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Autore: NonSense    10/04/2012    2 recensioni
E mentre quesiti come “Perché ho così tante ore con lei? E poi, seppure importante, che cosa me ne faccio di una materia come questa in una scuola come la mia?” tormentano i tuoi poveri neuroni, quello tra loro più sveglio o forse l’unico è già arrivato alla conclusione e, con estremo orrore, anche tu ti rendi conto del perché.
Frequenti un linguistico.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Can you speak louder, please?

Ti rendi conto che la sua ora è quella successiva, quando, voltandoti verso la tua compagna di banco, la vedi assumere un colorito molto tendente al bianco fantasma e la senti bisbigliare la sentenza con la solita rassegnazione.
“ E’ già lì. Dietro la porta”.
Ovvio.
La puntualità è sicuramente il suo forte: ancora prima che l’insegnante dell’ora precedente abbia avuto il tempo di raccogliere baracche e burattini, puoi percepire - e anche vedere - la sua imponente figura di donna di mezza età alta un metro e mezzo apparire dietro la porta, con in seguito la sua inseparabile borsa verde e uno sguardo scocciato sul volto.
E poi il puro terrore: i brividi ti pervadono il corpo, inizi a mangiucchiare freneticamente le unghie e consumi il pavimento a forza di battere, inconsapevolmente, il piede a terra al ritmo di tre battiti al secondo.
Ciò succede soprattutto se non sei sufficientemente bravo nella sua materia. Dopo aver risposto soddisfacentemente agli interrogativi di base che la tua mente ti propone alla sua vista, come “ Chi sono?” “ Dove mi trovo?” “ Perché sono qua proprio in questo momento?”, ti dedichi all’analisi del problema vero.
Ossia l’inglese. E mentre quesiti come “Perché ho così tante ore con lei? E poi, seppure importante, che cosa me ne faccio di una materia come questa in una scuola come la mia?” tormentano i tuoi poveri neuroni, quello tra loro più sveglio o forse l’unico è già arrivato alla conclusione e, con estremo orrore, anche tu ti rendi conto del perché.
Frequenti un linguistico.
Dopo che la professoressa dell’ora prima ha levato le tende con un timore quasi pari a quello degli studenti al suono della campanella, la vedi prendere posto alla cattedra e affaccendarsi per tirar fuori dalla sua borsa i soliti libri consunti per la lezione.
E, pur non essendo una veggente, sai già che cosa succederà da quel momento.
Lei interrogherà. I dieci, se tutto va bene, minuti di panico più totale della sua ora.
Non esistono giustificazioni, così come non sussistono le frasi, rigorosamente in inglese , “ Non ho potuto fare i compiti.” oppure “ Ho dimenticato il libro a casa.”
Lei interroga chi vuole e quando vuole, con un metodo tutt’altro che democratico.
Scruta tutti, dal primo all’ultimo, in attesa di scegliere a stima la sua prima vittima.
Dopo anni di esperienza, è risaputo che il primo errore da non fare è quello di guardarla in viso, anche se non hai ancora del tutto afferrato il perché; e mentre fai finta di controllare qualcosa, di cercare un qualche quaderno nella cartella oppure un matita nell’astuccio, lei ha già designato la sua preda.
Se il martire è fortunato, la sua inquisizione consisterà solo nel correggere i compiti assegnati per casa, ma a chi lo è di meno toccherò anche una performance orale.
Il tutto si svolge sempre molto meccanicamente: lei si sfila lentamente il suo orologio da polso, lo posa sopra la cattedra cosicché lo possano vedere tutti e decreta la quantità di tempo che l’interpellato avrà a disposizione per fornirle una valida argomentazione sull’argomento di cui dovrà parlare, affinché non gli venga assegnato uno splendido tre, il numero perfetto, per la sua eloquente scena muta.
In tanti anni posso dire di aver riscontrato un solo lato positivo di queste interrogazioni: il tempo è sempre poco…
… “ Hai due minuti.”
I due minuti più lunghi della tua vita, scanditi dal perenne Tic Tac dell’orologio sulla cattedra.
  
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