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Autore: Trick    11/04/2012    8 recensioni
"Pareva essere una sorta di buffa maledizione – o di un sarcastico scherzo del destino, magari – ma ogniqualvolta decidevano di allargare la famiglia con un bel gatto o con un Kneazle, ecco spuntare un altro figlio".
Per tutti coloro che non hanno ancora capito che la loro coppia preferita è inspiegabilmente deceduta e continuano a chiedersi:
«Cosa sarebbe successo se avessi acquistato un'edizione del libro in cui Remus e Tonks sopravvivono e si trasferiscono nel Derbyshire?».
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Note dell'Autrice – sempre discutibilmente utili:
Sono desolata per l'incredibile ritardo, ma in questo periodo la mia ispirazione ha toccato l'apice della depressione. Chiedo perdono.
In questa long-fic, Harry non è ancora Capo degli Auror. Harry ha sconfitto Lord V. con un culo fuori da ogni logica, gente, e io non voglio rendermi colpevole di aver messo la sicurezza magica della Gran Bretagna nelle mani del Prescelto più fortunato che la letteratura abbia mai visto.
Senza offesa, eh, Harry? Adoro i tuoi occhiali, ma con metà del tuo fondoschiena avrei già fatto trentasei all'Enalotto.

La Casa Stornella
Capitolo Sette
Cene di lavoro




La gente tendeva a ricordare con parecchia chiarezza i grossi occhiali cerchiati di Percy Weasley. Fin dagli anni di Hogwarts, avevano sempre avuto la capacità di aumentare notevolmente l'impetto visivo del giovane mago, incrementando ogni visibile sfaccettatura del suo carattere serio e puntiglioso. Erano occhiali particolarmente grossi e antiquati, e il vizio di Percy di aggiustarseli in continuazione sul lungo naso dritto non faceva che attirare maggiormente l'attenzione su quanto fosse effettivamente ridicolo. A Percy, ovviamente, certi dettagli del comune senso estetico erano completamenti sconosciuti e, sebbene si vociferasse che una certa Audrey dell'Ufficio Passaporta trovasse quegli occhiali particolarmente affascinanti, l'impressione che si era soliti avere circa il personaggio di Percy Weasley era piuttosto gravosa.
Non avendo mai avuto modo di conoscere il terzogenito della famiglia Weasley prima della Battaglia di Hogwarts, Tonks aveva imparato a combattere la sua rigida pignoleria nel peggior campo di guerra: il Ministero della Magia, patria della burocrazia più inutile e degli accumuli di scartoffie cartacee. Con il trascorrere degli anni, poteva ben dire di aver raggiunto un buon livello di resistenza ai suoi micidiali interventi, ma non aveva ancora la prontezza di reazione di George Weasley e, talvolta, Percy continuava ancora ad averla vinta.
«...ed il punto che vado specificatamente sottolineando, Auror Tonks, è dunque il seguente: laddove vengono a mostrarsi lacune, inefficienze o mancanze di professionalità che difficilmente potrebbero evitare lo sguardo critico della delegazione francese di Monsieur Chevalier, il Ministro Shacklebolt invita al repentino ripristino dell'adeguatezza richiesta dalle norme vigenti, con particolare attenzione, nel preciso, a questo particolare ripristino».
Senza distogliere gli occhi brillanti dall'espressione compita di Percy, Tonks si umettò leggermente le labbra e sbatté un paio di volte le palpebre, senza tentare minimamente di camuffare il suo desiderio di ridere.
«Mi sono persa alla parola “specificatamente”, Percy».
Lui sollevò di scatto la testa dalle centinaia di pergamene che stringeva fra le mani. Aggiustò gli occhiali sul naso nervosamente, fece una smorfia stizzita e parve fremere con crescente agitazione.
«Ehi, non prendertela» scherzò Tonks, portando nuovamente alla labbra la tazza da cui stava sorseggiando caffè. «Mi sono distratta: è una parola così bella. Credo sia appena diventata la mia parola preferita del giorno».
«Non mi prenda in giro».
«Ti sto solo specificatamente chiedendo di ripetere quello che hai detto. E non c'è bisogno di darmi del lei, ceniamo insieme almeno quattro o cinque volte al me--».
«Le sto dicendo, Auror Tonks, che attendiamo la delegazione di Monsieur Chevalier per il prossimo martedì. Per quella data, il Ministro Shacklebolt le sarebbe infinitamente grato se ricomponesse l'ordine in quest'ufficio».
«Certo. Dammi un secondo che cerco l'indirizzo di Mary Poppins sulla mia agenda...».
«Chi?» domandò perplesso Percy, inclinando appena il capo e sistemando ancora gli occhiali. «Gradirei ricordarle, Auror Tonks, che il personale non addetto al Quartier Generale degli Auror deve essere approvato previo consenso della Commissione Generale del--».
«Percy!» strillò Tonks. «Stavo solo scherzando».
Lui parve particolarmente offeso.
«Io prendo le mie competenze con estrema serietà».
«E dire che non se ne accorge nessuno!» disse con pesante sarcasmo. «Quanto talento sprecato!».
Percy mosse la mano a mezz'aria come se la questione avesse perduto improvvisamente di importanza, cercò con estrema rapidità fra i plichi di pergamene che aveva fra le braccia, ne estrasse uno considerevolmente spesso e lo lasciò cadere sulla scrivania di Tonks.
«“Nuova Normativa Regolamentare e Cavillosa per il Quartier Generale degli Auror”» lesse attentamente lei, sollevando un sopracciglio. «“Cavillosa”? Oh, Tosca, chi è il perverso psicopatico che ha avuto l'idea di chiamarlo “cavillosa”?».
Lui assottigliò pericolosamente gli occhi e, per la terza volta nel giro di pochi minuti, spostò nervosamente gli occhiali.
«Io».
«Ah, avrei dovuto immaginarlo» disse Tonks, sollevando entrambe le mani in segno di resa. «Chi, se non il paladino degli idiomi perduti, poteva chiamarlo “cavillosa”? Ora come ora, sono stupita che tu non lo abbia chiamato “specificatamente cavillosa”».
Percy ignorò il suo commento per l'ennesima volta e Tonks si chiese quante di quelle battute avesse dovuto sopportare l'allampanato giovane durante la sua adolescenza. Era un Weasley piuttosto atipico, a conti fatti: Bill aveva sempre camuffato accuratamente un animo piuttosto scanzonato e irriverente, due caratteristiche che Charlie, al contrario, non si era mai preoccupato di nascondere. Ginny si era rilevata, se possibile, peggio di lui e perfino Ron, a modo suo, aveva ereditato quel non-so-che tutto matto annidato nei geni Weasley. E poi c'erano stati i gemelli – o quello che di loro era rimasto – e molte delle loro bravate erano già diventate leggendarie.
Al pensiero di Fred Weasley, Tonks s'incupì un poco e smise di ascoltare il lontano ronzio delle parole di Percy. Dalla Battaglia di Hogwarts e dalla fine della guerra erano trascorsi quasi dieci anni, eppure c'erano squarci e ferite da cui nessuno di loro sarebbe mai guarito.
«Tonks, mi ha sentito?».
Tonks lo fissò con sguardo ebete e una vocina dentro la sua testa bisbigliò “certo, come no”. Annuì con estrema lentezza, senza avere la più pallida idea di cosa Percy avesse appena blaterato.
«Non voglio problemi con Monsieur Chevalier, Tonks» le sibilò. «Sono mesi che organizzo ogni singolo dettaglio. Legga quelle pergamene e riorganizzi le sue squadre».
«Perché io?» chiese con voce lamentosa Tonks. «Perché non Robards? È lui, il capo!».
«Gawain Robards è troppo impegnato per potersi dedicare anche a questo. Il Ministro ha suggerito che se ne occupi lei».
«Kingsley ti ha suggerito... cosa? Scherzi? Quel figlio di--».
«Auror!» la ammonì con voce isterica Percy, raddrizzando ancora gli occhiali. «Non si rivolga al Ministro come--».
«Tua madre ha invitato anche lui, stasera?» lo interruppe lestamente Tonks, incrociando stizzita le braccia al petto.
«Tonks, non... le faccende familiari non--».
«Faccende familiari? Faccende familiari!? La sola faccenda familiare è che lo ammazzo prima della torta di rabarbaro, ecco qual è la faccenda familiare! Quel dannato! È il padrino del mio secondogenito e si permette di... di... di...» ringhiò a pugni stretti. «Io lo ammazzerò, Percy, quindi ti consiglio specificatamente di correre a cercare un nuovo Ministro della Magia».
Percy si passò stancamente una mano sulla fronte.
«Naturalmente, naturalmente...» la liquidò in fretta. «La lascio alle sue scalmane, agente Tonks. Impari la Nuova Normativa Regolamentare e Cavillosa per il Quartier Generale degli Auror e prepari l'ufficio per Monsieur Chevalier».
Con un'ultima occhiata sprezzante, Percy girò sui tacchi e uscì dal cubicolo in cui lavorava Tonks. Non appena lui e le sue ridondanti pergamene furono spariti dalla sua vista, Tonks imprecò con estrema volgarità. Le facce arrossate di Charles Savage e Philibert Proudfoot fecero improvvisamente capolino nel suo cubicolo. Agli occhi di Tonks, era fin troppo chiaro che i due colleghi avevano sghignazzato sotto i baffi per tutta la durata del suo colloquio con Percy (e molti altri avevano sicuramente origliato ogni parola).
«Avete poco da ridere, bastardi» disse loro con aria depressa, sprofondando nuovamente nella poltrona e afferrando la tazza di caffè. «Siete fregati quanto me, voi due».
*

«Lui dov'è?».
Presa alla sprovvista, Molly Weasley sbatté un paio di volte le palpebre con aria confusa. Asciugò le piccole mani tozze nel lungo grembiule che indossava, sfilò la bacchetta magica dalla tasca e spense la radio con un leggero colpetto.
Sebbene la nascita dei nipoti si fosse rivelata un balsamo per il vuoto lasciato dalla tragica scomparsa di Fred, il suo carattere nervoso e protettivo si era via via acuito con il trascorrere del tempo. I suoi costanti preparativi di ricche e prelibate cene alle quali avrebbero partecipato tutti i componenti del clan Weasley avevano qualcosa di vagamente ossessivo. Pareva proprio che il rito della cena settimanale alla Tana avesse assunto un connotato profondamente terapeutico per la signora Weasley, come se le teste rosse che tornavano a popolare la vecchia dimora potessero portare con loro un poco di Fred. In realtà, pareva quasi che per ognuno di loro i ritrovi alla Tana possedessero il potere di lenire ogni ferita che la guerra aveva lasciato squarciata.
Ognuno di loro aveva perso qualcosa e ognuno di loro aveva bisogno di ricordare che la vita, in qualche modo ironico e perverso, doveva proseguire con la stessa briosa serenità degli anni precedenti.
Il grande giardino della Tana veniva circondato da efficienti Incantesimi Riscaldanti ogni venerdì sera dacché i più piccoli avevano memoria e la casa sembrava infiammarsi con decine di teste rosse, piccoli maghi e streghe alle prese con le prime incontrollabili magie e coppie di genitori che sfoggiavano sorrisi sfiniti.
Remus aveva tentato inutilmente di dissuadere Tonks dall'intento di generare un putiferio quel venerdì sera: quando se l'era vista capitombolare nel salotto di Casa Stornella, poche ore prima, si era ritrovato piuttosto impreparato dinanzi alla sua implacabile furia. Aveva parlato di uccidere il Ministro della Magia, nonché loro grande amico e padrino di Alastor, come aveva gentilmente cercato di ricordarle, ma nulla di quanto avesse detto sembrava aver funzionato.
Ed ora era lì, dritto e rassegnato alle spalle della moglie che aveva iniziato a sondare ogni angolo della Tana alla ricerca del profilo alto e scuro di Kingsley Shacklebolt con la minacciosa intenzione di Trasfigurarlo in una teiera.
Vedendola varcare la soglia con la foga di un crociato, la signora Weasley aveva sbattuto un paio di volte gli occhi e aveva rivolto a Remus uno sguardo perplesso. Mentre cercava di contenere l'entusiasmo con cui Teddy continuava a saltellarle attorno, disse:
«Per tutti gli gnomi del Devonshire, chi sta cercando?».
«Kingsley» rispose brevemente Remus con un'alzata di spalle. «Temo che...».
«Oh, no!» urlò improvvisamente la signora Weasley. «No, no, no! Niente lavoro al venerdì sera! Tonks!».
Remus la guardò svanire di corsa dietro la scia della moglie con più rapidità di una Materializzazione. Fece un sospiro affranto e alzò le mani in segno di resa.
«Bene, ragazzi» disse ai figli. «Andiamo a cercare-- dov'è Teddy?».
«Roxanne ha dei nuovi Fuochi d'Artificio Freddi» spiegò candidamente Alastor.
Remus sospirò di nuovo e fissò il viso dei tre figli più piccoli illuminarsi di infantile speranza.
«Potete andare».
I bambini erano svaniti prima ancora che potesse terminare la frase.
*

«Alla buon'ora!» gridò Bill Weasley quando Remus ebbe raggiunto il retro della Tana.
Una lunghissima tavolata blu si estendeva per diversi metri – tutt'attorno dovevano esserci le soliti trenta sedie, in effetti – splendidamente illuminata da decine di fluttuanti torce. Sebbene la primavera fosse ancora piuttosto lontana, gli Incantesimi Riscaldanti generavano a loro tutti la stessa placida sensazione di caldo di una serata estiva.
Mentre Bill si avvicinava, Remus sfilò la giacca e se la ripiegò delicatamente sul braccio. Nonostante gli mancasse poco al traguardo dei quarant'anni, Bill Weasley sfoggiava ancora un invidiabile prestanza fisica e una brillante chioma rosso fuoco. Le insistenti pretese della signora Weasley si erano rilevate sempre più vane: pareva che con l'avanzare dell'età la decisione del suo primogenito di portare i capelli “come un mendicante di Notturn Alley” si fosse ormai cementata. Sembrava ormai impossibile immaginare Bill Weasley con i capelli corti. Alle sue spalle, George e Ron gli rivolsero un allegro sorriso.
L'affiatamento fra i due più giovani fratelli era notevolmente incrementato dacché Ron aveva deciso di aiutare George nell'impresa dei Tiri Vispi. Per George, la perdita di Fred aveva causato la perdita di ogni altra cosa; l'intero clan Weasley aveva dovuto riemergere con feroce costanza dalle proprie ceneri e ognuno di loro avrebbe conservato in eterno il segno della prematura scomparsa di Fred, ma George, fra tutti, era quello precipitato più a fondo.
Recuperare ciò che era rimasto di George Weasley era stato talmente difficile da far scivolare nella disperazione la maggior parte di loro. Era incredibile che dopo aver resistito a Lord Voldemort e ai suoi Mangiamorte quando nessun altro aveva conservato la speranza, i Weasley si arrendessero davanti all'apatia dalla quale George aveva scelto di farsi anestetizzare.
Ripensare a quel ragazzo pallido e distrutto e rivederlo in quel momento, con una sgargiante maglietta verde su cui spiccava la scritta “miglior papà del mondo” e il sorriso frizzante stampato sul faccione lentigginoso, avrebbe ridato la speranza all'uomo più disgraziato dell'intero pianeta.
«Ehi, Remus» lo salutò allegramente.
«Ragazzi» ricambiò lui. Lanciò un'occhiata penetrante in direzione di George e inclinò pensieroso il capo. «Quanti Fuochi d'Artificio Freddi ti sono rimasti?».
«Almeno una dozzina, amico mio».
«Ti offro il doppio del loro valore per farli sparire dalla vista di Teddy per almeno un paio di ore».
Mentre George e Ron scoppiavano a ridere, Bill gli assestò una sonora pacca sulla schiena e indicò brevemente con la testa il gruppetto di bambini che schiamazzavano accanto agli alberi che separavano le ampie campagne di Ottery St. Catchpole dalla Tana.
«Tranquillo. Ho pagato Victoire per vigilare costantemente sul resto del branco».
«Pagato?».
«Una Bacchetta di Liquirizia prima di cena» gli confessò in orecchio. «Ti offro il doppio di quanto ho offerto a lei per non dirlo a Fleur».
«Remus!» gridò improvvisamente Harry, spuntando d'un colpo e facendo sobbalzare entrambi.
Indossava ancora la veste d'ordinanza del Quartier Generale degli Auror e il profondo sorriso che sfoggiava non riusciva a coprire appieno il velo di stanchezza che appannava i suoi occhi verdi al di là degli occhiali rotondi. Talvolta, per Remus era difficile rendersi conto che Harry era diventato un uomo (nonché marito e padre), così come gli era difficile per ognuno dei ragazzi che aveva visto sedere fra i banchi dell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Capitava che si lasciasse trasportare dal ricordo del neonato che era stato un tempo, quando Lily e James erano vivi e Sirius era più lontano da Azkaban e dalla morte di quanto non lo sarebbe mai più stato; dal ragazzino con i capelli scompigliati che aveva incontrato di nuovo sull'Hogwarts Express, al quale aveva insegnato come evocare correttamente un Incanto Patronus e al quale aveva riconsegnato la Mappa del Malandrino senza il minimo morso della coscienza. E poi c'era Ron, quel ragazzetto smilzo e magro come un allocco e con il naso lungo ricoperto di lentiggini; Hermione, con i suoi capelli crespi e i denti sporgenti; Ginny, con la folta zazzera danzante e il sorriso impacciato da bambina; Neville, tutto sua madre, con il suo rospo stretto fra le mani paffute.
Remus si chiedeva spesso se si sarebbe mai rassegnato a quella lieve nostalgia nel rivedere tutti quei vecchi ragazzi diventare sempre più adulti, ma una grande parte della sua testa, con tutta franchezza, non sarebbe mai stata pronta ad abbandonarla: il tempo che continuava a scorrere era il lieto fine per cui ognuno di loro aveva deciso di combattere e morire, dunque perché rattristarsene?
«Harry, sembri distrutto» commentò Bill con un cipiglio preoccupato.
«Sì, amico, bella faccia» scherzò rapidamente Ron, porgendo due bicchieri di Vino Elfico verso lui e Remus.
«Ehi, Ron, mostra un po' di comprensione» continuò Bill. «Tua sorella è pazza e incinta».
«Non è pazza...» mormorò Harry, grattandosi la nuca. «È solo... incinta».
«Ah, Angelina mi ha fatto impazzire tanto con Roxanne quanto con Freddie!» si intromise George, sollevando le mani in segno di resa. «Era così pazza che qualche volta avrei tanto voluto essere io, quello sul divano a lamentarmi delle caviglie pesanti».
«Fleur è uscita di senno solo con Dominique e Louis. Si agitava in continuazione, strepitava in francese, io non capivo un accidente di quello che stava dicendo, sbagliavo immancabilmente ogni cosa e lei strepitava ancora di più. Se non sono finito al San Mungo allora, sarò immune per il resto della mia vita».
«Beh, di certo io rimarrò immune ad avere altri bambini» sentenziò con estrema decisione Ron. «Rose è già sufficientemente perfetta».
«Giusto» annuì seriamente George. «Non vale la pena rischiare che il secondogenito prenda dal padre».
Il gruppetto scoppiò in una nuova tiepida risatina. Senza aggiungere altro, i quattro maghi più giovani si voltarono interessati verso Remus, che era rimasto ad ascoltare i brevi resoconti delle gravidanze delle rispettive moglie con aria estranea. Lui sorseggiò un goccio di vino e alzò distrattamente le spalle.
«Non guardate me: Tonks è calma e ragionevole solo quando aspetta un bambino... temo sia il motivo principale per il quale ora sono padre di quattro figli, in effetti» rispose loro, scatenando altre risate.
«Ve lo dicevo, io, che licantropi e quasi licantropi non sono più fertili degli umani!» ridacchiò Bill, strizzando fugacemente un occhio verso Remus. «Sono soltanto impareggiabili nel--».
L'eco vicino di una donna che strillava impedì a tutti loro di conoscere in quale campo, secondo Bill Weasley, lui e Remus avrebbero dovuto essere impareggiabili. Si voltarono tutti verso la porta della cucina che si affacciava sul retro del giardino appena in tempo per vedere Tonks agitare le braccia al vento con una sfolgorante chioma rosso peperone, la signora Weasley sbuffare con le gote arrossate nel tentativo di spingerla fuori dalla Tana, l'alta figura di Percy seguirla con uno sguardo di boriosa rassegnazione e Kingsley Shacklebolt, ultimo membro di quello strano corteo, appoggiarsi con una spalla allo stipite di legno e ridacchiare con estremo divertimento all'indirizzo di Tonks.
«Tu! Maledetto bastardo di un Ministro bastardo!» strillò stizzita Tonks, voltando la testa e cercando di incendiare Kingsley con uno sguardo oltre le rotondette forme della signora Weasley.
«Tonks!» la rimproverò lestamente lei.
«Si dà il caso che tuo figlio e il tuo Ministro della Magia stiano cercando uccidermi! E ora spostati, Molly, o ti arresterò per resistenza a pubblico ufficiale!».
Remus si sentì improvvisamente fissato da svariate persone. Li guardò uno a uno, scosse la testa e terminò di bere il proprio bicchiere di Vino Elfico.
«A costo di sembrare ripetitivo, non guardate me» disse.
Harry si sistemò gli occhiali sul naso e ridacchiò:
«Beh, Remus, direi che puoi accantonare l'ipotesi di un quintogenito in arrivo».





   
 
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