Torno su EFP dopo mesi con questa storiella, mi gira in testa da molto tempo. Sarei molto contenta di ricevere una recensione, dopotutto sono alle prime armi con le Violet/Olaf. Non aggiorno la mia long “ Promise “ da alcuni mesi, chiedo scusa a tutti i lettori. Sappiate che non la abbandonerò, manco solo di ispirazione. Detto questo vi faccio tanti auguri per questa Pasqua, e vi lascio alla storia:)
Carol ( Alias Cherolain)
Sugar
Una delle poche cose che Violet
Beatrice Baudelaire ama è il
suo compleanno.
Il 3 Aprile di ogni anno ama festeggiare quella data così
speciale.
Ama ricevere una gigantesca torta, possibilmente ripiena di crema e
fragoline,
e sentire gli abbracci affettuosi della sua famiglia.
Quando Olaf era entrato nella vita dei Baudelaire cambiarono molte cose.
Violet non ama parlare molto di quel periodo alla piccola Beatrice
Climax, non
è certo qualcosa di cui vantarsi.
Per niente.
O forse sì?
Si era svegliata presto quella mattina, stranamente euforica
per un
compleanno che non sarebbe stato neanche lontanamente festeggiato. Il
primo
compleanno senza i suoi genitori. Uscì dall'angusta stanza
che divideva con i
suoi due fratelli, bisognosa di respirare un aria meno densa, con il
respiro
quasi bloccato in petto. Il grande orologio a pendolo segnava le cinque
e un
quarto del mattino. Rabbrividendo per l'aria fredda si strinse nella
sua
leggera camicia da notte estiva, camminando sulla moquette consumata
che
deformava il suo passo delicato. Decise di scendere in cucina,
scoprendosi
incredibilmente assetata, con il cuore che le rimbombava nel petto.
Olaf aveva
bevuto fin troppo la sera precedente, pregava con tutta la sua anima
che non
fosse ancora in piedi, magari ancora ubriaco fradicio. Facendo un
grande
respiro scese silenziosamente la scala, raggiungendo velocemente il
posto
desiderato. Si diresse all'armadietto più vicino, prendendo
uno strano
bicchiere di vetro su cui era stato disegnato un occhio.
<< Già in piedi orfana? >>
Per lo spavento il bicchiere le cadde dalla dita tremanti e affusolate,
schiantandosi al suolo. Con orrore si accorse di avere lasciato il suo
nastro
al piano superiore. Olaf era lì, davanti a lei, appoggiato
allo stipite della
porta.
<< Ti ho fatto una domanda >>
<< Avevo bisogno di un bicchiere d'acqua >>
Gli occhi di Olaf scintillarono enormemente.
<< Non credo di averti dato il permesso >>
disse, avvicinandosi di
un passo.
Non sembrava ubriaco.
Violet istintivamente indietreggiò, inciampando in una trave
di legno marcia.
La mano grande e secca di Olaf le bloccò in una morsa
allucinante il polso, non
facendola crollare sul pavimento.
La leggera vestaglia si sollevò mostrando una grande
porzione delle gambe
magre, pallide e piene di lividi della giovane, con grande imbarazzo di
quest'ultima.
Gli occhi di Olaf luccicavano in modo assai pericoloso ma, con il
sollievo
della giovane, il Conte la spinse letteralmente sulla sedia
più vicina della
cucina.
Violet Baudelaire, pallida come un lenzuolo, restò seduta,
senza fare tante
storie.
L'uomo iniziò a camminare su e giù per la stanza,
con la caviglia tatuata ben
visibile.
<< Oggi è il tuo compleanno, non è
vero? >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Il giorno della tua nascita ero ancora nell'altra
fazione dello
scisma, stupida ragazzina >> borbottò ridendo
freddamente.
La Baudelaire non capiva, ma non osò chiedere spiegazioni.
Il Conte si sedette malamente sulla sedia di fronte alla sua, sfiorando
con un
piede le sottili caviglie della ragazzina.
Violet rabbrividì, tremando leggermente.
Aveva bisogno del suo nastro. E subito.
<< Prepara del thè >>
grugnì Olaf, sbottonandosi il primo bottone
della camicia.
La Baudelaire maggiore saltò in piedi, cogliendo al volo
l'occasione per
liberarsi da quella morsa famelica.
Diede le spalle al Conte, iniziando a mettere sul fuoco un vecchio
bollitore di
rame.
Lo sguardo di Olaf continuava a bruciarle da dietro la schiena, e la
squadrava
dalla nuca fino ai piedi.
<< Orfana, non sono qui ad aspettare i tuoi comodi
>> sibilò
l'uomo, visibilmente seccato << Se ti tremano le mani, la
prossima volta,
provvederò a tagliarle >>
Violet si morse la lingua per evitare di rispondergli con le rime, e
gli porse
velocemente una tazza di thè.
Non volendo essere picchiata ancora non chiese all'uomo il
perchè volesse del
thè alle cinque del mattino, e non alle cinque del
pomeriggio.
Il Conte era un uomo ambiguo, malvagio e imprevedibile, dopotutto.
<< Dove credi di andare, Orfana? Siediti e prenditi del
thè. Non avevi
forse sete? >> ordinò l'uomo vedendola
sgattaiolare fuori dalla stanza
con la coda dell'occhio.
La maggiore dei Baudelaire si sedette, cercando di stare il
più lontano
possibile da lui.
I capelli ramati le scivolavano vicino agli occhi, sulla guance
candide.
Sentiva il ticchettio dell'orologio a pendolo in lontananza, senza il
suo
nastro si sentiva di colpo, molto stranamente, tranquilla.
<< Zucchero, Violet? >>
Olaf le stava passando la zuccheriera, con uno strano sguardo negli
occhi.
Il cuore della Baudelaire, istintivamente, iniziò a battere
velocemente.
Sua madre diceva sempre che il thè doveva essere bevuto
amaro come il fiele e
forte come la marmellata, ma quelle zollette color della neve la
stavano
tentando immensamente.
Dopo lunghissimi istanti, con esitazione, prese la zuccheriera dalla
mano di
Olaf.
Per un brevissimo istante la sua piccola e delicata mano
sfiorò quella grande e
nodosa del Conte.
Le pupille di Olaf si allargarono e le guance di Violet diventarono
color
porpora.
La maggiore dei Baudelaire si maledì più volte
mentalmente, disgustata da se
stessa e dal battito veloce del
suo
cuore.
La sua parte razionale voleva alzarsi e scappare via da quell'uomo
orribile, ma
il nastro di seta nera era rimasto al piano superiore e con lui la sua
moralità.
Si versò tre zollette di zucchero bevendo velocemente il
thè, rischiando di
scottarsi la lingua.
Olaf la guardava avidamente bere da quella tazza leggermente sbroccata.
Poi, prima che la ragazza potesse rendersene conto, irrazionalmente
successe.
Violet non capì mai, nella sua lunga vita, se Olaf fosse
impazzito, sotto
effetto d'alcool o se semplicemente avesse voluto mostrare il poco
buono che
c'era in lui.
Le labbra del Conte toccarono quelle della Baudelaire, mordendole
voracemente.
Violet non si scansò, assaporò quel sapore
velenoso dello zucchero che le stava
lentamente corrodendo il cervello.
Dopo istanti, minuti, o forse giorni, Olaf abbandonò la
presa delle ragazzina.
<< Non è mai successo >>
ringhiò il Conte, con un lampo di leggera
debolezza negli occhi verdi*
Erano ancora a pochi centimetri di distanza, avevano entrambi il
respiro
affannato.
Violet era ancora del tutto tramortita, con le gambe che tremavano
leggermente
scappò via.
La mano di Olaf aveva tentato di trattenerla.
Arrivata al piano di sopra corse a legarsi i capelli con il suo nastro,
ma
questo non cambiò il suo stato d'animo.
D'un tratto la verità si fece largo nei suoi pensieri:
ognuno aveva il suo
preciso ruolo nella sua sfortunata storia.
Olaf era l'antagonista, l'orco cattivo.
Le principesse si innamorano sempre dei principi, non degli orchi.
Le gazzelle non si innamorano mai dei leoni.
Eppure il mondo ruota in modo davvero strano, in quanto quel bacio
denso di
dolce zucchero si ripetè più volte.
Violet Baudelaire visse la sua condizione in modo enigmatico, tentando
di non
tradire i principi trasmessi dalla sua famiglia.
Ma, allo stesso tempo, drogandosi lentamente di quello zucchero
così velenoso e
attraente.
Poi, quando Olaf morì, la ragazza sentì il cuore
crollare, ma anche una
strana sensazione di pace avvolgerle il petto.
E' il quattro Aprile.
Violet scende nella sua cucina luminosa , non facendo rumore
per non
svegliare la piccola Beatrice.
Decide di sgombrare i piatti rimasti sulla tavola dal giorno precedente
del suo
compleanno, sorridendo ancora al ricordo della bellissima giornata.
I suoi occhi però si sgranano di colpo vedendo il tavolo
ancora apparecchiato,
è incapace di muovere anche un singolo passo.
Una tazza.
Una misera tazza.
Una misera tazza di thè.
Una misera tazza di thè ormai freddo con accanto la
zuccheriera d'argento.
L'orologio batte le cinque e un quarto del mattino.
Lo zucchero è lì, perfetto, bianco, invitante.
Il cuore della Baudelaire emette un tonfo sordo, sentendo ancora
quell'odore
dolce penetrarle nelle narici e diffondersi nel sangue.
Il nastro giace da qualche parte coperto di polvere, in un cassetto
ormai
remoto e dimenticato.
Violet sa che, nonostante gli anni che scorrono inesorabilmente, non
potrà
prenderlo mai più.
Ma ciò che continua a
tormentarla è il fatto che,
principalmente, non vorrà
prenderlo
mai più.
-
Scopriamo
un fascino
nelle cose ripugnanti, ogni giorno d'un passo, nel fetore delle
tenebre,
scendiamo verso l'inferno, senza orrore.} Charles
Baudelaire.