Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Evazick    08/04/2012    4 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera e buona Pasqua a tutti! [Forse è un pò tardi per dirlo, ma è il pensiero che conta, no?]
Questa storia è la mia prima fanfiction dopo un sacco di tempo passato a dedicarmi solo ad originali, ed è anche la prima su Kuroshitsuji che abbia mai scritto. Il terrore di addentrarmi nel territorio probito dell'OOC mi tormenta, ma credo di star facendo un buon lavoro per adesso e spero che sarà così anche in futuro. Sono molto regolare con gli aggiornamenti, cercherò di farvi trovare un nuovo capitolo ogni tre giorni [per le mie vecchie lettrici: sì, ho aumentato il tempo di aggiornamento perchè quello vecchio mi uccideva]. Recensioni positive e negative, critiche, qualunque cosa sarà ben accettata. Sono quelle che mi motivano ad andare avanti, lasciare tre paroline in croce non vi costa niente e rende felice una scrittrice a tempo perso!
Tengo molto al personaggio originale che appare nella fanfiction, ma non perchè sia il mio alter ego, anzi, siamo due tipi abbastanza diversi. E' diversa da tutti gli altri personaggi femminili che abbia mai creato e ci sto mettendo tutto il mio impegno per non farla diventare la classica Mary Sue che si innamora e si fa un personaggio del manga. Incrociamo le dita e tutta a dritta!
Bè, che altro? Buona lettura e lasciate una recensione se avete tempo!

xoxo
Eva


I. Caduta.
 

 
Cadere non è mai una bella sensazione quando non si ha un paio d’ali o qualcuno che ci sostiene, figuriamoci poi quando si cade perché si è perso l’equilibrio.
Persino adesso, mentre attraversava l’aria in linea retta, ricordava con inquietante chiarezza il momento in cui aveva fatto un passo indietro e non aveva più sentito la terra sotto il proprio piede. Prima c’era stata la sorpresa, poi la paura, un inutile tentativo di riprendere l’equilibrio e infine lo sbilanciamento totale e la caduta all’indietro verso il basso, verso il suolo, diversi metri più sotto. Qualcuno la chiamò, ma lei non riuscì a rispondergli e continuò ad urlare e spalancare gli occhi, terrorizzata. Non sapeva se poteva morire per una caduta come quella, ma sicuramente si sarebbe fatta male, molto male. Provava abbastanza dolore già adesso, con i rami degli alberi che la sferzavano durante la caduta, non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe successo una volta atterrata sul suolo pochi metri più sotto.
A metà del suo viaggio degli oggetti le sfuggirono dalle mani, inutili zavorre che non avrebbero potuto impedire il suo impatto con il terreno. Li sentì cadere nei cespugli sotto di lei con un tonfo attutito, e si chiese se il suo atterraggio sarebbe stato altrettanto morbido ed indolore. Non ebbe il tempo di scoprirlo, perché cadde in un punto in cui il suolo formava bruscamente una discesa polverosa e affiancata da alberi ed altri cespugli. Iniziò a scendere su un fianco lungo la discesa, sentendo la sua pelle che si feriva a contatto con minuscoli sassi appuntiti e con gli occhi che le bruciavano per la polvere che stava sollevando. Non cercò di proteggere il suo corpo dagli oggetti che potevano ferirla, e l’unica cosa che circondò con le mani fu la collana che portava al collo. La strinse più forte che poteva, pregando che non si rompesse e che rimanesse intatta per tutto il resto del tragitto. Le spine le graffiavano il volto, la polvere le stava facendo diventare bianchi i lunghi capelli neri, ma non si curò di tutto questo: doveva proteggere la sua unica possibilità di salvezza, a qualunque costo. Era l’unico modo che gli altri avessero per ritrovarla, e l’unico mezzo che lei avesse per poter tornare a casa.
La sua discesa si interruppe velocemente così come era iniziata, e rotolò ancora un paio di volte sul suolo per inerzia, ritrovandosi al bordo di un sentiero nel bosco. Una volta che il mondo ebbe smesso di girarle intorno come una trottola impazzita, si alzò lentamente in piedi tossendo ed imprecando. Quando finalmente fu in piedi, alzò lo sguardo in alto e osservò il punto da cui era caduta. Per poco non le prese un infarto quando vide che non c’era più alcun segno degli altri. Sembravano spariti tutti nel nulla durante la sua caduta, dissoltisi come nebbia al mattino. Forse stanno cercando un modo per scendere e cercarmi, si disse per non farsi prendere dal panico. Li chiamò un paio di volte, ma l’unica risposta che ricevette fu il gracchiare di un corvo poco lontano. Continuando a tenere stretta la collana con una mano, fece un passo in avanti, ma si mosse troppo bruscamente per le sue condizioni fisiche. Iniziò a barcollare avanti e indietro, tentando di ritrovare l’equilibrio che sembrava aver perduto del tutto, ma la forza di gravità fu più forte di lei ancora una volta. Cadde all’indietro con uno strillo spaventato, e la sua nuca colpì con forza il suolo. Potè appena mormorare una parola di stupore prima che le tenebre calassero su di lei e inghiottissero il suo mondo.
 

***

 
Voci. Troppe voci maschili intorno a lei durante il suo lento risveglio, ognuna più spaventosa e rozza dell’altra. Non riusciva a sentire con precisione cosa stavano dicendo, ma le bastava il tono delle loro parole per capire che per lei le cose non si sarebbero messe bene. Uno degli uomini rise cattivo, e sentì i brividi scenderle lungo la schiena, come se la temperatura esterna si fosse improvvisamente abbassata. Strinse gli occhi più forte che poteva, sperando che la credessero ancora svenuta o addirittura morta e la lasciassero in pace. Un piccolo oggetto freddo era posato sul suo petto, ma non riusciva a capire cosa fosse e perché si trovasse lì. Le voci si acquietarono per un attimo e lei pensò di essere nuovamente sola, ma improvvisamente una mano le toccò la gamba nuda. Questo era addirittura troppo, e la rabbia si fece strada nel suo corpo.
“Questa qui ci farà fare un sacco di soldi!” esclamò il ragazzo che si era inginocchiato e l’aveva toccata. Non potè aggiungere altro: il pugno lo colpì in pieno viso, centrandogli il naso con una forza impensabile per una ragazzina minuta come quella e spaccandoglielo con uno schiocco che giunse anche alle orecchie degli altri. Ci fu un ultimo secondo di silenzio, poi il ragazzo si portò una mano al volto e cadde per terra, tenendosi la parte colpita per cercare di fermare l’emorragia e urlando come se stesse per morire. La ragazza si sbrigò a mettersi a sedere e strisciò indietro velocemente, spaventata. “Prendete quella puttanella prima che scappi!” sbraitò il ferito mentre cercava di tornare in piedi.
Lei si alzò in fretta, senza curarsi delle foglie e dei sassi sotto i piedi nudi, ma le furono addosso in quattro prima ancora che potesse fare un solo passo. Riuscì a sferrare un altro pugno all’uomo più vicino, ma era impossibile riuscire a tenerli a bada tutti insieme. Iniziò a dare calci, gomitate e morsi a qualunque arto non fosse suo, e quasi godette nel sentire le urla di dolore dei suoi assalitori e il sapore metallico del sangue fresco nella sua bocca. La sua rabbia da animale in trappola, tuttavia, non servì molto contro la superiorità numerica e ben presto si ritrovò di nuovo sdraiata sulla terra battuta del sentiero, circondata e sovrastata da facce che non conosceva e pugni e calci che la colpivano. Una ginocchiata le colpì il labbro inferiore, spaccandolo, e il sangue iniziò a colare dalla ferita e dal mento. Si fermarono solo quando furono sicuri che non avrebbe più opposto resistenza; due di loro le afferrarono un braccio ciascuno e la costrinsero ad alzarsi in piedi, sorreggendola per non farla cadere di nuovo. Lei tenne lo sguardo basso, osservando attentamente con la coda dell’occhio il primo ragazzo: era riuscito ad alzarsi in piedi e una striscia di stoffa bianca, sporca di sangue nel punto in cui c’era il naso, gli attraversava il volto per proteggere la ferita. Le uniche cose rimaste visibili nel suo volto erano gli occhi castani, la bocca, le lentiggini quasi infantili sulla pelle visibile delle guance e la barba nera di un paio di giorni: doveva avere non più di vent’anni. Sorrise cattivo mentre le si avvicinava. “Che caratterino focoso,” commentò in tono ironico. Si passò la lingua sulle labbra in un modo che le fece venire voglia di vomitare. “Chissà se sei così energica anche a letto.”
Snudò i denti e provò a ringhiare, ma non aveva nemmeno la voce per farlo. Si sentiva sfinita, fisicamente e moralmente, e una nebbia pesante le avvolgeva la mente. Il ragazzo si accorse del suo tentativo e rise, ma non sembrò più così divertito quando lei trovò la forza per sputargli sui piedi. Le si avvicinò con passi pesanti e le afferrò il mento con una mano. La ragazza provò a sfuggire a quella presa ferrea, ma lui era più forte e la costrinse a puntare il suo sguardo nei suoi occhi. “Adesso apri bene le orecchie, puttanella,” ringhiò mentre si tratteneva dal farle del male. “Non so perché e come tu sia finita qui, e sinceramente nemmeno m’importa. So solo che non siamo stati gli unici a farti visita, e dovresti ringraziare Dio che non ti sia ancora successo niente di spiacevole.
Pronunciò l’ultima parola con un sorriso cattivo sulle labbra e lasciando sottintendere molte cose che la fecero rabbrividire al solo pensiero. Quando si rese conto di cosa le aveva detto, si sbrigò ad abbassare lo sguardo sul resto del suo corpo: fino a quel momento non ci aveva fatto caso, ma le sue gambe erano completamente nude, così come i piedi. Gli unici indumenti che indossava erano un paio di mutande e una camicia bianca che sembrava starle troppo larga. Rischiò di cadere nuovamente per lo shock, ma i ragazzi che la trattenevano riuscirono a tenerla in piedi. Mentre la riportavano in posizione eretta, lei sentì qualcosa sbatterle contro il petto, qualcosa di tondo e freddo che però non riusciva a riconoscere. Non se ne preoccupò troppo e tornò a guardare spaventata il ragazzo con gli occhi castani, che non aveva mai distolto il suo sguardo da lei. Sogghignò nuovamente. “Come ti chiami, ragazzina?”
Aprì la bocca per rispondergli, ma la richiuse quasi subito. Cercò disperatamente di scavare più a fondo dentro di lei, ma nella sua mente non c’erano altro che buio e vaghi brandelli di ricordi, troppo frammentati per avere un senso logico e poterla aiutare. Si concentrò e si sforzò più che poteva, ma niente di tutto questo la aiutò a ricordare il suo nome. Se per questo, non si ricordava nemmeno quanti anni avesse, da dove venisse, come fosse finita lì. Aveva la vaga sensazione di essere caduta da qualche parte, di essere stata in compagnia di ‘altri’, ma tutto finiva lì, non c’era altro nella sua memoria. Era tutto sparito, svanito, cancellato come un segno di gesso su una lavagna.
Il ragazzo fece un passo verso di lei e le diede un pizzicotto sul braccio, riscuotendola dai suoi pensieri. “Mi hai sentito, o sei anche sorda? Ti ho chiesto come ti chiami,” le disse spazientito.
Boccheggiò un paio di volte, incapace di decidere se mentire e dire la verità. “I-io…” balbettò, sentendo per la prima volta da quando si era svegliata il suono della sua voce. Si morse il labbro inferiore, ignorando il dolore della ferita, prima di continuare: “Io n-non me lo ricordo.”
Il silenzio cadde per un attimo nel gruppo, poi il ragazzo rise, imitato velocemente dagli altri. “Ottima scusa, piccolina, ma questo non è il momento giusto per scherzare,” l’ammonì, facendo ancora un passo verso di lei. Ormai la distanza tra i loro volti si era ridotta a pochi centimetri. “Te lo chiederò solo un’ultima volta. È così semplice, no?” Il suo tono di voce si inasprì, e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un coltello. “Dimmi il tuo nome, o giuro su Dio stesso che lascerò due lunghe cicatrici su questo tuo bel visino.”
L’ansia e la paura la assalirono contemporaneamente, e non riuscì a frenare le lacrime che premevano per uscire dai suoi occhi. Crollò in ginocchio sul sentiero ricoperto dalle foglie secche, cogliendo di sorpresa i ragazzi che la tenevano ferma, e scoppiò a piangere senza nemmeno provare a contenersi. “Non lo so!” urlò disperata, sfogando tutte le emozioni che aveva provato nei pochi minuti passati dal suo risveglio. Le lacrime le cadevano dai chiari occhi verdi e atterravano sulle foglie e sulla terra battuta come gocce di pioggia o rugiada. “Non riesco a ricordarmelo, non ricordo niente! Vi prego, per favore, lasciatemi andare!
Tutti furono sorpresi da quello sfogo improvviso, e rimasero in silenzio a guardarla anche dopo che aveva smesso di urlare e iniziato a singhiozzare sommessamente. Dopo qualche minuto, il ragazzo che le teneva il braccio destro alzò lo sguardo da lei e si rivolse a quello con gli occhi castani, probabilmente il capo della banda. “Che facciamo con lei, Andrè?”
Lui scosse la testa, indeciso, e sospirò mentre rinfoderava il coltello. Si passò una mano tra i capelli e si grattò la benda nel punto in cui si trovava il suo naso. Gemette piano, poi la ragazza lo sentì dire: “Potrebbe essere anche la nipote della Regina Vittoria, ma non me ne importa nulla. Lady Nancy non avrà problemi nel prenderla con sé, anche se dice di non ricordarsi niente. Mi ha dato solamente un giorno di proroga per portarle una nuova ragazza, e non rischierò la mia vita preoccupandomi per l’identità di una puttanella come questa.” Fece un cenno ai due che la tenevano ferma. “Legatele mani e piedi e montatela su un cavallo. Dobbiamo arrivare in città prima che faccia buio.”
Così fu. La trascinarono verso i cinque cavalli che lei non aveva notato prima e che erano legati ad un albero poco distante. Il ragazzo che aveva chiamato il capo ‘Andrè’ si avvicinò ad un grande cavallo baio ed aprì una delle sporte sistemate sui suoi fianchi, tirandone fuori due lunghi pezzi di corda. Insieme ad uno dei suoi compagni legò polsi e caviglie della ragazza, mentre un terzo la minacciava con un coltello meno affilato ma altrettanto pericoloso di quello di Andrè. Non le toglieva gli occhi di dosso, osservando le curve sinuose del suo corpo in pieno sviluppo e controllando che non facesse passi falsi e provasse a scappare ancora una volta, ma lei non accennò il minimo segno di ribellione: era completamente inerte, quasi come se fosse immersa in una trance o persa in un altro mondo, e lasciò che quegli sconosciuti finissero di legarla e la issassero sul cavallo baio. Sentiva la corda ruvida sfregarle contro la pelle e ben presto delle piccole ferite si aprirono sulle caviglie e sui polsi, facendole versare altro sangue. Non se ne curò e non si mosse nemmeno quando il ragazzo salì sul cavallo proprio dietro di lei, le loro pelli che si toccavano e si sfregavano mentre lui afferrava le redini. Le tirò, e l’animale nitrì e fece un paio di passi indietro, poi uno avanti, pronto a cavalcare verso casa.
Il resto del gruppo era già montato in sella, e la ragazza lanciò un’occhiata ad Andrè, in testa alla fila su un’imponente cavalla nera e con un sorriso in volto, nonostante la benda. “Spronate i vostri cavalli al massimo, signori!” urlò prima di lanciarsi al galoppo sul sentiero. “Londra ci aspetta!”
 

***

 
Giunsero in città due ore più tardi, quando il tramonto aveva già iniziato a tingere persone ed animali di un rosso spettrale. La ragazza non si sentiva più il fondoschiena: non era abituata a cavalcare così a lungo (se mai aveva cavalcato prima di quel giorno), e inoltre le caviglie e i polsi continuavano a sanguinarle, lasciandola sempre più debole e stanca. Fu quasi un sollievo per lei entrare dentro la città che Andrè aveva chiamato Londra: intuiva che il destino a cui stava andando incontro non sarebbe stato piacevole, ma probabilmente avrebbe potuto riposarsi dopo essere smontata da cavallo. Qualunque cosa poteva essere migliore di un supplizio del genere, perfino spazzare la merda in qualche vicolo nascosto e poco frequentato.
Mentre si dirigevano verso la loro meta, lei non smise per un solo istante di guardarsi intorno, affascinata e allo stesso tempo spaventata dagli alti palazzoni neri ricoperti di fuliggine e dalle persone che passeggiavano sui marciapiedi. Le strade erano percorse dagli operai e dai londinesi più poveri, quelli che si erano trasferiti dalle campagne in cerca di fortuna ma che non avevano trovato altro che l’Inferno. Adocchiò due ragazze nobili poco più grandi di lei che bisbigliavano incessantemente tra di loro dentro i loro vestiti di seta azzurra, persone ben strane da trovare in una zona come quella, e si chiese perché fossero lì. Quando il rumore degli zoccoli dei cavalli riecheggiò nell’intera strada si voltarono verso quella strana comitiva, e i loro sguardi stupiti incontrarono quello della silenziosa ragazza legata e che indossava nient’altro che una camicia strappata in più punti, macchiata di sangue e troppo grande per lei. Per la prima volta dal suo risveglio abbozzò un sorriso, ma le scomparve dal volto non appena i sguardi delle due giovani dame diventarono disgustati e loro li distolsero, svoltando in fretta l’angolo come se volessero fuggire da quella scena e dimenticare quello che avevano visto. Il ragazzo dietro di lei si era accorto di tutto e rise di scherno. “Non cercare di attirare l’attenzione di ragazze come quelle, non sono minimamente interessate a te. Per loro non sei altro che un ratto uscito dalla fogna più vicina.”
Lei non replicò, lasciando che la delusione la ferisse nel profondo e le lasciasse due pomelli rossi sulle guance. Non provò ad attirare l’attenzione di nessun altro passante, limitandosi a fissare i palazzi che, mano a mano che procedevano, si facevano sempre più grigi e fatiscenti. Quando svoltarono l’ennesimo angolo, si accorse che la cavalla davanti a loro, quella di Andrè, si stava fermando davanti a un edificio meno cadente degli altri e con un portone marrone che sembrava essere stato verniciato da poco. Una volta che l’animale si fu fermato del tutto, il suo cavaliere smontò e le accarezzò delicatamente il volto, sorridendo dolce. La ragazza si chiese come potesse essere così gentile con la sua cavalla e trattare lei come se non fosse stata un essere umano. I suoi pensieri vennero interrotti quando lui si avvicinò al cavallo su cui si trovava lei e fece cenno di scendere al ragazzo che l’aveva tenuta d’occhio fino a quel momento. Lui fece come gli era stato detto, aiutando anche lei a smontare. Mentre atterrava con i piedi nudi sulle fredde pietre della strada, sentì Andrè dire agli altri uomini: “Voi rimanete qui con i cavalli. Io e Thomas portiamo la ragazzina da Lady Nancy e concludiamo questo affare una volta per tutte.”
Annuirono tutti, come se fossero abituati ad istruzioni del genere. Non deve essere la prima volta che questa Lady affida loro un lavoro del genere, riuscì a pensare la ragazza prima che Thomas – il ragazzo che si era preso di gioco di lei e delle due dame – la afferrasse bruscamente per un braccio e la trascinasse verso il portone dipinto di fresco, dove Andrè li stava già aspettando. Senza rivolgere un’occhiata a nessuno dei due, quest’ultimo chiuse una mano a pugno e bussò per tre volte sul legno. Mentre aspettavano che qualcuno li facesse entrare, la ragazza alzò lo sguardo verso l’insegna che sbatteva, scossa dal vento, poco sopra la porta. Gli ultimi raggi di sole illuminavano a fatica la scritta dipinta sopra di essa, ma riuscì lo stesso a decifrare le parole Casa di piacere prima che la porta si spalancasse e lei venisse spinta dentro l’edificio.
L’ingresso in cui si ritrovarono era grande, probabilmente tre metri per lato, se non di più. Era illuminato da due candelabri appesi alle pareti, e le candele al loro interno diffondevano una luce soffusa nella stanza. Nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi la parete opposta alla porta d’ingresso c’era una spessa tenda di velluto amaranto, lo stesso colore delle pareti e dei tappeti stesi sul pavimento. Accanto ad essa c’era un piccolo scrittoio di legno, dietro il quale si trovava una ragazza sui trent’anni vistosamente truccata e con i capelli ricci legati in un alto chignon. La scollatura del suo vestito rosso lasciava scoperta buona parte dei suoi seni, ma lei sembrava non preoccuparsene, come se fosse normale per lei lavorare vestita in quel modo e con le labbra tinte di un colore così acceso. Probabilmente era stata lei a farli entrare, ma chiese comunque ad Andrè: “Cosa posso fare per voi?”
Il giovane si chiuse la porta alle spalle e sorrise maliziosamente alla ragazza. “Siamo venuti per sbrigare uno dei nostri piccoli affari con Lady Nancy. Dille pure che abbiamo sistemato quella faccenda di qualche giorno fa.” Mentre diceva queste ultime parole, diede un buffetto alla sua prigioniera, che gli avrebbe sputato addosso per il ribrezzo se solo la situazione fosse stata in suo favore.
L’altra ragazza si limitò ad annuire senza fare una piega, poi sparì dietro la tenda. I tre nuovi arrivati rimasero in attesa nell’atrio per qualche minuto, ascoltando i rumori che provenivano dalle altre stanze. C’era della musica da qualche parte dietro la tenda, e quelle non erano forse risate femminili? La cosa che preoccupava di più la ragazza erano gli strani gemiti di piacere e cigolii di materassi che provenivano dal piano di sopra. Nella sua mente si formò una vaga idea su cosa potessero essere e su quale sarebbe stato il suo destino, ma si costrinse a non formulare direttamente quest’ultimo pensiero: non si sentiva ancora pronta per una cosa del genere, proprio no. Sarebbe potuta svenire sul serio, se glielo avessero detto.
Poco lontano una voce femminile parlò a voce bassa ma tonante, come se fosse arrabbiata per qualcosa, ed improvvisamente la tenda davanti a loro si spalancò ed apparve una donna con vent’anni di più della prima ragazza, ma altrettanto truccata, con una scollatura probabilmente più ampia e dei seni non ancora del tutto rovinati dall’età. Si ravviò una ciocca ribelle dei capelli biondi e guardò sarcastica Andrè mentre faceva un passo in avanti e richiudeva la tenda. “Bene, bene, bene. Guarda un po’ chi si fa rivedere nella mia modesta casa,” disse ironica, senza staccare i suoi occhi azzurri dal giovane. “Stavo proprio a pensando a quel maledetto francese, quand’ecco che arriva una delle mie ragazze a dirmi che mi sta aspettando nell’ingresso con una sorpresa per me. Strana la vita, eh?”
Andrè sorrise umilmente. “Lady Nancy…”
“Piantala di fare il leccaculo, vediamo di concludere questo affare prima che io cambi idea,” lo interruppe bruscamente. Squadrò la ragazzina che Thomas tratteneva per un braccio e la indicò con un cenno del mento. “È lei?”
Il giovane sembrò ritrovare la sua parlantina svelta e aprì bocca per parlare, ma la donna lo interruppe nuovamente. “È stata lei a ferirti in quel modo?” gli chiese, indicando la benda che gli attraversava il volto. Scoppiò a ridere sguaiatamente. “Ha un bel caratterino se riesce a tenere testa perfino a te, ma sei sicuro che non possa fare del male ai miei clienti?”
“Niente affatto!” si affrettò a rispondere Andrè, spaventato dalla prospettiva di perdere un affare come quello. “Ha fatto solamente un po’ di resistenza quando l’abbiamo trovata, ma si è comportata come un angioletto per tutto il resto del tempo.”
Lady Nancy sembrò indecisa se credergli o meno, poi si avvicinò con passi decisi alla ragazza. Guardò schifata la camicia insanguinata e il sangue che le colava da polsi e caviglie, poi, improvvisamente, le afferrò il mento con le dita sottili e le alzò il volto, esaminandolo da ogni angolazione. Quando glielo lasciò andare, si voltò verso Andrè e gli disse: “È molto più giovane delle ragazze che porti di solito. Quanti anni ha? Quattordici, quindici?”
“Ecco…” Adesso sembrava davvero a disagio. Si costrinse a fare un respiro profondo prima di confessare: “L’abbiamo trovato nella foresta poco fuori città. Dice di non ricordarsi niente, nemmeno come si chiama. Figurati se si ricorda la sua età.”
Buttò lì l’ultima frase per alleggerire l’atmosfera, ma non fece altro che appesantirla. Gli occhi della donna brillarono feroci prima che lei sbottasse: “Non si ricorda niente? Lo sai cosa diavolo significa, Andrè?! Potrebbe essere chiunque, anche la figlia di uno di quei bastardi che mi alitano sul collo per farmi chiudere questo posto! Sai cosa succede se inizia a lavorare qui e poi scopro che è la figlia di un potente? Chiudono questo posto e ci sbattono fuori, me e le mie ragazze! Scordati che io la prenda con me!”
Il colorito del ragazzo si fece pallido, ma lui cercò di mantenere un tono di voce fermo mentre replicava: “Non possiamo esserne sicuri, Lady Nancy. Forse non è nessuno, forse non è nemmeno di Londra. Non è detto che la stiano cercando, e se anche fosse così questo sarebbe uno degli ultimi posti in cui la cercherebbero.” Deglutì, in attesa di una replica.
Lady Nancy rimase in silenzio a pensare per qualche secondo, poi sospirò. “E va bene. Ma lo faccio solamente perché sei tu, maledetto francese. Ricordati, però, che se dovesse succedere qualcosa verrò a cercarti insieme a un paio di persone che sarebbero felici di spaccarti le ossa.”
Il sorriso che si formò sulle sue labbra non avrebbe potuto essere più luminoso. “Affare fatto!” esclamò. Fece un passo verso la donna e le mormorò: “Per quanto riguarda il pagamento… se Sarah fosse disponibile…”
“È già impegnata stasera,” fu la brusca risposta. Il tono della voce le si addolcì quando aggiunse: “Ma domani probabilmente sarà libera. Vieni all’ora che preferisci, sai che siamo aperte tutta la notte.”
Il sorriso di Andrè si allargò ulteriormente. Strinse la mano con forza a Lady Nancy e tagliò lui stesso le corde che legavano i polsi e le caviglie della ragazza. Rivolse un ultimo cenno alla donna prima che lui e Thomas se ne andassero nella notte appena cominciata. Non appena si furono chiusi la porta alle spalle, la donna afferrò il polso ferito della ragazza e iniziò a trascinarla verso il fondo della stanza. “Sbrigati, non ho tempo da perdere con te,” le disse brusca mentre sparivano dietro la tenda amaranto.

  
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