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Autore: Shnusschen    07/04/2012    4 recensioni
L'incontro tra Bertha e Voldemort in una foresta sperduta dell'Albania, un incontro che cambierà il futuro del Mondo Magico.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Peter Minus, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Povera Bertha

 

“Povera vecchia Bertha… ha una memoria come un paiolo bucato e zero senso dell’orientamento. Si è persa, ve lo dico io. Un giorno d’ottobre ricomparirà in ufficio, convinta che sia ancora luglio”

[Harry Potter e il Calice di fuoco]

 

L’aria della taverna era densa di aromi. L’odore acre e un po’ dolciastro della Burrobirra si mescolava al sentore della polvere e una spessa coltre di fumo di pipa aleggiava bassa sugli avventori.

Bertha sedeva da sola in un tavolino accanto alla finestra. Lo sguardo perso nel vuoto, osservava la pioggia infuriare sulle strade del villaggio. Amava la pioggia, da sempre. Scorreva in rivoli sottili e ripuliva le strade, le anime. Gonfiava l’aria con un odore fresco, come di vita nuova.

Ma nella taverna il profumo della pioggia non si sentiva, schiacciato da altri odori più vecchi, più forti.

Bertha avrebbe tanto voluto correre fuori e restare ferma sotto quello scroscio d’acqua, che ora diventava sempre più forte. Forse la pioggia sarebbe riuscita a lavare via la confusione che sentiva da un po’ di tempo. Persino sua zia le avevo detto che sembrava strana.

E lei non le dava torto. Si sentiva strana. Era come se, agli angoli della sua coscienza, ci fosse qualcosa che reclamava attenzione, come un impercettibile movimento a margine del suo campo visivo; ma ogni volta che provava a guardarlo, a prestare attenzione a quell’embrione di pensiero, questo spariva.

Doveva proprio ringraziare il signor Crouch per aver suggerito a Bagman di darle una vacanza, ne aveva bisogno. Aveva ancora una settimana- o forse erano dieci giorni? Non riusciva a ricordarselo, non aveva mai fatto troppo caso alle scadenze- prima di dover tornare in ufficio, e sperava che fosse sufficiente per riprendersi.

-Posso sedermi?

Una voce untuosa, leggermente tremolante, riscosse Bertha dai suoi pensieri. Sollevò lo sguardo verso il suo interlocutore, un ometto basso, quasi calvo e con una faccia da topo. Di nuovo, la sua memoria ebbe un leggerissimo fremito; le sembrava vagamente familiare. Ma la sensazione sparì così com’era arrivata.

-Prego- rispose, indicando la sedia di fronte a lei. –Io sono Bertha- aggiunse.

L’uomo si sedette.

-Io sono Pe… Peter.

Qualunque cosa potessero pensare di lei i suoi colleghi del Ministero, Bertha non era affatto stupida. Aveva notato l’esitazione dell’uomo nel dirle il suo nome e sapeva anche che probabilmente significava che era un nome falso o che il suo interlocutore aveva qualcosa da nascondere.

Il buon senso le suggeriva che avrebbe fatto meglio ad alzarsi, pagare il conto e tornarsene da sua zia. Ma Bertha non era mai stata una persona dotata di buon senso. E in più continuava ad avvertire la strana sensazione di doversi ricordare di quell’uomo. Quindi rimase seduta e sorrise quando lui le offrì da bere.

-Sei di queste parti?- le chiese Peter

-No, sono in vacanza. Sono venuta a trovare mia zia. Vivo in Inghilterra, a Londra.- rispose Bertha sorseggiando il suo Whisky Incendiario.- Comunque neanche tu mi sembri albanese…

-Infatti- sorrise Peter- sono londinese anche io. Con questo tempo, è come essere a casa- aggiunse sarcastico, gettando un’occhiata fuori dalla finestra.

Bertha vuotò il bicchiere e fece cenno al cameriere di portargliene un altro. Era piacevole bere in compagnia di quell’uomo, per la prima volta da molti giorni si sentiva di nuovo se stessa. La sua mente, benchè leggermente annebbiata dall’alcool, le sembrava più lucida del solito e la sua passione per le chiacchiere e i pettegolezzi era tornata a farsi sentire.

Così, quando Peter le chiese di cosa si occupasse, cominciò a parlare, la lingua resa sciolta dal Whisky:

-Lavoro al Ministero, Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Normalmente è una pacchia, abbiamo pochissimo lavoro e passo gran parte delle mie giornate a dormire sulla scrivania- scoppiò una forte risata, mentre l’uomo le faceva eco.- Ma questi mesi sono stati un vero inferno! Abbiamo dovuto organizzare sia la Coppa del Mondo di Quidditch che il Torneo Tremaghi. È stato a dir poco estenuante. Forse è per questo che ultimamente sono così stanca: non sono abituata a lavorare tanto- e scoppiò di nuovo a ridere.

Se Bertha non fosse stata così ubriaca – se non fosse stata Bertha- si sarebbe certamente accorta di come le risate di Peter fossero finte e della luce avida che gli era comparsa negli occhi quando lei aveva parlato dei progetti del Ministero.

Ma era Bertha, ed era ubriaca, quindi non si accorse di nulla. Non le sembrò neanche strano quando Peter le propose di uscire dalla taverna e fare quattro passi. Così vuotò quel che rimaneva del quarto- o era il quinto?- bicchiere di Whisky e seguì l’uomo fuori.

-Ma sta piovendo!- esclamò, ancora sull’uscio del locale- Dove vuoi camminare con questo tempo?

La lingua era impastata e le parole uscivano a fatica.

Peter le mise un braccio attorno alle spalle e cominciò a camminare, trascinandola con sé:

-Non preoccuparti- le sussurrò- non dovremo camminare molto, è qui vicino.

Bertha fece per protestare, voleva dirgli che non aveva intenzione di andare a casa sua, né tantomeno di andarci a letto, ma l’alcool aveva annebbiato i suoi pensieri e le parole faticavano ad uscire per cui si arrese di buon grado e si lasciò trascinare via, sotto la pioggia battente.

 

 

-Chi mi hai portato, Codaliscia?

-Bertha Jorkins, mio Signore. È del Ministero, è qui in vacanza. Ho pensato che potesse esserle utile.

Le voci, estranee, fluttuarono attraverso le nebbie dell’incoscienza e giunsero a Bertha.

Socchiuse piano gli occhi e si guardò intorno: non sapeva né dove si trovava ne come ci era arrivata. Per quello che poteva vedere era sdraiata sull’erba, in un bosco molto fitto. Davanti a lei stava Peter – si ricordava di lui, avevano bevuto insieme alla taverna- che stava parlando con qualcosa.

Doveva essere più ubriaca di quanto pensasse perché quello che stava vedendo non poteva essere reale, non aveva senso. La cosa con cui Peter stava parlando – non poteva essere un essere umano- aveva l’aspetto di un neonato scorticato, fatto di qualcosa di poco più denso del fumo. Ma gli occhi, malvagi, rossi, furiosi, non avevano nulla in comune con un neonato.

Bertha gemette, suo malgrado, e i due si voltarono verso di lei.

-Codaliscia, porta qui la nostra ospite.

La voce della cosa era sibilante, crudele e roca, come se non fosse stata usata per anni, come se parlare fosse uno sforzo immenso. Peter- Codaliscia, come lo chiamava quella cosa- le si avvicinò e la trasse in piedi senza tante cerimonie.

-Sai, non devi essere molto sveglia- le sibilò, cattivo- Dovresti diffidare dei morti che ti invitano ad uscire.

Sembrava che prenderla in giro desse a quel piccolo ometto la forza per avvicinarsi al suo signore, da cui evidentemente era disgustato. Le sue parole comunque avevano finalmente risvegliato qualcosa nella memoria di Bertha, che finalmente riconobbe l’uomo che aveva accanto.

-Peter Minus- sussurrò.

I due uomini risero.

-Codaliscia mi ha riferito che il Ministero ha molti progetti ultimamente… Perché non me ne parli?

Bertha era sempre stata una chiacchierona, spesso diceva molto più di quello che avrebbe dovuto e l’ultimo aggettivo che le si sarebbe potuto dare era coraggiosa. Eppure lì, in quel momento, di fronte a quella cosa, Bertha fece qualcosa di molto coraggioso, di molto stupido, di totalmente estraneo al suo carattere: scelse di non parlare.

Gli occhi rossi di quell’essere trovarono e incatenarono i suoi.

Bertha sentì il cervello esploderle, mentre quella presenza orribile riempiva ogni angolo della sua mente, strappandole via i ricordi…

 

-Bertha, domani arriverà la delegazione da Durmstrang per firmare gli ultimi accordi. Mi raccomando, cerca di non combinare pasticci. Il Torneo Tremaghi non si tiene da più di 300 anni, è un evento eccezionale…

 

-Hai parlato con Simons, dell’Ufficio Trasporti? Non è semplice organizzare Passaporte in cinque continenti, ma la Coppa del Mondo è imperdibile…

 

-Bertha, vai a casa di Barty Crouch, deve vedere immediatamente questa lettera di Madame Maxime. Se Beauxbatons si tira indietro tutto il lavoro di quest’anno sarà stato inutile…

 

Improvvisamente, così com’era cominciato tutto finì.

Qualcosa aveva indotto il mostro ad interrompere il contatto. Ansimando, cercando di riprendere fiato, Bertha sentì il terreno umido sotto la guancia e si rese conto di essere caduta per terra. Il dolore bruciante si stava lentamente ritirando, lasciandola tremante e spaventata.

-Cosa stai cercando di nascondermi?

Sibilò minaccioso quell’essere.

-Il Torneo Tremaghi…- sussurrò Bertha. Non voleva più essere coraggiosa, non se questo significa dover di nuovo provare quella sensazione terribile. Avrebbe parlato.

-No!- la voce risuonò come una fucilata. – Quello l’ho visto. Cosa è successo da Crouch?

Cosa? Da Crouch? Bertha non ricordava neanche di esserci mai stata… di nuovo la sua memoria fremette; di nuovo quella sensazione di un qualcosa di ricordato a metà.

-Mio Signore…- intervenne timidamente Minus.

-Non ora, Codaliscia. Un Incantesimo di Memoria…- sussurrò la cosa tra sé.

Poi puntò deciso la bacchetta contro Bertha, che chiuse gli occhi, cercando di proteggersi.

-Crucio!!

Un dolore lancinante la colpì, come se ogni muscolo del suo corpo fosse in fiamme. In mezzo alla marea oscura del dolore sentì quell’essere forzare di nuovo la sua mente.

Brandelli di pensieri, di ricordi, si affacciavano alla mente di Bertha e venivano distrutti dalla furia avida di quel mostro.

Più e più volte le scagliò contro la Maledizione Cruciatus, e più e più volte forzò la sua mente, rubandole ricordi, strappandole per sempre le emozioni.

Il suo primo giorno di scuola, lo Smistamento, il primo bacio, l’assunzione al Ministero… il mostro si prese tutto, distruggendolo per sempre, facendo proprio tutti quei momenti finché, quando ormai della sua memoria rimaneva poco o nulla, Bertha udì uno schianto terribile in un angolo della sua mente, come di un muro che crolla all’improvviso, e le immagini che per tanto tempo le erano sfuggite, quelle che il mostro stava cercando, le invasero la mente.

 

-Padron Barty deve mangiare. Non faccia così, pensi a sua madre…

La porta della cucina era socchiusa e un filo di luce filtrava nell’ingresso, insieme alla voce di Winky, l’elfa domestica. Curiosa, Bertha spiò nella stanza.

L’elfa stava parlando con qualcuno che lei non vedeva, forse nascosto da un incantesimo.

-Sua madre l’ha tirata fuori da Azkaban, non l’ha lasciata morire… vorrebbe che lei mangiasse. La prego, Padron Barty, solo un cucchiaio.

Bertha indietreggiò di scatto al suono della porta d’ingresso che si apriva. Voltandosi, si trovò di fronte Barty Crouch. Ormai non aveva più dubbi su chi fosse l’interlocutore dell’elfa.

-E così il perfetto Barty Crouch ha aiutato suo figlio a evadere e lo tiene nascosto…

Barty impallidì, mentre l’elfa, terrorizzata si affacciava dalla cucina, dalla quale provenivano le urla di Crouch Junior

-Non potete trattenermi qui. Devo ritrovare il mio Signore, aiutarlo a riconquistare il potere…

-Winky, torna in cucina. Fallo stare zitto e resta di là.- disse a denti stretti Crouch Senior. Poi si rivolse a Bertha, che rideva sprezzante.

-Oh, immaginati la faccia dei tuoi colleghi al Ministero, tutti convinti della tua incorruttibilità e integrità. Chissà come saranno sorpresi!- lo schernì la strega.

-Tu non racconterai niente a nessuno!- urlò Crouch stravolto, con gli occhi fuori dalle orbite. Levò la bacchetta e la puntò contro di lei. Bertha non fece in tempo a prendere la propria.

-Oblivion!

 

 

Una risata folle e crudele riportò Bertha alla realtà.

-Mio Signore, cosa…

-Oh, Codaliscia, neanche immagini quanto questa strega mi è stata utile. Ora so cosa devo fare per riacquistare un corpo, e tutti i miei poteri.

Bertha era a terra, stremata.

Della sua memoria non rimaneva quasi nulla, a stento la consapevolezza di sé. L’unica cosa di cui era certa era il dolore.

Senza riuscire a capire cosa fosse successo, cosa stesse accadendo, osservò l’essere terrificante che aveva di fronte levare la bacchetta e puntarla contro di lei.

Lord Voldemort la osservò brevemente negli occhi, come a ringraziarla di tutte le informazioni che aveva fornito e poi:

-  Avada Kedavra!

 

   
 
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