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Autore: looneylovegood    12/04/2012    1 recensioni
Una storia abbastanza comune per due ragazzi abbastanza comuni, no? “Che cavolo di fine hai fatto?! Mi manchi tanto...” fu il messaggio che mi arrivò dopo una settimana circa. Lo lessi e lo rilessi. Ebbi per un attimo la tentazione di gettarlo via, ma ragionai. Presi un respiro. “Ehy, scusa, avevo perso il telefono!” scrissi, e inviai. Non mi sentivo così in colpa di avergli mentito.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vorrei dirti mille cose.
La motivazione è la stessa.




Amore: Il sentimento più doloroso ed appagante che tu possa mai provare.

Per quanto vorrei poter negare, mi trovo a dover essere d'accordo con questa affermazione.

Credo che un “C'era una volta” sia abbastanza comune come inizio, ma non farò tanti giri di parole: c'ero io, e c'ero solo io in principio.
Maledetto sia il giorno in cui decisi di accompagnare Stephanie alla gelateria.

 

                                                                                                                                                                 
“E quindi, oggi tocca a te offrire!” ribadì lei l'ennesima volta.

“Potrebbe essere così...Ma io ti sto accompagnando! E secondo il regolamento di sorellanza istituito da me in questo medesimo momento, tocca a te!” risposi io, ridacchiando.
Lei sbuffò. “Okay, oh, eccolo! Ehy, Tim!” fece, sventolando una mano per farsi notare dal cugino.
Lui si accorse di noi, e ci venne in contro. Biondino, occhi color ghiaccio. Sarebbe sembrato una sorta di principe uscito da qualche favola, se avesse avuto una bellezza eccezionale. Invece era completamente normale, completamente ordinario.
Oh, ciao, io sono Timothi, ma chiamami Tim”. Mi tese la mano, io la strinsi.




Ma fin lì andava tutto liscio. Diventammo amici, ed era ancora tutto ok. Facevamo passeggiate, guardavamo film, giocavamo a palla, insomma, ci divertivamo insieme, com'è giusto che sia. Fato volle che lo scherzo finì ben presto, quando mi innamorai di lui.
Non vi annoierò con il raccontare di quanto fosse sorprendente e perfetto, perché cavolo, per me lo era. Ma vi dico che da un suo sorriso nasceva il mio, e che riempivo le mie giornate con le sue parole e il suo buonumore.


 

Eravamo a chiacchierare vicino la sponda del fiume, accarezzati dalla brezzolina di metà primavera. Io ero seduta, mentre lui era disteso, con le braccia dietro la testa.
“Questo posto mi ricorda quando da piccola giocavo con mio fratello a casa di mia nonna in campagna, questa brezza, quest'odore...tutto di qui” sospirai io.
Lui si mise a sedere. “Invece a me ricorda...”
“Cosa?”.
“Che devo andare in bagno”.



Ma nonostante ciò non riuscivo a considerarmi per lui più di un'amica. Era troppo per me. E devo confessare che gran parte delle mie insicurezze erano legate al mio aspetto fisico ed alla mia pressoché inesistente bellezza. Avevo qualche chiletto in più, e il mio volto era abbastanza anonimo. Il mio carattere invece era così semplice, niente di unico, mentre lui era sempre rilassato, era divertente, era anche stupido, ma nel senso buono del termine. E sicuramente non aiutavano i miei 15 anni senza aver mai avuto un fidanzato, mentre lui ne aveva 16, e schiere di ragazze che speravano anche solo nell'incontrarlo per strada.
Non mi truccavo e non mettevo tacchi, e ciò non faceva di me il tipo di ragazza che piace ai ragazzi, che piace al mondo, che piace a se stessa.
Anche se quella convinzione era per me certa quanto oppressiva, ed, a volerlo oppure no, dovevo convivere con questo pensiero, vero o vano che fosse.



“A, B, C, D, E...E!” urlò, mentre la linguetta della lattina si staccò dal supporto.
“Mmmh, sembrerebbe proprio che Elisabeth ti stia pensando!” lo canzonai io, essendo a conoscenza che una certa Elisabeth gli andasse dietro. Ma non intendevo la sua compagna di classe, che a lui disgustava parecchio.
“Oh, no, per l'amore del Cielo no!” fece lui, lanciando altrove la linguetta. “Preferirei Eric, a lei!”.



Ma era rovinoso come più passavano i giorni, più mi affezionavo a lui. E mi bastava vederlo per stare bene.
Ma nulla fu più desolante di vederlo partire per la gita scolastica. O almeno così credetti. Non ci restai così male per la partenza in se e per se, ma perché passarono quattro giorni prima che mi chiamasse. Ed io iniziai a complessarmi, ed a convincermi di non importare un bel niente per lui. Qualcuno giusto per ammazzare il tempo. Per fortuna chiamata e spiegazione arrivarono.



Squillò il telefono. Pensai subito fosse Leah, visto che la nostra uscita insieme era imminente, così risposi senza prestare la minima attenzione al numero.
“Pronto?”.
“Saluti dalla Francia! Oh, aspetta, come si dice...?” esclamò Tim dalla cornetta.
“Non urlare, non sono sorda!” ridacchiai io, sollevata che mi avesse chiamata, alla fine.
“Scusa se non ti ho chiamato prima...ma le tariffe sono salatissime, e solo ora ho avuto l'opportunità di ricaricare il credito sul mio telefono!” disse, questa volta il volume della voce era troppo basso, ma capii lo stesso.
“Stai tranquillo, pensa a divertirti, non a me! E mi raccomando, non mettere incinta nessuna!” lo presi in giro.
“Credo tu possa stare tranquilla, anche se ora devo scappare. Ti voglio bene” sussurrò, più serio.
“Anche io”.



Fu rassicurante la sua chiamata. Nonostante i suoi impegni, lì in Francia, mi aveva ritagliato uno spazietto. Ed io ne ero assolutamente contenta. Ma come ho detto prima, pensai solamente che quello fu lo scenario più “doloroso” che io dovessi sopportare.
 



“Sei bellissima questa sera” mormorò, guardandomi meravigliato.
Eravamo ad una festa, ed io non mi trovavo particolarmente carina neanche quella sera.
“Guardati intorno, sono l'unica senza trucco né niente, perché dovrei essere io la più bella? Loro sono meglio!”.
“Tu sei bellissima perché sei tu, e perché sei mia.” Mi accarezzò la guancia con la mano, sorridendomi dolcemente.




Certamente, in quel momento ero sul punto di sciogliermi, ma mi odiavo perché pensavo fosse vero. Ho odiato quella serata, perché mi dava una speranza in più, una speranza inutile. Quella sera mi mandò segnali contrastanti, mi confuse, mi illuse.

 



“Ci vediamo oggi?” domandò, raggiante.
“Vorrei, solo che devo fare una stupida relazione con Jake...” risposi, annoiata, e seccata per non poter uscire con Tim.
“Oh...e chi è questo Jake? Il tuo...ragazzo? Potevi dirmelo” disse, freddo.
“No! Solo un'idiota con cui sono costretta a fare la relazione” ridacchiai.
“Oh...va bene” continuò, riacquisendo il tono di prima.

 



Alle volte era anche geloso...e questo contribuì a farmi un' idea completamente sbagliata della situazione.
Ma io non lo sapevo, quindi ero serena, appagata, perché riuscii a recuperare la mia autostima dagli inferi, convincendomi di potercela fare.


 


“E quindi sono riuscita a prendere un buon voto anche senza studiare” mi disse Stephanie esultante.
“Wow! Credo di dovermi ricredere sul tuo conto!” scherzai, sorseggiando il mio frullato.
“Sai, ci raggiungerà anche Tim, ora” sussurrò, falsamente disinteressata, trattenendo una smorfia divertita. Lei sapeva tutto, era praticamente la mia migliore amica.
“D-Davvero?” feci io, non curandomi di nascondere l'eccitazione.
“Si! Oh, eccol...Non può essere...”. Si limitò a fissarlo da lontano, senza che io capissi a cosa si riferisse.
Mi girai, per salutarlo con la mano.
Ma non avrebbe potuto rispondermi.
La sua mano era impegnata.
Impegnata a stringere.
La.
Mano.
Di.
Una.
Ragazza.
“Credo...credo di dover finire i compiti...ci vediamo...” mormorai, scossa, e mi allontanai velocemente.
“Dove va?” chiese quella voce, che fino a quel momento non avrei mai pensato di odiare tanto.
Sapevo che Stephanie non gli avrebbe detto nulla, e così fu, si limitò a guardarlo truce.




Ecco, sì. Sapete quel rumorino, quel crash che sentite quando il mondo pare venirvi addosso? Beh, io lo sentì nell'istante preciso in cui mi girai. Ma non me ne accorsi subito. Ero scioccata, incredula. Era impossibile accadesse. Ma fu così.
Poi ci riflettei bene, e mi resi conto che fu ancora più doloroso perché ci credetti. Avevo pensato a qualcosa di vero, di tangibile, di speciale, per noi. Ma erano stupide fantasie. Allora perché aveva deciso di farmi così male? Diceva di volermi bene, non me lo dimostrò affatto. Non potevo fargliene una colpa, una colpa perché aveva scelto un'altra, ma aveva detto che io ero sua. Ed avevo sbagliato io, a fidarmi.
Nei giorni seguenti stetti male, non rispondevo alle sue chiamate, ne tanto meno ai suoi messaggi. Ma dopo capii che era inutile fargli vedere che stavo male. Anzi, dovevo fargli capire che non mi importava niente.

 


“Che cavolo di fine hai fatto?! Mi manchi tanto...” fu il messaggio che mi arrivò dopo una settimana circa. Lo lessi e lo rilessi. Ebbi per un attimo la tentazione di gettarlo via, ma ragionai. Presi un respiro. “Ehy, scusa, avevo perso il telefono!” scrissi, e inviai. Non mi sentivo così in colpa di avergli mentito.



Lui l'aveva fatto con me dopotutto.
Numerose furono le volte che mi invitò ad uscire, e ancor più numerose furono le volte in cui lo liquidai con scuse idiote. Ma lui ci credeva. Forse. E a me andava bene così. Forse.

No, affatto, non mi andava bene, non stavo affatto ok.
Era la prima volta che ero in una situazione del genere...e stavo così male...era orrendo.
Se lo incrociavo per strada, cambiavo subito direzione. Ma continuavo a osservarli, mano nella mano. Sperando che lui mi vedesse, lasciando lì quella ragazza, correndo da me.
E ricordare mi sembrava così terribile. Quanto stavamo bene insieme, prima che entrasse lei. Quando lui cantava e suonava per me. Quando mangiavamo insieme...Quanto lo amassi.
I giorni passavano, ed io cercavo di non pensarci. Dovevo non pensarci. Cercavo più distrazioni possibili. Una festa, ottima idea. Se magari fossi stata carina...bella...qualcuno si sarebbe potuto interessare a me.



Quei tacchi erano scomodissimi, anche quel vestito, che non facevo altro che aggiustarmi. Per pietà di tutti i presenti non ne misi uno attillato. Mi truccai, arricciai anche le punte dei capelli. Ma...Ma non ero io. Non mi sentivo io.
“Ehy...O cavoletti, sei bellissima!” esclamò stupito Jake.
“Ti ringrazio...credo” risposi, abbozzando un sorriso.



Jake mi aveva fatto un complimento. Forse avrei avuto qualche possibilità.
 


“Posso offrirti da bere?” mi chiese gentilmente.
Io annui. “Sì, grazie”. Lui si allontanò, ed io iniziai a guardarmi intorno.



Ero completamente a disagio.



“Ciao! Credo di dover dire 'da quanto tempo'!” fece una voce alle mie spalle.



Sfiga delle sfighe...


Trasalii. “Tim!”.



Tim.
 



“Credo tu mi debba dare delle spiegazioni” mormorò, non arrabbiato...deluso.
“Non ti devo nulla. Per cosa poi?” risposi, acida.
Mi prese la mano, e mi portò via dalla folla di gente. La festa era all'aperto, quindi non avemmo difficoltà nel trovare un luogo più appartato.
“Sei cambiata, cosa ti è preso? Sembrerebbe quasi che...” sospirò, senza continuare.

 



Avrei tanto voluto finisse la frase. Ma una parte di me si precipitò a rispondergli, senza neanche rendermene conto.
 



“Avevo bisogno di starti lontana...per non soffrire”. Lo dissi a voce talmente bassa che poteva essere scambiato per un respiro.
“Perché? Perché starmi lontana? Cosa ti faceva soffrire?” chiese, una nota di disperazione nella voce.
“Davvero...non ti sei mai reso conto di nulla?”. Rialzai il capo, che avevo abbassato poco prima.
Lui mosse lentamente la testa.
“Vorrei dirti mille cose”.
“Fallo!”.



Io ti amo.

   



“Vorrei dirti come ti odio, come odio quando stiamo insieme, quando ci divertiamo, quando sorridi, quando fai la smorfie, quando ti arrabbi, quando suoni, quando sei...sei tu! Odio te e tutto di te. Anche la tua stupida ragazza!” gettai fuori con rabbia.

   



Non è vero, io ti amo.

 


Lui parve davvero ferito. Strizzò gli occhi, abbassando il capo sul petto.
“La motivazione è la stessa”, continuai io.



Ti amo!
 


Silenzio, straziante silenzio. “...Quale?”.




TI AMO!

 


“Ti amo, Tim! Avresti dovuto capirlo!”. Lo guardai, gli occhi gonfi di lacrime. Ma non avrei pianto, non piangevo facilmente.

 


Erano occhi in preda alla pazzia. Affetti da una cecità che solo l'amore può concedere. Perché io lo amavo, da sempre. Non lo odiai neanche in un solo, misero, secondo.

 


“Invece io vorrei dirti come ti amo, come amo quando stiamo insieme, quando ci divertiamo, quando sorridi, quando fai le smorfie, quando ti arrabbi, quando canticchi, quando sei semplicemente tu. Amo te e tutto di te. Ma odio lo stupido ragazzo di cui sei innamorata” mormorò, sorridendo. Era così bello quando sorrideva.
“Dammi una sola, una sola ragione per la quale dovrei crederti”.
“Sono stato uno stupido. Anche tu mi piacevi sin dall'inizio...ma ho creduto a te piacesse quel Jake...e me l'ha anche detto Elisabeth. Quindi... ho pensato fosse meglio mettermi con Mandy... sapevo di piacerle da tanto...e quindi... Mi dispiace”.
“Credo sia un po' tardi per le scuse”.
Fuggii da lui. Si, più o meno. Lanciai le scarpe altrove. Tacchi odiosi. Mi passai una mano sul volto, sperando con tutto il cuore d'aver sbavato il trucco.

 



Scappai, quella sera, perché ero un misto di confusione, rabbia e sofferenza. Non me ne sarei mai andata, in nessun caso. Ma non sapevo se credergli. Quella sera stetti malissimo. E i giorni a seguire. Non toccavo cibo, non parlavo con nessuno...ero solamente da sola. Però Stephanie mi veniva a trovare. Mi disse che Tim stava davvero male, che aveva lasciato la sua ragazza, che sperava solo in un mio ritorno.
Mio? Impossibile. Nessuno si interessava mai a me. Nessuno poteva soffrire per colpa mia.
Nessuno.



“Chi è?”.
“Sono io, Tim...” risposi. L'insicurezza e la colpa nella mia voce erano palpabili.
Lui aprì la porta. Probabilmente provò a restare serio, ma abbozzò ugualmente un sorriso.
“Ti va di fare un giro?”.
Lui sorrise nuovamente, prendendo le chiavi e chiudendo la porta alle sue spalle.
“Mi dispiace...” sussurrai, io.
“Non me la sono mai presa con te”.
“Avrei voluto finisse in modo differente”.
“Perché dovrebbe finire? Questo è solo l'inizio. Aspetta prima di decidere quando terminare”. Mi sorrise.

 


Era così bello quando sorrideva.

 



Silenzio, di nuovo.
“M-Mi dispiace di aver fatto lo stupido” balbettò.
“Mi dispiace di essermi innamorata di uno stupido”. Gli sorrisi, ci guardammo negli occhi.
Ricambiò il mio sorriso. Poi mi circondò con le sue braccia, ed io mi sentivo...bene.
“Non intendevo ti stesse pensando quell'Elisabeth” spiegai, appoggiandomi alla sua spalla.
“Tu per me se solo Liz, la mia Liz”.




Oh, quasi dimenticavo, io sono Liz, e ora sono felice.
 








Salve! Ci tenevo a dire che questa storia non è ispirata ad una storia vera (purtroppo çç). Cioè, non del tutto.
Ma a voi che ve ne importa, vi starete chiedendo? Niente, ovviamente. x'D
So, ci tengo molto a questa storia, e voglio renderla perfetta, quindi sono ben accette le critiche. è.é
Inoltre un ringraziamento a chi mi è sempre affianco, a chi mi aiuta, semplicemente, grazie.  E grazie alla musica tenera che mi ha ispirato. 
E poi, grazie a voi che la state leggendo. Senza che vi chiediate se ho finito di rompere, si, si. :D
Zaaaaaaao! :3
  
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