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Autore: Kourin    11/04/2012    7 recensioni
Da bambini avevano giocato insieme appena per poche stagioni, eppure Taro non era mai riuscito a dimenticarsi di Matsuyama. Come se, nel momento dell'addio, quel ragazzo fosse riuscito a farsi consegnare un pezzetto d'anima e poi l'avesse fieramente conservato, senza curarsi dello scorrere del tempo e del corso degli eventi.
[Prima Classificata parimerito al contest "Yaoi Captain Tsubasa" di Lily Blackrose]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stagione della lavanda

 

 

Il papà la sta dipingendo, perché Furano d'estate è bella. Dove tutto era bianco di neve ora è tutto lilla di lavanda. Però Furano d'estate è strana. Quando ci sono i fiori si comporta come quando c'è la neve. Nel pomeriggio nei campi non c'è nessuno e si sente solo il pallone che rimbalza sulla strada.

La scuola è appena finita. I bambini sono corsi fuori dai cancelli con un grido di gioa, poi sono andati incontro al sole che li aspettava a braccia aperte come una mamma. Taro ha corso e ha riso insieme agli altri, ma non si è unito a quel grido e ora gioca da solo tra i campi di lavanda. Visto che la strada è in salita, Taro calcia il pallone in avanti.

 

Hikaru è contento, sono arrivate le vacanze. D'estate si può giocare su prati verdi che non finiscono mai come le giornate. Quando il sole tramonta i bambini si uniscono alle rondini che planano nella valle e poi si vola tutti insieme dietro al pallone. Adesso però il pallone rotola a singhiozzo perché ogni tanto urta le pietre e i ciuffi d'erba secchi.

Misaki non vuole giocare. Se Hikaru inizia a correre, lui corre più avanti. Però ecco che il vento (che soffia forte ) spinge il pallone in un cespuglio. Non si dovrebbe giocare a calcio nei campi di lavanda perché ci si graffia e ci sono molti insetti che pungono. Hikaru ci va lo stesso, vuole recuperare il pallone. Quando lo prende tra le mani si accorge che Misaki è davanti a lui.

Alla fine dell'estate andrò via,” dice.

Il pallone cade di nuovo tra i fiori. Le api ronzano via e poi intorno non si sente più niente.

 

Papà ha finito il quadro,” dice Taro guardando i monti. Gli piace giocare con Matsuyama. Non è il suo migliore amico ma è bravo ed è forte.

Ma noi non possiamo giocare senza di te!” dice Matsuyama mettendosi davanti ai monti. Visto che è più alto, Taro vede solo lui. Ha i capelli un po' lunghi e spettinati come sempre. Gli occhi tristi però non li ha sempre. Anzi, Taro non li ha mai visti. Sono molto difficili da guardare perché sono profondi e se finisce lì dentro non può più andare via.

Per giocare a calcio basta essere in undici. Potete farcela anche senza di me.”

Il vento soffia. Qualche fiore si stacca.

 

A Hikaru viene da piangere ma sa che non deve. Ingoia le lacrime e guarda Misaki che ha gli occhi calmi e chiari come i quadri che dipinge il suo papà. Hikaru non ha mai conosciuto un bambino come lui e non è sicuro di come si deve comportare. Chiede: “Ci rivedremo, vero?”

Se giocheremo ancora a calcio succederà di sicuro,” risponde Misaki. Sorride, e visto che quello che dice è sempre vero, Hikaru fa sì con la testa e prova a sorridere anche lui. “Arriverò al campionato nazionale, te lo prometto.” Però si accorge che non è contento e le lacrime tornano su.

Misaki gli accarezza i capelli e Hikaru si sente meglio . Dice: “Ti voglio bene,” ma le parole si perdono. Quel pomeriggio il cielo è troppo azzurro e troppo grande: forse sono finite lì.

 

L'estate se n'è andata da un pezzo, ma continua a fare caldo e durante gli allenamenti si suda ancora molto. Per fortuna a Tsumagoi soffia un vento piacevole. Taro cerca la sua maglietta di ricambio in mezzo al bucato steso all'aperto che sventola al sole, pregno di un gradevole profumo di lavanda. I raggi della luce pomeridiana si riflettono sul cotone battuto dal vento e la biancheria allineata su lunghi fili crea un labirinto candido, quasi abbagliante.

Taro ha appena finito le superiori ed è stato convocato da Mikami per una serie di amichevoli con l'Olanda. E' dura sapere che la squadra non sarà al completo. Kojiro è infortunato. Tsubasa è in Brasile. Quest'ultima non è una novità: è da tre anni che Tsubasa è in Brasile, ma dato che glielo fanno notare tutti (insieme al secondo posto nel torneo) se lo ricorda ogni giorno anche lui. Dovrebbe averci fatto l'abitudine, eppure da quando la nazionale si è riunita molte cose sembrano essere tornate daccapo per vie distorte. Taro sospira. E' inutile pensarci, meglio preoccuparsi di faccende concrete. Ecco finalmente le maglie! Sembra che siano state disposte in ordine. Alla sua sinistra c'è la numero uno di Wakashimazu: per trovare la numero undici basta arrivare a metà della fila. Taro si avvia spedito verso il suo obiettivo.

 

Per Hikaru non è un buon momento. Nell'ultimo anno far funzionare la Furano è stata un'impresa. Al torneo delle superiori la squadra si è comportata meglio del previsto ma è stata eliminata ai quarti di finale. Hikaru dovrebbe essere felice di essere stato riconvocato nella nazionale, invece si sente perduto: è sotto gli occhi di tutti che la squadra non è al massimo delle possibilità. Se Mikami non lo avesse obbligato ad una pausa, avrebbe continuato ad allenarsi dritto fino all'ora di cena e non si ritroverebbe addosso quel senso di inadeguatezza a lui da tanto tempo estraneo. Anche trovare una maglietta di ricambio sembra un'impresa in mezzo a tutti quei fili grondanti di lenzuola, asciugamani e calzini che il vento gli getta addosso insieme al profumo di lavanda. E' così intenso che gli sembra di essere nel suo paese natale. Non è proprio il momento di pensare anche a quello, dove diavolo sono le maglie? Eccole finalmente, sono state disposte in ordine. Alla sua destra c'è la numero ventuno di Morisaki: per trovare la numero dodici basta proseguire.

 

Cinque, sei, sette, otto...Taro nota uno spazio vuoto, si sofferma un istante ma non fa in tempo a fissare l'immagine perché qualcosa lo travolge, letteralmente. Il mondo va gambe all'aria e lui si ritrova con lo sguardo nel cielo e la schiena sull'erba, schiacciato dal peso del ragazzo che è finito sopra di lui. Non si era minimamente accorto della sua presenza.

Scusa,” si affretta a dire Matsuyama, imbarazzato.

Non devi scusarti, è colpa mia,” risponde Taro.

Matsuyama si rialza e gli tende la mano “Tutto a posto?”

Sì certo,” lo rassicura Taro. “Non sei mica Jito.”

Matsuyama ride. “Se Yoshiko mi vedesse mi prenderebbe in giro minimo per due mesi. Dice sempre che prima delle partite sono un pericolo pubblico e mi sa che ha ragione!”

Anche Taro ride. Poi afferra la mano tesa del compagno di squadra, che lo aiuta a rialzarsi.

Matsuyama tenta di risistemarsi senza risultato i capelli. Sono di un nero intenso, sempre un po' troppo lunghi, sempre un po' troppo spettinati, e riflettono un carattere caparbio che emerge prepotentemente sia dentro che fuori dal terreno di gioco.

Da bambini avevano giocato insieme appena per poche stagioni, eppure Taro non era mai riuscito a dimenticarsi di Matsuyama. Come se, nel momento dell'addio, quel ragazzo fosse riuscito a farsi consegnare un pezzetto d'anima e poi l'avesse fieramente conservato, senza curarsi dello scorrere del tempo e del corso degli eventi.

 

Hikaru lascia che lo sguardo di Misaki lo scruti. Ha un'espressione strana, forse un po' incredula, forse stizzita. Come al solito interpretare i suoi occhi è un po' come voler prevedere il tempo fissando il cielo sereno.

Hikaru sa che, sebbene quel buffo incidente abbia fatto ridere entrambi, Misaki sta attraversando un momento particolarmente difficile. A lui Mikami ha consegnato sia la fascia di capitano che il ruolo di regista, facendo sì che l'assenza di Tsubasa pesi più di ogni altro sulle sue spalle. E' stata una decisione scontata, visti gli enormi progressi tecnici che Misaki ha compiuto. Tuttavia nelle partitelle degli ultimi giorni i meccanismi di gioco si sono inceppati di continuo e la sensazione che nella squadra manchi qualcosa (o meglio qualcuno) è continua e opprimente. Lo stesso spazio lasciato tra le maglie stese sui fili del bucato lo ribadisce con lucida crudeltà.

Me lo insegnasti proprio tu che si può vincere anche se manca il più forte,” dice Hikaru soffermandosi su quel vuoto.

Me lo ricordo bene,” risponde Misaki accompagnando le parole con il sorriso semplice e caldo che è solito abbellire il suo viso. I capelli dritti, tagliati regolarmente, incorniciano sopracciglia sottili e lineamenti delicati che lo fanno sembrare un ragazzino.

Da piccolo lo adorava e avrebbe voluto giocare insieme a lui per sempre. Quando Misaki aveva lasciato Hokkaido, Hikaru non si era arreso all'evidenza e aveva cercato con tutte le sue forze di raggiungerlo. Ci era quasi riuscito, arrivando a qualificarsi con la Furano al torneo nazionale delle elementari. A quel punto però Misaki faceva ormai parte della Coppia d'Oro. Lui e Tsubasa erano gli astri della manifestazione, amici inseparabili dentro e fuori dal campo. Hikaru non aveva potuto fare altro che ammirare lo splendore del loro gioco e tifare a squarciagola per la Nankatsu, per poi infine apprendere che Misaki si sarebbe trasferito ancora più lontano per seguire il padre in Francia. Il destino li aveva voluti di nuovo compagni in occasione del Torneo di Parigi, ma sembrava l'avesse fatto solo per sottolineare quanto la distanza tra loro fosse divenuta incolmabile.

Hikaru non ha mai potuto e non può reggere il confronto con Tsubasa. Lo ammette, è chiaro come il sole che ora colpisce i suoi occhi scuri. Però non se la sente di arrendersi. “Se siamo qui è grazie a Tsubasa, ma dobbiamo smetterla di pensare di non essere in grado di reggerci sulle nostre gambe,” afferma.

Non l'ho mai pensato,” gli risponde Misaki.

Invece sì lo stai pensando,” insiste Hikaru. “Ho l'impressione che lo stiano pensando tutti, qui,” prosegue lasciando scorrere lo sguardo sulle maglie numerate, come per chiedere loro sostegno.

 

Matsuyama sta stringendo i pugni con forza, le gambe ben piantate in terra. La luce del sole gli è contraria, ma il vento lo accarezza quasi a dargli man forte. Taro sa che quando fa così non gli si può sfuggire, né sul campo né fuori. Nessuno in squadra mette mai in discussione ciò che fa e che dice. Un carattere che Taro ammirerebbe, non fosse che nei suoi confronti ha sempre mancato (e manca tuttora) di obiettività.

Taro segue con le dita il filo del bucato fino a toccare la maglia numero undici. “Non parlare di Tsubasa. Io sono Taro Misaki e ho intenzione di giocare come tale,” afferma stringendo il tessuto asciutto e un po' ruvido.

Trascorrono alcuni secondi di silenzio intervallati da schiamazzi lontani, poi la mano di Matsuyama tocca la sua spalla irrigidita. “Scusami,” sussurra. Taro chiude gli occhi e fa un respiro. “E' stato difficile anche per me lasciarti, quella volta. Prima di allora non avevo mai avuto un compagno di gioco. Eri eccezionale.”

Matsuyama sussulta. Poi, ancora una volta, resta in silenzio per soppesare le parole. “Tu lo eri di più,” risponde infine accompagnando le parole con una pacca. Fa per andarsene, ma Taro lo ferma appoggiandogli una mano sulla guancia e costringendolo a fissare i suoi occhi. “Anche tu, quando mi hai davanti, finisci per pensare a Tsubasa.” Non c'è astio in lui, quando pronuncia quelle parole sente solo tristezza.

Matsuyama afferra il polso di Taro con forza, sta per dire qualcosa ma poi si ferma. E arrossisce, violentemente. “Ti prego, finiamola qui,” chiede. Ma la sua presa è forte, e fa male.

 

Hikaru si sente avvampare. Sta perdendo la capacità di ragionare, vorrebbe andarsene, ma Misaki lo ha catturato con parole che stringono come catene e non riesce a muoversi. “Perdonami se non riesco a capirti,” mormora “non ne sono stato capace da bambino e non lo sono nemmeno adesso.” Si accorge di stare stringendo il polso di Misaki, lo rilascia, distoglie lo sguardo dai calmi occhi castani di lui ma in soccorso trova soltanto un prato autunnale ormai stanco, incapace di accogliere i sentimenti incontrollabili che vorrebbe deporvi.

Ti sbagli.” La voce di Misaki gli fa alzare il capo, impedendogli di pensare ad una qualsiasi alternativa. Dita fresche gli scivolano tra i capelli, arrivando a solleticargli il collo. Il corpo di Hikaru reagisce, inequivocabilmente, e quando vede le labbra sottili e leggermente dischiuse di Misaki non può fare a meno di unirle alle sue. Solo quel bacio saldo gli impedisce di cadere in ginocchio davanti al ragazzo che non ha mai smesso di inseguire.

 

Taro fa fatica a capire che cosa gli stia succedendo. Gli occhi di Matsuyama lo hanno chiamato come nessuno ha mai fatto, in quel modo di esprimersi che a volte invidia. Taro sentiva il desiderio di spiccare il suo volo lontano da chiunque avesse influenzato il suo gioco, ma proprio ora si lascia riportare a terra da un lungo bacio in grado di trasformargli il corpo e l'anima. Uno dopo l'altro, i muscoli si sciolgono al calore e si tendono in maniera nuova. Uno dopo l'altro, i ricordi si confondono e ricompongono legami recisi.

Le mani di Taro scendono lungo la schiena e l'addome del compagno, ma quando stanno per arrivare più in basso il contatto si interrompe. Matsuyama spalanca gli occhi scuri e crolla sull'erba, Taro lo segue e riafferra le sue labbra. Non vuole perderlo per nessuna ragione al mondo.

 

Non c'è spazio per lo stupore, ormai a Hikaru non importa più nulla, neanche di spogliarsi all'aperto confidando nella sola discrezione di sottili ed instabili pareti bianche. Il suo corpo è completamente abbandonato a Misaki e al piacere di entrambi. Gli occhi cercano una spiegazione a ciò che sta accadendo, provano a fissare una nuvola, ma rinunciano richiamati indietro da un dolore che a sua volta si perde trasformandosi in qualcosa di inafferrabile.

Misaki.” Dalle labbra esce una voce che nemmeno riconosce. Lungo il viso scorrono lacrime vecchie e dense, distillate come essenza.

 

Il sole rosso si nasconde dietro ai monti. La stagione della lavanda è finita, ma i prati sono rimasti verdi e si può ancora giocare a calcio.

Matsuyama cerca di prendersi il pallone. Chiede: “Giocheremo di nuovo in squadra insieme?”

Taro lo supera con un tunnel. Risponde: “Certo, nella Nazionale!”

Matsuyama però gli porta via il pallone con una scivolata. Poi lo solleva, lo tiene in equilibrio sulla testa, allarga le braccia e ride. E' diventato davvero bravo e Taro ride con lui.

In lontananza si sentono delle voci. I genitori li stanno chiamando. Taro torna serio e guarda negli occhi il suo amico. Deve partire, è l'ultima sera che passa a Furano.

Matsuyama rinvia più lontano che può e urla: “Vinceremo insieme la Coppa del Mondo!”

Corrono insieme per raggiungere il pallone. Sono velocissimi anche se è buio e non si vede quasi più niente. Matsuyama ce l'ha quasi fatta ma Taro salta verso di lui, lo abbraccia e tutti e due ruzzolano sull'erba. Taro vorrebbe dire qualcosa ma non ha più fiato. Ora che ci pensa, non ha mai sentito il suo cuore battere così forte.

 

Il respiro non si è ancora calmato. Hikaru prova ad inspirare profondamente, poi cerca gli occhi del compagno che è steso accanto a lui. Li incontra subito, come se lo aspettassero da tempo.

Dobbiamo vincere la Coppa del Mondo, ricordi?” sussurra afferrando la mano che Misaki tiene appoggiata sul cuore.

Ti voglio bene, Matsuyama,” è la risposta che lo abbaglia mentre il vento porta via le ultime tracce del profumo di lavanda.

 

 

 

  
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