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Autore: Anthy_    06/04/2012    3 recensioni
Tutte le porte conducono da qualche parte. Anche se danno su un muro di mattoni.
[…] Esplorò la casa e contò esattamente quattordici porte: tredici si aprivano normalmente, la quattordicesima no.
[long-fic ispirata al romanzo di Neil Gaiman “Coraline”. Buona lettura :)] 
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Scott/Yuuya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The door.

Tutte le porte conducono da qualche parte. Anche se danno su un muro di mattoni.

 

I
 

Kogure scoprì quella porta poco dopo aver traslocato.

La struttura era una vecchia villa a tre piani, dalle persiane di legno marcio e le tegole ammuffite.

Aveva accettato quell'impolverato appartamento poichè era l'unico posto libero vicino alla città di Inazuma-chou.

La villa comprendeva anche un ampio giardino, di vecchie erbacce e alberi secolari. Nel mezzo era stato costruito un pozzo. Il venditore gli

aveva accuratamente raccomandato di non sporgersi, poiché in un anno caddero una decina di uomini, spinti dalla vorace curiosità.

Un tempo, quel giardino era colorato come l'arcobaleno, di gigli, peonie, fiordalisi, violette! E poi, quando la villa fu abbandonata, cadde nella

più totale disoccupazione. Gli alberi divennero spogli, i cespugli scomparirono come i fiori e tutto si sgretolò in nuvole di polvere.

Pochi coraggiosi intrepidi cercarono di risistemarlo, poichè tornarono dal lavoro punti dalle zanzare e rossi per il prurito delle ortiche.

La casa però non era occupata solo da lui: nell'appartamento del pianterreno vivevano l'eccentrica madame Rika e la tradizionalista madame

Touko. A quanto sapeva, erano andate in pensione dal Moulin Rouge di Parigi da chissà quanto, per rifugiarsiad Inazuma-chou. Avevano

osservato la villa marcire sotto i loro occhi. In casa si prendevano cura di alcune farfalle “addestrate”, dagli sgargianti colori dell'arcobaleno.

Nella soffitta invece, viveva il bizzarro signor Kazemaru; quando parlava della suo “circo” gli sbrilluccicavano gli occhi dalla fierezza. Aveva già

fatto visita a lui e a quanto aveva visto lo poteva considerare un uomo piuttosto buffo: andava in giro con l'insolito completo rosso – dai bottoni

in oro – per il suo ex lavoro: addestratore di leoni; e dopo essersi rifugiato ad Inazuma-chou avevano allestito nella sua ammuffita soffitta un

circo di ratti. Seppur avesse una cinquantina di anni – anno più anno meno – era ancora rimasto un abile atleta.

Kogure non occupava interamente il suo secondo piano, lo condivideva con la ventiduenne Haruna e il fratello trentenne Kidou.

Qando la vide ebbe un tuffo al cuore: le ricordava così tanto la madre, persa a tre anni. I capelli blu del medesimo colore e i grandi occhi viola.

Purtroppo Kidou non lo accolse a festoni e coriandoli: lo interpretò come una minaccia, per la paura che perdesse l'affetto della sorella.

La porta venne scoperta un mite giorno d'inizio settembre, quando il sole faceva capolino raramente da grossi nuvoloni grigi.

Kogure scivolò sulla sedia di legno ed esordì bonario, tastandosi la pancia piena: «Che noia, vero Haru-chan?»

La donna, - intenta a passare la spugna umida sui piatti del dopo pasto - rispose seppur distrattamente: «Mhn... sì.»

Dopo essersi resa conto della domanda, fissò Kogure con quei suoi dolci occhi e propose: «Perchè non chiacchieri con mio fratello?»

L'altro dopo aver rimuginato qualcosa sottovoce, spiccò un balzo dalla sedia e si diresse verso la porta aperta dello studio.

Kidou era letteralmente sommerso dai fogli, tanti fogli; bianchi o scritti. Lo circondavano, anche se lui li ignorava, troppo concentrato sul

lavoro che stava svolgendo al computer. I tasti bianchi venivano premuti velocemente e le lettere si componevano oltre quei googles rossi.

«Che combini?» domandò, appoggiandosi alla parete sinistra vicino la porta. L'altro mormorò qualcosa. Kogure richiese: «Che combini?»

E a quel punto Kidou sbuffò, si massaggiò le tempie - facendo un bel respiro liberatorio - e sibilò: «Perchè non vai a contare le porte?»

«Ottima idea!» esclamò l'altro, sfilando un sorriso. Seppur Kogure avesse compiuto da poco vent'anni esatti, era ancora rimasto un bambino.

Esplorò l'appartamento e contò esattamente quattordici porte: tredici si aprivano normalmente, la quattordicesima no.

Costruita in classico legno marrone e con una maniglia d'ottone impolverata, dopo aver tentanto inutilmente di aprirla, sconsolato inghiottì la

zuppa di verdure a malumore. Haruna si avvicinò e gli mise delicatamente una mano sulla spalla. «C'è qualche problema, Kogure-kun?»

Lasciando ciondolare le gambe avanti e indietro sotto il tavolo, rispose: «Dove porta quella piccola porta nel salotto?»

L'altra ne sembrò quasi sorpresa ed asserì: «Oh, da nessuna parte, vieni con me, ti faccio vedere.»

Prese un mazzo di chiavi da sopra la cornice nera della porta della cucina e si fece seguire fino in salotto.

Arrivata lì, si inginocchiò a terra, scelse la chiave più nera, vecchia e arrugginita, la infilò e diede i giri di chiave. Kogure trattenne il respiro.

La porta si aprì con un "kriiiiii" e mostrò un semplice muro di mattoni. Che delusione, pensò imbronciato, mentre Haruna richiudeva la porta.

«Non hai dato i giri di chiave.» le fece notare, indicando la serratura d'ottone arrugginito. La coinquilina scrollò le spalle. «E perchè dovrei?»

Kogure non disse nulla. Poi, ritornarono entrambi in cucina e Haruna riappese le chiavi.

 

*****

 

Quella notte, Kogure giaceva sveglio nel suo letto dalle lenzuola bianche, ascoltando la pioggia tintinnare contro i vetri della finestra.

Non era una pioggia qualunque, da quattro soldi, aveva ridotto l'intero giardino in una poltiglia di fango e melma ed enormi pozzanghere.

A un certo punto si sentì un "t-t-t-t-t-t-" sommesso dal salotto, seguito da un fastidioso e acuto "kriiiiii".

Kogure aveva già sentito quel rumore, quello stesso giorno. Quando la porta si era - ... non fece in tempo a pensarlo, che con una torcia in

mano si stava dirigendo verso il salotto, con il cuore in gola. Voltò il capo più e più volte, a destra e sinistra, ma tutto era a posto.

Si avvicinò alla porta e scoprì che era leggermente aperta, di uno spiraglio. Impugnò la maniglia d'ottone e con uno scatto la tirò.

Davanti a lui si presentò il normale muro di mattoni rossi. Sospirò liberatorio e ancora con passi incerti ritornò in camera sua.

Prima di entrare, un'ombra nera lo sfiorò, per poi dileguarsi sotto l'uscio della casa.

Quella notte, Kogure non dormì.

 

 

~Angolino cioccolatoso.

Allora, perchè questa long? [tra parentesi: ehilà a tutti!]

Perchè Kogure è un personaggio che si vede poco nelle fanfic e volevo postar qualcosa.

La long sarà ispirata al fantasticostupendo libro 'Coraline' di Neil Gaiman.

Spero che l'idea possa piacere, seppur con uno addestratore di ratti Kazemaru possa sembrare... bizzarra.

I personaggi citati in questo capitolo saranno i principali, non so ancora sicura se inserirne altri.

Ringrazio anche chi solo leggerà il capitolo e ringrazio in anticipo chi recensirà.

Aggiungo, che io sono lentadavverodavverolenta ad aggiornare.

E aggiungo che questa storia potrebbe essere cancellata per mancanzia di ispirazione.

=D Tanti abbraccioni cioccolatosi,

Anthy_ (ex ChocoChan) 

  
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