Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |      
Autore: baby80    09/04/2012    14 recensioni
i nostri protagonisti incontreranno sul loro cammino un personaggio sopra le righe. Una donna dal passato velato dal mistero, dalla magia, dal pregiudizio e la superstizione...
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La piccola chiesa in cui si sono celebrati quasi tutti i matrimoni della famiglia De Jarjayes mi pare così grande quest'oggi.
Siedo nelle prime file, da sola, attorno a me non vi è nessuno. Mi volto e scorgo qualche figura qua e là, uomini e donne, poco meno di una dozzina, sparsi in modo disordinato sulle panche di legno lucido.
Anche l'illuminazione è fioca, il parroco non si è dato il fastidio di accendere tutti i lumi, rendendo questo pomeriggio di settembre se possibile ancora più cupo di quel che già è.
Guardo la bara che troneggia al centro della chiesa ed odo ancora la voce di mio padre, dirmi che la presenza di un solo componente della Famiglia De Jarjayes sarebbe stato più che sufficiente.
Perfino la morte vale così poco?
Socchiudo gli occhi qualche istante e li riapro soltanto quando l'eco delle parole del sacerdote cominciano a rimbalzare da una parete all'altra, anche se, in realtà, non ho voglia di ascoltare ciò che ha da dire. Cosa potrebbe raccontare? Lui che non conosceva la persona che ora giace a pochi passi dal pulpito, fredda e rigida sotto delle assi di legno.
I discorsi che giungono alle mie orecchie in questo istante, quelli si che potrebbero spiegare molto di più di un'omelia.

“Voglio ricordare, come tutti i presenti a questa funzione, la compianta. Una donna che fu tanto amata in terra, e che...”

Il fragore di un tuono spezza il silenzio della chiesa e la predica del sacerdote, gettando su tutti noi una sorta di inquietudine.
Un temporale nel bel mezzo del funerale? Bizzarro, ce n'è sempre stato uno quando vi era lei nei dintorni.

Marguerite Adèle De Jarjayes sorella più piccola di mio nonno, il Conte Alphonse Francoise De Jarjayes, nonché zia di mio padre, era una donna particolare, oserei dire eccentrica.
Ricordo di averla veduta, durante l'infanzia, un paio di volte al massimo, ed una di queste capitò nella primavera del 1765.
Avevo nove anni ma a chiunque mi domandasse l'età rispondevo di averne dieci, non era una menzogna, quello era effettivamente l'anno del mio decimo compleanno. Il fatto che li avrei compiuti di li a qualche mese non faceva molto differenza per me, anzi, era una puntualizzazione che trovavo piuttosto irritante, ma che per altri sembrava essere di vitale importanza.
La ricorrenza era una delle fin troppo numerose riunioni di famiglia, durante le quali si riuniva tutto il parentado, più per malignare gli uni degli altri che per il piacere della compagnia altrui. Solitamente venivano allestite all'esterno, nei giardini che circondavano Palazzo Jarjayes, e sarebbe dovuto essere così anche quel giorno di aprile, ma fummo costretti a rivedere i nostri piani a causa di un violento temporale, che si abbatté improvvisamente sulla zona.
Tutto fu spostato all'interno in fretta e furia, per la gioia della servitù, e quasi in un battito di ciglia il ricevimento poté iniziare, nel salone principale.
Le prime ore della mattinata furono un continuo salutare ed inchinarsi, inchinarsi e salutare, ripetendo le solite frasi di cortesia ed ascoltando mio padre raccontare con orgoglio quanto fosse fiero di quel figlio che con tanta facilità stava imparando ad essere un perfetto soldato. Un elogio che a tratti mi parve un'ostentazione contro gli sguardi di stupore, e di compassione, che i membri della nostra innumerevole dinastia avevano nei miei riguardi e in quelli del “povero” Generale Jarjayes, l'irreprensibile uomo che aveva perso la ragione dopo la nascita della sua ultimogenita.
Per mia fortuna riuscii a scappare da quell'inferno, evitando così lo stillicidio del pranzo, a causa del mio carattere caparbio che mi procurò una delle tante punizioni che avevo collezionato da che ero venuta al mondo.
Fui condotta via da Nanny, che mi portò nelle cucine, dove avrei mangiato poco, e da sola, perché avevo osato rispondere con troppa alterigia all'ennesima domanda d'una zia di cui non rammentavo neppure il nome. Mio padre mi fulminò col suo sguardo gelido e mia madre si limitò a fare un cenno alla governante, quello che solitamente significava una cosa soltanto; “portala via prima che combini qualche guaio.”
Abbandonai la sala con compostezza, ma quando giunsi oltre la soglia mi liberai dalla stretta di Nanny e corsi alle cucine, dove ero certa di trovare André. E così fu.
Passammo il resto del pomeriggio a chiacchierare e scherzare, burlandoci di sua nonna e del resto della servitù, e nonostante i rimproveri ricevuti, all'ora del tè ci fu concesso un vassoio ricolmo di biscotti. Mangiammo e bevemmo con l'ingordigia dei bambini, incuranti delle conseguenze.

“Oscar? Sei Oscar vero?”
udii una voce al mio fianco, alzai lo sguardo oltre il bordo della tazza, dalla quale stavo bevendo gli ultimi sorsi di tè, e vidi una Signora che ricordavo solo vagamente.
Annuii senza posare il recipiente, muovendo la testa su e giù.

“Come?”
mi chiese la donna, fingendo di non aver compreso.
Posai la tazza e mi pulii la bocca col dorso della mano.

“Si, Madame. Sono Oscar Francoise De Jarjayes.”
le risposi ritrovando una postura composta, fiera, e quando tentai di alzarmi per esibirmi un un inchino lei mi fermò con un cenno deciso della mano.

“No, no, non c'è bisogno. Io sono tua zia Marguerite Adèle, ma non credo che tu possa ricordarti di me.”
mi disse avvicinandosi al tavolo, ed io cominciai a ricordare: lei era “quella” zia che tutti, mio padre per primo, cercavano di evitare.
Lei era la parente strana, la donna di cui avevo sentito parlare perlopiù in modo spregevole.
Aveva all'incirca cinquant'anni, forse di più, forse di meno. Era alta, magra, con lunghi capelli scuri che teneva raccolti sul capo senza cura. Non era sposata, e quel fatto, da solo, era il sintomo, per chiunque, che in lei vi fosse qualcosa di sbagliato. Il suo modo di abbigliarsi, poi, non faceva altro che accentuare quella folle teoria, poiché era solita vestire in maniera appariscente, prediligendo i colori scuri, accostando il nero, generalmente impiegato per i lutti, al rosso acceso, o al blu.
Delle bizzarrie che mal erano sopportate dall'opinione comune.
Il suo portamento fiero e sfuggente con le persone adulte ed il suo interesse, invece, per i bambini, era guardato con sospetto. Il tutto, unito a degli spiacevoli episodi capitati in sua presenza, ed alla sua mania di leggere i fondi del tè, avevano portato molti ad additarla con un pesante nomignolo: La strega.
Mi vennero alla mente i racconti di Nanny, di mia madre, e di tutte quelle persone che negli anni avevano parlato di Madame Marguerite, senza per altro suscitare in me alcun interesse, ma in quel momento, a pochi passi da lei, mi sentii opprimere da un infantile terrore.

“E chi è questo giovanotto?”
chiese, puntando lo sguardo su André.

“Sono André. André Grandier, Madame.”
rispose prontamente, alzandosi dalla sedia e chinandosi dinnanzi a mia zia.

“Un gentiluomo a quanto pare. E con dei bellissimi occhi...”
gli disse, sollevandogli il viso con le dita e carezzandogli poi il mento. André sorrise a fatica, chiaramente a disagio, e non trovai di meglio da fare che tossire, cercando di attirare l'attenzione su di me, convinta, stupidamente, che il semplice tocco di quella donna avrebbe potuto far cadere chissà quale maleficio sul mio amico.

“Stai bene mia cara? Ti è andato qualcosa di traverso?”
mi domandò, con un insolito sguardo. Fui certa che potesse leggermi nel pensiero, così cercai di pensare alle cose più innocue: la casetta sul retro del palazzo, il cielo limpido, i fili d'erba, le oche.
Seguitai ad elencare gli elementi più insignificanti finché non smise di osservarmi, e la vidi afferrare la tazza nella quale vi era stato il tè. La voltò sul piattino di porcellana con un colpo deciso, e la condusse nuovamente a pochi centimetri dai suoi occhi, che sembrarono scrutare qualcosa al suo interno.

“Uhm... vediamo cosa hanno da dirci questi fondi.”
la sentii mormorare socchiudendo le palpebre, mentre le mie si spalancavano, sorprese. Incontrai lo stupore di André, anche lui incuriosito e spaventato quasi quanto me.

“Avrai una vita avventurosa Oscar, su questo non vi sono dubbi. Al tuo fianco ci sarà una figura costante, un amico, forse, anche se...”

“Se...?”
quella domanda mi uscì dalle labbra senza preavviso.

“Le vostre strade si divideranno... ma non per molto, i fondi mi dicono che questa persona, un uomo, dagli occhi verdi mi pare, tornerà nella tua vita, e...”

“E...?”
fu André a reclamare il resto della “previsione”.

“E... sarà un amore tormentato. Alla fine però avrai una famiglia, un marito, forse dei figli.”
concluse Madame Marguerite, abbandonando la tazza sul tavolo. L'espressione sul suo volto si incupì improvvisamente, ma allora non vi badai. Scoppiai in una fragorosa risata, seguita da André, che cadde dalla sedia tenendosi la pancia con le mani.
Ridemmo come matti all'idea di una versione di me vestita da donna, alle prese con un damerino innamorato, e peggio ancora con dei marmocchi tra i piedi.
Arrivammo alla conclusione che forse, quella che tutti si ostinavano ad additare come “strega”, fosse soltanto una povera signora con qualche rotella fuori posto.
La paura nei suoi riguardi svanì e quello ci permise di avvicinarci a lei, e conoscerla al di là del personaggio che le avevano cucito addosso.
Per il resto della giornata ci raccontò dei viaggi che aveva fatto in giro per il mondo, delle insolite persone che aveva conosciuto, delle religioni che si affidavano ad un Dio simile, ma diverso, da quello che noi pregavamo, e di mille altre cose di cui ormai ho solo un vago ricordo.
La vidi raramente col passare degli anni, ma dopo quel giorno mi feci un'idea personale di lei, lontana dal giudizio degli altri.
Ed ora mi trovo qui, in questa gelida chiesa, a rendere omaggio al suo corpo, attorniata da un gruppo di aristocratici della peggior specie, pronti a sputar veleno perfino su di un cadavere.

“Neppure sua sorella le parlava più, da anni. Da quando le fece morire il figlio appena nato. Lo prese in braccio poche ore dopo la sua nascita e il bambino morì, all'istante, senza una spiegazione.”

“E il figlio dei De Morel? Gli gettò addosso una maledizione quando aveva poco più di cinque anni, lo ricordo come fosse oggi. Lo fermò per strada, gli fece una carezza sul volto e gli diede uno zuccherino, e lui accettò con un sorriso, povera anima innocente. Da quel momento non fu più lo stesso, per più di un anno ebbe la febbre, alla stessa ora del giorno. Madame De Morel impazzì quasi, finché un giorno non si lasciò persuadere dal provare una cura insolita. Portò il piccolo da un frate e lo fece benedire, e lui guarì!”
Odo distintamente i sussurri alle mie spalle, ed è solo per rispetto di Marguerite che impongo alla mia bocca di tacere, e alle mie mani di rimanere immobili in grembo. Ma Dio solo sa quanto vorrei riprendere coloro che non sanno altro che giudicare.

“...ed ora benediciamo le spoglie terrene di colei che ci ha lasciato per raggiungere nostro Signore, nell'alto dei cieli...”
Ci alziamo, poco prima della benedizione del feretro ed è in quell'istante che un colpo sordo attira l'attenzione di tutti verso il fondo della chiesa. Una delle pesanti porte di legno intarsiato si è spalancata, permettendo al vento freddo della tempesta di penetrare all'interno, con un suono stridulo e fastidioso, così intenso da far accapponare la pelle.
Mi alzo, libera dagli occhi dei presenti, intenti ad osservare l'entrata. Lascio una carezza sulla bara e percorro la navata con un sorriso malizioso sulle labbra.
Non ho mai creduto alla magia o alle dicerie della gente, ma mi piace credere che in qualche modo lei si sia presa una rivincita su coloro che hanno avuto solo cattiveria nei suoi riguardi. Spaventandoli a morte.
Giungo a Palazzo Jarjayes a tarda sera e già so che il Generale e mia madre non saranno in casa, ma ad uno dei tanti ricevimento a Versailles. La Regina Maria Antonietta non fa altro che imbastire una festa dietro l'altra da quando il Conte Di Fersen è partito senza neppure una parola.
Attraverso l'ampio atrio dell'ingresso e mi dirigo verso le cucine, dove vi trovo André, seduto al tavolo. Mi avvicino senza proferir parola e mi impossesso della tazza che ha dinnanzi, e dentro cui sembra aver gettato lo sguardo. Bevo il liquido rimasto e compio poi quei gesti che, anni ed anni prima, avevo visto fare a Madame Marguerite; rovescio la tazza sul piatto, ascoltando il medesimo tintinnio che udii da bambina, e la rivolto ancora, osservando i resti scuri e bagnati delle foglie di tè.

“Avrai una vita avventurosa André. E... vedo una donna nel tuo futuro. Una moglie.”
gli dico, quasi sussurrando, cercando il suo sguardo dietro i capelli scuri che nascondono i suoi occhi.

“È un si?”
mi domanda, in una mescolanza di stupore e paura. Ed io annuisco semplicemente, dimenticandomi della tazza che tengo tra le mani, e che lascio precipitare a terra, nel momento in cui le sue braccia mi stringono a sé.
Il rumore della ceramica che si infrange sul pavimento si confonde con l'ennesimo tuono della giornata.
Mi bacia come accade solo dentro le mura della mia stanza, o della sua, incurante del pericolo nel quale potremmo incorrere. Ma d'altronde, come ci fu predetto, il nostro è un amore tormentato, e come tale è soggetto al rischio.
Quel pensiero mi compare nella mente limpido come potrebbe esserlo una voce. La sua voce.
Quella d'una donna che mi mise in mano un destino che avrei potuto ignorare, o far mio, decidendo se credere o meno a qualcosa che può sembrare folle. Come la magia, l'indipendenza femminile o l'amore tra un uomo ed una donna appartenenti a due ranghi differenti.
E noi scegliemmo di credere nell'impossibile, in ciò che agli occhi di molti appare come qualcosa di sbagliato e oscuro.
Ancora oggi mi ritrovo a pensare, ad ogni temporale, come poteva essere certa, allora, che tra me ed André, due bambini, sarebbe stato amore?
Non posso affermare con certezza se Marguerite fosse una strega o meno, so soltanto che non si sbagliò su di noi.
  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: baby80