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Autore: Agapanto Blu    06/04/2012    3 recensioni
Sulle mura Troiane, un guerriero guarda i Greci arrivare e attende il momento in cui andrà da solo contro di loro.
Sulle mura Troiane, una donna implora il suo amore di non abbandonarla.
Una separazione eterna che determinerà la fine della più grande guerra mai combattuta.
***
Storia epica incentrata su un personaggio femminile che mi ha sempre affascinata ma di cui non vi faccio il nome per lasciarvi la sorpresa.
Questa storia è pura follia perchè i personaggi sono abbastanza OOC ma forse andò davvero in questo modo, chissà...
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DELL’ARALDO E DELLA SPOSA
 
Il rumore delle onde violente sul bagnasciuga roccioso. Il suono del vento che fustigava gli alberi della costa, piegandoli e costringendoli a gemere implorando pietà. Il verso dei gabbiani che permeava l’aria con la sua sgraziata rudezza. Il metallo che cozzava regolare contro altro metallo, il bronzo delle armature contro il ferro delle lame. Il suono di un corno ottenuto da una conchiglia che urlava il suo lamento lugubre al cielo e alle anime in pena. Il passo ritmico degli uomini che si radunavano per partire. Il battito regolare del cuore nelle sue orecchie, nella sua mente.
Troia si ergeva sotto i suoi occhi per la potenza che era: una città di uomini, una città di eroi.
Le scogliere a picco sul mare saettavano, aguzze, come monito per gli assalitori in arrivo: questa è patria di guerrieri, questa è la tomba degli Achei, questa è la morte degli indegni. La città, arroccata sul mare, si richiudeva su sé stessa per prepararsi alla battaglia. Il cielo si addensava di nubi scure che promettevano tempesta. Le navi si stagliavano all’orizzonte come una corta linea irregolare e frastagliata che spezzava il connubio tra mare e cielo, tra uomini e dèi. 
Le strade dell’astu* erano diverse dal solito: niente bambini, niente donne, solo soldati pronti alla guerra. Gli elmi, le lance e gli scudi lanciavano solo fugaci brillii per l’assenza del sole ma splendevano del coraggio di chi li portava.
Le mani del guerriero si posarono sulle pietre della torre dell’acropoli**, da dove lui guardava la morte arrivare sotto forma di navi nere, ma non tremarono.
Il silenzio, lassù nella parte alta della città, era quasi irreale ma lui sapeva che mancava poco a quando anche il suo passo ritmico l’avrebbe spezzato per poi mescolarsi con il suono della marcia dell’esercito troiano.
Troia difende i suoi abitanti, Troia difende le sue donne, Troia difende i suoi bambini, Troia difende i suoi supplici. Ma Troia non può difendere anche i suoi guerrieri.
Un passo spezzò la gelida immobilità che aveva sommerso la città come una nebbia invernale, che tutto prende e uccide fino a quando Primavera tutto non riporta alla vita. Ma, per gli uomini, Primavera viene una sola volta e mai dopo che Inverno li ha toccati con le sue spire di ghiaccio e pallore.
Un fulmine rischiarò il cielo e si abbatté in mare, illuminando l’imponente flotta Greca e riflettendosi nelle iridi nere dell’uomo prima che il tuono facesse tremare la terra e i corpi ma non i cuori dei Troiani.
La pioggia iniziò a cadere su quel giorno che sarebbe stato di battaglia, sul sangue che stava per essere versato e sui cadaveri che sarebbero ritornati a casa sugli scudi***.
I piedi delicati che avevano osato frusciare lì sulle mura del palazzo anziché nel gineceo**** si fermarono dopo aver terminato le scale, due passi dietro la figura imponente del guerriero.
Il silenzio tornò inviolato.
La donna non parlò, l’uomo non si voltò.
La leggenda diceva che, un tempo, esistevano umani che non erano né uomo né donna, gli Androgini: gli dèi, invidiosi della loro completezza, li divisero in due e li separarono creando così il maschio e la femmina e, da allora, le due parti vagano per la terra nella speranza di rincontrare la propria metà e riunirsi ad essa per l’eternità.
Il corno suonò una seconda volta, chiamando gli uomini alle armi, e campane sgraziate risuonarono nella città dando un allarme che i Troiani già avevano compreso.
Il guerriero si mosse staccandosi dalle mura e si voltò.
La donna sobbalzò leggermente e alzò sul suo viso due grandi occhi neri, ricolmi di paura. La sua veste bianca si stava inzuppando rivelando le sue forme sottostanti ma lei non ne aveva più pudore perché un terrore troppo più grande le pervadeva la mente e le membra, il peplo***** che le cingeva la vita non poteva brillare senza la luce del sole e le pietre preziose e i fili d’oro parevano solo metallo opaco e scarti del mare, i piedi scalzi rivelavano la fuga segreta dalle stanze femminili e i capelli neri e lunghi in parte le svolazzavano attorno al viso seguendo i capricci del vento e in parte le si incollavano al viso per la pioggia.
Il guerriero davanti a lei non aveva nulla del ragazzo che aveva amato: i capelli neri erano stati tagliati cortissimi, in previsione della guerra, e gli occhi neri erano pozzi senza fondo in cui smarrire la ragione per la gelida determinatezza e la forza guerriera.
“Perché?” osò sussurrare la giovane, gli occhi che le si riempivano di lacrime nascoste dalla pioggia.
“Perché ci attaccano.” rispose lui lapidario, “E noi ci difendiamo. Torna alle tue stanze e aiuta la tua signora a tessere, ubbidisci ai suoi ordini come io obbedisco a quelli del mio signore.”
La giovane fece un salto indietro, spaventata dalla durezza di lui.
“Sarai il primo a cadere.” sussurrò, “Disarmato tra guerrieri: non avranno pietà di te!”
“E non la voglio la loro pietà!” ribadì lui duro, “Nessun uomo degno di tal nome aspira alla pietà del cane che assalta la sua casa e minaccia la sua famiglia!”
“Gli dèi non vogliano!” esclamò lei, “La tua morte insensata non proteggerà Troia come farebbe il tuo braccio armato, come potrebbe la tua lancia e il tuo cocchio trainato da cavalli veloci, essi che sarebbero figli di Zeus per te!”
“Sono bestemmie le tue, vaneggiamenti senza senso di una donna in preda al terrore.” dichiarò lui senza che il gelido viso mutasse di forma, “Ma la donna sei tu, non io.”
“Vaneggiamenti, li chiami, figlio di Troia? Tu che per primo credevi ai miei responsi!\*\” esclamò la ragazza, “Mi chiamavi prescelta, tu come gli altri, e ora mi accusi d’empietà? Cosa è accaduto al tuo cuore? L’ha forse piegato Crudeltà? Ella nulla può contro Era, compagna fidata di partorienti, e contro Afrodite, della beltà dei visi leggiadri: l’abbiano vinta le protettrici di Troia e delle donne!”
“Le protettrici delle donne non salveranno la città dai Greci: lo farà Priamo, con Ettore e…”
“E Paride?!” lo interruppe la donna, straziata, “Ancora chiami principe il codardo che ci portò sin qui? Non era volere dello splendido Zeus, né di Apollo mio protettore, questa guerra ma fu Iris, dea della Discordia, a decidere per noi tutti il fato funesto! E lui, lui codardo fuggiasco, fu il suo braccio in quest’opera!\**\”
L’uomo scrollò le spalle.
“Sempre di dèi si tratta ed io, con i celesti, non possono competere.” dichiarò, “Non sono un folle che pecca di Hybris, né ho intenzione di diventarlo per star qui con te e perdere tempo: la mia terra mi chiama, io rispondo.”
“Rispondi per cosa? Tu! Pensi che la guerra sarà vinta o sarà persa per mano tua? Tu che solo devi andare ai Greci ad intimargli la resa? Sciocco!”
“Gli dèi proteggono l’araldo e su di lui nessuno alza il braccio se è uomo civile!” ribadì duro il guerriero, “Se invece lo faranno, che le Parche taglino i loro fili e che Ade li chiami a sé a soffrire nel Tartaro: ora spostati, cedi il passo e torna alla tua signora.”
La donna, ingoiati Prudenza e Pudore, che spesso l’avevano protetta tra le loro braccia, le mani spalancò a ostruire il passaggio tra l’uomo e la battaglia.
“Ingiustizia regna in questi luoghi dal ritorno immeritato di Paride!” esclamò, “Apollo, protettore dei vati e degli Oracoli, saprà rendere salde le membra della sua Sacerdotessa cosicché io possa impedire che Follia ti prenda!”
“Apollo è uomo” dichiarò il guerriero avvicinandosi alla donna, “e come tale darà vittoria ai maschi.”
“Tu!” urlò la donna indietreggiando, spaventata dalle parole che già aveva udito, “Tu parli come gli Egizi che inseguirono Danao e le figlie sue per nozze incestuose!\***\ La vittoria sia agli uomini, sì, ma ai Troiani armati!”
Il guerriero non cedette, non si spostò, solo, gelido, fece ancora un passo in avanti fino a guardare la donna dall’alto in basso.
“Spostati.” ordinò.
La donna fremette, tremò di paura, ma le candide braccia non abbassò. Fu lui, allora, ad afferrarla con forza e a spostarla di peso senza rispetto per i veli e le ciocche.
Lei non urlò e lo lasciò fare ma, quando egli fu sul punto di scendere le scale verso la battaglia, gettatasi a terra gli cinse le ginocchia e in lacrime implorò\****\.
“Per Zeus, Era, Atena e tutti i celesti, ti supplico, Figlio di Troia: non abbandonare la tua futura sposa!” implorò, “Dov’è Amore, ora che lo supplico? Dov’è Amore, a cui giurasti di votarti per me?”
Il guerriero sembrò ammorbidirsi, le spalle robuste si abbassarono appena e un sorriso fiorì sulle labbra.
“Rialzati, donna, figlia di Crise.” sussurrò, “Apollo, dio di tuo padre, saprà proteggerti.”
Criseide lasciò le ginocchia dell’amato e gli permise di rimetterla in piedi.
“Non lasciare che Dolore pieghi la tua forza, non lasciare che Paura distragga la tua mente: Amore, che tanto cerchi, è ancora qui, con entrambi, ed entrambi sosterrà secondo il volere degli dèi.” sussurrò l’araldo poi strinse a sé l’amata.
“Addio.” le sussurrò, perché ben sapeva che non sarebbe tornato.
“Addio.” pianse la donna.
Poi, il guerriero scese dalle mura e raggiunse l’esercito.
Dall’alto delle mura, la donna lo guardò ricevere gli ordini da Priamo. Dall’alto delle mura, lo guardò avviarsi, solo, verso i Greci violenti. Dall’alto delle mura, lo vide perire sotto la spada inclemente di Agamennone.
Chiuse gli occhi, versò le sue ultime lacrime poi alzò i pugni al cielo.
“Dove sei, Apollo degli Indovini?!” urlò, “Dov’è la tua protezione per me, che sono tra i tuoi adepti e sono figlia del tuo Sacerdote?!” E i suoi occhi furenti di braci rivolse alle schiere greche che ridevano del primo cadavere. “E voi, empi senza dèi, paghiate cara ogni goccia di sangue Troiano versato!” urlò, “Io, Criseide, sarò causa di molte vostre morti! Sette giorni di pestilenza vedo per voi grazie a me! Grazie a me! A me, che sarò vittima! E dopo il soffrire che mi toccherà, sarà tutto per me una gioia: riderò quando i guerrieri inizieranno a cadere sotto le frecce di Apollo! Infine libera, con il padre guarderò te, Agamennone, andartene incontro al tuo destino perché questa è la mia maledizione: tu che uccidesti l’amante, morirai per mano della sposa, senza onore, nella casa di Argo, sgozzato come un maiale al macello! E allora sarà vendetta per l’araldo ucciso!\*****\”
Ma singhiozzi scossero il petto della giovane alle ultime parole e Criseide, figlia di Crise, si accasciò piangente sulle mura di Troia mentre, in basso, le prime aste venivano scagliate.
 
 
* astu = era la parte bassa della città, dove si svolgeva la vita comune.
** acropoli = era la parte alta della città, dove stavano il tempio e gli edifici sacri.
*** "Torna con il tuo scudo o sopra di esso." I guerrieri valorosi, superstiti, potevano portare lo scudo a casa, mentre i morti dovevano tornare sdraiati sullo scudo come segno di onore: soltanto i codardi tornavano a casa senza scudo, poiché lo aveva abbandonato per fuggire.
**** gineceo = da 'gune, gunaikos' ovvero “donna”: era la parte della casa dove dovevano stare le donne.
***** peplo = la cintura delle donne
\*\ In realtà, era il padre della ragazza ad essere un sacerdote e di lei non si sa se avesse seguito la strada del genitore, io ho immaginato che avesse deciso anche lei di votarsi al dio Apollo, il protettore degli oracoli.
\**\ Iris, dea della Discordia, fu colei che lanciò il Pomo della Discordia, la mela d’oro, al banchetto delle nozze tra Teti e Peleo scatenando quindi la famosa gara tra Atena, Afrodite ed Era per la più bella; la gara fu vinta da Afrodite per scelta di Paride al quale lei promise, per la vittoria, l’amore di Elena, moglie di Menelao e donna più bella del mondo di allora.
\***\ La citazione è la trama della tragedia Le Supplici, (Iketides), di Eschilo; secondo la storia, le Danaidi dovettero fuggire dall’Egitto perché gli uomini di lì, legati a loro dal sangue come cugini, tentarono di sposarle contro la volontà loro e del loro padre.
\****\ Cingere le ginocchia era il gesto dei supplici: indicava sottomissione e richiesta di aiuto sorretta dagli dèi. Chi non rispettava la richiesta del supplice era ritenuto un empio incivile.
\*****\ Criseide, nell’Iliade, non farà mai questa profezia, non comparirà nemmeno di persona, e tutto ciò che dice altro non è che il vero destino di Agamennone che, tornato a casa, verrà ucciso dalla moglie Clitemnestra con l’amante di lei, Egidio. 





Non ho molto da aggiungere. Ho tentato di riprodurre lo stile epico almeno nei dialoghi ma è stata davvero dura e non sono certa di esserci ben riuscita.
Spero che a qualcuno verrà voglia di commentare. :)
A presto,
ciao ciao!
  
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