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Autore: abercrombjes    10/04/2012    4 recensioni
«Non ti lascerò mai, Horan» gli disse.
«Nemmeno io, Valerie» rispose il ragazzo passando una mano tra i suoi capelli ramati. Poi avvicinò delicatamente il suo viso fino a riuscire a sfiorare le sue labbra.
Poi, tutto accadde nella durata di un istante.
Un rumore assordante. Un clacson che suonava con potenza e per lunga durata in lontananza.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I suoi occhi azzurri erano posati a terra. Fissavano il vuoto, mentre alcune lacrime continuavano a rigargli il viso.
Le guance si erano arrossate e le labbra erano serrate.
Aveva le gambe incrociate e le mani nascoste tra di esse. Era come chiuso in un riccio.
Stava per alzarsi da quel letto e andare via. Voleva lasciare tutto proprio nel momento in cui la sua positività lo aveva abbandonato.
Si era rintanato nella sua camera. La voglia di vivere era andata via.
Non riusciva a credere che tutto ciò stesse succedendo.
Continuava ad immaginarsi quella scena, quella terribile e indimenticabile scena.
 
 
 
Fuori era buio. In sottofondo vi era la radio che riproponeva "Lego House" di Ed Sheeran.
«Non ti lascerò mai, Horan» gli disse.
«Nemmeno io, Valerie» rispose il ragazzo passando una mano tra i suoi capelli ramati. Poi avvicinò delicatamente il suo viso fino a riuscire a sfiorare le sue labbra.
Niall sentì una mano calda accarezzargli la schiena, proprio sotto la maglietta. Il contatto lo portò ad avere uno scatto improvviso in avanti e si allungò su di lei. 
Le dita di lei si fecero poi strada al di fuori della sua polo e gliela sfilò per poi gettarla via in una qualsiasi parte dell'auto.
Nello svestirlo, gli si arruffarono i capelli e lei si divertiva tanto a renderli disordinati.
Successivamente fu va la volta di Niall che le sbottonò la camicetta rossa a quadri, era la sua preferita.
La ragazza lo aiutò a toglierla e la fece volare via sul volante.
Valerie rimase in reggiseno, un adorabile reggiseno nero con tratti leopardati più chiari che risaltavano alla luce.
Niall portava sempre i jeans un po' più scesi del normale, così lei riuscì a sfiorare con le dita i suoi boxer azzurri, perfettamente abbinati ai suoi occhi.
Il ragazzo sorrise tra un bacio e l'altro, percependo cosa avesse intenzione di fare.
«Ne sei sicura?»le chiese fermandosi.
«Io ti amo» gli sussurrò guardandolo negli occhi. Si perse in un oceano di emozioni in quel momento. Ogni volta che gli diceva 'ti amo' sentiva di poter fare qualsiasi cosa. «Per me tutto è sicuro con te».
«Ti amo anch'io» le rispose poi, avvicinando il suo naso a quello di lei. Chiuse leggermente gli occhi. «Voglio solo che tu sia felice. Se tu lo vuoi, allora lo voglio anche io».
Valerie sorrise e si avvicinò di nuovo provocatoriamente alle sue labbra. «Lo voglio».
«Okay allora» rispose Niall senza esitare troppo, con la voce che ansimava.
Fece aderire nuovamente i propri corpi. Lei gli morse con grazia il labbro inferiore.
Fuori cominciò a piovere forte.
Niall posò le mani sui jeans della ragazza, sbottonandoli. Valerie fece lo stesso con quelli suoi.
Si amavano, oh se si amavano. I loro cuori erano diventati uno solo, fondendosi nelle stesse emozioni. La vita era diventata unica.
Il ragazzo sentì subito un impulso dentro di sè, anche lui voleva andare oltre, ma solo con lei
Si staccò dalle labbra di Valerie per poterle sfilare velocemente i jeans. La ragazza non aspettò altro di fare lo stesso.
Mise le sue mani sul petto di Niall, poi le fece scorrere piano verso il basso fino a trovare la zip. Un rapido gesto e anche i suoi pantaloni furono tolti.
Entrambi erano rimasti in intimo, ma la cosa non imbarazzò nessuno dei due.
Niall tornò sulle labbra della ragazza che la chiamavano incostantemente.
Lei poggiò le sue mani calde sulla sua schiena e premette per far aderire meglio i corpi.
Un attimo di pausa prima di andare al dunque: Niall si alzò per un momento passandosi una mano tra i capelli arruffati e le sorrise dolcemente.
Poi, tutto accadde nella durata di un istante.
Un rumore assordante. Un clacson che suonava con potenza e per lunga durata in lontananza.
A Niall venne l'impressione che fosse un treno  lì nei paraggi. Ma si sbagliò.
Dal finestrino riusciva a notare una sagoma rossa. Poi una luce abbagliante.
Il ragazzo portò il braccio davanti agli occhi.
Un camion stava correndo all'impazzata e non riusciva a fermarsi, l'autista li stava avvisando del pericolo.
«Valerie, alzati!» urlò tirandola su.
La ragazza non fece neanche in tempo rispondere che un forte stritoli stridulo di gomme bloccò tutto.
Il muso del camion sbatté violentemente sul retro dell'auto, curvando e finendo su un'altra direzione. I due urlarono di paura. 
Sentirono un rumore di metallo che si attorcigliava su se stesso.
Vennero quasi schiacciati ma i loro corpi si scaraventarono in avanti, cadendo sotto i sedili.
«Niall!» urlò Valerie stringendosi a lui e scoppiando in lacrime. La sua voce vibrava con un suono di dolore.
«Tranquilla, ci sono io» rispose tenendola stretta a sè.
Il vetro si era spaccato ed era piovuto su di loro, lasciando dei tagli corti ma profondi sui loro corpi.
L'auto, dopo quella potente spinta, finì fuori strada e cominciò a percorrere una discesa ripida che finì con lo schiantarsi contro una transenna della strada sottostante.
Niall era completamente schiacciato sullo schienale del sedile di fronte, mentre Valerie era distesa ricoperta da centinaia di pezzi di vetro. 
La disperazione li avvolse. Erano passati dal piacere alla sofferenza.
Credevano che fosse tutto finito.
Ma anche in quel momento stavano soffrendo insieme.
Niall cercò di respirare e di avvicinarsi a lei. «Valerie».
La ragazza non rispondeva.
Con le poche forze che aveva, posò una mano in una zona dove non c'era sangue che colava. «Valerie».
Stava per mettersi ad urlare, anche se la voce non sarebbe uscita. Il cuore cominciò a battere forte.
 Sentiva freddo perchè gli sportelli erano spalancati, ma aveva caldo a causa del sangue nelle vene che pulsava forte.
Si accorse che Valerie era appena svenuta.
Non si importò delle ferite o del sangue che fuoriusciva. Si mise in ginocchio trovando i jeans, mise una mano nella tasca e prese il telefono.
Compose rapidamente il numero dell'ambulanza ma non c'era campo.
Cominciò a tossire pesantemente, ma era in condizioni migliori di Valerie.
 Uscì dall'auto, senza spostare gli occhi dalla ragazza a terra e sofferente.
Compose nuovamente il numero. Squillò.
«Ospedale centrale, mi dica tutto» rispose un uomo.
«C'è stato un incidente nella...» una fitta allo stomaco, ma continuò, «... nella superstrada principale. Per piacere correte, c'è una ragazza gravemente ferita».
«Subito!» e riattaccò.
Niall rientrò in macchina, evitando altri pezzi di vetro a terra. Aveva l'aria di uno zombie.
Tornò vicino a Valerie, togliendole i vetrini sul corpo, poi la avvolse tra le sue braccia. «Non abbandonarmi, ti prego. Ti amo» le sussurrava.
Passarono più o meno dieci minuti e finalmente sì sentì una sirena. La salvezza.
Il veicolo dell'ambulanza si fece strada e li trovarono entrambi in macchina.
I medici presero prima Valerie. Ci volle un po' per riuscire a portarla via da lì nel suo stato. Per Niall fu più facile, ma lo stesso doloroso.
Furono entrambi sulla barella, poi sulla vettura e con tutta velocità misero in moto, filando dritti verso l'ospedale.
Niall si girò verso Valerie. Era in condizioni terribili. Una lacrima si fece strada lungo la sua guancia.
Ricordava la barella di Valerie andare in una direzione e la sua in un'altra. Le loro strade che si dividevano. Il cuore si separava.
Un dottore accorse nella sua stanza e gli disse: «la ragazza non si sveglia... mi dispiace dirglielo ma... temo sia in coma».
Ecco, ora voleva urlare più che mai. Ora voleva mettersi le mani tra i capelli e chiedersi cosa avesse mai fatto di male per meritarsi tutto quello.
Voleva morire. Le avrebbe donato la sua vita pur di vederla vivere serena. Sarebbe morto per lei.
Si alzò in piedi di scatto come per correre da Valerie ma il medico lo bloccò. «Per piacere, si riposi. Faremo del nostro meglio».
«Io la amo» sussurrò al vuoto, ma il dottore sentì e riuscì a dire solo: «mi dispiace».
Lasciò la stanza e lui fu solo. Completamente solo.
La solitudine lo avvolse. La tristezza. Sentiva il cuore andare in mille pezzi. Ogni pezzo si chiamava Valerie. E se quei pezzi non sarebbero tornati insieme, lui non sarebbe guarito.
Non poteva alzarsi, era bloccato da migliaia di aghi lungo il braccio. Avrebbe voluto diventare Hulk e spaccare tutto.
Ma la forza mancava proprio. Era già pesante pensare.
Poi, sentì qualcosa, uno strano senso di vertigine, e finì steso sul lettino ad occhi chiusi.
 
**
 
Lui uscì dopo qualche settimana, lei no.
Trascorse un mese.
 
**
 
Passati 30 interminabili minuti di interminabile corsa sulla neve, finalmente Niall arrivò al parcheggio dell'ospedale, ma non aveva intenzione di stopparsi. Continuò a passo svelto fino all'entrata principale e fino all'ascensore che portava al piano di Valerie.
Con il fiatone che gli impediva anche solo di respirare, ricominciò a correre e percorse il corridoio che portava alla sua stanza. Ormai lo conosceva a memoria.
Finalmente. Eccola. Stanza 28. La ricordava come fosse stato lì il giorno prima.
Aveva aspettato un mese. Un lunghissimo mese per rivederla.
Mise piede nella stanza e si avvicinò al corpo steso sul lettino. Era proprio come l'aveva lasciata. Immobile, ad occhi chiusi.
Si sedette su una sediolina lì a fianco e le prese la mano. La strinse forte.
 
 
Era tarda sera e l'orario visite stava per terminare.
«Non voglio lasciarti così un'altra volta. Per favore, apri gli occhi» le sussurrava a pochi centimetri dal suo viso, ad occhi chiusi.
La tristezza stava tornando, la speranza stava andando via. Poi l'unica cosa che gli rimase di fare, fu cantare.
Lei lo amava quando apriva la bocca e cantava. Spesso lui lo faceva per lei, e quello non poteva essere momento più speciale per farlo.
Si ricordò di una canzone che lui, con l'aiuto dei suoi amici, le aveva scritto. I cinque ragazzi avevano formato una band, gli One Direction, e adoravano cantare ed esibirsi.
Niall aveva sempre aspettato l'occasione più adatta per dedicargliela, e quella lo era diventata ormai.
Chiuse nuovamente gli occhi, ripensando alla loro vita insieme, e partì dolcemente.
«Shut the door, turn the light off, I wanna be with you, I wanna feel your love.
I wanna live beside you, I cannot hide this, even though I try».
Ad ogni strofa, ripensava ad un momento in particolare.
«Heart beats harder, time escapes me, trembling hands touch skin.
It makes this hard, girl, and the tears stream down my face».
Questo pezzo gli fece ricordare della scena in auto e così un'altra lacrima scese.
«If we could only have this life for one more day.
If we could only turn back time, you know I'll be,
your life, your voice, your reason to be,
my love, my heart is breathing for this moment, in time I'll find the words to say,
before you leave me today».
Non riuscì più ad andare avanti e nascose il viso tra le braccia e sulle coperte del lettino di Valerie.
Sembrava tutto impossibile. Le speranze erano volate via ma voleva che quella canzone le fosse arrivata un giorno.
Cominciò a singhiozzare.
«N-Niall» una voce. Una voce delicata ma priva di forze. Una voce rotta ma nello stesso momento melodica, lo stava chiamando.
Gli ci volle un po' a capire di chi fosse. L'infermiera non aveva aggiunto altro, lui nemmeno. Nella stanza erano solo loro due, in più una ragazza in coma.
Qualcosa scattò nel corpo del ragazzo che si girò fulmineo.
Valerie era ancora stesa sul letto, non si era mossa, non vedeva gli occhi aperti. Le si avvicinò.
«Valerie, valerie sono io, sono qui».
La ragazza riuscì ad aprire, molto lentamente gli occhi, forzando un sorriso. «N-Niall» ripetè.
Niall spalancò gli occhi. Le lacrime non uscirono più, si era disidratato. Ma non servì.
Vide come una luce di salvezza al posto di Valerie. Era lì. Era viva. La vita era tornata al suo posto.
«Dio, grazie» bisbigliò il ragazzo che le si avvicinò per darle uno di quei baci che tanto gli erano mancati.
Poi, con il cuore che batteva forte, aggiunse: «grazie a Dio, sei qui».
  
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