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Autore: wordsaredeadlythings    06/04/2012    2 recensioni
Dal capitolo 1:
“Come sei fine”
“Le persone fini sono una rottura di coglioni”
“Per questo sei andata al festino di Hugo?”
[...]
“Lupin, sei una noia mortale”
“Ma almeno io non vado a stupidi festini al limite della legalità per soffocare i problemi”
“Che genere di problemi, scusa?”
“Tipo, non so… il fidanzamento di James?”
Ah. Era quello.

Ma quanto sono noiosi i matrimoni?
Certo, se la sposa è tua sorella e lo sposo è il tuo migliore amico, le cose cominciano ad essere un po' intricate.
Aggiungiamo all'equazione il fatto che sei innamorata del tuo migliore amico da quando frequentavi il terzo anno di Hogwarts, e le cose diventano ancora più complicate.
E se a tutto questo si aggiunge la tua imminente partenza per l'altra parte del mondo senza ritorno, si rasenta il disastro.
Riuscirà Isabel Jones ad avere il suo happy ending, nonostante tutto?
Tra amici rompipluffe, sbornie, litigi, lacrime, ironia e sarcasmo, riuscirà questa famiglia ad avere un maledettissimo lieto fine?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Salve salvino, gente!
Bene, sono qui, con la mia nuova mini-long sulla... New Generation! Sì, io ho scritto sulla dinastia Potter/Weasley, e credo sia la prima (?) volta in assoluto che vi scriva sopra qualcosa di lungo. Credo di aver scritto solo one-shot, flashfic o quant'altro su questa stramba  generazione, ma le one-shot non mi bastavano più, quindi... Ecco a voi i figli dei Potter! O meglio i miei figli dei Potter. Esatto, perché i pargoli dello sfregiato e compagnia cantante saranno totalmente diversi da come vengono dipinti solitamente nelle fanfiction. Be', vedrete. Oh, per quanto riguarda Isabel... lei è una parte di me. Nel senso che è una parte della mia personalità, una parte piuttosto importante... nel senso che con i miei amici spesso e volentieri mi comporto così. Sì, io e Isabel andiamo a braccetto insieme, e ci lovviamo da morire, quindi non vi azzardate a toccare la mia Isy. Dopo questa ennesima minaccia (?), veniamo alla storia!
Il nome dell'ospedale (capirete leggendo) è stato palesemente inventato dalla sottoscritta. Ho pensato: "Ehy, mica tutto il mondo va a curarsi al San Mugo! Ci sarà qualche altro ospedale, no?" ed è apparso dal nulla quel maledettissimo nome stra lungo. Spero mi perdonerete ^_^"
Spero che vi piaccia, e recensire non è ancora diventato un peccato capitale ;)






I'm not Always Strong




I.
La Vita è Deludente








“Voglio morire”.
Ted Remus Lupin ridacchiò appena, guardando Isabel a metà tra preoccupazione e divertimento.
La ragazza premette gli indici sulle sue povere tempie. Era pallidissima e si sentiva da schifo. In più quella maledettissima emicrania non voleva andarsene: era come se delle scimmie con i piatti stessero suonando un concerto stonato nella sua testa.
“Suvvia, Isy, non essere così criptica anche di prima mattina” affermò lui, scompigliandosi i capelli turchesi. Indossava una camicia lilla, e quell’abbinamento per Isabel era come un pugno in un occhio.
“Se indossassi qualcosa di umano potrei anche darti retta” borbottò, scoccando un’occhiata irritata al ragazzo.
Isabel Jones era quel genere di ragazza anonima di cui nessuno si accorge mai. Aveva un viso sottile e delicato, due grandi occhi castano chiaro dal taglio leggermente obliquo ed una corporatura decisamente minuta. I suoi capelli - di un castano molto chiaro, quasi tendente al biondo - erano tremendamente ricci. Isy si notava solamente per quello: la marea di ricci castani sulla sua testa. Sembrava la criniera di un leone, come se fossero esplosi tutti insieme a mo’ di cespuglio intorno alla sua testa. Per il resto Isy era estremamente normale, se si escludeva il carattere particolare e tanti altri fattori che facevano in modo che la gente l’adorasse.
“Non è mica colpa mia se sei andata al festino di Hugo”. Affermò Ted, guardandola di sbieco con preoccupazione.
Isabel mugugnò qualcosa di non ben definito, tenendo lo sguardo ben puntato sul tavolino. Già, quella del festino era stata un’idea sua. Maledetto Hugo Weasley, lui e la sua capacità così irritante di convincerla sempre a fare cose che mai avrebbe fatto in condizioni normali. Spesso Isabel si chiedeva perché fosse finito a Grifondoro, con quell’anima da Serpeverde che si ritrovava, ma più ci provava e meno riusciva a darsi una risposta concreta.
La sera prima Hugo l’aveva praticamente trascinata ad uno dei suoi innumerevoli festini nel suo appartamento di Diagon Alley. C’erano tantissime persone, musica sparata a mille, liquidi strani che giravano in grossi bicchieri di mano in mano, luci lampeggianti, tanto fumo ed un’alta probabilità di finire in coma etilico. Isabel non ricordava quasi niente di quella notte, escluso il fatto di aver quasi rotto il naso al suddetto Weasley quando aveva cercato di baciarla.
Finalmente la cameriera consegnò loro le ordinazioni. Isabel prese tra le mani il suo cappuccino e cominciò a trangugiarlo, quasi senza riprendere fiato. Sentiva il mal di testa attenuarsi, e benedì la caffeina e i suoi effetti.
Teddy la guardò sorridendo.
“Non strozzarti”
Isabel gli scoccò un’altra occhiataccia.
“Fanculo, Lupin” replicò lei, appoggiando finalmente la sua tazza sul tavolino. Alzò lo sguardo, perdendosi nella distesa scura che erano gli occhi di Teddy: quelli non li mutava mai. Isabel adorava gli occhi di Teddy: sempre così dolci, comprensivi e trasparenti. Gli voleva un casino di bene, ma non era molto carino ridere del suo aspetto orrendo, e lui lo faceva bellamente e senza vergognarsene.
“Come sei fine”
“Le persone fini sono una rottura di coglioni”
“Per questo sei andata al festino di Hugo?”
Eccolo, l’argomento del giorno: Isabel Jones era andata al festino di Hugo Weasley. Chiedendosi quando avrebbe smesso di farle il quarto grado, Isabel sbuffò.
“Volevo divertirmi un po’” commentò, anche se in realtà quello era l’ultimo motivo che l’aveva spinta ad accettare l’invito di Hugo al festino.
“Solo questo? Nah, non ci credo!” esclamò lui, senza smettere di ridere.
“Vuoi che ti faccia una fattura adesso o subito?” borbottò, senza smettere di guardarlo con frustrazione. Continuava a tergiversare, ma tanto sapeva che prima o poi gliel’avrebbe tirato fuori di bocca, il vero motivo: era solo questione di tempo. Con Ted tutto era questione di tempo.
“Questo è un bar di Babbani. Teoricamente dovrei arrestarti solo per averlo pensato”
Isy sbuffò.
“Lupin, sei una noia mortale”
“Ma almeno io non vado a stupidi festini al limite della legalità per soffocare i problemi”
“Che genere di problemi, scusa?”
“Tipo, non so… il fidanzamento di James?”
Ah. Era quello.
Sul viso di Isabel si formò un’espressione decisamente colpevole, e per l’ennesima volta maledì la sua eccessiva espressività. Odiava essere un libro aperto per le persone che aveva intorno: le dava un fastidio assurdo. A volte avrebbe voluto essere come sua sorella Elizabeth: brava a nascondere le brutte emozioni, sempre pronta a sorridere e a dare il meglio di sé anche quando si sentiva da schifo. Anche lei ne era capace, ma di solito quando stava da schifo tutti lo notavano, specialmente Teddy.
“Isabel…”
“Ted.” lo bloccò subito “Sto bene”
“Vedo”
“Senti, sono solo reduce da una sbornia colossale. Per il resto sto bene. Anzi, è fico che Jamie si sposi”
Sì, fico. Come no.
Come bugiarda Isabel faceva veramente schifo, e lo capì quando vide il sopracciglio turchese di Ted schizzare in alto.
“Fico?”
“Già. Una ficata assurda” ma non era troppo convinta. Anzi, sarebbe più corretto dire che non era affatto convinta.
“Isy, ma la smetti? Hai una cotta per Jamie dal terzo anno di Hogwarts. Ti aspetti che ti creda?”
“Non ho una cotta per James!”
“Certo che no” replicò lui, avvicinando la sua tazza alle labbra “Tu sei innamorata di lui”
Isabel sgranò appena gli occhi. Fu un movimento appena percettibile, ma evidentemente Ted la conosceva troppo bene per non notarlo; appoggiò la tazza sul piattino e guardò Isabel con preoccupazione: non voleva che stesse male, non lo aveva mai voluto, ma con un problema del genere il dolore era inevitabile.
Isabel abbassò lo sguardo sul tavolo, torturandosi le mani e mostrando finalmente il suo vero stato d’animo, nascosto sotto un’emicrania che ancora pulsava nella sua testa.
“Vedi?” affermò Ted “Se continui così non ci arrivi viva, al matrimonio”
“L’obbiettivo era quello” affermò, ormai scoperta.
“Ma dovresti, sei una delle damigelle d’onore!”
“Ci penserà Rose. Non sarò complice di questa boiata”
“E perché dovrebbe esserlo?”
Isabel alzò leggermente le spalle, guardando finalmente il metamorfomagus.
“Lizzie non è la donna per James.”
“Come fai a dirlo?”
“Lo so e basta” affermò, finendo il suo cappuccino per poi lasciare una sterlina sul tavolo. “E sta pur certo che non ci sarò, a quello stupido matrimonio”
Isabel stava per andarsene, ma qualcosa nello sguardo di Teddy la bloccò lì, sul tavolino.
“Tua sorella ci rimarrà malissimo”
“Lizzie capirà”
“James ti odierà a morte”
“Meglio. Almeno non sarò costretta a vederli insieme”
“Chi accompagnerà Lizzie all’altare? Adesso che vostro padre…”
“Troverà qualcuno!” ringhiò, a voce abbastanza alta. Dei Babbani lì vicino li guardarono increduli “Non può sempre avere bisogno di me! Non sono una balia, cazzo!”
‘E presto non ci sarò più’ aggiunse una vocina nella sua testa, ma la scacciò bruscamente: non poteva dirglielo adesso: non era il momento adatto.
“Ma lei ci tiene. La deluderai”
“Pazienza. Sono cose che capitano. La vita è deludente, è ora che lo capisca anche lei”
E, detto questo, uscì fuori dal locale, nella fredda e uggiosa mattina londinese.


*


Isabel era in cucina e stava lavando i piatti quando un violento Crack la fece sobbalzare. Fece appena in tempo a voltarsi prima di vedere James Sirius Potter apparire dalla porta che dava sul soggiorno: il viso normalmente dolce e pallido era rosso e contratto per la rabbia; i suoi occhi nocciola lanciavano lampi di rabbia ma anche di confusione, ed i suoi capelli neri erano più scompigliati del solito.
Isabel lo conosceva abbastanza bene per dire che era arrabbiato, anche se non ci voleva di sicuro una perizia psichiatrica per capirlo.
“Isabel, dobbiamo parlare”
Isy si tolse i guanti per lavare i piatti e si voltò, appoggiando mani e schiena sul lavello.
“Si tratta del festino o di quello?” disse, indicando con un cenno del capo l’invito al matrimonio sul tavolo, ancora intatto e non aperto.
“Teddy mi ha detto tutto”
Isabel si sentì sprofondare, incredula. Come aveva potuto Teddy rivelare tutto a James? Non era possibile!
“Tutto cosa?” la voce le uscì strozzata.
“Che non verrai al matrimonio”
Isabel avvertì subito un moto di tranquillità pervaderla alla notizia che Ted non aveva spiattellato tutto riguardo ai suoi sentimenti, ma subito dopo avvertì un profondo senso di disagio e colpa dentro di sé. Non avevano mai parlato di matrimonio, mai. James stava con Lizzie da due anni, eppure non aveva mai pensato al matrimonio. Magari l’idea gli era venuta in mente così, dal nulla, in un pomeriggio d’estate. Tipico di James: fare le cose senza pensarci molto e poi non riuscire a rimediare ai suoi casini. Così poi ci doveva pensare Isabel a sistemare tutto.
Ma quella cosa doveva finire al più presto, perché lei non sarebbe stata lì per molto.
“Non mi piacciono le feste mondane”
“Cazzo, Isy!” esclamò lui, battendo un pugno sul tavolo “È del mio matrimonio che stiamo parlando! Del matrimonio di tua sorella!”
“E allora? È una festa mondana”
“Non puoi… tu… tu non… non…” ringhiò e diede un pugno al tavolo con ancor più forza.
“Ti farai male se continui così” affermò lei, imperturbabile, in un vano tentativo di bloccare la verità. Non doveva saperlo, non prima del matrimonio. Non poteva dirglielo così, ma forse era il momento giusto. Forse avrebbe dovuto…
“Quando Lizzie l’ha saputo è quasi scoppiata in lacrime!”
“Dimmi per cosa non piange Lizzie…”
“Non è questo il punto!” tuonò ancora lui. Nonostante fosse sempre svagato e con la testa sulle nuvole, quando si arrabbiava era concentrato. “Isy, è il mio matrimonio. Tu devi esserci. Ti voglio lì”
“Non posso, Jamie” mormorò lei, mordendosi le labbra.
“Ma perché?”
Sospirò. Tanto alla fine l’avrebbe scoperto, matrimonio o non matrimonio.
“Teddy non sa tutto. Anzi, a dir la verità sa solo che non ci sarò” affermò, cercando su una pila di fogli quello desiderato. Arpionò una busta già aperta e la lanciò a James, che l’afferrò al volo. “Leggi. Lì c’è il motivo”
James guardò la busta, poi ancora Isabel e poi ancora la busta. Alla fine prese la lettera al suo interno, lesse due righe e si bloccò. Isy capì immediatamente che si era bloccato, e non furono solo undici anni di stretta convivenza, battute, segreti, scherzi e quant’altro a farglielo capire. No, conosceva James meglio di chiunque altro perché, chissà come, quando ami una persona sei così attento a quest’ultima da perderti completamente nei piccoli, inutili dettagli. Tipo quanti giri fa fare allo zucchero nel te prima di berlo, o in quali precise occasioni si scompiglia i capelli.
“Che vuol dire?” disse, come se non capisse.
Sospirò.
“Che il giorno del matrimonio sarò già nella fredda e confusionaria New York a lavorare al New York Magical Medical Center, e che non tornerò se non per il breve periodo Natale-capodanno”
L’idea di partire per New York le era venuta molti anni prima, e quindi non era una novità. Ma poi si era presa una cotta per James e l’idea di partire per la Grande Mela insieme a quest’ultimo era scemata nel nulla. Ma poi, due giorni dopo aver saputo del matrimonio di James e Lizzie, mezza sbronza e con le lacrime agli occhi, Isabel aveva afferrato la lettera che il NYMMC le aveva spedito qualche giorno prima, chiedendole di andare lì per un ottimo lavoro come Guaritrice ben stipendiato ed aveva risposto di sì; non riusciva a sopportare l’idea che James, il suo James, venisse risucchiato nel nulla di una nuova vita con Elizabeth, e l’idea che tutte le sue speranze si fossero infrante contro un muro di realtà le faceva ancora male. Perché, con la stessa passione di una ragazzina innamorata, Isabel aveva mantenuto vive quelle poche speranze che le restavano su lei e James insieme, a New York. E l’idea che fosse stata proprio Lizzie, la sua sorellona, a calpestare quelle speranze senza il minimo riguardo le faceva più male di qualsiasi altra cosa.
“Jamie…”
Ma lui non c’era già più. Un Crack se l’era portato via.


*


“Secondo me dovresti parlargli tu, Rosie”
“Perché?”
“Ma andiamo! Potresti convincere la McGranitt a farmi una lap-dance se trovassi argomenti convincenti!”
“Ma finiscila! Dovrebbe pensarci Lys, lui è quello bravo in queste cose!”
“Lysander è in Africa del sud, lo sai benissimo”
“Lily, perché non…”
“Ma scherzi? Io non so consolare la gente…”
“La volete smettere? Sto cercando di dormire”
Rose, Lily e Albus zittirono di botto: erano certi che James stesse dormendo, e i loro erano sussurri.
“Siamo preoccupati per te” affermò Lily, sedendosi accanto alla testa del fratello. Era sdraiato sul divano dell’appartamento di Al da almeno un’ora e mezzo, non aveva detto una parola a nessuno. Alla fine il giovane Potter si era visto costretto a chiamare Rose e Lily. Avrebbe contattato anche Teddy, ma lui aveva da fare al lavoro.
James alzò finalmente la testa dal cuscino verde dove aveva spiattellato il viso un’ora e mezzo prima, scoccando un’occhiata scettica alla sorella. Lilian, minuta, bassina, con i capelli rosso scuro raccolti in una treccia e i grandi occhi castani puntati sul viso di James, lo guardava dall’alto con aria preoccupata, ma a James non importava. Rivelargli il vero motivo della suo malumore significava far soffrire tutti quanti, perché tutti volevano bene ad Isy. Era una di quelle persone un po’ disastrate che si fanno voler bene per forza*, lei.
 “Su Rose posso anche crederci, ma tu? Tu non ti preoccupi mai per niente. E Albus, neanche a parlarne! Potresti dirgli che domani ci sarà l’apocalisse e lui si limiterà ad alzare le spalle”
“Ti ricordo che sei sul mio divano, fratellone. Posso sfrattarti quando voglio”
“Seriamente, Jamie” affermò Rose, sistemandosi accanto al cugino “Che è successo?”
E come poteva dirglielo? Isabel se ne andava per sempre. Svaniva a New York, immersa in una nuova vita senza di loro e non gli aveva detto niente. Pensava di svanire nel nulla? Di lasciare un cartello “VENDISI” sulla porta di casa sua e di scomparire? E poi perché proprio adesso?
James mugugnò e tuffò ancora il viso nel cuscino, facendo sospirare Lily. Albus si limitò a far roteare gli occhi, scuotendo la testa, mentre Rose si inginocchiava sul pavimento accanto alla testa di James.
“La nazionale Inglese ha perso contro i Pride of Portree**” brontolò lui, gli occhi nascosti sotto il braccio.
“Ma tu tifi Pride of Portree”
“Ma tifo di più l’Inghilterra”
Albus sbuffò.
“Stai diventando seccante. Che è successo?”
James sospirò, mettendosi finalmente seduto. Li guardò tutti e tre, uno per uno, in silenzio. Ripensò a tutte le punizioni che Lily aveva scontato a causa dei progetti scellerati di Isabel, a tutti i discorsi che Rose scriveva con il fedele aiuto di Isy, a tutto il tempo che Isabel ed Albus avevano sempre passato insieme.
“Isy se ne va”
Rose e Lily lo guardarono senza capire, mentre Albus si lasciò cadere su una poltrona. La sua espressione era neutrale, ma negli occhi si poteva notare confusione. Nessuno dei tre poteva concepire l’idea che Isabel – la gioiosa, allegra, cinica e divertente Isabel – potesse partire per un altro luogo, lontana dalla tanto amata Londra, dalla così adorata Inghilterra. James li capiva, ma sapeva che Isabel sognava da una vita di partire per New York, così come lui. Avevano progettato di partire insieme così tanti anni prima che il solo ricordo faceva male.
“Va in vacanza?”
“No. Se ne va. Ha accettato una proposta di lavoro a New York. Non tornerà se non… com’è che ha detto? Ah, se non per ‘Il breve periodo Natale-capodanno’”
Albus sgranò gli occhi, guardando il fratello come se scherzasse. Rose scoppiò a ridere, credendolo davvero uno scherzo, ma quando intercettò lo sguardo vuoto del cugino capì che non scherzava affatto ed ammutolì. Lily quasi perse l’equilibrio, ed affondò le unghie nel divano per non cadere. James la vide distrattamente stringere i denti, e la sua espressione si indurì all’istante. Rose divenne pallida come un lenzuolo. Albus fissò il viso di James come se non riuscisse a metabolizzare la notizia.
“Se… se ne va?” biascicò Rose “M-Ma… quando?”
“Prima del matrimonio. Non so di preciso quando”
Albus scattò in piedi e corse via, forse per vomitare anche l’anima. Isabel era anche la sua migliore amica, era un po’ la migliore amica di tutti. Tutti le volevano bene, e lei stava ferendo tutti. Rose continuò a guardare James con gli occhi lucidi, tremando appena.
“Come… come può andarsene?” esclamò Lily, balzando in piedi “Non può andarsene! Non così! Deve prima venire al matrimonio…”
James sbuffò sarcastico.
“Dubito che sarebbe mai venuta ad un matrimonio”
“Non può andarsene davvero! Non può!” continuò ad urlare Lily, rovesciando il tavolino davanti al divano, tempestando di pugni il muro, con gli occhi lucidi e il cuore in pezzi.
James rimase lì, a guardare il tavolino in pezzi e ad ascoltare le urla di rabbia della sorella, incredulo e vuoto come mai era stato prima.
Se ne andava davvero. Come avevano sempre progettato di fare.

*

“Tu adesso vieni con me”
E, con questo meraviglioso inizio, Teddy trascinò Isabel di peso verso la casa dei signori Potter per una cena di famiglia, ignorando le veementi proteste di quest’ultima.
“Devi venire” affermò ad un certo punto lui, strattonandola per un braccio “Presto partirai, e loro non ti vedranno più!”
“Tanto parto tra due settimane!” strepitò la ragazza, mentre scivolavano lungo il vialetto di casa Potter. “Posso parlarci quando voglio!”
“Sì, ma non parlerai più con gli altri”
“Per gli altri intendi James o proprio tutti?”
“Tutti tranne Lorcan, ovviamente. Non ammetterebbe mai che gli mancherai da impazzire come faccio io”
“Oh, Teddy, ma che tenero!” esclamò lei, con goliardica tenerezza.
“Isy, vaffanculo” E questa volta se lo meritava per davvero, un vaffanculo.


*



Teddy l’aveva strategicamente posizionata né lontana né vicina da James, in tavola. Tutti intorno a lei parlavano del matrimonio, di quanto fosse fantastico che lui e Lizzie si sposassero, di quanto non vedessero l’ora. Isabel si sentiva soffocare sempre di più nel giogo della tristezza che portavano quelle chiacchiere. Avrebbe voluto sparire nel nulla, dileguarsi fuori e partire subito per New York anziché tra due settimane. Tutto pur di non vedere una felicità che le restava estranea, che affondava dentro di sé come un coltello ghiacciato.
“Isabel, come mai tutta zitta?” esclamò Ginny, sorridente.
“Uh, niente… un po’ di pensieri…”
“Immagino” brontolò Albus, da dietro la forchetta alzata. James gli diede una gomitata nelle costole, ma il ragazzo non fece una mossa. Isabel gli lanciò un’occhiataccia.
“Perché?” domandò Harry, confuso.
“Isabel è stata chiamata a lavorare a New York come Guaritrice” affermò Lilian, la voce piena di rancore.
“Oh, Isy, ma è meraviglioso!” esclamò Ginny, con un sorriso un po’ tirato. Harry lanciò uno sguardo preoccupato al figlio maggiore, che per risposta abbassò lo sguardo sul suo piatto e cominciò a mangiare con foga pur di non alzarsi e spaccare la faccia ad Isabel.
“Una meraviglia” brontolò Albus.
“Qualcosa da obbiettare, Al?” replicò la ragazza, lanciandogli uno sguardo di fuoco.
Sulla tavola calò il silenzio. Tutti guardavano i due con preoccupazione, mentre Teddy cercava di attirare l’attenzione della ragazza, inviti che lei ignorò. Non sopportava l’idea di ferire Al, ma era la sua vita e lei ne faceva ciò che voleva. Voleva andare a New York? Bene, ci sarebbe andata, ed Albus non aveva il diritto di scegliere per lei. O almeno era questo che si ripeteva senza sosta: in verità non voleva andare a New York per sempre, non voleva vedere il rancore negli occhi di Lilian o in quelli di Albus; avrebbe preferito rimanere lì con tutto il cuore, ma non poteva: il dolore era troppo per essere sopportato, non sarebbe riuscita a liberarsene mai rimanendo lì.
“Quando pensavi di dirmelo?”
Isabel sospirò.
“Lo sapevo. Tutto si riduce sempre al quando, vero?” sussurrò. “Vuoi la verità, Al? Non l’avrei detto. Avrei scritto una lettera a Teddy, che poi vi avrebbe informato, dopo il matrimonio”
“Perché con te è sempre tutto così difficile?!” tuonò Albus, scattando in piedi.
“Al!” esclamò Rose, alzandosi in piedi a sua volta. “Al, aspetta!”
Ma il moro era già svanito ai piani superiori.
Anche Isy se ne andò, senza dire una parola, e Teddy si ritrovò a seguirla, sospirando.
James abbassò lo sguardo sul suo piatto. Quando era diventata così lontana?






* : Frase di Margaret Mazzantini
** : La mia squadra di Quidditch preferita, di conseguenza anche la squadra preferita di James e Isabel =P















   
 
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