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Autore: ThisIsCo    10/04/2012    2 recensioni
E' una storia che si collega all'ottavo capitolo della mia FF "From the moment i met you everything change"
Il capitolo mi piaceva, quindi ho deciso di ricavarci una One Shot.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminai nella campagna intorno a Mullingar tutta la sera, cercando di capire davvero che fosse successo quella mattina in città, cercando di decidere a chi credere se al mio ragazzo o a quella, quando alzai lo sguardo, vidi il panorama più bello che i miei occhi potessero mai assaporare, sembrava di stare in un quadro, c'era il verde dell'erba che si mischiava al marrone intenso della terra, alberi così alti da toccare il cielo e poi la nebbia, lì il pittore ancora non aveva posato il pennello; doveva ancora disegnare.
Nell'attimo in cui vidi tutto quello splendore smisi di pensare.
I miei problemi svanirono e fui capace solo di ricordare i suoi occhi, i suoi occhi blu come l'oceano, quelli per cui avrei fatto qualunque cosa, quelli di cui ero follemente e irrazionalmente innamorata.
Il mio cuore si fermò, provai solo una sensazione che era un misto di rabbia, orgoglio e tristezza.
Cominciai a correre più veloce che potevo, cominciai a piangere ed urlare.
Dopo pochi metri ero esausta ma lo erano anche i miei problemi.
Vidi una panchina alla fine della strada, era sotto un albero maestoso, il vento scuoteva le foglie in modo fiabesco era la seconda volta quella sera che mi mancava il respiro dalla bellezza di quel posto, c'era un uomo sulla sessantina seduto al ciglio del pezzo di legno grezzo, aveva i capelli bianchi, rughe profonde e due occhi neri che avrebbero intenerito anche il cuore più duro, all'inizio non parve vedermi, o meglio mi vide ma non si curò di me.
«Posso sedermi?» Domandai con la voce spezzata dal respiro affannoso.
Ricevetti solo un cenno con la testa come risposta.
In realtà non ero lì per fare conversazione e sembrava che nemmeno lui ne avesse voglia, mi sedetti sul lato opposto e osservai, anzi cercai, non so bene cosa stessi cercando però lo feci.
«Non cercare una risposta qui, Dio ti da solo i segnali per comprendere gli ostacoli che ti vengono dati, non ti da la risposta per superarli» Era l'uomo che mi parlò, non si degnò neanche di voltarsi per guardarmi negli occhi.
«Io non credo in Dio» risposi fredda e sicura di me.
Si girò e mi disse
«Tutti devono credere in qualcosa ragazza, se non credi in Dio allora in che cosa credi?»
Una domanda così poteva essere posta solo da un uomo che sa il fatto suo, pensai, in ogni caso non mi colse alla sprovvista, avevo ragionato molto su quell'argomento così risposi:
«Credo nell'umanità. Credo nella forza delle azioni e del cambiamento. »
«Perchè allora sei qui, e non sei a fare qualcosa per risolvere i tuoi problemi?»
Sembrava sapesse tutto quello che mi era successo quando parlava. Quella mattina ero uscita per comprare il pane per la famiglia Horan, sì perché io ero ospite a casa loro, a casa del mio ragazzo. Lui mi aveva invitato lì per l’estate, voleva che conoscessi la sua famiglia, perché ormai, ne facevo parte anche io. Fu durante il tragitto che una “Directioner” mi aveva insultato, mi aveva detto che non meritavo di stare con Niall, lui era troppo bello e famoso per fidanzarsi con una come me, mi aveva augurato di morire.
Parole che non si dimenticano facilmente, affilate come un rasoio e appuntite come uno spillo, mi avevano ferito, era per quello che mi trovavo lì a scappare da tutti. Dopo aver ripensato per qualche minuto a quello che mi era accaduto sentii l'uomo dirmi:
«Quando qualche straniero trova questo posto è Dio, il karma, Buddha o perfino i calzini sporchi sul pavimento se ci credi che lo hanno portato qui. »
Strinsi i pugni e mentre le lacrime scendevano dissi:
«Io mi merito di stare con Niall, io mi merito di vivere...»
Allora l’uomo mi si avvicinò con uno sguardo paterno e mi indicò la città, mi alzai e cominciai a correre proprio come poche ore fa, solo che stavolta non scappavo dai miei problemi, gli andavo dritto in bocca.
Il sole era calato, ma c'era ancora un po' di luce quando arrivai a Mullingar, la mia eccitazione durò poco purtroppo, vidi la ragazza della mattina parlare con Niall nella piazza principale.
Il mio primo istinto fu quello di scappare, ma mi ricordai di tutti i film in cui la ragazza vede lui con un'altra e scappa prima che possa vedere lui che scarica l'amante con una frase ad effetto; decisi di restare a spiarli, certo insomma avrei voluto restare, ma sentii una mano che mi chiudeva la bocca e un'altra che mi impediva di muovermi, ero come in un incubo, mi voltai e vidi due ragazze, erano le due amiche della fan che mi aveva aggredito.
Quello che mi dissero dopo fu veramente crudele, io restai di sasso, mi dissero che sapevano, del mio passato e che la loro amica lo stava dicendo a Niall in quel momento. 
Aggiunsero:
«La figlia di un assassino non deve stare con il nostro amoruccio, poi un ragazzo dovrebbe sapere tutto della propria fidanzata.»
Appena sentii pronunciare quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene, non mi fregò più niente dei consigli del vecchio sulla collina, scappai a corsa, un un'altra volta, ma al contrario di allontanarmi mi ritrovai nella pancia dei miei problemi, mi ritrovai faccia a faccia con Niall in lacrime che mi chiedeva perchè non glielo avessi mai detto, cominciai a piangere anche io, cercai invano di aprire bocca, ma non ci riuscii balbettavo sillabe senza senso, allora lui si avvicinò al mio viso e mi urlò perchè non gli avessi mai confessato quel macigno del mio passato; nella mia testa sapevo cosa dire ma la paura mi bloccò, e stetti zitta. Mi guardò negli occhi, quelli che adesso erano terrorizzati di perdere tutto. Lo capì. Venne più vicino e mi sussurrò di stare al gioco.
Non capivo che dovevo fare, stetti zitta. Poi sentii Niall urlarmi contro che dovevo fare le valigie, non avrei più dovuto cercarlo o chiamarlo. Le tre ragazze mi passarono accanto con aria di superiorità facendomi il labiale di “Te lo avevamo detto, avresti perso”.
Così capii il perché della frase di Niall, cominciai a correre verso casa sua, dopo poco tempo anche lui mi raggiunse. Appena entrò chiese a sua madre, l’unica persona ancora in casa quel giorno, di andare a fare una passeggiata, perché voleva che io e lui parlassimo in privato della questione “passato”.
La madre acconsentì, un po’ scocciata e quando sentimmo lo sbattere della porta ci sedemmo l’uno davanti all’altro nel tavolo.
In quel momento l’unico rumore proveniva la lampadario sopra di noi che cigolava ad ogni oscillazione, poi lui ruppe il silenzio:
«Ti va di raccontarmi tutto?»
In effetti non volevo proprio, ma gli dovevo una spiegazione.
Comincia a raccontare.
«Vivevo in una famiglia assente, mia madre era sempre fuori a causa del lavoro e mio padre a quel tempo si drogava, io restavo da sola a casa. Fina da piccola ho dovuto arrangiarmi, ma io volevo bene a tutti, li amavo incondizionatamente.» Cominciai a piangere. «Quando ebbi sette anni la situazione peggiorò, e una sera mio padre tornò a casa ubriaco confessandoci di aver investito un uomo.» Alzai lo sguardo e vidi Niall in lacrime proprio come me, si alzò e mi venne ad abbracciare. Con lui lì vicino presi le ultime forze che mi rimanevano e continuai.
«Lui aveva già precedenti penali, e non ci volle molto affinché la polizia lo scoprisse, ma non avevano prove concrete per condannarlo così interrogarono noi, la sua famiglia, per avere la certezza. Ero piccola e non volevo perdere mio padre, forse per sempre, ma la mia parte razionale in quell’occasione prese il sopravvento e confessai tutto. Lui quando venne a sapere che proprio la sua adorata figlia lo aveva condannato ad una vita in carcere mi disse che ero morta per lui, e quando sarebbe uscito lo sarei stata per davvero. 
Il giudice diede a mio padre l’ergastolo e per quanto ne so io dovrebbe ancora essere in prigione. 
I servizi sociali presero me e mia madre e ci portarono in Inghilterra, dove avremmo dovuto vivere una nuova vita; senza che nessuno sapesse niente della nostra storia.»
Niall era impietrito, aveva gli occhi gonfi dalle lacrime, l’unica cosa fece fu di abbracciarmi e di portarmi sul divano, dove mi strinse a se e mi giurò che sarebbe andato tutto bene, mi si leggeva negli occhi che avevo ancora paura delle parole dette da mio padre nove anni fa .
Ci addormentammo sul divano.
La mattina seguente mi ritrovai ad abbracciare il cuscino perché Niall era già in piedi.
Mi alzai e lo cercai, vidi che era in cucina, strano, Niall Horan in cucina che mangia; quel giorno però aveva un sorriso particolare, un misto di furbizia e malizia gli ricopriva il volto, gli chiesi a che era dovuta tanta eccitazione, mi porse dei fogli, ma appena lessi le prime righe, il sorriso che mi aveva provocato vederlo così felice si trasformo in un volto cupo e scuro; buttai il pacco su tavolo e me ne andai.
Ma lui mi segui e mi fece notare cosa c’era scritto pochi righe più giù, rimasi sbalordita. Mio padre era riuscito a disintossicarsi ed era anche uscito di prigione. Le guance mi si rigarono di nuovo di lacrime. Poi Niall mi fece una proposta, voleva che lo andassi a trovare.
Mi sembrò irragionevole e sconsiderato prendere un aereo tornarmene in Italia per incontrare una persona che mi aveva fatto solo del male.
Mi ricordò che in fondo era solo mio padre e se aveva cambiato vita meritava il mio perdono.
Acconsentii, già quel pomeriggio stesso eravamo in viaggio. Sull’aereo ebbi due o tre ripensamenti sulla scelta di incontrarlo ma con i suoi occhi blu il mio ragazzo mi aveva sempre tranquillizzato, aveva il potere di farmi fare qualunque cosa con un solo sguardo. Atterrammo all’aeroporto di Roma, erano circa le cinque e mezze, prendemmo un taxi, in poco tempo fummo davanti alla porta della casa di mio padre.
Feci un sospiro e attraversai le strisce che mi separavano dal campanello, ero felice e terrorizzata allo stesso tempo. Le mani mi sudavano e riuscivo a malapena a leggere i nomi sul citofono, ma appena lessi il mio stesso cognome un brivido mi percorse la schiena, Niall mi afferrò la mano dandomi un bacio, premetti il campanello, il mio ragazzo fece un passo indietro appena la porta si aprì, lo vidi; era lui, era sobrio e fu stupito più di me di vedermi, mi aveva riconosciuto. Ero felice, lui lo era a sua volta, ci abbracciammo.
Amore platonico e incondizionato quello di un padre per una figlia.
Stetti con lui e con Niall per le ore che precedevano il nostro volo di ritorno, gli chiesi se amava ancora la mamma e lui mi disse:
«Io amo tua madre come lui ama te.»
«Signore, allora la ama alla follia.» Disse Niall sicuro di se.
Sorrisi verso di lui, poi mi rivolsi di nuovo a mio padre e gli chiesi se voleva tornare con noi in Inghilterra, lui e la mamma avrebbero potuto rimediare agli errori fatti in passato senza di me tra i piedi visto che fino alla fine dell’estate ero ospite a casa della famiglia Horan.
Aveva le lacrime agli occhi e un sorriso enorme in faccia.
Certo che vengo.
Durante i mesi successivi stetti sempre in contatto con mia madre che mi aggiornava sui miglioramenti di mio padre e della famiglia.
Poi esattamente il giorno prima della mia partenza per tornare a casa, Niall mi portò davanti ad una casa nel centro di Mullingar e mi chiese di chiudere gli occhi, feci qualche passo e vidi mia madre e mio padre abbracciati insieme con le chiavi di quella casa.
Avrei vissuto il resto della mia vita vicino al mio ragazzo e con una famiglia meravigliosa.
«Finalmente a casa.» Esclamai.

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