voce che iniziava a sfumare.
Cloud aveva stretto ancora, di più, ma fra le sue mani qualcosa mancava, qualcosa si stava dissolvendo, e poteva stringere le dita ma non avrebbe potuto trattenerla.
Aeris aveva inclinato il capo, come faceva sempre quando voleva tranquillizzarlo, e lui aveva iniziato a capire, a ricordare.
A tremare.

"Non devi andare." l'aveva pregata, anche se non sembrava una preghiera.
E lei aveva sorriso, e quel sorriso aveva il sapore dell'addio.
Le dita stringevano quella luce bianca e Cloud aveva chiuso gli occhi per non vederla sparire, per provare a non crederci, a vedere se i desideri potevano avverarsi.
Li aveva riaperti quando aveva sentito una carezza, lieve, lontana. E lei non c'era.
Era solo, circondato da un bianco accecante, in un mare di niente.

Quando riaprì gli occhi, nel suo letto disfatto, la realtà gli sembrò così spenta da essere irreale.
   
 
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