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Autore: tomlinsoulmate    07/04/2012    8 recensioni
A Billa,
perchè il suo sorriso continui a splendere,
insieme a quello dell'elfo irlandese più perfetto al mondo.
...
"T'amerò in ogni paese del mondo, piccola", sussurrai poi, ripensando al testo e sorridendo per la tacita promessa che le avevo appena fatto. "Anche a Parigi?", chiese, speranzosa; ed io spostai lo sguardo fino ad intravedere la Tour Eiffel illuminata, fuori dalla finestra della mia stanza d'albergo. "Sì, ti amo anche a Parigi", dissi poi; e sorrisi, perchè sapevo che, in quello stesso istante, guardando il cielo anche lei faceva la stessa cosa. "E io ti amo qui, a casa, insieme all'orsetto di peluches che mi hai lasciato", rispose, facendomi capire che, sì, lei era e sarebbe sempre stata tutto ciò di cui avevo bisogno per essere felice.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Billa, 

perchè il suo sorriso continui a splendere,
insieme a quello dell'elfo irlandese più perfetto al mondo.








Colonna sonora: Big Time Rush - Worldwide.




Faceva caldo, dannatamente caldo ed io, seduto all'ombra di quell'albero, avvertivo l'afa entrarmi nelle ossa: stavamo aspettando direttive per entrare nel luogo in cui si sarebbe tenuta la signin prevista per quello stesso pomeriggio. Harry, Louis e Liam si rincorrevano per il prato, ruzzolando di tanto in tanto, e l'avrei fatto volentieri anche io se solo la temperatura umida ed afosa tipica dell'estate non m'avesse fatto boccheggiare come un povero pesciolino rosso senz'acqua; Zayn, dal canto suo, dormicchiava placidamente steso accanto a me, con le braccia inarcate dietro la testa. "Ehi amico tutto bene? Hai una faccia!", esclamò Louis, riprendendo fiato. "Ho caldo Lou, ho solo caldo!", pigolai io, facendomi aria con una mano. "Su, su, biscottino, devi resistere ancora per qualche minuto. Bevi un po' d'acqua e sorridi, che la vita è bella, il sole brilla..", disse sospirando e allargando le braccia. "..sì, e le caprette di Heidi mi fanno 'ciao'!", conclusi io per lui; mi guardò, scioccato. "Veramente stavo per dire che ci sono tanti piccoli Kevin che svolazzano sulle nostre teste, ma vada per le caprette!", ridacchiò poi. Stavo per rispondergli, ma in quello stesso istante, gli addetti ci richiamarono all'ordine e così, raccolte baracche e baracchini, ci spostammo all'interno del centro commerciale; finalmente tornai a respirare autonomamente e, per questo, ringraziai mentalmente l'aria condizionata posizionata proprio sopra di noi. "Hai ripreso un colorito, diciamo, naturale, adesso", disse Harry, scompigliandomi i capelli e superandomi di qualche passo in direzione della stanzetta in cui ci avrebbero intervistati, come di consueto e dove, poco dopo, avremmo dovuto incontrare alcune fan, prima di procedere con la signin. Ero eccitato come se fosse la prima volta, lo ero praticamente sempre; abituarsi al calore con cui, ovunque andassimo, ci accoglievano era praticamente impossibile: emozioni sempre nuove e sempre diverse; ed era bello non sapere mai cosa sarebbe successo, che novità avrebbero macchinato pur di stupirci perchè, sì, in un modo o nell'altro, lo facevano anche se inconsapevolmente e riuscivano a renderci orgogliosi di quella che, a grandi passi, stava diventando la nostra realtà, la nostra vita. 

L'intervista proseguì per la seguente mezz'ora e, quando l'uomo ci salutò con una pacca sulla spalla ciascuno, uno degli organizzatori ci fece strada fino a raggiungere un'altra stanza, poco distante da quella in cui ci trovavamo, dove un gruppetto di ragazze ci stava aspettando per scambiare quattro chiacchiere: adoravo vedere le fan da vicino, assaporare le loro emozioni e farle mie perchè, se non ci fossero, probabilmente non saremmo qui neanche noi; e fu così che la vidi. Capelli rosso fuoco ed occhi verde smeraldo, inspiegabilmente perfetta, almeno per me: cercava inutilmente di tranquillizzare l'amica che stava tra le sue braccia, scossa dai singhiozzi. "Vic, tesoro, ti prego non fare così, lo sai che non so mai cosa fare in queste situazioni", le diceva, accarezzando i suoi capelli. Non so esattamente cosa mi spinse a farlo, forse la tenerezza che quelle lacrime provocavano, o semplicemente quei pozzi verdi che sembravano chiamarmi, ma mi avvicinai e, piegando un poco le gambe, cercai di mettermi alla stessa altezza della castana, seduta su una delle diverse sedie disposte in fila, davanti a noi. "Se piangi così, però fai piangere anche me", le dissi con un sorriso; alzò leggermente il viso e rise, asciugandosi gli occhi. "P..posso a..abbracciarti?", chiese poi, abbassando nuovamente lo sguardo verso il pavimento. "Insomma Victoria, un po' di decenza, suvvia, mica è l'orso abbracciatutti!", esclamò la rossa, ridacchiando e baciando la guancia all'amica. "Certo che puoi..", dissi io, sorridendo ad entrambe. "Potrei ingelosirmi, pff", bofonchiò lei, con un pizzico d'ironia nella voce. "Ne vuoi uno anche tu?", chiesi di getto e con una sicurezza che, sinceramente, non faceva proprio parte di me, almeno non in simili situazioni. "Mmmh perchè no?", esclamò lei, al di fuori di ogni logica; era troppo tranquilla per i soliti standard e, di conseguenza le opzioni erano solo due, secondo un veloce calcolo: o riusciva a mascherare perfettamente le sue emozioni o, cosa più probabile, era lì solo per accompagnare la ragazza che, in quel momento, avevo tra le braccia; le accarezzai teneramente la schiena, ancora in preda ai singhiozzi e sorrisi: quelle lacrime trasudavano emozioni trattenute per troppo tempo ed era inverosibilmente fantastico sapere che un semplice abbraccio potesse scatenare tanta gioia. "Dai Nel, adesso tocca a te!", disse la ragazza, sciogliendo la stretta a poco, a poco ed esortando l'amica; la spinse letteralmente tra le mie braccia ed io, in quel momento, mi sentii in pace con me stesso. Assaporai l'aroma di menta peperita proveniente dai suoi capelli e, per l'ennesima volta in pochi minuti, incurvai le labbra all'insù. "Sei proprio morbidoso, sai?", sussurrò, spostandosi poi, ridendo e contagiando anche me; tentai di non arrossire, ma risultava impossibile, proprio non ci riuscivo, era più forte di me. I minuti passavano e, mano a mano che le lancette dell'orologio a muro appeso sopra alla porta si spostavano, rincorrendosi, mi rendevo conto che il tempo che mi rimaneva diminuiva sempre di più; ragionai istintivamente, per la seconda volta da quando ero all'interno di quella stanza, sotto al suo sguardo cristallino e, avvicinandomi al tavolo, scarabocchiai velocemente quelle cifre che ormai avevo imparato a memoria. Le porsi il foglietto; lei sorrise coprendosi il viso e, proprio in quell'istante, vidi il bodyguard che cominciò a richiamare le ragazze ancora prese a chiacchierare con ognuno di noi, avvisandole che, purtroppo, il tempo a disposizione era giunto al termine. "Ehi aspettate un attimo, Victoria e..? Non so neanche il tuo nome!", esclamai poi, tentando di riavvicinarmi alle due amiche; la guardia lo permise fino ad un certo punto e, quando fui abbastanza vicino per poterla anche solo vedere più chiaramente, lei spostò una ciocca rossa dietro l'orecchio e abbozzò un sorriso. "Chanel..Mi chiamo Chanel", disse poi, prima di varcare la soglia, spinta dagli addetti. Rimasi a fissare la porta dalla quale era uscita solo qualche secondo prima, sperando e pregando che quel numero non rimanesse inutilizzato ed impresso sulla cartolina che le avevo donato.  

...


« I miss you already.. » 
Lessi quelle quattro parole, semplici ma tremendamente significative, accucciandomi malamente sulla poltrona della stanza d'albergo.
L'avevo lasciata solo qualche ora prima all'aeroporto mentre, senza mai voltarmi indietro, tentavo inutilmente di scacciare quelle stille che, copiose, avevano preso a rotolare giù dalle mie guance, bagnandomi le labbra e facendomi sentire tutto quel vuoto che provavo senza le sue braccia strette intorno al mio petto. 
Liam mi strinse a sè, rimanendo in silenzio e parlandomi solo attraverso il suo sguardo preoccupato e comprensivo: sapeva quanto male mi faceva pensarla lontana da me per così tanto tempo ed, ogni volta che succedeva, l'arrivederci diventava sempre più difficile e doloroso. Ero pienamente consapevole di quello che, le condizioni del mio lavoro, avrebbero causato, ma l'avevo scelto perchè era tutto ciò che avevo sempre voluto fare, fin da bambino. Era complicato allontanarsi da casa, dagli affetti, sì, ma da quando lei, quel pomeriggio afoso di tre mesi prima, era entrata a far parte della mia vita, sconvolgendola completamente, ogni cosa aveva preso una forma diversa da quella che m'aspettavo.
Era un sentimento impossibile da spiegare a parole, il nostro; piccoli gesti racchiusi in semplici sguardi, in baci scambiati, stretti sotto le coperte.
"Adesso capisco cosa provi tu, ogni volta che sei costretto a lasciare Danielle..", dissi appoggiando la testa sulla sua spalla. "Bisogna solo diventare abili e trasformare la mancanza in forza, s'impara col tempo; lei ha bisogno che tu sia forte, perchè fino a prova contraria tu sarai pieno di cose da fare mentre lei è a casa ad aspettarti. Vic l'aiuterà a star meglio, ma l'appiglio per non farla cadere devi darglielo tu", disse sorridendomi sincero. Sapevo che aveva ragione, che la mia piccola Nel contava su di me; e sapevo anche di amarla, come non avevo mai fatto, non prima d'incontrarla.


...


"Ho visto i video della signin di oggi insieme a Vic e piangevamo entrambe come povere idiote! E poi avevi la mia sciarpa, quella grigia e bianca, te l'ho lasciata ma non pensavo che la mettessi davvero..appena becchi Lou ed Harry dì loro che sono due cretini colossali e che quel balletto c'ha fatto sbellicare per almeno mezz'ora..e a Zayn che deve finirla di fare il truzzo che tanto è figo lo stesso e..sì, a Liam..", sarei stato ad ascoltarla per ore ed ore, nonostante fossi sul punto di addormentarmi, steso sul letto; la sua voce squillante ed allegra era in grado di placare ogni più piccolo segno di stanchezza e riusciva a farmi sentire, anche se minimamente, più vicino a lei. Un po' come se la potessi vedere, sfiorare, stringere. 
"Mi manchi..", sussurrai interrompendo il suo monologo; rimase in silenzio e sospirò tristemente. "Non sai quanto è difficile qui, senza di te..", disse poi, tentando di mantenere fermo il tono della voce. "Torno presto, ma tu devi promettermi di essere forte, piccola, perchè solo così riuscirò ad esserlo anche io..", dettai, assaporando il suo profumo mischiato al mio, sulla sciarpa che ancora tenevo al collo. "Lo sai che è l'unico motivo per cui continuo a sopportare tutto questo, vado avanti per il giorno in cui potrò riabbracciarti..", soffiò lei, in un sussurro. Odiavo sentirla così, ma d'altronde non riuscivo a mentire, non a lei: avevo promesso a me stesso che le avrei detto sempre la verità e, nonostante tutto, stavo cercando di mantenere la parola. "Non abbiamo neanche una canzone nostra, ti rendi conto?", chiesi tentando di risollevare l'umore di entrambi; sentii chiaramente che sorrise e mi bastò per tirare un sospiro di sollievo. "Dovremmo rimediare, allora", disse lei, di rimando. "Sì, ma come?", domandai ancora, pensando ad un modo per risolvere la questione. "Avrai sicuramente uno stereo lì, no?", dettò, dopo qualche secondo di silenzio. "Mmmh.. - mugolai guardandomi intorno e mordicchiandomi leggermente le labbra - ..sì, trovato! Ma che hai in mente?", chiesi non afferrando esattamente le sue intenzioni. "Adesso lo accendiamo contemporaneamente sulla stessa stazione radio e la canzone che stanno mandando in onda, diventerà la nostra! - esclamò lei, con ovvietà - Pronto? Al mio tre..", continuò poi; mi spostai dal letto fino a raggiungere il mobile e, accucciandomi alla stessa altezza dell'aggeggio, aspettai il suo segnale. "Uno..due..due e mezzo..due e tre quar..", cominciò a dire lei, molto lentamente. "Hai intenzione di contare anche il microsecondo, per caso?", chiesi, cercando di rimanere in equilibrio, appoggiandomi all'angolo del tavolino; liberò una risata sincera, di quelle che tanto amavo sentire uscire dalle sue labbra. "Ok, scusa, dicevo..due e tre quarti..tre!", sputò fuori; accesi lo stereo sintonizzandolo sulla stazione precedentemente decisa e cercai di riconoscere la traccia appena cominciata; lei sembrò capire di quale si trattasse, tant'è che avvertii un sussurro consapevole, sfuggito per sbaglio, o forse no. Ascoltai attentamente le parole della canzone e mi stupii quando mi resi conto di quanto si adattassero perfettamente alla situazione che stavamo affrontando. "Perchè stai piangendo?", chiese quando le ultime note misero fine alla melodia; asciugai una lacrima con la manica della felpa e tentai di ricompormi. "Per lo stesso motivo per cui lo stai facendo tu", risposi, convinto di quello che stavo dicendo. "T'amerò in ogni paese del mondo, piccola", sussurrai poi, ripensando al testo e sorridendo per la tacita promessa che le avevo appena fatto. "Anche a Parigi?", chiese, speranzosa; ed io spostai lo sguardo fino ad intravedere la Tour Eifelle illuminata, fuori dalla finestra della mia stanza d'albergo. "Sì, ti amo anche a Parigi", dissi poi; e sorrisi, perchè sapevo che, in quello stesso istante, guardando il cielo anche lei faceva la stessa cosa. "E io ti amo qui, a casa, insieme all'orsetto di peluches che mi hai lasciato", rispose, facendomi capire che, sì, lei era e sarebbe sempre stata tutto ciò di cui avevo bisogno per essere felice.
  
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