Un movimento
fuori
mi distrae dal display. Vedo un signore dal vetro, che corre. La
corriera sfila
via e pulisco il finestrino dalla condensa: capelli neri con alcune
striature
grigie, occhi accesi ed un mezzo sorriso che gli dipinge la faccia.
Corre come
un bambino anche se è adulto.
E’ vestito elegantemente: giacca e cravatta,
camicia di alta sartoria, pantaloni e scarpe costosi. Ma non importa,
lui corre.
Piccole falcate aggraziate che fanno voltare gli sguardi, persone
stupite a cui
lui non dà nessuna importanza. Lui va avanti, ha un
obiettivo fisso a cui punta
con quel mezzo sorriso.
Lo guardo mentre appoggio il cellulare e mi chiedo chi
abbia visto. Un’espressione serena e pulita, felice.
Un’espressione che, ahimè,
mi fa nascere dentro una punta di invidia. Mentre lui corre lungo la
via, nella
penombra del pomeriggio primaverile, io viaggio, nel buio della
corriera. Avrà
visto un amico? Magari Marco, quello delle lunghe serate sul fiume,
delle
passeggiate e delle feste, quello che erano anni che non vedevi. Magari
il
fratello, ormai cresciuto, che si è sposato e a cui
è nato da poco una bellissima
bambina, Seline. Forse ha notato l’amore tra la folla, lei,
bellissima come al
primo appuntamento, mentre lo aspetta con quello stesso mezzo sorriso
pieno di
luce. Oppure sta semplicemente correndo incontro al mondo, che lo
guarda con
gli occhi dei passanti, spaesati e divertiti. E mentre mi invento vite,
nomi,
storie e sentimenti il viaggio continua, la corriera va oltre. Il vetro
finisce
e l’uomo scompare d’un tratto dalla mia vita,
così come v’era entrato. Spingo
la faccia contro il finestrino tentando di raccogliere qualche altro
barlume di
quella luce. Mi alzo e guardo dall’altra parte della strada,
cercando un movimento,
un balzo, un sorriso.
L’ho perso. Il viaggio continua. Mi siedo, prendo
l’Ipod,
metto le cuffie e parto.