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Autore: Hyorangejuice    10/04/2012    7 recensioni
Jonghyun è invisibile e Kibum vende fiori.
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jonghyun, Key, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La disperazione e le sue spiacevoli conseguenze'
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La colpa è delle uova di cioccolata e del fatto che ho passato ore a togliere i canditi dalla colomba. (non basta metterli nel panettone a Natale >.>)
In ogni caso tutto ciò ha messo in moto strani meccanismi e il fatto che io non riesca a capire quello che scrivo a due giorni di distanza hanno fatto il resto..
Insomma la solita baraonda.
Stavolta almeno non ho rotto, distrutto e ucciso la mia OTP, praise the Lord.

Sono molto insicura a proposito di questa shot per le ragioni indicate nella nota finale. Diciamo che è una sorta di esperimento che guarda al futuro (?)
Mi capisco da sola.
Comunque facendola breve, fatemi sapere cosa ne pensate, anche, e soprattutto, se ne pensate male, mi sarebbe molto di aiuto.
Detto questo buona lettura!

 






Gli ha detto che poteva fare quello che voleva.
Jonghyun non sapeva che cosa volesse.
Gli ha detto di avergli dato la vita e che ora lui poteva vivere come credeva.
Jonghyun non sapeva neanche che cosa fosse quella cosa, la ‘vita’.
Gli ha detto vai e quando ha chiuso la porta Jonghyun si è ritrovato in mezzo ad un mare di gente che non riusciva a vederlo e che continuava a spingerlo da una parta all’altra portandolo lontano dal luogo in cui per la prima volta aveva visto la luce.

 




Con il passare dei giorni Jonghyun scopre molte cose, le persone non possono ancora vederlo e lui invece può passare il tempo ad osservarle. Che cosa strana il tempo, aveva pensato guardando l’orologio della stazione, ma non pensa che sia importante, non per lui, il tempo per lui non scorre.
Siede sempre su una panchina alla stazione perché ha scoperto essere il posto dove arriva gente da un sacco di posti in cui probabilmente lui non andrà mai.
Si siede e guarda gli altri per imparare ciò che non sa su se stesso.
Perché alla fine anche lui è umano, anche se nessuno può vederlo.
Essere invisibile non gli dispiace, anche perché non ha un termine di paragone, non sa come ci si senta ad essere visti, ma stare lì seduto ad ascoltare i secondi che passano mentre la gente sembra corrergli dietro come se scorressero sempre più veloci gli va bene.  
Per ora va bene.


 


E comunque non saprebbe come fare, ad apparire.

 




È giovedì, c’è scritto sul calendario appeso sopra la biglietteria, non sa quanto tempo sia passato da quando ha lasciato il posto in cui è nato, o dove è stato creato, ma sa che è passata una settimana da quando ha iniziato a tenere conto dei giorni.
È il 7 Febbraio e sono le sei e un quarto e Jonghyun è seduto su una delle sedie che il proprietario del bar ha sistemato fuori per i viaggiatori mattinieri e si guarda intorno. Ci sono poche persone in giro e le parole sono bisbigliate a mezza voce, è ancora presto per gli schiamazzi dei bambini che vendono giornali o per la ressa dei turisti delle dieci, a quest’ora ci sono solo persone che non vogliono fare tardi e che non hanno tempo da perdere.
Jonghyun ne riconosce alcuni.
L’orologio segna le sei e venti quando un ragazzo con un carrello pieno di fiori varca le enormi porte della stazione.
Jonghyun si alza dal tavolo e lo segue verso una parte della stazione che non ha ancora visto. È un lungo corridoio, abbastanza ampio sul quale si aprono negozi di souvenir e di giocattoli e c’è anche una libreria, ma a Jonghyun non interessa, lui segue soltanto il ragazzo con i fiori.


 


Alle otto e mezza Jonghyun è seduto tra un vaso di dalie giganti e delle violette e per la prima volta vorrebbe non essere invisibile.

 




È domenica ed è a terza settimana che Jonghyun passa alla stazione, la seconda da quando ha visto per la prima volta il ragazzo dei fiori.
Passa le sue giornate ad osservare quel ragazzo che vende e cura i fiori e un giorno ha pensato che sarebbe stato meglio essere un giglio o una bocca di leone.
Sono le dieci passate ormai, Jonghyun sta giocando con un carillon a forma di giostra nel negozio di giocattoli proprio accanto al negozio di fiori. La musica è dolce e nella giostra ci sono dei piccoli cavalli e una carrozza dipinta di blu e una tazza.

“Tu…” Jonghyun si volta anche se sa che è impossibile che quel ‘tu’ sia riferito a lui, ma c’è un ragazzino lì, in piedi proprio vicino a lui con uno strofinaccio in mano e lo sta guardando. “Hai intenzione di comprarlo quel carillon?”

Jonghyun spalanca gli occhi e balbetta qualcosa di inintelligibile e il ragazzino si avvicina incuriosito.

“Tu mi vedi?”

Il ragazzino ride e annuisce. Jonghyun sente una stretta allo stomaco e non sa che cosa dire.

“Hai una faccia molto stupida in questo momento” dice il ragazzino.

“Io sono Jonghyun” dice e un brivido di eccitazione gli percorre la schiena.

“Io mi chiamo Taemin, sono il figlio del proprietario”

 




Jonghyun scopre che parlare con qualcuno è la cosa che preferisce dopo osservare Kibum che parla coi fiori.

 




Taemin la mattina va a scuola, la scuola non gli piace, ma quando prende buoni voti suo padre è contento e a volte gli lascia scegliere uno dei giocattoli in negozio, uno qualunque.
Gli piacciono i puzzle e suo padre ne fa di bellissimi anche in tre dimensioni e quelli sono i suoi preferiti.
A scuola ci va a piedi perché è vicina a casa sua e spesso ci va con Minho, che è più grande, i loro genitori sono amici e la madre di Taemin non vuole che Taemin cammini da solo per strada.
Mentre Taemin parla Jonghyun guarda Kibum sistemare dei vasi di Bougainville parlando con il signore dell’edicola di fronte.

“Ti piace Kibum?” domanda Taemin seguendo lo sguardo di Jonghyun.

“Si chiama così? Kibum?”

Taemin annuisce. “Mi regala delle caramelle e anche dei fiori per mia madre a volte. È simpatico”

“Kibum” ripete.

 



Kibum. Kibum. Kibum. Per la prima volta Jonghyun vorrebbe piangere.

 




Quattro settimane, Taemin gli ha regalato il carillon dopo un bel voto in matematica. Taemin odia la matematica.
Jonghyun è in piedi vicino alla porta del negozio, è giovedì e Kibum sta preparando un bouquet di fiori assortiti per una signora grassoccia che deve andare a trovare sua sorella nella città vicina e vuole portarle dei bei fiori da mettere in salotto.
Kibum sistema i fiori e li avvolge in un foglio di carta bianca e rossa mentre parla con la signora e sorride.
Jonghyun lo osserva e un sorriso gli fiorisce sulle labbra. Kibum sorride di nuovo e Jonghyun sente il petto stringersi, si porta una mano sul cuore e lo sente battere forte, sempre più forte e sente caldo, le sue guance bruciano e si domanda se non sia malato.
Mentre Kibum accompagna la signora alla porta Jonghyun fa qualche passo avanti.
La situazione non migliora quando Kibum si volta e lo guarda dritto negli occhi.

“Posso aiutarla?” domanda con un sorriso e Jonghyun si guarda intorno smarrito.

“Io?”

“Sì, lei, voleva comprare dei fiori?”

Jonghyun non sa cosa dire, il cuore sta per scoppiargli in petto ed è davvero un peccato che stia per morire, proprio ora che Kibum finalmente riesce a vederlo.

“Si sente bene?” le sopracciglia di Kibum sono corrucciate e si avvicina a Jonghyun tendendo una mano.

Jonghyun indietreggia inciampando in un vaso e ritrovandosi sdraiato sul pavimento freddo.

“Jonghyun!”

Chiude gli occhi e tira un sospiro di sollievo. Mentre Kibum lo aiuta ad alzarsi lo sguardo di Taemin si sposta da lui a Kibum in maniera frenetica.

“Tu…” inizia Taemin, incerto, mentre Kibum controlla che Jonghyun non abbia niente di rotto. “Tu lo vedi?”

Kibum guarda Taemin come se fosse pazzo. “Certo che lo vedo Taemin, che domande fai?”

 



Quando Taemin racconta la storia Kibum ride, ma quando Jonghyun si mette a gridare in mezzo al corridoio e nessuno si volta Kibum spalanca gli occhi e non sa cosa dire.

 



Quattro settimane e tre giorni. Mancano pochi minuti alle otto e Jonghyun sta in piedi fuori dal negozio di fiori con il carillon in mano e aspetta Kibum.
Quando ha scoperto che Jonghyun abitava in stazione, Kibum ha insistito per portare Jonghyun a casa con sé.

“Andiamo?” gli dice Kibum.

Jonghyun segue Kibum, cammina appena un passo dietro di lui. È la prima volta che esca dalla stazione e da quando ha cominciato a parlare con Kibum si è sentito come più… pesante e non è sicuro di riuscire a camminare in mezzo alla gente come prima senza che qualcun altro lo veda.

“Siamo quasi arrivati” annuncia Kibum svoltando in uno dei vicoli stretti fra i palazzi.

Mentre sta per seguire Kibum nel vicolo Jonghyun si volta e una bambina con una mela in mano lo sta guardando.
Jonghyun affretta il passo.



La casa di Kibum sono in realtà tre stanze: un grande soggiorno, una cucina e una camera da letto. Jonghyun non è mai entrato in una casa e l’unica da cui è uscito non se la ricorda più così bene, ma si domanda se tutte le case siano così calde e se tutte diano la stessa sensazione.

“Questi sono dei vestiti puliti, sono miei, ma dovrebbero starti, magari saranno un po‘ lunghi, ma dovremo accontentarci, vieni qui c‘è il bagno. Ah! E non ti preoccupare, i boxer sono nuovi. Allora, questa è la doccia, a sinistra l‘acqua calda a destra quella fredda, questo è il bagnoschiuma e ti ho messo sul lavandino degli asciugamani. Fai come fossi a casa tua” Jonghyun sta ancora cercando di elaborare tutto quello che Kibum ha detto quando l’altro esce per andare a preparare la cena.
Jonghyun apre l’acqua e si spoglia, mette i suoi vestiti sul ripiano del lavandino e per la prima volta si guarda nudo allo specchio.
Deve resistere all’impulso di dare un pugno allo specchio.

Quando esce Kibum ha appena finito di preparare la tavola, gli spaghetti fumano nella pentola.

“Prego, siediti pure. Sono spaghetti al pomodoro, domani dobbiamo andare a fare la spesa, non aspettavo ospiti. Ti piacciono gli spaghetti?”

“Io non ho mai mangiato”

“Non li hai mai mangiati? Sono un piatto italiano”

“No, io non ho mai mangiato niente”

Kibum lo guarda stupito, ma non commenta, sorride gli passa il parmigiano.

“Bhè allora spero che saranno di tuo gusto, non voglio certo che la tua prima esperienza col cibo sia un disastro per colpa mia”

Jonghyun affonda la forchetta nel piatto imitando Kibum, che lo guarda colmo di aspettativa, arrotola gli spaghetti intorno alla forchetta e con cautela se li infila in bocca.

“Buono?” domanda Kibum dopo che Jonghyun ha ingoiato la prima forchettata.

Jonghyun annuisce e si getta sul piatto divorandolo avidamente.
Kibum sembra soddisfatto e quando Jonghyun ha spazzolato il suo piatto gli porge anche quello che ha davanti. È piacevole vedere qualcuno che mangia con tanto entusiasmo.

“Non ti strozzare” lo ammonisce Kibum, con un sorriso compiaciuto. “E bevi qualcosa”

Dopo che Jonghyun ha finito di mangiare Kibum si prepara un caffè, mentre aspetta che la tazza si riempia si volta verso Jonghyun con sguardo serio.

“Quindi la gente non ti vede” dice e Jonghyun si irrigidisce.

“No, a parte te e Taemin nessuno riesce a vedermi”

Kibum corruccia la fronte. “Hai un‘idea del perché?”

Jonghyun sospira guardandosi intorno. “No, purtroppo non ricordo molto di quando sono nato, se così si può dire” Kibum lo guarda incuriosito e Jonghyun poggia i gomiti sul tavolo cercando le parole giuste. “Io non so come sia successo… un attimo prima ero un‘idea e un attimo dopo ero reale… non ha molto senso”

Kibum prende la tazza di caffè e ne beve un lungo sorso mentre si siede di fronte a Jonghyun.

“No, effettivamente non ne ha, ma tu sei invisibile, quindi credo che in un certo senso ne abbia”

Kibum annuisce e Jonghyun sorride, non c’è niente da ridere, ma non importa.

“Quindi, visto che sono uno dei pochi fortunati a poterti vedere, posso sentirmi speciale?” Kibum assottiglia lo sguardo e Jonghyun è certo che, qualunque sia la risposta Kibum si sente già speciale, principalmente perché lo è, ma quella potrebbe anche essere una sua opinione del tutto di parte, ma annuisce comunque.

“Hai mai pensato di cercare quello che ti ha creato? Per chiedergli spiegazioni?”

Jonghyun sospira. “No, non saprei neanche da dove cominciare, ma credo che neanche lui sappia che cosa fare e se lo sa di certo deve avere un distorto senso dell‘umorismo”

“O un ego smisurato” aggiunge Kibum osservando i cerchi concentrici che si formano sulla superficie del caffè ogni volta che tamburella le dita sulla tazza.

“Ok, andiamo dobbiamo sistemare il tuo nuovo letto” dice Kibum alzandosi e portandosi dietro la tazza.

 




Jonghyun conta le settimane e ad un certo punto inizia a contare alla rovescia. Quanto tempo potrò ancora rimanere qui?

 



Sei settimane e Jonghyun si è quasi abituato alle palpitazioni e il senso di vertigine e al respiro mozzato e a tutti i mille inconvenienti della convivenza con Kim Kibum.
Con il passare dei giorni i due si sono accomodati in una nuova piacevole routine, Jonghyun accompagna Kibum a lavoro rendendosi utile, e occasionalmente passa il pomeriggio nel negozio di giocattoli ad ascoltare Taemin parlare della scuola.

“Jonghyun prendi quel vaso e portalo sul retro per favore” gli dice Kibum indicando uno dei vasi sistemati in un angolo, uno dei più grandi.

“Come si chiama questo fiore?” domanda mentre cerca di capire come alzare il vaso, ‘non trascinare barbaramente’, senza farsi venire un’ernia.

“Eliotropi” risponde Kibum mentre sistema dei fiori recisi in un vaso sopra il bancone.

“Devo preparare un bouquet per la signora In, passa tra poco” mormora Kibum mentre, con una mano sul fianco, passa in rassegna i fiori sistemati nei vasi sull’espositore.

Jonghyun alza il vaso e per un attimo trattiene il respiro quando la signora In entra in negozio. Kibum si volta di scatto pronto a trovare una scusa per il vaso volante, ma la signora In sembra non accorgersi di niente. Si guardano e Kibum gli fa cenno di sbrigarsi mentre fa del suo meglio per non sembrare agitato mentre la signora In sceglie i fiori più belli per il suo bouquet.
Jonghyun non esce dal retro finché la signora In non se n’è andata. Siede vicino al vaso di Eliotropi con la testa fra le mani, per un attimo ci ha sperato, ha sperato che la signora In vedesse il vaso sospeso a mezz’aria e si accorgesse di lui.
Si sentiva stupido e frustrato e… Invisibile.

“Jonghyun” Kibum sta in piedi sulla porta del magazzino, la sua ombra raggiunge la punta delle scarpe di Jonghyun. “Ti senti bene?”

Kibum si avvicina e Jonghyun vorrebbe dirgli di andarsene, ma allo stesso tempo ha bisogno di qualcuno che gli ricordi che esiste. Kibum non dice niente, gli sfiora un ginocchio e sorride.

“Andiamo a casa” dice.



Quella sera Kibum riscalda un bagno caldo e prepara gli spaghetti. Mentre cerca di scoprire quanto riesce a trattenere il fiato sott’acqua, Jonghyun, pensa che era meglio quando nessuno riusciva a vederlo.



“Deve esserci una soluzione! Io ti vedo, tu sei reale, perché gli altri non dovrebbero vederti?”

Jonghyun non esce di casa da sette giorni, dorme fino a tardi e non fa altro che aspettare Kibum. Legge e scribacchia le frasi che più gli piacciono su un foglio di carta che tiene sempre in tasca. Ha avuto modo di pensare alla sua situazione ed è convinto che il fatto che Kibum riesca a vederlo è dovuto ai sentimenti che Jonghyun prova per lui, mentre per Taemin è Taemin stesso e il suo modo di vedere le cose a rendergli possibile un miracolo del genere.
Saperlo però non aiuta.

“Non capisco, tutto questo non ha senso”

Kibum si lascia cadere sul divano e chiude gli occhi. Jonghyun allunga una mano e intreccia le loro dita.

“Grazie” sussurra e si porta il dorso della mano di Kibum alle labbra.

“Erano anni che non vedevo qualcuno fare un baciamano” Kibum lo guarda con un sorriso di scherno e Jonghyun ricambia.

Rimangono in silenzio per qualche minuto. Jonghyun chiude gli occhi e si concentra sulla sensazione delle loro dita intrecciate, sulla sensazione di calore che prova e che gli impedisce di smettere di sorridere.

“Domani, vieni in negozio. Ci sono le Bougainville da spostare in magazzino prima che arrivi il fornitore”

Jonghyun annuisce e Kibum porta le loro mani intrecciate sulla sua coscia stingendo appena.

“Kibum?”

“Mh?”

“Anche se gli altri non mi vedono, non imp-…”

“Non dire che non importa”  Kibum lo guarda e sembra quasi arrabbiato. “Non dire che non importa Jonghyun”

Con la mano libera sfiora la guancia di Jonghyun e, prima che Jonghyun possa sbattere le palpebre Kibum posa un bacio sulle sue labbra e poi si alza, ma  Jonghyun lo ferma e lo spinge a sedersi di nuovo.

“Mi dispiace, Jonghyun, io non…”

Jonghyun intreccia le loro dita e Kibum non lo respinge. Sorride, un sorriso ampio che gli mette in risalto le guance e gli fa assottigliare gli occhi. Kibum sbuffa.

“Che cos‘è quel sorriso soddisfatto? Mh?”

“Non sei l‘unico che è autorizzato a sentirsi speciale qui”

Kibum sbuffa di nuovo, ma non riesce a trattenere un sorriso e quando Jonghyun si avvicina Kibum chiude gli occhi.



Sono le undici quando la signora Ahn entra in negozio il giorno dopo. Jonghyun sta mettendo in fila i vasi delle Bougainville prima di spostarli in magazzino.
Kibum gli lancia un’occhiata preoccupata, ma Jonghyun sorride e Kibum sembra rilassarsi.

“Buongiorno signora Ahn”

“Buongiorno Kibum. Oh, ma cosa abbiamo qui?” la signora Ahn sta guardando Jonghyun. Non le dalie, le rose o i gigli sull’espositore, guarda Jonghyun che è chino sul vaso più piccolo delle Bougainville e sta cercando il modo migliore per spostarlo. Kibum rimane in silenzio, non vuole osare sperare, Jonghyun, che le da le spalle non si è accorto di niente. “Hai preso un aiutante?”

Jonghyun si blocca e alza lo sguardo per incontrare gli occhi altrettanto increduli di Kibum che cerca di sorridere senza sembrare stupefatto e felice e sorpreso allo stesso tempo.

“Sì, ho preso un aiutante” risponde.

Jonghyun si volta e guarda la signora Ahn che lo sta guardando, che lo vede, che gli sta sorridendo.

“Io mi chiamo Jonghyun” la signora Ahn sorride e ordina il solito mazzo di fiori colorati.

Quando esce, Jonghyun e Kibum si guardano ed entrambi si pongono la stessa domanda? Sarà stata un’eccezione? Forse qualcosa di passeggero, forse gli altri ancora non lo vedono.
Jonghyun esce dal negozio e si guarda intorno, un signore sulla sessantina si sta avvicinando. Aspetta che sia a pochi passi da lui e gli domanda: “Mi scusi, sa che ore sono?”

“Le sei” risponde l’uomo prima di riprendere a camminare.



L’orologio della biglietteria segna le sei e tre minuti dell'otto aprile, Jonghyun si volta e incontra gli occhi di Kibum, entrambi sorridono e Jonghyun vorrebbe gridare soltanto per avere la soddisfazione di vedere la gente voltarsi.

 

Note Finali:

Allora diciamo che è un gran casino dall’inizio alla fine e non pretende di avere un senso.
Non sono soddisfatta del finale perché l'ho scritto qualche giorno dopo ave scritto le prime 8 pagine e quindi avevo perso il filo…
Mettiamola così, all’inizio Jonghyun non esiste davvero, cioè esiste, ma non del tutto
gli mancano delle cose che acquisisce con il tempo e che alla fine gli permettono di essere visto da tutti e non solo da Taemin e Kibum.

 

e Buon Compleanno Jonghyunie!

   
 
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