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Autore: Emerald Liz    06/04/2012    2 recensioni
Sotto la maschera di fierezza di Deidara si nasconde un'insicurezza che lui non permetterà mai a nessuno di vedere. Finchè non sarà troppo tardi.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Deidara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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«Dov’è il Jinchuuriki?» mi apostrofò Zetsu, appena io apparsi nella radura.
«Ho già portato a termine la mia missione.» gli risposi acido, guardandolo dall’alto in basso.
Ero stanco e ferito, e l’ultima cosa che volevo in quel momento era essere maltrattato da lui.
In realtà, volevo solo vedere il mio Maestro.
Non appena il pensiero di lui mi comparve nella mente, sorrisi, senza fermarmi a riflettere sul fatto che mi avrebbe certamente ucciso se mai avesse saputo che pensavo a lui in questi termini.
Scossi la testa, perso nelle mie riflessioni: non glielo avrei mai, mai, mai detto.
Nessuno al mondo avrebbe dovuto sapere che c’era qualcuno in grado di piegare la mia risolutezza e di farmi sentire così insicuro.
Improvvisamente, tornai alla realtà: Zetsu stava parlando da qualche minuto, e io non avevo ascoltato una parola.
Ma non era questo a preoccuparmi, bensì una frase che lui aveva detto con tono quasi casuale, ma che mi aveva colpito come una cannonata.
«… un disastro, il nascondiglio è distrutto, e hanno ucciso Sasori.»
Mi sentii gelare.
Hanno ucciso Sasori.
“Non è possibile.”
Zetsu mi guardava, come se aspettasse una risposta.
Improvvisai un tono indifferente, e con aria menefreghista commentai:
«Diceva che l'arte è “una bellezza che dura per sempre" e poi è morto un secondo dopo.»
Aggiunsi anche un sorrisetto strafottente, tanto per dare credibilità alla mia reazione.
Zetsu sembrava soddisfatto della risposta, e per il resto del viaggio mi lasciò in pace.
Nel mio animo, intanto, combattevano fazioni opposte: da una parte, speravo che fosse uno stupido, crudele scherzo, ma dall’altra sapevo, sentivo che era la verità.
Ebbi la conferma una volta arrivati: le macerie del nascondiglio erano disseminate di marionette spezzate, contorte, il lavoro di una vita del mio Maestro buttato al vento.
Poi, proprio in mezzo a quella che ormai era diventata una radura di massi, un lampo rosso catturò la mia attenzione.
Col cuore in gola, mi avvicinai.
Il corpo che Sasori si era costruito con tanta pazienza e costanza era trafitto da diverse lame, tre delle quali nel cuore.
Lo presi tra le braccia e lo girai, in modo da poter vedere il suo volto.
L’unica parte di lui rimasta assurdamente intatta e immacolata era il suo viso perfetto, quel viso che, quando ero sicuro di non essere visto, avevo ammirato, desiderando di poterlo anche solo sfiorare.
Gli occhi erano chiusi, appena coperti dai capelli rossi.
La sua espressione era pacifica e sembrava sorridere leggermente, come se fosse nel bel mezzo di un sogno.
Era bellissimo.
Trattenendo a stento le lacrime, riuscii a pensare solo una cosa: lo amavo.
E non glielo avevo mai detto.
Ora era troppo tardi.
E io non gli avevo mai detto niente.
  
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