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Autore: AntheaMalec    11/04/2012    6 recensioni
« Ti sei dimenticato di mettere lo zucchero, John! » John si impose di rimanere calmo e fece un grosso respiro, in modo da non far uscire la risposta sarcastica e pungente che risiedeva sulla punta della lingua.
« Sherlock, quello è il mio the. » « Era, John, era il tuo the. » Continuò a sorseggiarlo indisturbato, lo sguardo di ghiaccio che si perdeva fuori dalla finestra e poi oltre.
« Sei…sei insopportabile, davvero. Avevo un dannato bisogno di qualcosa di caldo con questa pioggia. » « Sono cervello, John, ed il mio cervello aveva bisogno di the. E’ un ragionamento semplice anche per te. »
Storia partecipante alla Challenge "Let's ship again".
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carezza. Sciroppo. Esperimento.



 

 

 

 

 

 

 

La coppia perfetta è uguale al corpo umano. 
Una persona è il cervello, l'altra il cuore.
Qualche volta sono completamente opposti ma non potrebbero vivere l'uno senza l'altro.






 

And if I show you my dark side will you still me hold tonight? 
And if I open my heart to you and show you my weak side
What would you do?


The final cut – Pink Floyd

 









John Watson ancora non poteva credere che il suo migliore amico fosse ritornato da lui dall’oltretomba. 
Insomma, aveva espresso quel desiderio davanti alla sua tomba quando non vedeva più nessuna via d’uscita e tutto sembrava volerlo soffocare e renderlo debole, fragile, ma mai, mai si sarebbe immaginato che potesse seriamente tornare da lui. 
Eppure lo aveva fatto e la prova stava su quel divano, con tre cerotti attaccati al braccio e gli occhi chiusi. Sembrava pregasse e si chiese, in un momento di confusione, come sarebbe stato se Sherlock avesse confidato tutti i suoi pensieri a John rendendolo partecipe del tumultuoso chiasso che doveva esserci nel suo cervello. 
« Sei tornato. » Sherlock aprì gli occhi di scatto e lo guardò a lungo, le buste della spesa che ancora ciondolavano dalle mani di John. 
« Sta piovendo. » « Quale grande prova dell’ovvio. » John alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena. La grande difficoltà del suo recente ritorno era che non riusciva ad arrabbiarsi minimamente con lui. 
Certo, lo faceva ancora irritare da matti e alcune volte avrebbe voluto sbatterlo al muro, ma c’era sempre quella morbosità nello sguardo di John, quell’abbraccio che non era avvenuto, quelle parole che non erano state pronunciate e quei gesti che non erano mai stati compiuti da entrambe le parti. John aveva sempre pensato che gli abbracci simboleggiassero la ricomposizione, la fine della mancanza di qualcuno ed era questo quello che aveva bisogno di sentire. Sherlock, vivo, intatto e sano nella sua vita, di nuovo. 
« Hai comprato il latte? » chiese Sherlock dal salotto, mentre John posava i sacchetti fradici sul tavolo per smistare la spesa. « Certo Sherlock, mi hai mandato messaggi per tutto il tempo. » « La memoria umana è assai minima per la gente comune, dovresti saperlo. Ti ho solo fatto una gentilezza. » 
Se lui definiva gentilezza tartassarlo di messaggi per tutto il tragitto da Baker Street al supermercato e poi da lì fino all’uscita da esso, solo per del misero latte in un altrettanto banalissimo cartone, allora non c’era davvero speranza per John Watson di vedere sviluppato in un qualche altro modo il loro rapporto. 
« Certo Sherlock, come potrei non definirla tale. » 
Quando finì di sistemare la pasta nello scaffale di legno che era riuscito a salvare tra la marea di bottigliette, fiale e altre robacce di cui non voleva sapere provenienza e genere, si preparò una tazza di the e ritornò nell’altra stanza, appoggiando il bicchiere sul basso tavolino per poter prendere il computer e sedersi sulla sua poltrona. Quando rialzò lo sguardo la sua amata tazza era nelle mani sbagliate. 
« Ti sei dimenticato di mettere lo zucchero, John! » John si impose di rimanere calmo e fece un grosso respiro, in modo da non far uscire la risposta sarcastica e pungente che risiedeva sulla punta della lingua. 
« Sherlock, quello è il mio the. » « Era, John, era il tuo the. » Continuò a sorseggiarlo indisturbato, lo sguardo di ghiaccio che si perdeva fuori dalla finestra e poi oltre. 
« Sei…sei insopportabile, davvero. Avevo un dannato bisogno di qualcosa di caldo con questa pioggia. » « Sono cervello, John, ed il mio cervello aveva bisogno di the. E’ un ragionamento semplice anche per te. » 
John si chiese se a Sherlock piacesse dire il suo nome, visto che lo ripeteva così tante volte. Non che a lui dispiacesse, il tono con cui lo chiamava aveva avuto sempre il potere di affascinarlo, come un canto di sirena. John aveva sempre immaginato, fin dal primo incontro, Sherlock Holmes come un grande cervello che restava vigile e sveglio ventiquattro ore su ventiquattro. Soltanto un cervello, una macchina. 
Eppure in quel momento, dopo tutto quello che era successo e, pensò con un brivido, dopo tutto quello che sarebbe potuto succedere, poteva davvero comprendere quanto il suo coinquilino potesse essere cervello al cento per cento. 
Sherlock era il cervello sinistro. Era uno scientifico, era un matematico. Amava la consuetudine. Categorizzava, era accurato, lineare, analitico e strategico. Era pratico e freddamente logico. Amava il controllo, era padrone di parola e linguaggio, realistico. Sherlock Holmes sapeva esattamente chi era e non aveva certo bisogno di ulteriori incentivi per dare la prova della sua intelligenza. 
Ma John era certo ormai che Sherlock non fosse solo quello. Era anche cervello destro. Era creatività, spirito libero. Era passione, desiderio, Sherlock era il suono ruggente di chi ride, era il gusto. Era la sensazione della sabbia sotto al piede nudo, così bella da dare i brividi. Era movimento, colori brillanti. Era immaginazione senza limiti, arte, poesia, intuizione. Il cervello destro era tutto quello che Sherlock Holmes avrebbe voluto essere.* Ed era, forse, proprio di questa metà della quale John si era preso una cotta vertiginosa. Quella sotto gli strati, quella dentro al suo sguardo. 
Quando John capì che Sherlock non avrebbe parlato per molto tempo, si alzò e appoggiò il portatile al suo posto. 
Cullato dal silenzio rassicurante della casa, salì i gradini che portavano al piano superiore ed entrò in camera sua. Si tolse la camicia leggera e si mise il suo maglione preferito, quello a righe bianche e nere, leggermente largo e confortevole. 
Fatto quello ritornò giù, dove trovò Sherlock perso dietro ad un libro di chimica che si era comprato pochi giorni addietro. Alzò appena lo sguardo dalla pagina mentre John riprendeva il possesso del computer. 
« Devi uscire? » Disse Sherlock, dopo un attimo di silenzio. 
Probabilmente non era la serata ideale per aggiornare il suo blog ma la giornata giusta per fare quattro chiacchiere con il suo coinquilino, pensò John, stupito da quell’improvvisa voglia di dialogare che compariva raramente in lui. 
« No, affatto. Perché? » « Quello è il maglione che indossi quando devi uscire con qualche ragazza sulla quale vuoi far colpo. » « Avevo semplicemente freddo. » « Mh, ok. » 
John ci mise più tempo del previsto a distogliere lo sguardo dalla figura di Sherlock o più precisamente dai suoi capelli, leggermente più lunghi del normale. Avrebbe davvero voluto riuscire a far colpo su Sherlock con la semplicità con la quale ci riusciva con le ragazze. Un maglione rassicurante, un paio di sorrisi, battute e carinerie. Ricordava ancora quando si autoconvinceva di non essere gay e che non provava alcuna pulsione verso il suo migliore amico.

Eppure c’erano stati quegli sguardi troppo prolungati sulla sua camicia e la voglia di baciarlo nei momenti meno opportuni. John Watson, nonostante non fosse un genio, capiva perfettamente di essere troppo comune per Sherlock Holmes. Un amico, niente più. Di certo non all’altezza dell’espansiva Irene Adler. 
John ritornò alla realtà, spostandosi tra un aggiornamento e l’altro e leggendo l’ultimo commento che aveva lasciato sua sorella Harry sotto un post di molti mesi prima: "Non c'è nessuno a cui non sia concesso di amare un'altra persona”. Lì per lì l’aveva presa come una battuta di poco gusto perché, diamine, non era affatto gay, ma poi ci aveva riflettuto più del dovuto e si era incastrato con le sue stesse mani. 
« John, posso farti una domanda per puro scopo scientifico? » John ritornò a dare attenzione a Sherlock, nascosto nel buio che stava facendosi spazio fuori dalla finestra. 
« Dimmi… » Le domande che Sherlock gli poneva a beneficio della scienza era quanto di più imbarazzante e allo stesso tempo fanciullesco John avesse avuto il piacere –o la sfortuna, di sentire. 
« Che definizione daresti al sentimento dell’affetto? » Sherlock era dannatamente serio, le mani intrecciate che sfioravano il naso e gli occhi fermi su John. 
« Definizione? Non è una formula di fisica, non si dà una definizione ai sentimenti. » Sherlock storse la bocca, infastidito. 
« Si ha una definizione per tutto. I sentimenti sono solo effetti chimici del nostro organismo, quindi anch’essi devono contenere logica e definizione. » John sbuffò, spazientito dalla cocciutaggine dell’altro. 
« Il voler bene non si compra, non si vende e non si impone con la minaccia, non si può evitare…il voler bene succede e basta. » « Mi è difficile crederlo. » 
« Perché tu sei un paradosso vivente, Sherlock. Non riesci ad accettare che ci siano cose che non hanno alcun bisogno di spiegazione, vanno vissute e basta. » Sembrò ragionare attentamente sulle parole di John, o almeno così sperò lui. L’unico desiderio che aveva dalla sua ricomparsa era stato di poter fargli finalmente capire cosa provasse lui. Ma John si trovava davanti ad un muro ogni volta e aveva una maledetta paura di scavalcarlo. Quando tornò a scrivere sul suo blog, John lasciò perdere tutti i suoi sentimenti e i suoi pensieri confusi su Sherlock, preso in una minuziosa descrizione su alcuni avvenimenti dei casi irrisolti. 
John non si accorse nemmeno dello spostamento silenzioso di Sherlock fino a quando non sentì la sua mano tra i capelli. Non riusciva a capire più nulla, c’era solo quella sensazione che sommergeva tutte le altre. 
Sherlock Holmes, quel Sherlock Holmes, stava passando la propria mano di sua spontanea volontà tra i capelli di John Watson. 
Nel black out totale John si domandò come una semplice carezza potesse fargli questo effetto e come sarebbe stato, allora, essere baciato da lui. 
La morte più dolce, probabilmente. 
Come arrivò, però, quel momento sparì molto presto, lasciando un senso di vuoto nello stomaco di John che lo fece decidere a smuovere lo sguardo dallo schermo fino a incontrare la schiena coperta dalla vestaglia blu di Sherlock. Era diviso a metà tra la curiosità morbosa che aveva creato quel gesto in un tipo come Sherlock e la paura di una sua risposta brusca. 
« Come mai questo… -si schiarì la gola, quasi certo di voler interrompere lì quella domanda inopportuna- gesto? » « Mi serve dello sciroppo. » 
Fu la sua risposta mentre spariva in cucina in un vortice di blu e ricci. 
Sciroppo. 
John non riusciva ancora a capirlo dopo quasi due anni di convivenza e vedeva remota la possibilità che un giorno potesse davvero farcela in quell’impresa. 
« S-sciroppo? Ti senti male? » 
Urlò John, sentendo il suo animo da dottore prendere sempre più spazio in lui. 
« Non dire sciocchezze, John! E’ per un esperimento! » 
Carezza. Sciroppo. Esperimento. 
John non riusciva più a capirci nulla. 
« Un esperimento che riguarda me? » Chiese, confuso, alzandosi dalla poltrona. 
« John, seriamente, stai diventando paranoico. E’ per la scienza, un esperimento illuminante, assolutamente. » 
Sherlock continuava a borbottare, entrando e uscendo dalla cucina e sorridendo all’aria. Un pazzo sociopatico, ecco cos’era. 
« Sì, ma…Sherlock? Sherlock! » John riuscì ad afferrargli il braccio nel suo folle andirivieni. Sembrò solo in quel momento ricordarsi della presenza di qualcun altro nella stanza. Quegli occhi così azzurri e così vicini e quegli zigomi così pronunciati,caspita dovrebbero essere illegali!, tutto Sherlock lo aveva preso alla sprovvista, mandandolo completamente alla deriva. 
« Vorrei una spiegazione. » Disse John, cercando di non imbarazzarsi in modo eccessivo. « Non c’è tempo per le spiegazioni. Mi servono sciroppo e caffè. Hai comprato il caffè? Ne ho bisogno. » 
John scosse la testa, cercando di frenare l’entusiasmo che aveva pervaso Sherlock in maniera quasi comica. 
« No, non su quello. Voglio una spiegazione su quello prima. » Le sopracciglia corrugate di Sherlock fecero intendere a John che non era arrivato al punto della situazione. 
« Alla carezza, Sherlock. Sulla mia testa. » « Oh, quello! » Quello. 
John non sapeva se essere ferito, confuso o prenderlo a pugni. Decise per un folgorante silenzio. 
« Pensavo ti potesse far piacere. Insomma, non ci vuole un cervello come il mio per arrivare ad una deduzione tanto banale. » « Santo cielo, Sherlock, parla chiaro! » 
Lo aveva baciato. Senza un perché, senza un come o un cosa. Aveva lasciato un piccolo sbuffo e aveva posato le sue labbra su quelle di John come se fosse la cosa più naturale del mondo. E lo era, lo era davvero. 
Un bacio a stampo, nulla di più, un bacio da bimbi che valeva come un bacio da adulti e molto di più. Perché era un bacio da Sherlock e John sapeva quanto questo potesse valere. Quando Sherlock si staccò dalle sue labbra, un tempo che John non era riuscito a contare, tornò con il cipiglio da consulente investigativo strambo di sempre. 
Incominciò ad aprire tutti gli armadietti fino a trovare il caffè e trasportare decine di chicchi sul tavolo. 
John era ancora immobile, la mano all’altezza del cuore, appesa nell’aria come a catturare quell’attimo fino a renderlo concreto. 
Carezza. Sciroppo. Esperimento. Bacio. 
« Sher…lock? » « Mh? » 
John sentiva l’emozione pulsargli nelle orecchie. « Posso restare qui con te? » Sherlock sembrò soppesare la domanda di John, forse comprendo il reale valore di quelle parole. « Certo, puoi restare qui con me. » John sorrise, sentendosi alle porte di un nuovo inizio. Con Sherlock, insieme a Sherlock, appartenendo a Sherlock, in tutti i sensi in cui una persona può sentirsi legata ad un’altra. 

Carezza. Sciroppo. Esperimento. Bacio. Sherlock e John.

 

 

 

 

Io ti regalerò ogni singolo risveglio la mattina
e poi lascerò i capelli scivolarmi fra le dita
ti regalerò ogni singola carezza quando è sera
ho imparato già ad amarti senza più riserva alcuna.

Senza riserva – Annalisa

 

 

Prompt usati: Caffè – Sciroppo – Maglione – Alla deriva - "Non c'è nessuno a cui non sia concesso di amare un'altra persona".

*Frase tratta da una foto trovata su internet.

   
 
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