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Autore: _Alexis_    10/04/2012    2 recensioni
...Per questo si calmò di colpo, spensierato come un bambino, Jushiro Ukitake.
Ukitake x Unohana;
Ukitake x Kyoraku.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyouraku Shunsui, Ukitate Jyuushiro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cose così rozze che gli sporcavano i ricordi.
Aggrottò le sopracciglia.



Oh, se lo ricordava bene, per questo lo infastidiva.
Il suono assordante della pioggia che batteva sul prato, sulle abitazioni, che batteva su di lui.
Il viso alzato, aperto al cielo nero di una notte che stava per diventare giorno, la pioggia che dai capelli stretti in una coda cascava ai vestiti e da li dritta fino ai piedi. Ne era sicuro, non c'era un centimetro del suo corpo che non fosse bagnato, ma questo lo faceva stare incredibilmente bene.
Come un bambino. Lo faceva per dispetto, perchè disobbedire era certamente meglio che tener conto della propria salute.
Non lo sopportava.
Se fuori pioveva e faceva freddo, uscire, per il piccolo Ukitake, era un tabù. Proibito, proibito.
La sua malattia sarebbe peggiorata, dicevano.
Lui, allora, lo faceva apposta: scappava fuori, e restava lì, solo lui, i suoi occhi verdi e i capelli argentei, e la pioggia.
Neanche Kyoraku poteva capirlo in questo senso, e lo segregava -se necessario anche con la forza- nel suo appartamento.
Preoccupatissimo! Ah, santo cielo, quanto si preoccupava per lui.
E lui si sentiva quasi soffocare.
Allora correva fuori, e continuò a farlo. sempre.
Pur essendo adulto, ben lungi dall'essere infantile e sconsiderato.
Pur sapendo che nei giorni a venire sarebbe stato costretto nel suo letto a tossire sangue ogni due e tre.

Caso volle che, proprio in quel momento, quella bella donna dai capelli neri, intrecciati al petto, stesse attraversando di corsa il cortile.
In quel momento usciva, probabilmente, dall'appartamento di qualche malato.
Si allarmò, il capitano della quarta divisione.
Follia o sonnambulismo, erano le uniche spiegazioni logiche per quel pazzo dai capelli bianchi che stava in mezzo a quella fitta pioggia, completamente in balia della tempesta.

-Ukitake-san.
La sua voce si perse nel vuoto in poco tempo, e temette per un attimo che non avrebbe potuto sentirla.
L'uomo si voltò verso di lei.
No, niente sonnambulismo.
-Questa pioggia non gioverà alla tua malattia.
Se ci avesse pensato in quel momento, impegnato com'era a pensare ad un modo per sotterrarsi per l'imbarazzo, le avrebbe risposto con tono di ovvietà.
La sua espressione, invece, non cambiò, e il capitano Unohana sospirò pesantemente, mentre osservava come via via i vestiti dell'altro andavano ad aderire sempre più al suo corpo in maniera inquietante.
-Vieni, entra dentro, per favore.
Come suo solito in quelle situazioni, obbedì senza replicare.
Sconfitto, un po'. Ma quelle sue piccole lotte, non avrebbero avuto senso per nessuno, oltre che se stesso.

Si bloccò in mezzo all'appartamento, con l'acqua che scorrendo giù dai suoi vestiti, creò presto una grossa pozzanghera proprio sotto di lui.
-Asciugati i capelli.
Gli ordinò la donna.
Si buttò il panno sulla testa, coprendosi solo in parte il viso, e svogliatamente iniziò a pressare sui capelli con le dita.
Era stanco e aveva sonno.
E in altre circostanze, magari qualche centinaio di anni prima, si sarebbe messo a braccia conserte mettendo su il broncio.
Non voleva guardare neanche in viso Unohana.

Nel mentre, il tempo aveva avuto modo di imporre altre sensazioni spiacevoli a tutto il resto.
L'imbarazzo di trovarsi entrambi, da soli, nel silenzio della notte.
L'imbarazzo che uno dei due portasse addosso dei vestiti talmente bagnati da aderire al suo corpo in maniera quasi volgare.
Gli occhi erano coperti dal panno, udì solo i passi del capitano che si avvicinava, vide solo la sua mano toccare i suoi vestiti con le dita.
-cielo... questi vestiti sono completamente inzuppati.
Una lucina si accese nella sua mente, e pensava di aver trovato un modo per fuggire, Ukitake, che non sapeva che sarebbe stata, invece, la sua gabbia.
-Ukitake...togliteli, per favore.
Il pavimento in legno colpito a tratti dalle gocce che precipitavano dai suoi vestiti.
Il fruscio dei suoi capelli sotto il panno.
La tempesta che infuriava, la pioggia che si scagliava su tutto ciò che trovava, il vento che fischiava tra le foglie degli alberi.
E altri rumori che non distingueva.
Si fece spazio tra tutto questo, e simultaneamente quel fracasso si annullò.
Riascoltò quella frase, il messaggio era chiaro.
Era chiaro per lui che si trovava in quella situazione in quel momento.
Non gli stava chiedendo di cambiarsi i vestiti per evitare ci incappare in un malanno.
Gli stava chiedendo di spogliarsi per coprire il suo corpo con qualcos'altro.
Il rumore della pioggia si impose di nuovo con forza.
La pozzanghera ai suoi piedi si era allargata considerevolmente.
Lasciò cadere il panno, poi l'haori, poi il kimono, addosso solo l'hakama.
La pelle nivea irrigidita dal freddo, gli occhi verdi stretti in un'espressione fin troppo seria. Guardava adesso Unohana che, improvvisamente, sembrava così piccola.

-Retsu...
Non senza una certa nota di galanteria, si calò piano su di lei. I capelli argentei completamente bagnati, ricadevano pesantemente in avanti, sciolti dalla solita coda.
Strinse le lenzuola nel momento in cui i loro corpi nudi aderirono l'uno all'altro.
Nelle lenzuola dove i capelli della donna ricadevano disegnando motivi tentacolari, sciolti dalla solita treccia.
E mentre la baciava, e la sua piccola mano, aderendo al suo petto bagnato, lo percorreva scendendo pericolosamente in basso, allora sentì il proprio corpo ancora una volta incatenato, assoggettato alla schiavitù delle passioni.


Era oramai l'albeggiare, e il cielo si era tinto di un certo rosso cupo che si proiettava in tutte le abitazioni intorno.
Su di un tetto, due uomini uno accanto all'altro, uno sdraiato, l'altro seduto con le ginocchia strette al petto, due figure illuminate dalla luce del sole che piano faceva capolino.
L'aveva svegliato ad un orario improponibile, Ukitake, e avrebbe persino potuto arrabbiarsi, se non che, ancora una volta, dovette lasciar posto all'affetto che provava per lui, lasciandosi intenerire da quella sua espressione penitente.
Ebbe come l'impressione che se avesse rifiutato, l'amico si sarebbe frantumato in tanti piccoli pezzi.
Cercando di mantenere le palpebre aperte, sollevò un po' il cappello dal viso, per guardare meglio l'amico, un po' coperto dalle sue stesse ginocchia, un po' dai capelli ancora liberi che ricadevano sul viso.
Un cagnolino frustato pensò.
Aveva pronta una lunga serie di battutine sconce degne di un vecchio pervertito, ma lasciò perdere immediatamente, più concentrato a non addormentarsi di colpo e a trovare un modo per togliere ad Ukitake quell'espressione di dosso, per poter vedere ancora una volta il suo sorriso rassicurante. Senza di esso neanche lui, Kyoraku Shunsui, sapeva cosa fare.
Si alzò a sedere poggiando le mani indietro.
-Conoscendo Unohana... questa è la prima e anche l'ultima volta che succede.
-Lo so, ci avevo pensato.

Si voltò a guardarlo nuovamente, adesso aveva stretto le ginocchia a se stesso ancora di più, le braccia incrociate poggiate su di esse, e la testa che faceva capolino, il naso premuto sul braccio, e gli occhi languidi puntati all'orizzonte.
Sorrise tranquillo, Kyoraku.
-Ah, Jushiro... sei una di quelle poche persone che ancora si sentirebbero in colpa per queste cose.
Jushiro sorrise sommessamente, sapeva benissimo che qualsiasi cosa Shunsui gli avesse detto gli avrebbe causato questa reazione.
Per questo si calmò di colpo, spensierato come un bambino, Jushiro Ukitake.



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Uh! Questa cosa, avrebbe dovuto essere parte del capitolo di un'altra mia fanfiction... ma ho deciso che mi piaceva molto, e l'ho tirata fuori, quando ci arriverò con i capitoli vedrò che fare, ma penso farò sempre riferimento a questa.
Spero che sia uscita fuori abbastanza decentemente, a me piace xD spero anche a voi...
Ukitake è in assoluto su Bleach il mio personaggio preferito, per questo suo essere così delicato ed innocente, e allo stesso tempo ha una grande forza e senso del dovere (cosa che alla fine ha sia nei rapporti interpersonali, che nelle sue cose in quanto capitano della tredicesima divisione...)
Hope you enjoyed it :3
   
 
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