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Autore: AoiK    09/04/2012    0 recensioni
Quando un periodo di noia crea in una persona angoscia, ecco che con le ultime speranze qualcosa si muove nella vita. O meglio, l'arrivo di una persona potrebbe cambiare il corso degli eventi. L'incontro di due persone, unite dalla passione sfrenata per la fotografia, in un classico liceo e l'inizio di una storia dai tratti romantici e malinconici.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction su Efp, quindi, vi prego, siate clementi con me!
Beh, che dire, parto subito con la premessa che amo scrivere e che sicuramente, se non amate il genere Yuri, questa fanfiction non fa per voi. E' la classica "ambientazione scolastica" "oh mai gawh' guarda quelle due quanto sono carine insieme aww aww <3<3!!11!"*cough*
Devo dire che molti elementi sono ispirati alla mia vita reale e al mio carattere, come per esempio, Aoi la protagonista, è il mio riflesso. Solo un po' più atletico, dai. E più figa fisicamente. E più grande. E okay, mi sono rotta con l'anticipazione. Passo subito al sodo, buona lettura a tutti e grazie mille in anticipo, sia per i commenti che per le critiche. Se non vi piace, non commentate direttamente, accetto di buon grado qualsiasi giudizio purché costruttivo. (:
 
 
Mattina.
Sento la sveglia suonare. Evidentemente, sono già le 6:15. Non ho voglia di alzarmi, come sempre.
E' faticoso alzarsi così presto ogni giorno, ma la voglia manca sempre.
Infatti.
Sento nuovamente suonare quell'arnese irritante. Stavolta inizio a connettere un po' il cervello. Mi sono già fatta un'idea del dovermi svegliare.
I miei occhi sono ancora chiusi, serrati, come la finestra della mia stanza che lascia passare giusto qua e la i primi raggi di sole del mattino, puntati verso il mio volto dai lineamenti delicati che vogliono ad ogni costo, farmi preparare.
Cazzo, ho già mal di testa a quest'ora.
La sveglia suona un'ennesima volta. Stavolta è troppo.
Ruggendo come un leone, mi tiro su di scatto prendendo l'orologio suonante. Mi accorgo che sono passati già 20 minuti, e che se non mi sbrigo, potrei fare tardi a scuola. Difficilmente tengo vivo il mio sguardo, verde smeraldo, coperto dai ciuffi ribelli dei miei lunghi capelli biondo scuri.
 
E così inizia un'altra giornata.
Solita routine.
Solite persone.
Solito lavoro.
Solita faccia.
Solite fatiche.
Soliti nemici.
 
Spalanco la porta di scatto, facendo rimbombare il rumore in tutta casa. Corro verso il bagno e mi sciacquo la faccia, osservando per un momento la mia faccia allo specchio. Mi soffermo ad osservare una cicatrice vicina all'occhio destro e mi accorgo di quanto possa essere brutta vista così. Ma in fondo, non credo che la gente mi osservi per filo e per segno. Lavo i denti e pettino i miei capelli lunghi fino al fondoschiena, sistemo la mia frangetta e mi fiondo nella mia stanza, borbottanto tra me e me:- E' tardi, è tardi...-
Mi vesto rapidamente prendendo una camicia bianca, jeans neri e scarpe di questi due colori. Ci aggiungo una sciarpa da tenere intorno al collo di un colore molto simile a quello dei miei occhi, solo un po' più indirizzato al grigio.
Afferro la mia borsa di scuola, la mia preziosissima macchina fotografica e mi do un'ultima controllata.
Nel frattempo si sono fatte già le 7 e odo a distanza le campane della chiesa qui vicina. Segno che è ora di uscire.

 
---
 
La fermata dell'autobus era ancora lontana, il tempo scorreva rapido e fluido, come l'acqua del rubinetto.
Insomma, non sono brava ad inventare metafore, eppure amo moltissimo la letteratura italiana e la filosofia, o qualunque cosa che possa avere significati profondi e riflessivi sulla vita, la natura, l'universo e l'amore.
Una moltitudine di ragazzi era già sul posto nell'attesa che, la corriera, arrivasse come sempre puntuale alle 7.10.
Gente che urlava, chiaccherava, altri che dormivano in piedi. Forse ero l'unica ancora normale che era abbastanza sveglia da poter stare con la testa sul collo tutto il tempo, senza scendere a livelli bassi.
Mi fermai un po' più distante da quel gruppo di ragazzi, solo per non essere invasa dalle troppe parole già di prima mattina. Nel frattempo, il bus era arrivato. Io avevo già la testa tra le nuvole, essendomi messa ad osservare il cielo roseo dell'alba.
A riportarmi nel mondo, fu un grido di un paio di studenti, probabilmente del primo anno, che correvano dal fondo di Via Luce del Ricordo, un piccolo vicoletto attaccato alla strada principale.
Così salii pure io, ancora mezza addormentata. Stavo maledicendo quella sveglia. E la scuola. Così monotona, così solita. Sempre quella routine quotidiana.
Desideravo ardentemente che ci potesse essere una svolta nella mia vita, non dico chissà cosa come vincere il lotto o diventare la ragazza più famosa al mondo, ma solo qualcosa che mi smuova interiormente e che mi dia una spinta ogni giorno per riuscire a sopravvivere a questo ciclo di azioni continue e ripetitive.
Mi appoggiai ad una porta in modo tale da riuscire a non cadere, nè tanto meno di poter dare fastidio. Rivolsi il mio sguardo al cielo, sempre più azzurro, nel tentativo di fare una preghiera a Dio, che mi porti una novità.
Anche se, era il tentativo numero trecentonovantaquattro*, ormai la mia motivazione era sotto terra, come la testa degli struzzi.
 
-Oh signore, ti prego, aiutami, dammi un raggio di sole in questa noia...-
-Ehi, parli da sola come sempre?-
 
Ad interrompermi fu Erin, la mia migliore amica.
Si avvicinò a me ed iniziò a scrutarmi con quei suoi occhi azzurrini nascosti leggermente dalla sua folta chioma castana, molto mossa.
 
-Sembra che stai andando ad una cerimonia. Ti manca la cravatta.-
-Mi sono soltanto vestita normalmente.-
-Tu dici, Aoi?-
-Fidati. Solo perchè non porto una delle mie felpe larghe come ogni giorno, non è detto che sia la fine del mondo!-
-Se lo dici te.-
 
I miei occhi brillavano e proiettavano il riflesso della strada che scorreva da dentro il bus. Come specchi verdi, si confondevano con i colori dei prati e degli alberi che bordavano la stradina di campagna che collegava i due paesi, Celing Alta e Bassa. Il mio liceo, si trovava appunto, nella parte alta.
Sospirai e mi lasciai trasportare dalla tranquillità del mezzo, stracarico di ragazzi di ogni età. C’era chi fosse universitario, altri erano delle medie, e in maggioranza delle superiori. Frequentavo un liceo linguistico quasi completamente femminile, ma adoravo la fotografia, a tal punto di aver rischiato la sospensione un paio di volte per aver scattato delle foto in classe durante la lezione. La signora Grandwood, insegnante di francese, odiava chiunque le stampasse in faccia una macchinetta come la mia, per il semplice fatto di ritenersi assai brutta. Ad ogni modo, la prof era anche molto vanitosa della sua laurea con la lode e la moltitudine di documenti che attestavano la sua grandiosità. E se non eri come lei o cercavi di correggerla se sbagliava qualcosa, scoppiava come un palloncino e diventava rossa dalla rabbia perché credeva di essere la più grande e perfetta professoressa di lingue nella regione.
A differenza, nella mia classe, la 2° C, ogni alunno amava, non per modo di dire, la signorina Minori, una donna non molto più anziana di noi studenti, sui 24 anni. Inutile dire che la corte, tra studenti e professori, non mancava. Infatti lei, era molto bella devo ammettere e un’abile osservatrice. I suoi occhi erano talmente tanto azzurri da sembrare viola ogni tanto. Insegnava Italiano e Letteratura. Ogni lezione era molto più affascinante quando spiegava lei.
Ed amava anche che si scattassero foto! Ogni volta che mi vedeva, mi veniva incontro e prendeva un paio di alunni a caso, spesso che si ritrovavano a diventare rossi come peperoni e sfoderava uno di quei sorrisi che vedi nei film, abbaglianti e dolci, da farti sciogliere.
Per poter passare il tempo, presi appunto la mia macchinetta fotografica e iniziai ad osservare tutte le vecchie foto scattate dall’inizio dell’anno scolastico, a partire dalla festa d’apertura alle vacanze natalizie, alla grande nevicata alla prima fioritura.
La mia calma fu interrotta dall’arrivo a scuola. Un gruppo vario di studenti scese lentamente, dandosi spinte random e insulti volanti. Sospirando, mi diressi anche io lentamente verso la mia scuola dove avrei passato le prossime cinque ore della mia vita. Mi guardai intorno. Solite coppiette. Soliti gruppi di amici. Nessuna novità. Notai vagamente il taglio di capelli diverso di Jake, uno dei miei compagni di classe che si pavoneggiava davanti a Clarisse, la ragazza che tanto amava segretamente. Ma che dire. Tutto ciò, mi strappò dalla bocca un sorrisino sarcastico e la parola “Classico.”
 
La classe mi attendeva.
Salii le scale e guardai l’orologio. Mancavano ancora cinque minuti all’inizio delle lezioni.

Noia.
Noia.
Che palle.
 
Niente di nuovo eh?

 
No. Niente.
Solo una cosa mi colpii.
Per quale cazzo di motivo c’era tutta quella gente ferma davanti la 2°A?
Non so perché, ma in quel momento sentii che qualcosa stava per muoversi nella mia routine quotidiana. Qualcosa di forte. Finalmente.
Feci una smorfia e mi guardai intorno. Avrei voluto chiedere a qualcuno la ragione di tutta quella confusione ma la mia classe era vuota. Dove sono tutti quando servono?!
Fortuna volle che mi si attaccò ad un braccio Erin che attaccò subito bottone.
 
-Ehi Cara. Hai saputo la novità?-
-No. Cosa è successo? Perché le ragazze e i ragazzi sono bloccati là come un muro di mattoni?-
-Sembra che arriveranno due nuovi studenti. I professori ci hanno detto solo il cognome.-
-Sarebbe?-
-Raingrale.-
-Interessante. Mi auguro che siano persone normali e non così tanto snob come metà della scuola. Mi portano per il culo solo perché sono troppo mascolina.-
-Ci credo. Se non fosse per quel davanzale grande che ti ritrovi e per quei capelli lunghi, tutti ti scambierebbero per un ragazzo vero e proprio.-
-Tu dici?-
-Per me dovresti fare una foto appena arrivano. So che alle 10 effettueranno il loro accesso in classe. Durante il cambio, potresti andare in quella classe.-
-Mah.-
-Non desideravi dei cambiamenti nella tua vita?-
-In effetti…-
-Una nuova conoscenza non può nuocere alla tua salute!-
-Okay ci sto.-
 
La campanella suonò. La prima ora, l’ora di matematica, era appena arrivata. Un attacco di vomito mi assalì al solo pensiero di dover passare del tempo con la Karlar ed io mi preparai a subirmi quelle due ore assai sofferte. La curiosità mi rendeva nervosa. Mi chiedevo chi fossero quei due ragazzi nuovi, nella mia scuola. E perché, soprattutto, fossero venuti in queste zone sperdute. Insomma, ci sono posti migliori al mondo. Perché scegliere proprio qui?

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* Aspettate, cosa c'entra questo numero? E per quale ragione l'ho detto?!
Rincoglionita ero, rincoglionita sono tutt'ora che narro!
  
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