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Autore: AdharaSlyth    14/04/2012    1 recensioni
Semidea.
Era stato come essere svegliati da un sogno, come se lo avessi sempre saputo.
Me lo disse mia “madre”, con una cattiveria che non avevo mai visto in nessuno, lo disse come se volesse sputarlo.
Mi mise in mano dei soldi e mi ordinò di andarmene.
Avevo 16 anni e lo feci. Senza voltarmi indietro.
Me ne ero andata già da un anno quando Grover mi trovò...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Notes:
Salve a tutti, questo note sono solo per dirvi che questa è la mia prima storia su Percy Jackson, e quindi per chiedervi scusa nel caso ci fossero scritte delle “eresie”.
Purtroppo ho moltissimestorie da continuare e pochissima ispirazione, vi chiedo quandi scusa in anticipo se questa storia procederà a ritmi l e n t i s s i m i.
 
Baci,Adhara.
 
 
 
 
 
 
 
~ Percy Jackson e la figlia della Discordia ~
Capitolo I
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Da piccola, avevo sviluppato la teoria che le enormi montagne che circondavano la valle dove si trovava la mia casa di vacanze, potessero essere le poltrone dei giganti. O degli Dei.
Amavo follemente quel mondo, le storie, i miti, gli eroi, tutto mi affascinava e, abitando in Italia, la Grecia era una realtà parecchio vicina. Troppo forse, ma non me ne ero mai resa conto fino a quando la verità non mi si impose con una forza distruttiva.
Semidea.
Era stato come essere svegliati da un sogno, come se lo avessi sempre saputo.
Me lo disse mia “madre”, con una cattiveria che non avevo mai visto in nessuno, lo disse come se volesse sputarlo.
 << Tuo padre non ha le palle per cacciarti bastardella, ma io sì. >> disse che ormai erano anni che mi cercavano, che lei non sopportava più quella situazione. Mi mise in mano dei soldi e mi ordinò di andarmene.
Avevo 16 anni e lo feci. Senza voltarmi indietro.
I primi tempi furono terribili, capii tardi cosa intendeva con “ti cercano” ma ero forte io, astuta, scappavo sempre. Me ne ero andata già da un anno quando Grover mi trovò.
Stavo seduta ai piedi del tempio di Era ad Agrigento, fissando il nulla di fronte a me. Mi si avvicinò zoppicando e mi sorrise.
<< Per fortuna ti sei fermata! Non ce la facevo più ad inseguirti per tutto il paese! >> io ghignai.
<< Portami via. >> affermai senza timori.
 
Non ricordo da che aeroporto partimmo, non ricordo nulla del viaggio, mi lasciavo guidare da Grover, fiduciosa come mai ero stata nella vita. Atterrammo a New York, in una sera tiepida di inizio Giugno, il sole che cominciava a calare mentre ci avviavamo in taxi verso Long Island.
<< Ci siamo. >> Grover mi guardava.
E io guardavo l’arco di pietra che si trovava di fronte a me. Campo Mezzosangue. “ E’ il mio posto.” mi dissi mentre prendevo un respiro profondo e sentivo di oltrepassare una barriera invisibile.
 
Era tutto come me lo sarei immaginato se avessi avuto tempo di pensarci, tutto come avrei voluto che fosse. Gente che correva, sfruttando gli ultimi raggi del sole morente, ragazzi e ragazze intenti in esercizi di lotta, satiri, ninfe, tutti indaffarati, armature splendenti, spade affilate. Tutto semplicemente fantastico.
<< Ehi Grover! Ne hai trovata una nuova? >> un ragazzo diede una pacca sulla spalla al satiro ma continuò a guardarmi. Aveva i capelli scuri, arruffati e gli occhi color del Mar Tirreno, l’armatura, spallacci e gambali compresi, erano color bronzo e teneva una penna nella tasca dei jeans.
<< E’ stato davvero impegnativo questa volta, non smetteva di fuggire! >> il ragazzo annuì con sguardo ammirato.
<< Complimenti. >> mi sorrise tendendomi la mano << Percy Jackson. >>
<< Megara Liberli. >> gli strinsi la mano.
<< Sei già stata da Chirone? >> io scossi la testa e lui mi prese di nuovo la mano << Vieni ti accompagno! >>
Mi lasciai trascinare di nuovo fino ad una ampia costruzione in marmo, che troneggiava al centro del campo.
<< Questa è la Casa Grande. >> mi spiegò il ragazzo << E’ qui che stanno Chirone, il signor D. e tutti gli istruttori e il guardiano. >>
Corremmo attraverso l’atrio e attraversammo una specie di mensa mentre quel moretto non faceva altro che parlarmi e spiegare cose a caso.
<< Oh dei del cielo! Peter Janson! Non dirmi che il satiro ne ha trovata un’altra! >> una voce interruppe la corsa di quello che ero convinta si chiamasse Percy.
<< Percy Jackson, signor D, insomma! Sono tre anni che frequento il campo! >> rispose spazientito << Cerco Chirone e si, ne ha trovata un’altra! >>
<< Abbassa i toni signorino! Ricordati con chi stai parlando! >> l’uomo che ci venne in contro indossava un’assurda tuta color vino, anche se sembrava che non avesse mai visto una palestra, ed era seguito da un satiro che gli passava in continuazione  acini d’uva sbucciati.
<< E tu saresti? >> chiese annoiato rivolgendosi a me.
<< Megara Liberli. >>nei suoi occhi si accese un barlume di interesse.
<< Italiana vero? >> annuii << Bene Megara. Mi piace l’Italia! Producono ottimo vino! >> si rivolse di nuovo a Percy << Che aspetti Perry! Deve vedere Chirone, credo che sia nella sua stanza. Muoviti, muoviti! >>
La mia guida sbuffò e ricominciò il suo cammino.
<< Che antipatico, perché il tuo nome se lo ricorda ed il mio no? >> borbottò tra se e se.
<< Chi era? >>
<< Il signor D. è il direttore del campo, Zeus lo ha mandato a “badare” a noi per punizione, guai con una ninfa credo… comunque D. sta per Dioniso, quello del vino hai presente? >>
<< Credo che sia per questo che gli piaccio, da dove vengo io ci sono i migliori vigneti del mondo. >>
 Percy annuì e aprì una porta, e, tenendola aperta, mi fece cenno di entrare.
La stanza era grande luminosa e vi risuonava una musica orrenda che non avrei saputo definire, ma la cosa più stupefacente era che, vicino alla libreria, stava un vero centauro. Ma non un centauro qualunque, quello era Chirone! Il capo dei centauri,il figlio di Crono, il mentore di tutti i più grandi eroi della mitologia! Da sballo!
 Si voltò verso di noi e ci sorrise.
<< Nuovo acquisto Percy? >>
<< Megara Caerdici,italiana. Grover l’ha avvistata almeno 7 mesi fà a Firenze e da la non ha mai smesso di seguirla. >> Riassunse brevemente il moro << Giochiamo sta sera professore? >>si azzardò a chiedere con un luccichio negli occhi.
<< Ormai è notte ragazzo mio,la partita la facciamo domani, anche perché sta per essere servitala cena e io devo parlare con la nostra nuova amica. >>
Percy annuì e uscì dalla stanza sorridendomi rassicurante. Non che ne avessi bisogno, non avevo paura.
Chirone mi invitò a sedermi su una delle poltroncine color muschio e si “inginocchiò” di fronte a me.
<< Bene, credo che Grover ti abbia detto perché sei qui. >>cominciò
<< E’ stata la mia matrigna a dirlo in realtà, molto schiettamente. >> lo corressi con il tono più cortese che riuscii ad usare.
<< Vuoi raccontarmi? >> avevo scelta? Non mi sembrava affatto una di quelle domande alle quali si può rispondere no.
Parlai della mia vecchia famiglia, del fatto che cambiavamo casa continuamente, finendo spesso in luoghi sperduti e isolati. Parlai di mia madre, di come mi avesse cacciata di casa, di come avrei voluto vendicarmi. Parlai del mio anno in solitario, delle fatiche, delle rinunce, degli spostamenti attraverso tutte le maggiori città italiane e degli attacchi che avevo subito in quei lunghi mesi. Parlai per quelle che mi sembrarono ore e quando tacqui, finito il racconto, Chirone mi guardò stupito.
<< Non sembri scossa, ne scandalizzata, quasi tutti i ragazzi si spaventano quando scoprono cosa sono, tu mi sei apparsa sollevata mentre lo raccontavi. >> osservò.
<< Ed è come mi sono sentita in quel momento. Non sconvolta, non disgustata, non spaventata, solo sollevata. È stato come se ogni pezzo fosse andato a posto, come se ogni cosa avesse preso senso e tutti i contorni si fossero definiti. Ero me stessa, ero solo Megara, ho capito all’ istante che anche quello faceva parte del mio essere, mi ha svelato una parte di me. Si sono spiegate tutte le stranezze, le differenze, le sensazioni strane. Tutto. >> sorrise, sembrava felice che io non fossi sconvolta.
<< Vieni. >> si alzò porgendomi una mano <<  E’ ora di cena. >> ci dirigemmo nella sala dove ero passata prima.
 
Tutti i ragazzi che avevo visto correre prima per il campo erano radunati in vari tavoli.
Due in particolare mi colpirono di più: il primo era composto da ragazzi e ragazze di età diverse,ma avevano tutti i capelli biondi e gli occhi grigi, tutta la superficie di legno sotto i piatti era cosparsa di carte e disegni, mappe e progetti. Tra di loro sembrava comandare una ragazza che doveva avere più o meno 17 anni, di certo non era la più grande, ma la rispettavano tutti comunque.
Nell’ altro invece i ragazzi e le ragazzi ridevano, alcuni si picchiavano, altri affilavano le spade, ma tutti indossavano l’armatura, pronti a dare battaglia.
<< Vai a sederti vicino a Percy per ora. >> mi disse il centauro << Poi troveremo una casa anche per te. >>
Vidi Percy seduto da solo in un tavolo a parte e mi avvicinai.
<< Con che criterio sono divisi? >> gli chiesi sedendomi.
<< In case. >> mi rispose  << In base al divino genitore. >> mi indicò il tavolo dei biondi << Quelli sono i figli e le figlie di Atena, capitanati da Annabeth Chase. >> vidi una ragazza voltarsi e sorridergli,  pensai che probabilmente era lei.
<< A fianco c’è la prole di Ares. Li guida Clarisse. >> continuò  << Poi Afrodite con Silena Beauregard, Apollo con Lee Fletcher, e a seguire tutti gli altri dei maggiori fino ad arrivare alla casa di Ermes, a capo ci sono i fratelli Stoll, Travis e Connor, ma il vero capo sarebbe Luke Castellan. >> dalla sua faccia capii che era meglio non indagare.
<< E la case di Era, Poseidone, Ade e Zeus? >> chiesi accorgendomi che non ne aveva parlato.
<< Regina Era non ha mai tradito il marito, dopo tutte le rogne che ha tirato agli antichi eroi vorrei vedere se avrebbe il coraggio di essere così ipocrita. L’unica figlia di Zeus di cui siamo a conoscenza è Talia, ma si è unita alle cacciatrici della divina Artemide. Nico Di Angelo, il figlio di Ade, non vuole stare al campo perché si sente fuori luogo e per Poseidone… bhè, ci sono io. >> sorrise e io feci lo stesso. In fondo era gentile.
<< Perché sono così tanti i figli di Ermes? >> chiesi notando il sovraffollamento.
<< Oh, non sono tutti figli suoi, ad Ermes finiscono anche i ragazzi che non vengono riconosciuti dal divino padre o dalla divina madre. >> stavo per dire qualcosa quando Chirone si alzò.
Chiese l’attenzione di tutti e mi presentò alla sala, fecero un breve applauso ma mi beccai un’ occhiataccia da quella Annabeth figlia di Atena quando mi vide seduta al tavolo di Percy. Le rimandai l’occhiata, non sopportavo le principessine gelose.
Chirone mi invitò ad avvicinarmi al fuoco che ardeva al centro della sala. Sapevo benissimo cosa sarebbe successo, avrei offerto bella pizza agli dei e forse uno di loro mi avrebbe riconosciuta come sua, altrimenti sarei finita nella casa di Ermes con gli altri “orfani”.
Feci come richiesto, nessuna paura, stampato in faccia avevo il mio solito strafottente sorriso, lo stesso che non smettevo mai.
Le fiamme crepitarono e del fumo violetto di addensò al centro della sala prendendo forma di un cerchio con all’ interno una mela.
Tutti trattennero il fiato ma il mio sorriso si fece più ampio. Sapevo benissimo cosa voleva dire…
 
Figlia di Eris.
 
 
 
 
 
 
   
 
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