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Autore: Rosie Bongiovi    07/04/2012    2 recensioni
"Teneteli" disse, lasciando nelle loro mani un ciondolo. Un simbolo della loro amicizia, solida come una costruzione di acciaio, delicata come un castello di sabbia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doveva essere una giornata come un'altra, la sveglia sarebbe suonata, come al solito, troppo presto per i suoi gusti.

“E' una calda, calda giornata a Los Angeles, oggi! Siete pronti a cominciare la settimana? Ci pensiamo noi a farla cominciare come si deve! Ecco a voi l'ultimo singolo di..”.

La donna castana spense di scatto la radiosveglia, come un gesto pressoché automatico da quando aveva trovato il suo primo lavoro. Decise di tenere gli occhi chiusi per un altro po', mentre cercava di fare pace con il mondo e di rassegnarsi al fatto che fosse sveglia e avrebbe dovuto rimanere così per le prossime 15 ore.

“Chi me l'ha fatto fare?” bofonchiò, grattandosi la nuca e sospirando. Nel suo immenso letto matrimoniale pareva come una lunga lince intenta a stiracchiarsi.

Il cellulare cominciò a suonare; partì una canzone piuttosto moderna, quel genere non faceva per lei. Era una donna di quarantacinque anni nel 2012 e mai e poi mai avrebbe smesso di amare il rock, il genere con il quale era cresciuta.

Eppure quella fastidiosa suoneria non l'aveva scelta lei. Ma per spiegare per bene le cose, forse, bisognerebbe aspettare un pochino..

Rispose e abbandonò controvoglia il suo 'stretching' mattutino.

“Pronto?”. La sua voce somigliava vagamente a quella di un presentatore televisivo del sabato sera, su un canale sconosciuto che probabilmente solamente la sua televisione visualizzava. Fatto sta che l'uomo aveva una voce particolarmente roca, provocata da un'operazione alle corde vocali qualche anno prima.

-Autostima a manetta come sempre -, si disse, dopo aver pensato quella strana similitudine.

“Chelsea, buongiorno! Come stai, tesoro?”.

“Mi sono appena svegliata, dovresti sapere che sono parecchio irritabile non appena apro gli occhi” rispose con una punta velenosa. Non ci poteva fare niente, era fatta così, tutti i suoi amici lo sapevano perfettamente quindi non si offendevano più di tanto di fronte al suo caratteraccio di prima mattina.

L'uomo dall'altro capo della cornetta ridacchiò.

“Oggi Ava va a scuola con Charlie.. Quindi, che ne dici di passare da me appena perdi le sembianze e l'atteggiamento del Grinch?”.

Chelsea strinse i denti.

“Ci vediamo tra poco” sbottò, chiudendogli il telefono in faccia, nella maniera più sgarbata possibile. L'avrebbe insultato altrimenti.. Beh, in ogni caso non le importava più di tanto, si sarebbe vendicata a breve.

 

Forse i lettori si stanno domandando tre cose:

1)Quale sia il lavoro di Chelsea

2)Chi sia Ava

3)Chi abbia dato del Grinch alla nostra protagonista

Rispondiamo in ordine.

Chelsea adorava la musica e, per non allontanarsi da essa, aveva deciso di lavorare in una casa discografica. Il suo sogno era sempre stato quello di fare la critica ma, per un qualche strano motivo, da un giorno all'altro aveva repentinamente cambiato idea.

Nel 1988 era entrata in contatto con una famosa rock band, in circolazione già da 5 anni buoni. Erano i Bon Jovi. Jon Bongiovi, il cantante, Richie Sambora, il chitarrista, e Desmond Child, produttore discografico e compositore, per scrivere una canzone avevano chiesto la partecipazione di Diane Warren (ebbene sì, la famosissima e stimata Queen of the Ballad) alias una delle migliori amiche di Chelsea in quegli anni. Diane, però, aveva avuto un impegno improrogabile e aveva scongiurato Chelsea di prendere il suo posto per comporre il brano. La ragazza non se l'era fatto ripetere due volte: i quattro scrissero una canzone che ebbe un discreto successo e che poi finì nel primo album da solista del chitarrista.

Da quel momento in poi continuarono a rimanere in contatto; tra i Bon Jovi e Chelsea nacque una meravigliosa amicizia che andava avanti da uno sproposito di tempo ormai. Le erano stati vicini anche nel momento in cui aveva deciso di fondare una sua casa discografica ma, ahimè, aveva fallito nell'intento.

Aveva tutte le carte in regola per poterci riuscire perfettamente, ma il suo ex capo aveva messo una brutta parola su di lei praticamente ad ogni artista che osava chiedere la sua collaborazione; si era licenziata in malo modo e non glielo avrebbe mai perdonato.

Vi chiederete ora che cosa faccia Chelsea nel periodo in cui è ambientata questa storia..

E' diventata una tournista dei Bon Jovi, nei panni di seconda chitarra.

Speriamo di aver chiarito tutti i dubbi inerenti al punto 1.

Ora, parlando di Ava..

Ava era la primogenita di Richie, nata dal suo primo ed unico matrimonio con l'attrice Heather Locklear, con la quale aveva divorziato qualche anno prima. Subito dopo aveva dovuto affrontare spiacevoli inconvenienti con l'alcool e la relazione con Denise Richards, una delle donne più false che Chelsea avesse mai incontrato nella sua vita, di certo non aveva migliorato la sua condizione. Grazie al cielo, però, quella storia poteva essere tranquillamente messa nell'archivio della sua lunga lista da degno Don Giovanni.

Ava era un'adorabile ragazzina dai lunghi capelli biondi, dagli occhi azzurri – presi dalla madre – e i lineamenti del viso identici a quelli del padre, ovviamente in versione femminile.

Chelsea, essendo la migliore amica del noto chitarrista americano, passava molto tempo con Ava e in quei giorni in cui stava con il padre, spesso la povera musicista si ritrovava a doverle fare da baby sitter, nonostante la ragazza avesse già 14 anni.

Richie d'altronde, un po' come tutti i padri del mondo, era eccessivamente protettivo. Se era impegnato con lo scrivere canzoni – come in quel momento -, pur di non lasciare da sola la figlia, chiedeva a Chelsea di accompagnarla a scuola, di venirla a prendere e poi, eventualmente, di portarla da lui.

Mettiamola così, quando la band non andava in tour, la nostra protagonista era una sorta di manager.

Tutti i dubbi e le perplessità riguardanti il punto 3 dovrebbero essere svanite nel nulla dopo la spiegazione ai due punti precedenti. Dite di no? Beh, allora continuate a leggere..

 

Chelsea, come ogni essere umano che si rispetti, aveva dei vizi. Tra questi ce n'era uno immancabile, se non succedeva quella determinata cosa era convinta che la sua giornata potesse essere pessima.

Lei doveva assolutamente, categoricamente, incondizionatamente, tassativamente prendere il caffè da Starbucks.

Sempre per una questione di abitudine decideva quasi sempre di prenderne due, anche se spesso e volentieri si beccava del Grinch dalla persona alla quale era destinato il secondo caffè.

Dopo essersi vestita in fretta e furia con un tailleur bianco di Gucci, aver indossato delle decolleté nere insieme ai suoi immancabili Ray Ban, e essere passata dal suo locale di fiducia, salì sulla sua adorata Bmw z4 cabrio, rossa, in direzione 'Casa Sambora'.

 


Richie era seduto a tavola, con il giornale sulle gambe e gli occhiali da vista ben posizionati sul suo naso. Non che ne avesse molto bisogno, ci teneva semplicemente alla sua vista; non poteva permettersi di perderla siccome leggeva spartiti un giorno sì ed uno sì.

La pagina della politica non lo lasciò particolarmente colpito, così come quella dell'economia, davanti alla quale si limitò a storcere il naso.

Erano solo brutte notizie, che senso aveva acquistare il giornale se poi l'unica cosa che era in grado di suscitare era depressione e avvilimento?

Scrollò le spalle, diede un'occhiata alla parte inerente lo sport e infine lasciò cadere il quotidiano sulla sedia di fianco alla sua.

Aveva una cosa da dire a Chelsea, non l'avrebbe presa per niente bene.

No, decisamente.

Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, nel vano tentativo di darsi una calmata, senza sapere che in realtà stava ottenendo l'effetto contrario.

“Quindi ecco.. Ho ricevuto una telefonata e.. No. Allora Chelsea io.. Ci siamo riavvicinati e.. No. Oh Dio, perché è così difficile?!”. Non voleva farsi prendere dallo sconforto, ma era quasi inevitabile.

Aveva paura di ferire la sua migliore amica e l'unica persona che conoscesse veramente ogni sua minima sfaccettatura, il suo modo di meditare e di prendere decisioni.

Il suono del campanello interruppe il suo dialogo con una Chelsea invisibile. Quella non avrebbe reagito, non come quella in carne ed ossa.

Quella vera l'avrebbe picchiato e steso a terra dopo un bel pugno sul naso. Ehi, non era ironico, era già capitato una volta.

Fatto un respiro profondo aprì la porta, fissò intensamente la donna dagli occhi azzurri e la carnagione chiara. Aveva i due bicchieri di caffè tra le mani e i lunghi capelli ondulati le ricadevano sulle spalle. Era impeccabile e bellissima, come al solito.

Richie non sarebbe riuscito a rimanere in silenzio per ulteriore tempo. Voleva maledire la sua incapacità di nasconderle qualcosa ma, prima che potesse pensare agli insulti da auto infliggersi, la sua lingua si era mossa permettendo alle parole di uscire dalla sua bocca, consapevolissimo del fatto che avrebbe scatenato l'ira funesta di Chelsea e avrebbe messo a repentaglio la sua stessa vita.

“Io e Denise siamo tornati insieme”.

 

Nota dell'autrice:

Buongiorno a tutti! Congratulazioni, siete sopravvissuti al prologo e anche al primo capitolo. Allora non sono una persona così cattiva O.o

Coooooooooomunque, bando alle ciance, alle quisquilie e ai pinzillaccheri (come diceva il mio professore di religione) spero che vi sia piaciuto il capitolo e che vogliate continuare a seguire questa storia. 

Come vi siete resi conto, Chelsea ha un bel caratterino.. Ne succederanno di tutti i colori, purtroppo per Richie.. Non vi dico altro, rischio di spoilerare ._.

Ringrazio le persone che hanno avuto il coraggio di recensire, ovvero:

_ _lullaby e

_barbara83,

i lettori silenziosi e tutti quelli che decideranno di continuare a seguire la mia ff.. Un bacione, alla prossima!

  
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