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Autore: musicaddict    04/11/2006    10 recensioni
come finirebbe il mondo se continuassimo a disprezzarci l'un l'altro per i generi musicali che ascoltimao? forse si tornerebbe a un medioevo organizzato diversamente, con classi sociali musicali. chi sei è ciò che ascolti...forse finirebbe così.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia nasce da una lettera che ho letto nel Rolling Stone (mio amatissimo giornale mensile) dello scorso gennaio, non avendolo sotto mano non posso dirvi il numero esatto, non volgiatemene. Nella lettera un ragazzo si immaginava la storia che studiava leggendosi accuratamente RS sotto il banco; ciò equivale a dire greci e romani con cinture borchiate, Napoleone che si fa fare il ritratto a cavallo con una fender stratocaster stretta nella mano…cose del tipo.

Ora, l’idea l’ho ripresa pure io, e ho scelto come periodo il Medioevo perché è quello che più mi tornava comodo, con tutte le tipologie di “caste” che aveva. Nonostante le chitarre elettriche presenti non è un’epoca con l’elettricità in uso. Per comprenderci: ci sono le chitarre elettriche, ma non esistono le lampadine. E’ una contraddizione grande come una casa, lo so, ma mi serviva che ci fossero le chitarre elettriche perché un metallaro che suona il liuto non mi sembrava molto heavy metal. Per cui non badate al fatto che nel 1200 ritrovate Backstreet Boys, Take That e Led Zeppelin, ok? Se la scrittrice sono io tutto è possibile.

Il mio Medioevo è suddiviso in varie classi sociali ognuna rappresentata da un genere musicale. Ecco qui sotto uno schema riassuntivo:

 

cantastorie:  Tutto ciò che va dall’hard rock all’heavy metal

emarginati:  Punk

streghe:         Gothic metal

clero:            Musica elettronica

marinai:       Musica italiana

popolo:         Pop music, perché di solito è commerciale e perché alla fine “pop” è il diminutivo di   popular

 

non vorrei avere offeso nessuno appioppando un genere a una categoria piuttosto che a un’altra, ma dovete sapere che io sono una che ascolta essenzialmente hard rock,heavy metal e gothic metal per cui mi è venuto spontaneo mettere i miei protagonisti in uno di questi generi. Non vogliatemene fans dell’elettronica o del pop se ho parlato male dei vostri miti o se ho sputtanato la vostra canzone preferita, sarete liberi di riprendermi e di tirarmi le orecchie per iscritto, accetterò umilmente le vostre lamentele.

Non mi resta che dirvi larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia.

Buona lettura!

 

? JULIA

 


 

MiddleMetal Age

 

La chitarra era scordata un’altra volta. «Detesto dover cambiare le corde! Dopo ci vuole un mese prima che il suono resti accordato!» esclamò Zac che cominciava a innervosirsi: era già la quarta volta che doveva bloccarsi per regolare la musicalità della sua chitarra elettrica. La sua fender stratocaster bianca e nera scintillava tra le sue braccia mentre lui girava stancamente le chiavi.

«Perché non me la fai suonare?» chiese un bambino piagnucoloso seduto a gambe incrociate davanti al ragazzo.

«Non se ne parla, John! La chitarra è mia e non la tocca nessun altro!» sentenziò Zac facendo imbronciare il volto del fratello. «Dov’è mamma?».

«E’ andata a vedere bruciare le streghe.» rispose John «E non cambiare discorso!».

Zac lo ignorò. Non gli piaceva che tutte quelle persone trovassero affascinante vedere bruciare degli esseri umani.

«Mi porti a vedere le streghe bruciare, Zac? Perfavoreperfavoreperfavore!!» cominciò a supplicare John saltellando sul posto.

«No…non è un bello spettacolo…» rispose Zac cominciando a suonare l’intro di Stairway to Heaven per non dover badare al fratellino.

«Non ti chiederò più di suonare la tua chitarra se mi accompagni!» insistette John.

L’idea accarezzò gentilmente la mente di Zac. Almeno non mi romperà più le palle per un po’… pensò. «Ok. Mettiti il cappello!».

«Yuppy!!» gioì John correndo a prendersi il cappellino di stoffa.

Poco dopo i due fratelli stavano camminando per le strette vie di una decadente Londra medievale. Zac cercava di impedire al fratello minore di correre da ogni parte come un piccolo demonio e di mantenerlo invece tranquillamente vicino a lui.

«Zac! Guarda, Zac! C’è Monsignor Grapepeace! Che cosa sta dicendo?» esclamò emozionato il piccolo.

«Niente che le tue orecchie innocenti dovrebbero sentire mai, John.» si limitò a rispondere Zac. Non gli piaceva quel cardinale. La sua mania di sospettare di chiunque aveva condannato al rogo quindici donne nell’ultimo mese, e a Zac questo non era piaciuto.

Più si avvicinavano più si sentivano le grida delle due donne condannate che tentavano di proclamare la loro innocenza vanamente. A Zac si contrasse rabbiosamente un muscolo del viso.

«Cos’hai, Zac? Sembri arrabbiato…è colpa mia?» domandò dispiaciuto il fratello.

«No, John, non ce l’ho con te. Cerchiamo mamma…».

«Eccola!» trillò John additando col suo piccolo indice di bambino di sei anni una donna rossa poco distante da loro.

«John…che ci fai qui?!» esclamò sorpresa la madre.

«Zac mi ha accompagnato quando gliel’ho chiesto!» rispose felice il bambino.

«Zachary…non avresti dovuto! Non è uno spettacolo per tuo fratello!» disse la donna sussurrando arrabbiata al figlio maggiore.

«Voleva tanto venire…» replicò cinico Zac «Così vedrà quanto è divertente!».

La madre non rispose, ma lo guardò severamente prima di prendere in braccio il più piccolo.

«Il tribunale dell’Inquisizione vi ha condannate ad essere arse vive in seguito alla vostra libera confessione nella quale avete ammesso di far uso di stregoneria. Prima che il diavolo venga a reclamare le vostre anime, vi dichiarate pentite?» enunciò Monsignore Grapepeace.

Zac guardò con astio il cardinale mimetizzare un sorrisetto dietro alla pergamena che reggeva aperta davanti al viso. Pezzo di merda…

Le due streghe o presunte tali urlavano e si dimenavano in preda al panico, continuando a proclamarsi innocenti. Con immensa compassione da parte del ragazzo le urla di difesa non si placarono nemmeno dopo che gli uomini del monsignore avevano appiccato il rogo. Per evitare di guardare concentrò la propria attenzione sul bracciale borchiato che portava al polso sinistro. Per evitare di sentire le urla delle donne e il pianto del fratello spaventato cercò di ricordarsi come facevano le parole di una canzone. “Smoke on the water and fire in the sky, smoke on the water and fire in the sky…”.

Niente da fare. Nonostante tutti gli sforzi che faceva per estraniarsi dalla scena non ci riusciva. Non gli rimase altro che sentire le urla delle due ragazze spegnersi lentamente…alzando lo sguardo aveva visto che una aveva pressappoco la sua stessa età.

«Mamma, voglio tornare a casa!» aveva piagnucolato John cercando a stento di trattenere le lacrime.

«Ora andiamo, piccolo…» aveva risposto la donna scrutando severamente il figlio maggiore.

Zac rimase un po’ fermo a guardare le paglie ardenti. Non poteva permetterlo, non poteva…

 

Una ragazza sui 15 anni si aggirava furtiva per la periferia di Londra cercando di non attirare l’attenzione dei passanti. Sembrava quasi che volesse nascondersi da qualcuno o qualcosa di invisibile agli occhi degli altri abitanti della città, era livida in volto e il suo abbigliamento scuro non lasciava dubbi sulla sua appartenenza sociale: era una gothica. La sua minigonna di raso e tulle sobbalzava dolcemente sulle sue gambe mentre correva per i viottoli acciottolati della città cercando disperatamente di confondersi tra la folla.

La vista di una guardia del re la bloccò di colpo. Non l’aveva vista, non ancora, faceva sempre in tempo a nascondersi o a voltarsi…troppo tardi: pensare a cosa fare le aveva tolto il tempo per agire. La guardia l’aveva vista e si stava facendo largo tra la folla cercando di raggiungerla; ogni suo passo avanti era un passo arretrato della ragazza, ma la paura di essere arrestata era tale da impedirle di dare le spalle alla guardia e scappare nella direzione opposta.

«Ah!» gridò quando questa le afferrò il braccio candido stringendolo con tutta la sua forza.

«Ti ho presa finalmente, ragazzina! Dove credevi di andare, eh?».

«Lasciatemi andare, subito!» gridò ancora la ragazza cercando di liberarsi dalla stretta potente del gendarme.

«Altrimenti che fai, mi lanci una maledizione come la tua sorellina?» domandò questo in tono di sfida.

La ragazza lo guardò bieca «Potrei farlo…».

La guardia smise di ridere e guardò la quindicenne con un’espressione che lasciava trasparire un po’ di paura, non era più tanto audace ora.

«Vieni, piccola serva del demonio!» le ordinò prendendole entrambe le mani e cercando di legarle insieme con una corda.

«Ah!».

«Corri! Scappa!». Un ragazzo aveva aggredito la guardia da dietro facendola distrarre dalla ragazza. Non aveva fatto in tempo a vederlo bene in faccia, aveva subito pensato a correre stavolta. Si rammaricò di non averlo ringraziato.

La giovane gothica corse fino a che non arrivò al limite della periferia ovest di Londra, dove, con il fiato corto e il fianco destro dolorante, si lasciò cadere debolmente per terra, scivolando lungo il muro di una casa. Era salva, lì non potevano trovarla…si mise a pensare a tutto ciò che le era successo in quell’ultima settimana: l’arresto della sorella, il processo del tribunale dell’Inquisizione, Monsignor Grapepeace che pronunciava la sentenza di morte, lei che era scappata, il bando che ordinava di trovarla e arrestarla, il rogo, la guardia, il ragazzo che l’aveva salvata…

Il ragazzo. L’aveva salvata e lei non l’aveva nemmeno visto in faccia. Non avrebbe mai potuto ringraziarlo per quello che aveva fatto…chissà che gli era successo? L’avevano arrestato o era riuscito a scappare pure lui? Chi era? Era un gothico anche lui? L’avrebbe rincontrato?

Con questa serie di domande senza risposta che le affollavano la mente, la ragazza si alzò faticosamente e riprese la sua corsa. Doveva arrivare al confine ovest della città prima dell’alba.

 

«Vieni qui, piccolo delinquente! Se ti prendo…» stava urlando il gendarme. Ma il ragazzo era già abbastanza lontano da potersi dichiarare al sicuro dalle minacce di questo.

«Se mi prendi cosa fai? Ti metti a giocare a darsela?» lo canzonò ignorando gli sguardi riprovevoli delle persone che gli passavano di lato. «E tu che hai da guardare, eh?» chiese scontroso a una donna che si affrettò a togliersi dalla sua strada. Tutti quelli che lo incrociavano lo scansavano come fosse affetto da una grave malattia. Il suo aspetto incuteva loro terrore: la testa era completamente rasata tranne che per un ciuffo di capelli neri che gli copriva l’occhio destro, e non c’era orecchio, naso, sopracciglio o labbro che non fosse traforato da qualche orecchino metallico. Le madri nascondevano i propri figli al suo passaggio mentre chi poteva cambiava direzione per non trovarsi sulla sua strada. Era un emarginato, era un punk.

 

«Ma non ti vergogni??! Portare tuo fratello a un rogo di streghe?! E…e…e se una di loro avesse lanciato una maledizione??? E…».

«Credo che sia più orribile la morte sofferta di un essere umano che non il pericolo – improbabile – di una maledizione lanciata sulla folla!» sbottò Zac «Almeno ora non sarà più così eccitato ogni volta che bruciano una strega…o presunta tale!».

«E’ Dio stesso che le rinnega, perché tu ti ostini a difenderle, figlio mio? Ti hanno lanciato un incantesimo per plagiare la tua mente?» chiese sua madre preoccupata.

«No, madre, sto benissimo! Solo che non avrei mai pensato che un giorno mi sarei vergognato di te!». La sberla che ne seguì fu inevitabile. Zac sentì la parte sinistra del suo viso accaldarsi mentre si poteva distinguere bene dove le dita della madre avevano colpito. Rimase zitto.

«Non permetterti mai più, capito, Zachary? Mai più!» esclamò la madre irata.

«Ho afferrato perfettamente.» rispose Zac raccogliendo la sua fender nella sua custodia e uscendo mesto dalla casa.

«Zachary, dove stai andando? Zachary!» chiese la madre.

«Il più lontano possibile da te!!!» rispose lui ignorando lo sguardo sorpreso del fratellino che stava sulla porta. Detto questo si allontanò con rabbia dalla casa.

 

«Dove sei stato?! Sei andato in città?! Ma sei impazzito?!» lo rimproverò un ragazzo con un’alta cresta di capelli rossi.

«Hai finito con le domande? Posso parlare adesso?» ribatté il ragazzo.

«Non ci vogliono in città, Sirius, e non servo io a ricordartelo!» replicò il ragazzo con la cresta.

«Un gendarme ha aggredito una gothica, credo che la sospettino di stregoneria…l’ho distratto per farla scappare.» disse Sirius facendo finta di non aver sentito le parole dell’amico.

«E dovremmo considerarti un eroe per questo?».

«L’intenzione c’era, ma non sei obbligato a innalzarmi un’icona per questo.» replicò Sirius sarcastico.

«C’è stato un altro rogo, ho sentito…» disse un altro ragazzo punk avvicinandosi agli altri due.

«Gia, e la più grande delle due aveva 18 anni. Monsignor Grapepeace ha deciso che eliminerà tutta la gioventù femminile di Londra prima della fina dell’anno.» sbottò Sirius.

«E’ un prete, e come tutti i preti è un problematico mentale.» sentenziò il ragazzo appena venuto.

«Zitto! Se ti sentisse Dio potresti andare all’inferno!» scherzò cinicamente Sirius.

«Non credo…se al mondo c’è giustizia saranno quelli come Grapepeace che andranno all’inferno, non noi.» replicò il ragazzo con la cresta.

«Reietti, ecco cosa ci considerano: la feccia più feccia della “Cristianità” o come amano chiamarla…» borbottò l’altro ragazzo.

«Prima o poi finirà, vedrete, non può durare così per sempre.» dichiarò Sirius.

«No, ma non possiamo dire se saremo ancora qui noi, quando capiranno che stanno sbagliando tutto.» concordò il ragazzo con la cresta.

In quel momento un altro ragazzo fece dei gesti da lontano ai tre ragazzi gridando qualcosa.

«Che dice?» chiese Sirius.

«Che…è arrivata una ragazza…sui quindici anni…dice che è una gothica.» disse l’altro ragazzo.

«Forse è quella che hai salvato in città.» disse il ragazzo con la cresta.

«Già…forse.».

 

«Hey, calmati…non ti facciamo niente, siamo amici noi!!» esclamò un ragazzo con un piercing nel labbro inferiore.

«Stammi lontano! Non toccarmi!» urlò la ragazza cercando di respingere il ragazzo che cercava di tranquillizzarla.

«Che succede qui?! Vi si sente urlare fino al confine ovest!» sbottò Sirius arrivando al villaggio.

«Non vuole calmarsi!» disse il ragazzo accennando alla ragazza.

«Hey, gothica, sedatizzati! Qui non corri alcun pericolo; prima che vengano a cercarti qui setacceranno tutta Londra. Hai avuto una bella pensata a venire qua…».

«Come fai a sapere che mi stanno cercando in tutta Londra?» chiese indagatrice la ragazza.

«Ti ho salvato il culo da quel gendarme senza cervello e non ti ricordi nemmeno di me? Bel ringraziamento!» sghignazzò Sirius.

«Eri tu? Io…non ti ho visto in faccia…scusa. Grazie, comunque.» sussurrò la ragazza cominciando a tranquillizzarsi.

«Pietra sopra. Non ti chiederò perché ti stavano cercando, ma me lo immagino. Come ti chiami?» le domandò Sirius.

«Maddalena…hanno bruciato mia sorella oggi pomeriggio, ecco perché stavo scappando.».

«Pensavo a qualcosa del genere. Mi dispiace per tua sorella, ma non sarà facendo la difficile che riuscirai a evitare di fare la sua fine. Se vuoi puoi stare qui, non abbiamo problemi, ma se vengono a cercarti portando rogne al nostro villaggio non ci penserò due volte prima di sbatterti fuori di qui. Chiare le regole?» enunciò Sirius.

«Chiarissime.» rispose Maddalena felice di aver trovato un nascondiglio senza nemmeno averlo dovuto chiedere.

 «Allora, Maddalena, benvenuta tra i rinnegati.» le disse Sirius con un sorriso.

 

Zac strimpellava la sua chitarra davanti a una decina di persone aspettando pazientemente che una di quelle lasciasse cadere nel cappello qualche moneta. Erano quattro giorni che non tornava a casa e altrettanti che non mangiava qualcosa di decente; per quella manciata di giorni si era accontentato degli avanzi che qualche borghese riservava ai suoi cani o si era arrangiato rubando qualcosa al mercato. Sentiva il suo stomaco brontolare sonoramente.

Cominciava a far buio e nessuno gli aveva messo nel berretto soldi sufficienti a comprarsi del pane, in compenso però aveva i polpastrelli della mano sinistra doloranti dopo ore e ore di “intrattenimento”.

“State lì e sorridete tranquilli, applaudite quando finisco un assolo e ne comincio un altro, ma nessuno di voi mi ricompensa per la distrazione che rendo, vero?” pensava Zac continuando a slittare le dita sui tasti lignei della fender.

«Hey, cantastorie, sgombra il sagrato! Non puoi suonare quella musica davanti alla casa di Dio!». Zac alzò lo sguardo preoccupato: un gendarme gli si stava avvicinando brandendo minaccioso una lancia. Smise di suonare e cercò di riporre in fretta la chitarra nella custodia rattoppata, ma la guardia lo raggiunse prima che potesse darsela a gambe. Riuscì appena a nascondere i soldi.

«Monsignor Grapepeace ha espressamente vietato a cantastorie, zingari o attori di rappresentare le loro arti profane nei pressi delle chiese della città, non ne eri al corrente, forse?» disse la guardia afferrando Zac per la tracolla della custodia.

Zac cercò di liberarsi dalla stretta. “Certo che lo sapevo, ma di quello che dice Grapepeace non me ne frega un cazzo!” «Stavo solo suonando, non cantavo mica…come potete dire che fosse qualcosa di profano?» chiese con aria superiore alla guardia.

«Non fare l’impudente con me, rockettaro, lo sanno tutti di cosa parla la musica che fate voi: di perdizione morale e elogi a Mefisto!» replicò la guardia con gli occhi iniettati di sangue. Zac riuscì a scorgere lo stemma di Grapepeace ricamato sulla sacca che aveva legata in vita. Era uno dei gendarmi che il monsignore aveva voluto schierare personalmente per Londra…doveva cercare di liberarsi assolutamente.

«Almeno Mefisto non va in giro a bruciare donne innocenti e contemporaneamente a predicare di non far del male al suo prossimo…» sibilò Zac sprezzante.

Il gendarme scrutò rabbioso il giovane mendicante, lo fissò dritto negli occhi e questo permise a Zac di assestargli un bel calcio ai genitali, abbastanza forte da fargli mollare la presa. Mentre il gendarme era piegato dal dolore, Zac cominciò a correre nella via del mercato per nascondersi tra la folla. Quando la guardia rialzò lo sguardo, il giovane musicante era sparito.

 

Maddalena stava seduta su uno sgabello di vimini profondamente assorta nei suoi pensieri. Davanti a lei due ragazze dai capelli rosa stavano preparando la cena per i loro sei fratelli impegnati a procurare della legna per il “Villaggio dei Reietti”. Sirius l’aveva definito così. Ragazzi allontanati dalla città perché diversi dalla normalità. «Dicono che mangiamo i bambini e che parliamo alla morte, dicono che la peste esiste a causa nostra…i flagellanti ci fanno perseguitare come eretici, e forse un po’ lo siamo. Quando ci vedono scappano, se ci sentono arrivare si chiudono in casa…e poi vanno in chiesa e predicano l’uguaglianza degli uomini.» aveva detto con un sorriso tranquillo sulle labbra, come se non gli interessasse. Allora Maddalena l’aveva guardato con sorpresa e lui le aveva risposto sempre sorridendo che c’era abituato ormai, non gli faceva né caldo né freddo. La brutalità del significato nascosto tra quelle parole era impressionante. Ci si poteva abituare a tutto, anche a essere emarginati e perseguitati.

Un brivido le percorse la schiena. Diede la colpa al vento gelido che l’aveva sferzata. Tornò a guardare le due ragazze. Sentendosi in colpa per starsene lì con le mani in mano e con la voglia di allontanare i pensieri della città dalla sua testa, Maddalena si offrì di aiutare a preparare la cena.

«Grapepeace ti ha sguinzagliato dietro i suoi gendarmi bianchi…dovresti essere felice di essere così desiderata…» scherzò Sirius entrando nella casa, rivolgendosi a Maddalena. Lei non rispose, indispettita dall’ironia fuori luogo del punk.

«Allora è vero che voi gothici non ridete mai…» borbottò lui.

«Se non mi stessi ospitando e nascondendo ti risponderei a dovere, ma mi astengo dal farlo.» commentò piatta Maddalena.

«I vantaggi di essere gentile col prossimo.» sentenziò Sirius con un’alzata di spalle. «Comunque qui non ti troveranno, non verranno nemmeno a cercare.».

«Perché devono darmi la caccia? Io non ho fatto niente!» esclamò Maddalena in preda a un attacco d’ira.

«Credi che a loro importi? Tua sorella aveva fatto qualcosa, forse? Credo che dovrai abituarti a non fidarti della società in cui vivi…».

«Punk fino al midollo, eh?» commentò Maddalena.

«Non per niente sono il capo, qui.» rispose Sirius con un sorriso sulle labbra «Ora vado, c’è il mio turno di guardia. Se hai voglia di venire a fare un giro…».

Maddalena fece un cenno d’assenso e seguì il ragazzo fuori dalla casa.

 

Aveva le gambe che gli facevano male e il fiato corto. Ansimava per la corsa e il suo cervello era in apnea da un po’ di minuti: se avesse continuato a correre così sarebbe svenuto. Zac si lasciò cadere addosso al muro di una locanda, ben attento a non dare nell’occhio. La milza emanava delle fitte di dolore altissime, così forti che quasi lo accecavano…quel gendarme gliel’avrebbe fatta pagare. Colpa della sua lingua troppo lunga, non avrebbe dovuto esternare quello che pensava riguardo il monsignore…se l’avessero preso l’avrebbero accusato di favoreggiamento o stregoneria.

“Incitamenti alla perdizione morale e a Mefisto…che cazzate!” pensò rialzandosi in piedi, ricordandosi gli occhi rossi e sporgenti della guardia che l’aveva bloccato. Ma ora non poteva rimanere a Londra, doveva uscirne, scappare come facevano i punk che venivano avvistati dai flagellanti. Chissà dove andavano? Gli avevano detto che avevano una specie di villaggio privato, dove stavano solo loro e a cui nessuno si avvicinava mai. Chissà dov’era? Se l’avesse trovato e raggiunto avrebbe potuto chiedere ospitalità, in fondo erano entrambi reietti.

“Sì, figuriamoci! Dei punk che ospitano un metallaro…me li immagino! Mi squadreranno dall’alto al basso come fossi un sacco di merda! Non credo mi vorranno…” si disse Zac avviandosi verso una piccola via. Ma doveva tentare, se fosse andato avanti a elemosine come quella sarebbe morto entro pochi giorni. Per il momento poteva sperare in un’accoglienza da parte dei punk, poi avrebbe potuto arrangiarsi, e se non l’avessero accettato tra di loro avrebbe comunque potuto cercare qualche aiuto fuori Londra.

Mentre pensava queste cose, Zac si ritrovò a pochi metri dalla periferia ovest della città. Non si era mai spinto così lontano da casa sua…forse John a quell’ora stava già dormendo, forse sua madre piangeva…non gli importava. Lei era come tutti gli altri: cieca di fronte all’evidenza. Issandosi meglio la tracolla sulla spalla, Zac imboccò la via verso il confine.

 

«E’ sempre così buio qui?» chiese Maddalena a Sirius mentre stavano seduti su una collinetta utilizzata per gli avvistamenti.

«Non ci sono le luci che ci sono in città, lì almeno hanno i fuochi…ma noi non dobbiamo farci vedere più di tanto. Ti ci abituerai…» rispose il ragazzo.

«Non è un problema, mi piace il buio.» sussurrò lei stringendosi di più nello scialle. L’aria fredda della sera inglese cominciava a farsi sentire.

«Non l’avrei mai detto!» esclamò sarcastico Sirius. Maddalena sorrise timidamente.

«Non sono dark, sono gothica!» puntualizzò «Ogni tanto sono ottimista anche io!».

«Per me è uguale!».

«No, non lo è. I gothici non sono pessimisti come i dark.» spiegò brevemente Maddalena.

«Adesso non venirmi a dire che voialtri siete ottimisti perché non ci casco! E’ come se io dicessi di essere un amante della società! Non sono così ipocrita…» obiettò Sirius lanciando un’occhiata a Maddalena.

«Io non-» cercò di ribattere la ragazza, ma fu subito interrotta da un cenno brusco di Sirius il quale stava guardando preoccupato verso la periferia ovest della città.

«Arriva qualcuno…» sussurrò «Vieni, andiamo ad avvisare gli altri. Voglio capire che intenzioni ha.». Sirius si alzò e, seguito da Maddalena si avviò verso il villaggio dove incontrò alcuni dei ragazzi che avevano accolto la gothica. «Sta arrivando qualcuno, credo sia un uomo, ma non si vede bene col buio di stasera…venite con me e portate una torcia!» ordinò «E tu resta qui, se è un intruso minaccioso potrebbe cercare te.» disse poi rivolto a Maddalena. La ragazza annuì preoccupata.

Sirius tornò verso l’appostamento con quattro punk e una grande torcia luminosa. L’individuo che stava giungendo dalla città si era ormai avvicinato parecchio e si poteva tranquillamente distinguere: era un ragazzo sui 17 anni, alto e dal fisico sportivo, visibilmente provato dalla stanchezza e dalla fame, con dei capelli mossi un po’ lunghi e sul mogano che risaltavano gli occhi verde chiaro; sulla schiena reggeva una custodia da chitarra.

«Menestrello, che ci fai qui? Non è il tuo posto, questo.» ringhiò il ragazzo dalla cresta rossa che reggeva la torcia.

«Zitto, Marcus, non sparare cazzate! Se è qui ci dev’essere un motivo…» lo zittì Sirius «Chi sei? Perché arrivi qui?» chiese poi rivolto al ragazzo.

«Mi chiamo Zachary e sto cercando un posto per questa notte. Non vi darò fastidio a lungo, mi basta solo per stanotte.» rispose il nuovo arrivato.

«Sei un metallaro…perché vieni a cercare aiuto da dei punk?» chiese Sirius.

«Perché non so da chi andare e perché sono un possibile ricercato al momento.» rispose Zac. La risposta sembrò soddisfare Sirius che allungò una mano verso di lui per stringerla.

«Benvenuto tra noi, allora, Zachary. Ma credo che dovrai stringerti…ultimamente abbiamo un po’ d’ospiti! Io sono Sirius.».

«Grazie, Sirius, vi prometto che non creerò alcun disturbo. E chiamami Zac, per favore, solo mia madre mi chiama Zachary.».

 

Maddalena vide avvicinarsi Sirius con un ragazzo che non aveva l’aria di aver passato una bella giornata. Di sicuro non era minaccioso, né tantomeno cercava lei: era un metallaro di circa due anni più di lei, e lei sapeva bene che tutte le guardie di Monsignor Grapepeace erano uomini maturi, di almeno 25 anni. Vedendo che non c’era pericolo si avvicinò al ragazzo per conoscerlo, a quanto pareva si sarebbe fermato per la notte.

«Ciao! Sono Maddalena.» si presentò allungando una mano verso Zac che la guardò sorpreso: non si aspettava che ci fosse anche qualcun altro là. Ora capiva cosa aveva inteso Sirius quando gli aveva detto che avevano già un po’ d’ospiti, e guardando Maddalena si accorse della somiglianza che intercorreva tra lei e una delle streghe che aveva visto bruciare sul rogo quattro giorni prima.

«Zac.» si presentò anche lui «Assomigli moltissimo a una delle ragazze che quel coglione in gonnella ha fatto bruciare pochi giorni fa…».

Maddalena chiuse gli occhi e bloccò il suo respiro come per cercare di far finta di non aver sentito quelle parole. «Scusa…io…mi dispiace, ma il tatto non è il mio forte…» cercò di scusarsi Zac chinando il capo, vergognandosi.

«No, non scusarti. Mi fa piacere vedere che c’è qualcuno non crede al Monsignore, da queste parti.» replicò lei.

«Potrei offendermi!» protestò Sirius che era rimasto in silenzio fino a quel momento «Anche io credo che Grapepeace sia uno stronzo in gonnella!».

Maddalena gli sorrise in segno di gratitudine, ma fu un sorriso che durò poco: il ricordo della morte della sorella che Zac aveva ridestato in lei le aveva creato un immenso nodo in gola che sentiva di dover espellere. Senza rendersene conto si era ritrovata tra le braccia di Zac a inzuppargli i vestiti di lacrime, lacrime che ancora non era riuscita a versare. Era la prima volta che piangeva per la sorella.

Preso alla sprovvista Zac non seppe cosa fare, dunque si limitò a batterle una mano pseudo-confortante sulla spalla destra.

«Avanti…se quello che ci raccontano non è tutta una balla ora sarà in un posto migliore di questo…» le disse, sorprendendosi da solo. Non era un credente, per quanto sua madre avesse cercato di tirarlo su come un timoroso di Dio lui si era sempre rifiutato di credere in qualcosa che non potesse sperimentare con i suoi stessi occhi.

Maddalena si scostò da Zac e tirò su col naso. «Già…» disse «…spero sia così.» concluse asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Si vergognava mortalmente: scoppiare a piangere in quel modo tra le braccia di un ragazzo che non conosceva nemmeno! Cosa le era saltato in testa?! Ma non era riuscita a trattenersi; vedere tutta quella gente e sentirsi nello stesso tempo sola le aveva fatto crescere nel petto un grosso groppo. Ora si era sciolto.

«Credo sia meglio andare a dormire…se in città vedono le luci della riserva accese dopo mezzanotte cominceranno a pensare che iniziamo a organizzarci per attaccarli in massa o qualcosa del genere» disse Sirius spingendo i due ragazzi verso le case in mattoni «Domani vedremo di vedere meglio come aiutarvi, in questo momento ho troppo sonno per riuscirci…» continuò senza sforzarsi di contenere uno sbadiglio, come per sottolineare che era tempo di calmarsi.

 

La mattina seguente Zac si svegliò all’alba e andò fuori a respirare un po’ di aria buona e a camminare. Sirius era già sveglio anche lui e lo stava osservando da dietro un palo di legno che sosteneva l’officina dell’artigiano della comunità. Lì nascosto poteva tranquillamente osservare il giovane curiosare in giro senza preoccuparsi di essere scoperto. Zac dal canto suo sentiva di trovarsi a disagio là in mezzo…tra i punk di Londra…lui, un metallaro. Sorrise al ricordo di lui e dei suoi amici a un raduno di metallari, quella volta che si era infiltrato un punk. Quante gliene avevano date a quel poveraccio gli organizzatori del raduno! E Zac si era vergognato, ma non aveva fatto nulla per impedire che lo facessero. E adesso si trovava là, tra dei punk, e di certo tra quelli c’era pure il ragazzo che avevano picchiato al raduno, che di sicuro l’aveva riconosciuto. Sirius decise di smetterla di spiarlo come uno dei gendarmi del Monsignore.

«Non preoccuparti, non ce l’ha con te.» disse a Zac che si girò di scatto per la sorpresa di trovare qualcun altro fuori con lui.

«Che…?».

«Marcus mi ha detto che una volta i tuoi amici gli hanno fatto passare un brutto quarto d’ora. Ma non preoccuparti, ha detto che si ricorda bene che tu non c’entravi…» disse Sirius per spiegarsi meglio.

«Ma non ho fatto niente nemmeno per impedire che lo conciassero a quel modo!» si rimproverò Zac con una smorfia di disgusto per se stesso. «Ma come hai fatto a capire che ci stavo pensando?».

«Sono abituato a leggere tra le righe. Eri troppo pensieroso per pensare al tempo atmosferico e troppo poco per pensare a Greapepeace che ti sta cercando. A proposito, che hai fatto per renderti un ricercato?» domandò Sirius posizionandosi a fianco di Zac che stava osservando il profilo mattutino di Londra dalla collina di avvistamento dove Maddalena aveva parlato con Sirius la sera prima.

«Ah! Ho detto a un gendarme che Greapepeace è un testa di cazzo, in poche parole…e gli ho dato un calcio dove credo se lo ricorderà a vita.» disse Zac con un sorrisetto sulle labbra.

«Oh, bé, la seconda parte è routine, la prima un po’ meno…nemmeno io mi sono mai azzardato a tanto. Forse perché mi sento responsabile di questo posto e quindi non posso mettermi nei guai o rischio di farci finire pure i miei amici. A volte mi chiedo perché non ho ancora lasciato Londra; in fondo in qualsiasi altra città potrei trovare un posto un po’ più tranquillo…».

«Forse non è quello che cerchi veramente.» disse Zac con noncuranza.

Sirius osservò Zac da sotto il ciuffo nero che gli copriva l’occhio destro «Già, forse non sono ancora così distaccato dalla mia città come voglio dare a vedere. Forse è meglio qui, ma reietto che a Oxford accettato dalla società. Forse essere un reietto mi dà qualcosa per cui essere incazzato e combattere.».

«Non serve essere per forza incazzati per combattere per qualcosa.» affermò Zac.

«Ah no? E perché tu avresti lasciato casa tua e ti saresti fatto riprendere da un gendarme di Greapepeace? Per dare una semplice scossa al tuo mondo? O perché ce l’avevi con qualcuno?» indagò Sirius tornando a osservare Londra.

Zac stette in silenzio pensando a quello che gli aveva appena fatto notare Sirius: aveva lasciato sua madre e suo fratello perché lui non accettava il modo in cui lei stava allevando il figlio minore, e aveva deciso di rispondere in quel modo al gendarme perché non sopportava che il Monsignore decidesse per tutti quello che Dio o chi di simile pensasse degli uomini. E aveva deciso di abbandonare Londra perché odiava quel posto dove aveva visto la corruzione totale dilagare tra coloro di cui le persone si fidavano. In effetti le sue decisioni erano state tutte basate su rancori repressi.

«Vedi?» gli fece notare Sirius «Tutte le rivoluzioni nascono perché qualcuno si incazza una volta di troppo».

«Anche le guerre nascono così.» disse Maddalena sbucando fuori dalla sua casetta.

«Ti abbiamo svegliata?» chiese Zac.

«No, non dormivo proprio. Sono rimasta ad ascoltarvi per un po’…Sirius è un tipo un po’ riflessivo ogni tanto, hai notato?» disse la ragazza sorridendo. Sirius la guardò con un’espressione di rimprovero.

«Lo siamo tutti di questi tempi, anche un po’ troppo a volte. Se le persone fossero sempre così riflessive Greapepeace si troverebbe a bruciare tante di quelle persone da scaldare l’Inghilterra per un decennio. Forse allora qualcuno si sveglierebbe alla fine.» rispose Zac tornando scuro in volto.

«Mia sorella non è morta invano, se tu dopotutto sei qui. Vuol dire che c’è gente come te in giro.» replicò Maddalena sedendosi per terra. I tre rimasero così, in silenzio a guardare il sole tingere di rosa l’orizzonte sulla città.

 

«Dobbiamo trovare un modo per farvi arrivare a Brighton senza che Greapepeace vi trovi. Marcus mi ha detto che quell’idiota ha già iniziato a mandare in giro bandi su voi due…la cosa non mi piace per niente, vuol dire che ha paura di voi.». Sirius continuava a girare intorno al tavolo della sua stanza assorto nei suoi pensieri.

«Paura di noi? E perché mai? Che possiamo fargli, il malocchio?» disse acido Zac che ormai si trovava là da due settimane. Sirius aveva insistito affinché i due ragazzi rimanessero fino a che le acque non avessero preso un corso preciso.

«Esattamente! Il malocchio peggiore che ci sia per quelli come lui sono quelli come te che cominciano a mettere in discussione quello che fa, predica e pensa! Se la gente inizia a seguire le tue tracce hai idea di dove si arriverebbe per lui? Niente più donazioni alla Chiesa, niente più controllo psicologico tramite roghi che porterebbero solo a rivolte di massa, niente più manipolazione della gente…e ciò si traduce in mancanza di potere! E Maddalena è la sorella dell’ultima strega bruciata viva a Londra, deve essere catturata prima che segua le orme della sorella…a meno che non le abbia già intraprese. E questo significa che se la trovano la processano e la condannano di sicuro. E quanto pensate che ci voglia prima che loro arrivino a cercare qui? Da chi può andare un reietto se non da un altro reietto? Simile conosce simile.» spiegò Sirius sempre più preoccupato.

«Se in due settimane non ci sono ancora venuti a cercare qui perché dovrebbero ora?» chiese Maddalena visibilmente sconvolta.

«Perché stanno cercando di farci sentire al sicuro…pensaci! Se ci trovassero qui sarebbe la manna dal cielo per loro! Tra i reietti della società, per il popolo passeremmo come dei delinquenti della peggior specie e in più il fatto che i punk abbiano ospitato due banditi dalla città farebbe loro prendere due piccioni con una fava: sarebbe la scusa perfetta per cominciare a eliminare pure loro.» le rispose Zac. Maddalena si portò una mano alla bocca, rifiutandosi di credere che qualcuno potesse progettare una cosa tanto tremenda.

«Precisamente…» concordò Sirius «Ed è per questo che pensavo a Brighton. Là potreste prendere una nave e andarvene in Francia o in Germania…meglio in Germania, di questi tempi gli inglesi non sono ben visti in Francia.».

«In Germania potremmo anche nasconderci da mio zio…lui vive in una città del nord, e non ha mai potuto vedere mia madre, per cui non farà mai la spia. Dopo la morte di mio padre ha insistito per anni affinché andassi a vivere con lui.» disse Zac.

«E perché, vista la tua voglia di andartene, non sei partito?» chiese Sirius.

«Per mio fratello. Non potevo lasciarlo con mia madre…ma ormai ho visto che lei l’ha contaminato con le sue idee religiose del cazzo.».

«Hai un fratello? E lo lasci in balia di una madre che non riconosci come tale?» chiese Maddalena.

«Non ho altra scelta. Non vorrebbe venire comunque…ama troppo nostra madre. Lei l’ha nutrito con le sue ansie e paure, più forti della colla.».

Maddalena guardò il ragazzo cercare in giro la sua chitarra con un’espressione vuota, come se in realtà stesse cercando qualcosa di totalmente diverso. Poteva capirlo in parte, in fondo pure lui aveva perso un fratello come lei, ma a lui rimaneva purtroppo la consapevolezza che in realtà lui esisteva ancora per il resto del mondo…ma non per il suo. Zac afferrò il manico della sua Fender Stratocaster e si mise a suonare un arpeggio molto triste che ricordò alla ragazza le ninnananne che la madre era solita cantarle quando era bambina, con la sua voce alta e cristallina…chiuse gli occhi e cominciò a ricordarsi com’era l’ultima volta che l’aveva vista prima che si ammalasse gravemente. Vide i suoi lunghi e lisci capelli corvini con cui lei si divertiva a comporre delle lunghe e sottili treccioline, e gli occhi verde chiaro come i suoi sempre sorridenti per lei. Quando riaprì gli occhi l’arpeggio di Zac era terminato. E allora capì che lì tutto era terminato: la sua vita come era prima non era più lì, ormai le era rimasto solo un sacchetto di ricordi. Rimanere non avrebbe voluto più dire niente.

«Partiremo domenica. Quando Greapepeace sarà impegnato a festeggiare la festa di St. James.» disse Maddalena alzandosi in piedi «Così sarà un inizio definitivo.». uscì al sole opaco del pomeriggio inglese stringendosi nella sua mantella cercando di farsi coraggio da sola. Era arrivato il momento.

 

Domenica sarebbe arrivata tra soli tre giorni. Gli ultimi tre giorni in cui avrebbe potuto rivedere suo fratello…forse avrebbe potuto portarlo via con sé. Forse dopotutto sua madre non era riuscito a plagiarlo più di tanto…

“Mi porti a vedere le streghe bruciare, Zac?”.

Quella frase.

Zac continuava a sentire la frase pronunciata dal fratello tre settimane prima battergli nella mente come un timpano. Dopo non gli era piaciuto quello che aveva visto, ma aveva pur sempre posto quella domanda come se si trattasse di andare a vedere la parata di carnevale. Forse era già troppo tardi…

«Che succede?» gli chiese Sirius sedendoglisi accanto sulla panca.

«Mio fratello…credi che possa andare a prenderlo per portarlo via con me?».

«Entreresti a Londra e rischieresti la via solo per riprenderti tuo fratello? Considerando il fatto che molto probabilmente non verrà mai con te lasciando sua madre?» continuò Sirius.

«Gli voglio molto bene. Non voglio che diventi come quelli che ho incontrato finora, e mia madre sta facendo appunto questo. Voglio che venga via con me.» rispose Zac guardando fisso un punto davanti a sé.

«Rischieresti la vita per questo, quindi?» insistette il punk guardandolo sorpreso.

«Lo dici come se fosse strano…» replicò Zac.

«Per me lo è.».

«Si vede che non hai fratelli…».

«Al contrario, ne ho tre.» lo riprese Sirius «E nessuno dei tre vive qui. Mi hanno abbandonato a cinque anni appena nostro padre è morto perché non ero il figlio legittimo…sai, problemi con l’eredità…».

Zac guardò il ragazzo come se l’avesse visto per la prima volta. «Certo che abbiamo una vita sfigata forte noi tre…nessuno di noi ha un bel quadro famigliare.».

«Altrimenti non sareste scappati e non sareste arrivati qui a nascondervi, e io non sarei diventato quello che sono forse. Lo sai no? Punk significa barbone.».

«Questo eri? Un vagabondo? Non ti ha accolto nessuno? In fondo avevi solo cinque anni.» gli chiese Zac.

«No, mi hanno accolto due ragazzi…due fratelli, sempre punk, e mi hanno iniziato a questo genere di vita. Il mio primo piercing l’ho fatto a otto anni…» disse Sirius indicando il piercing al centro del labbro inferiore. Zac fece una smorfia strana. «Tu piuttosto com’è che sei diventato un metallaro se tua madre mi sembra un tipo abbastanza pop?».

Zac rise «Pop, già…mio zio mi regalò la mia chitarra elettrica a sei anni e mi fece ascoltare tutti i suoi dischi vecchi dicendomi che un giorno avrei dovuto suonargliene uno per intero. Mio padre l’aveva rimproverato perché diceva che un metallaro era l’ultima cosa che voleva in casa. Aveva paura che venissi su come un drogato o uno sbandato…».

«Bé, c’è andato vicino!» disse sarcastico Sirius.

Zac annuì «Più o meno…ma alla fine mi ci sento appieno. E poi mi piace suonare, è l’unica cosa che mi tira su. Quando è morto mio padre ho passato tutta la settimana a suonare Nothing else matters dei Metallica, era l’unico modo per non sentire che mi mancava.».

«E qual è l’album che vuoi far sentire a tuo zio come segno di gratitudine al tuo arrivo?» chiese sirius.

«Non ci ho mai pensato…ormai ne so fare tanti. Forse uno degli Iron Maiden o qualcosa così…di allegro.».

«Per te gli Iron Maiden sono allegri? Per me tutta la musica metal è tristissima! Siete sempre così incazzati con tutti!» disse Sirius ridacchiando.

«Parla uno che non ascolterà una canzone dico una dove non si  dica “fuck the system!”!» sbottò Zac. Guai a toccargli la musica, era la sola amica vera che aveva.

«L’ho detto apposta, calmati!» ribatté Sirius «Per tuo fratello decidi tu. Se sei convinto che sia un tipo poco pop allora credo che qualche possibilità ce l’hai, basta che non ti becchino i gendarmi bianchi che stanno cercando te e Maddalena, altrimenti non ne vale la pena. Ma è tuo fratello, devi capirlo da solo. Sappi che però non avrai scorte se deciderai di andare, non faccio rischiare ai miei di passare dei guai per dei sentimentalismi che non condivido.» continuò poi alzandosi e dirigendosi verso casa sua.

«Non vorrei nemmeno che venisse gente con me, è una faccenda troppo personale.» sentenziò Zac.

«Bene, almeno siamo d’accordo. Buona notte.».

«Notte.» rispose Zac parlando più al vento che a Sirius che ormai era svanito dietro la porta di casa sua.

Forse John non era poi così pop, in fondo voleva sempre suonare la sua chitarra.

 

«Non puoi lasciarlo andare! Rischia di essere catturato!» protestò Maddalena quando al pomeriggio dopo trovò Zac a prepararsi per andare in città.

«E’ abbastanza grande per sapere quello che fa. Se si fida di suo fratello non posso farci nulla…spero solo che serva a qualcosa.» replicò Sirius prendendo Maddalena per le spalle per rassicurarla.

Zac dal canto suo se ne stava zitto a contemplare il suo bracciale borchiato ripensando alla fiducia estrema che stava riponendo nel fratello. Non l’avrebbe supplicato però: avrebbe dovuto decidere subito. Questa volta si trattava di essere con o contro di lui.

«Ma non capisci che là ci stanno cercando con i fanti bianchi?! Andare là equivarrebbe a un suicidio o a una condanna a vita in quel carcere orribile!!» insistette Maddalena liberandosi dalla stretta di Sirius che la guardò esasperato.

«Lo so benissimo» rispose Zac «…ma non posso lasciare mio fratello qui con mia madre senza nemmeno provare a portarlo via con me! Me lo rimprovererei per il resto della mia vita.».

Maddalena guardò il ragazzo come se fosse impazzito. Non poteva impedirgli di andare, pensava Zac, era una questione troppo importante per lui. E difatti lei non disse né fece nulla quando lui si alzò improvvisamente per uscire dalla casa di Sirius e dirigersi verso Londra. Sirius gli aveva prestato un lungo mantello nero col cappuccio per cercare di nasconderlo il più possibile da sguardi indiscreti.

«Torna prima del tramonto, però. Non voglio che qualcuno si insospettisca a vedere qualcuno uscire dalla città a tarda ora, ok?» disse il punk assicurandosi che Zac capisse bene che un suo ritorno dopo il tramonto avrebbe significato un suo allontanamento dalla comunità.

«Spero che non ci voglia così tanto…» rispose il ragazzo con un sorriso stirato che non riusciva a nascondere la paura che accadesse esattamente il contrario. Sirius annuì in segno di approvazione.

E Zac partì per Londra col cappuccio tirato sui suoi capelli rossicci.

A ogni passo che faceva sembrava che i suoi piedi diventassero sempre più pesanti…di piombo…a un certo punto ebbe anche l’impulso di mettersi a correre per non pensare più al tragitto che doveva compiere per arrivare a casa sua…ma un uomo che correva avrebbe destato troppi sospetti sulle vedette. Soprattutto se proveniente dalla zona in cui si sapeva esistere una comunità di punk che tutte le “brave” persone di Londra avrebbero voluto tenere lontani.

Londra era piena di gente quel giorno. Il mercato aveva attirato fuori un po’ di gente per quanto scarsamente rifornito di merce di quei tempi. Meglio, sua madre sarebbe stata a fare spese quel pomeriggio e suo fratello sarebbe rimasto da solo con la figlia del vicino. Non ci sarebbero stati problemi a parla re con John, quella ragazzina era segretamente innamorata di Zac da sempre, non gli avrebbe opposto resistenza. Passò vicino a delle bambinette intente a canticchiare qualche canzone popolare. Una di quelle che lui odiava tanto, che i genitori insegnavano a cantare ai bambini da piccolissimi: Quit Playing Games With My Heart dei Backstreet Boys.

Il suono di quella canzone lo disgustò profondamente, era la preferita di sua madre, la cantava sempre…tutto il giorno. Le sue labbra si incrinarono in una smorfia di fastidio che fortunatamente fu celata dal cappuccio.

In lontananza Zac vide aprirsi il cielo, segno che era arrivato quasi alla fine della zona del mercato, dove cominciavano le case dei paesani. Casa sua. Suo fratello.

Un bambinette di circa 6 anni con dei capelli rossicci stava giocando con la terra davanti a una minuscola casetta di mattoni. Una ragazzina di circa 12 anni lo seguiva attentamente riprendendolo ogni volta che il piccolo si metteva a sporcarsi troppo i vestiti di fango.

«ZAC!!!» urlò il bambino alzandosi improvvisamente e correndo verso il ragazzo che stava davanti  lui, con il cappuccio abbassato. Zac si chinò per abbracciare il fratello.

«Zachary…ehm…io, non so se…tua madre potrebbe…» sussurrò indecisa la ragazzina.

«Cindy, non me ne importa assolutamente nulla di quello che potrebbe dire mia madre!» sbottò Zac voltandosi a guardare la ragazza che tacque all’istante.

«Sei tornato per vedere la mamma e me?» domandò John «Guarda che castello gigante che ho costruito! Nemmeno re Riccardo ce l’aveva uno così grande!» continuò dopo indicando con un dito un piccolo ammasso di terra e fango che giaceva scomposto vicino alla porta della casa. Zac lo osservò con un sorriso triste.

«No, John, nemmeno Riccardo ne aveva uno così grande e bello. Ma non sono qui per la mamma, sono qui per te.» rispose Zac facendo cenno a Cindy di andarsene. John lo guardò con aria interrogativa. «Sono venuto per portarti via con me…io me ne vado da Londra, non tornerò più, mai più.».

«E dove vai?».

«Vado dallo zio Mike. Ma vorrei che tu venissi con me…».

«E mamma? Viene anche lei con noi dallo zio Mike?» chiese John con un’espressione confusa in volto.

«No, John…mamma non verrebbe con noi. Saremmo solo tu ed io.» rispose Zac con un’espressione di sconforto dipinta negli occhi.

John rimase in silenzio pensieroso. Nonostante i suoi soli 6 anni capiva già che il fratello maggiore gli stava chiedendo di prender una decisione importante e definitiva. A Zac quell’esitazione creava una tremenda stretta alla bocca dello stomaco. Alla fine il fratello aprì la bocca per rispondere.

«Zachary!».

Lancinante.

La voce di sua madre che chiamava il suo nome riecheggiò nella sua testa come una campana a morto.

«Oh, figlio mio, sei tornato finalmente! Sei ancora vivo? Fatti abbracciare!» esclamò sua madre alzandolo da terra e stringendolo forte tra le sue braccia. Ma Zac non l’abbracciava, anzi, cercava di allontanarla da sé, come se avesse il terrore di esserne contagiato.

«Non sono tornato, madre. Me ne sto andando definitivamente.» replicò Zac lasciando che un’espressione di preoccupazione calasse sul viso della madre. Poi si girò verso il fratello minore, riaccosciandosi davanti a lui «John, non ho più tempo, devi decidere adesso!».

«Cosa deve decidere?» chiese sua madre con un tono che aveva abbandonato tutto l’affetto precedentemente dimostrato.

«Sì o no?» continuò Zac ignorando la madre.

«Sì o no, cosa?» insistette la donna sempre più allarmata.

Il piccolo John lasciava vagare lo sguardo smarrito dalla madre al fratello senza riuscire a rispondere.

«Vieni o no con me?!» esclamò Zac afferrando il fratellino per le braccia e guardandolo con occhi supplicanti.

A quel punto sua madre non attese oltre e strappò il piccolo dalle mani del figlio maggiore, stringendoselo addosso per impedirgli di andare verso il fratello.

«No, Zachary, no! Tu puoi fare quello che vuoi della tua vita ormai, riconosco di aver sbagliato con te, forse avrei dovuto accorgermene prima, ma hai 17 anni e decidi tu della tua vita ora. Puoi andartene, ma non porterai con te anche tuo fratello!».

Zac si alzò lentamente continuando a guardare il fratellino, ma senza aprire bocca, aspettando un suo cenno. Avrebbe potuto dire di sì, allora lui avrebbe costretto sua madre a lasciarlo venire con lui, non avrebbe potuto impedir loro di andarsene. Bastava solo quella piccola sillaba…aspettava solo quella.

Ma John non parlava. Continuava a guardare il fratello con aria di terrore misto a incomprensione.

E allora Zac capì: il fratello non avrebbe mai detto sì. O per paura o perché forse lo voleva veramente, ma non avrebbe mai detto sì…non avrebbe mai detto nulla.

«Allora ti lascio libera di sbagliare anche con lui.» disse Zac alzando lo sguardo verso gli occhi della madre che lo guardava collerica. «Addio.».

Per la strada di ritorno verso la comunità, Zac non poté trattenere le lacrime. Ringraziando il cappuccio che copriva quella sua piccola vergogna attraversò il confine ovest della città.

 

«Dio, ti ringrazio!» esultò Maddalena vedendo arrivare Zac. Poi realizzò che era da solo e tutto il suo entusiasmo si convertì in comprensione per il ragazzo.

«Non voglio parlarne!» sbottò Zac quando Sirius gli si avvicinò con l’espressione di chi vuole dire qualcosa di confortante.

«Ok, non parliamone. Dimmi solo se fino a qui ti ha seguito qualcuno oppure se è andato tutto liscio…almeno da quel punto di vista.».

«Nessuno. Non mi avrebbe riconosciuto nemmeno mia madre se avessi tenuto su il cappuccio pure a casa. C’era il mercato, nessuno badava a chi incontrava per strada.» rispose piatto Zac lanciando il mantello in un angolo della stanza in casa di Sirius.

«Perfetto. Ora vedi tu che fare, se vuoi distrarti dalla delusione ho del lavoro da farti fare…ormai sei qui da settimane, ho tutto il diritto di farti lavorare un po’, senza lasciarti fare il mantenuto.» disse il punk ripiegando il mantello per riporlo.

«Qualsiasi cosa, basta che sia abbastanza impegnativa da impedirmi di pensare.» rispose Zac seguendo il ragazzo fuori dalla casa.

Maddalena li seguì in silenzio chiedendosi come mai il fratellino di Zac avesse rinunciato a seguire il fratello maggiore. Ma non osava fare domande il quel momento, ne avrebbe parlato Zac prima o poi. Camminando dietro i due ragazzi, si guardò un po’ intorno. Non aveva ancora visitato tutto il campo, tanto era grande. Sirius le aveva detto che più o meno in quella comunità vivevano in 1.500. tutta gente emarginata…le veniva male a pensarlo. D’altro canto anche lei lo era, e avrebbe dovuto farci l’abitudine. Le mancava tantissimo la sorella maggiore e poteva benissimo capire cosa dovesse provare in quel momento Zac, sentendosi come se in un colpo solo avesse perso sia la madre che il fratello. Si sentiva solo senza volerlo dare a vedere. Maddalena non avrebbe mai capito come faccia un ragazzo a tenersi dentro tutto ciò che lo rende triste semplicemente facendo sforzo sulla questione dell’onore che a loro stava tanto a cuore.

«Anche per te ho qualcosa da fare.» disse sirius rivolto a Maddalena.

«Agli ordini!».

«Stai qui con Zac e sii pronta a trattenerlo quando esploderà. Non vorrei mai che facesse qualcosa di insensato, impulsivo com’è e data la situazione…» disse il ragazzo «E per rimanere in incognito, lava un po’ di queste coperte.» concluse poi mettendole in mano un fascio di lenzuola sporche e indicandole un secchio pieno d’acqua vicino al lavabo.

«Opportunista.» disse Maddalena avviandosi comunque verso il lavabo.

Quelle coperte erano davvero sudice! Nemmeno dei maiali avrebbero potute renderle così schifose! Maddalena pensò che Sirius doveva averle sporcate apposta in previsione de quello che sarebbe successo al ritorno di Zac: era sempre rimasto scettico sul fatto che il fratellino del metallaro avrebbe accettato di partire col fratello.

«La odio.».

Maddalena alzò lo sguardo su Zac che aveva piantato la pala in terra e ora stava appoggiato con le braccia al manico «Tua madre?».

«E’ arrivata mentre stavo parlando con John. Mentre stava per rispondermi.» disse Zac «Me l’ha strappato dalle braccia impedendogli di rispondermi. Non saprò mai cosa avrebbe risposto se non fosse arrivata lei.». zac sorrise amaramente.

«Davvero non lo saprai mai? O forse dentro di te sai cos’avrebbe risposto se foste rimasti da soli?» gli chiese Maddalena.

Zac la guardò indagatore, poi si rivoltò a guardare la terra che stava spalando. «No.» sussurrò «Avrebbe risposto no.».

Maddalena annuì silenziosamente «Allora non hai da sentirti così. Mia madre diceva sempre che non ci si può preoccupare per qualcosa che non può essere risolto.».

«Tua madre era una donna sensata. Dovevi volerle molto bene.».

«Moltissimo. Era la donna migliore che io abbia mai conosciuta.» rispose Maddalena strofinando più forte le lenzuola «Lidia era come lei.».

«Tua sorella?».

«Già. Sai, crescere con due donne così ti fa sentire protetta. Ora non so nemmeno cosa farò…andrò a Brighton, poi in Germania…e poi?» disse Maddalena. Quella che era cominciata come la liberazione di Zac si stava trasformando nella sua.

«Potrai stare da mio zio tutto il tempo necessario. Vive da solo, non gli daremo fastidio. In fondo si è sempre aspettato due persone all’arrivo.» sbuffò il ragazzo gettando un’altra palata di terra nel mucchio.

«Sarebbe molto gentile da parte sua ospitare anche me. Tanto può stare tranquillo: né mia madre né mia sorella mi hanno mai insegnato nulla delle loro arti magiche e malefiche. L’unico anatema che conosco sono le maledizioni che lanciavo ai topi che entravano in camera mia.» disse Maddalena.

«E non credo che siano molto efficaci. Ma non preoccuparti di questo, mio zio è uno a posto, non crede a quelle cose…odia i preti solo perché ascoltano musica elettronica…che lui non può sopportare!» scherzò Zac. I due ragazzi risero.

«Che ti ha messo a fare sirius?» chiese la gotica.

«A preparare una buca per nasconderci un qualcosa che non conosco.» rispose Zac «Mi basta avere la mente occupata.».

«Ne avresti di più a pulire queste lenzuola…sembra che ci abbiano dormito dei maiali, non degli uomini!» protestò la ragazza alzando un telo grigiastro schizzato di macchie di fango incrostato che non riusciva a togliere.

«Non chiedermi cosa ci avranno fatto…non voglio saperlo!» replicò Zac con un sorriso strano sulle labbra.

«Oh, voi uomini siete tutti uguali!».

 

Notte fonda. Da Londra non si vedevano quasi più luci se non quelle dei fuochi accesi dalle vedette. Sirius se ne stava seduto sulla collinetta per adempire al suo turno di guardia quando all’improvviso vide, gli occhi ormai da tempo abituati al buio, qualcosa muoversi in lontananza. Nonostante l’oscurità riusciva a distinguere una sagoma strisciante verso la loro direzione.

«Marcus!» sussurrò «Dammi la torcia piccola!». Il punk con la cresta rossa si avvicinò al suo capo con una piccola torcia illuminata.

«Cos’hai visto?» chiese allarmato.

«Qualcuno che ha voglia di venirci a trovare in gruppo…e in fila da schieramento.» rispose Sirius cercando di illuminare la zona dove si trovava la schiera senza però farsi vedere. «Oh, merda…».

«Alzatevi!».

Zac sentì qualcuno scuoterlo violentemente e Maddalena che mugugnava qualcosa di confuso.

«Alzatevi!» insistette Sirius cercando di fare alzare i due ragazzi.

«Cosa succede?» chiese Maddalena, la prima ad alzarsi.

«Sono qui!».

«Chi è qui?» chiese Zac tirandosi a sedere sul giaciglio.

«I fanti bianchi con in testa il nostro tanto osannato Monsignor Greapepeace!» rispose Sirius prendendo dei mantelli e due piccole sacche da una cassa. «Dovete andarvene adesso, non devono trovarvi! Vi porterò fino a Brighton con l’aiuto di un piccolo mulo, ma dovete sbrigarvi.».

«Maddalena e Zac si guardarono spaesati. Cos’avrebbero fatto adesso? E se li avessero presi?

«Muovetevi! Se aspettate ancora un po’ arriveranno e allora per voi sì che saranno guai!» disse Sirius spingendo i due ragazzi fuori dalla casetta. «Seguitemi!».

Maddalena e Zac seguirono Sirius in un zigzagare per il campo stando bene attenti a non entrare mai nella visuale di quelli che arrivavano dall’ovest di Londra. Dal baccano che si sentiva si poteva capire che i ragazzi della comunità avevano iniziato a cercare un modo per rallentare i fanti bianchi. L’oscurità rendeva tutto una questione di suoni ogni tanto frammentati da un piccolo spiraglio di luce, il che rendeva tutto molto confuso e incerto per i due fuggitivi.

«Ecco, montate voi due su quel mulo mentre io monto su questo. Con un po’ di fortuna non dovrebbero nemmeno vederci partire…» ordinò loro Sirius indicando due piccoli muli legati a un palo di legno.

«Sirius noi-».

«Non c’è tempo, Maddalena! Mi dirai dopo, ora sali!» la interruppe il punk sospingendola sul mulo, dietro a Zac.

Sirius slego il suo mulo e quello dei due ragazzi e vi montò in sella. Ben attento a non farsi vedere e a non fare il benché minimo rumore fece virare i due animali verso sud, in direzione del mare. Ci avrebbero messo due minuti a uscire dal villaggio, un’ora di marcia veloce per arrivare a Brighton dove avrebbero di sicuro trovato una barca pronta a salpare verso la Germania.

Erano fuori! I fanti bianchi avevano già cominciato a frugare nelle casette, ma a loro ormai non importava più nulla: erano fuori dal villaggio.

«Non gli faranno nulla, vero? Non sopporterei di sapere che per colpa nostra ci ha rimesso qualcun altro.» disse Maddalena con la voce che vibrava ancora per il nodo che li si era formato in gola a causa della paura.

«No, non dovrebbero fare loro niente. In caso contrario Greapepeace si dovrà attendere una qualche incidentale disgrazia al mio ritorno.» rispose Sirius afferrando la corda del mulo di Zac e Maddalena per invitarlo a stare al passo col suo che andava di buon passo.

«Come mai sono arrivati adesso? Non capisco!» esclamò Zac «Cos’è successo di così determinante per invitarli a venirci a cercare stanotte?».

«Avranno pensato che di notte nessuno avrebbe potuto né vederli né tanto meno opporre resistenza…ma si sbagliavano. Ora sanno che noi punk potremmo anche essere considerati degli individui pericolosi, minacciosi o quello che vogliono loro, ma non siamo stupidi.» replicò Sirius con la rabbia che si manifestava attraverso ogni singola parte del suo corpo.

«Abbiamo rovinato tutta la vostra tranquillità…mi dispiace.» disse Maddalena abbassando lo sguardo.

«Figurati! Se non era per questa volta sarebbe stata per un’altra. Non vedeva l’ora di entrare a rompere le palle da noi quell’essere. Spero che se un Dio esiste veramente sappia chi sta dalla parte del giusto e chi da quello dello sbagliato, altrimenti credo che dovrò rassegnarmi a una vita ingiusta anche dopo la morte.».

«Secondo me lo sa, altrimenti non saremmo qui, ci avrebbero catturati subito.» rispose la ragazza cercando di rasserenare un po’ il punk.

«Spero tu abbia ragione.» disse Zac issandosi il cappuccio in testa. Cominciava l’alba.

 

«Germania? Sì, stiamo andando là. Quanti passeggeri aggiuntivi?» chiese il barcaiolo a Sirius.

«Due: il ragazzo e la ragazza. E questi sono per mantenere il segreto.» disse Sirius tirando fuori un sacchetto di monete che porse al marinaio.

«Wow!» esclamò questo contando le monete «Saprò mantenere il segreto!».

«Bene.» annuì il ragazzo prima di voltarsi verso i due ragazzi che accompagnava. «Allora buona fortuna.».

«Ne avremo bisogno.» disse Zac stringendo la mano a Sirius.

«Oh, al diavolo l’onore! Mi devi la pelle: abbracciami, amico!» esclamò Sirius abbracciando Zac sorridendo. «Mi mancheranno un po’ i vostri guai.».

«Perché non vieni con noi?» chiese Zac.

«Non potrei mai abbandonare il villaggio. Là c’è tutta la mia vita, e poi sono il capo lì, ho delle responsabilità.».

«Anche i punk hanno la loro società alla fine…» osservò Zac sorridendo.

«Cavoli, hai ragione! Sono una contraddizione vivente!» esclamò Sirius. «Addio pure a te, gotica!» disse poi voltandosi verso Maddalena.

«Speriamo sia un arrivederci più che un addio. Magari capiterai in Germania una volta o l’altra.» rispose Maddalena abbracciando il ragazzo.

«Non si può mai dire. Ora devo lasciarvi a voi stessi…devo tornare a vedere cosa è successo ai miei amici, non posso rimanere qui a salutarvi in eterno.» concluse Sirius scompigliando un po’ la capigliatura corvina della ragazza.

«Allora sarà il caso che montiamo su.» disse Zac con un cenno verso la barca dove il marinaio stava cantando una canzone dal testo italiano.

«Sopravvivrai a un tale genere di musica, nostro eroe?» chiese Sirius sarcastico a Zac che sorrise.

«Non è poi così male…meglio dei Backstreet Boys o dei Take That.».

«Quelli proprio non li reggerei!» esclamò Sirius con una smorfia di disgusto.

«Andiamo.» disse Maddalena dirigendosi verso la barca «Stanno preparandosi a mollare gli ormeggi.».

Zac aiutò la ragazza a salire prima di seguirla.

«Cosa mi volevi dire prima, quando ti ho zittita?» le chiese Sirius dalla sponda.

«Grazie di tutto quello che hai fatto.» rispose Maddalena «Anche se sembri un po’ rude alle volte, sei buono in fondo.».

Sirius sorrise, e mentre la barca cominciava ad allontanare accennò un piccolo inchino verso i due ragazzi.

 

E mentre Sirius si inchinava per salutarli, Zac e Maddalena si misero a cantare accompagnati dal suono metallico e trillante della fender stratocaster di Zac, pensando alla loro nuova e futura vita in Germania, lontani da tutto ciò che avevano conosciuto fino a quel momento. Tutto da cancellare, tranne quelle ultime tre settimane che avevano insegnato loro a essere se stessi, ad ogni costo.

 

The End

 

   
 
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