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Autore: socchan    14/04/2012    4 recensioni
Salve a tutti, questà é la prima fic shonen ai e di Death Note che pubblico in assoluto. Spero che a qualcuno possa piacere.
"-Mi chiamo Near, mi sono appena trasferito e spero di trovarmi bene in questa classe.- disse, aprendo finalmente bocca. Avrei creduto che pure la sua voce fosse neutra, però aveva una certa nota di colore che la faceva apparire melodiosa."
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Questa è in assoluto la mia prima fic shonen ai e di Death Note che pubblico.
Sarà composta da due capitoli. Spero che qualcuno la legga dandomi, se ce ne fosse bisogno, dei consigli o delle critiche.
 
Vi lascio alla lettura.

 
 
Lo vidi arrivare e subito mi si aprì un sorriso di scherno sulle labbra.
Era magrissimo e pallido come un cencio. Ma oltre alla pelle bianca aveva addirittura i vestiti di quel colore neutro.
Poi la voce della professoressa mi fece sussultare.
-Mihael! Non fissare così il nuovo arrivato!- mi sgridò lei guardandomi male. Digrignai i denti. Due mie compagne ridevano della mia espressione. Poi le sentì prendermi in giro.
-Ti sei innamorato del nuovo arrivato, Mello?- cinguettò odiosa la ragazzina dai capelli biondi e legati in due codini ai lati della testa. Io le mostrai il dito medio. Frequentavo la terza media e avevo un ampio vocabolario in fatto d’insulti e gestacci. E li utilizzavo soprattutto per zittire le mie compagnie rompi coglioni. Ecco perché non avevo la ragazza: tutte dannatamente odiose e orribilmente identiche.
Risultato del mio atto?
Misa che corre dalla maestrina a fare la spia. A quattordici anni si atteggiava come una di sedici se non di più, però ne dimostrava meno di quattro …
Poi la voce della prof mi giunse nuovamente alle orecchie, sembrava un deja-vu.
-Mihael! Ora ne ho abbastanza! Dopo ti punisco come si deve; ma ora accogliamo un nuovo alunno.- cosi l’omino bianco si fece avanti. Aveva un’espressione impassibile in volto. “Gliela faccio cambiare io.” Pensai maligno.
-Ragazzi lui è Nate. Presentati alla classe forza!- disse la prof spingendolo con troppa energia e facendolo cadere davanti alla classe. Tutti scoppiarono in una sonora risata, me compreso. Avevo sempre creduto che umiliarci fosse un suo contorto piacere. Ma quando Nate si rialzò da terra il suo colorito e la sua espressione non erano mutati.
-Mi chiamo Near, mi sono appena trasferito e spero di trovarmi bene in questa classe.- disse, aprendo finalmente bocca. Avrei creduto che pure la sua voce fosse neutra, però aveva una certa nota di colore che la faceva apparire melodiosa. Poi sentì qualcosa colpirmi sulla testa, mi voltai ed incrociai gli occhioni verdi di Matt. Vidi sotto la mia sedia, un bigliettino di carta, lo afferrai e lo lessi tutto d’un fiato.
Sentito? “Spera di trovarsi bene
In questa classe.” Ci sarà da
divertirsi.
Mi voltai e gli sorrisi complice. Gli avremmo fatto patire le pene dell’inferno.
-Raccontaci qualcos’altro su di te. Non essere timido.- lo incoraggiò la docente sorridendogli amorevolmente. Lui non contraccambiò.
-Non sono timido, e non mi va di raccontare la mia vita a persone che nemmeno conosco e che sicuramente non hanno voglia di starmi a sentire.- fu il discorso più lungo che gli sentì dire. La professoressa, abbassò lo sguardo e gli mostrò il posto in cui sedersi.
Lo mise nella prima fila, accanto alla finestra. Sarebbe stato un facile obiettivo per Matt e me.
-Ora prendete il libro di storia a pagina 24 e leggete il capoverso 2. Quando avete finito rispondete alle domande nella pagina seguente, anche a coppie.- disse la signorina sedendosi sulla sua comoda sedia di pelle e accendendo tranquillamente il portatile.
Io afferrai svogliatamente il libro ormai distrutto, e cominciai a leggere pensando ad altro. Soprattutto al nuovo arrivato.
Doveva capire immediatamente chi comandava nella nostra scuola. Non c’è l’avevo con lui per un motivo particolare, me la prendevo con tutti i nuovi arrivati e chi aveva problemi con il sottoscritto. Ma Near … c’era qualcosa in lui che m’infastidiva più degli altri.
Lo fissai innervosito, poi sbuffai sonoramente. “Sembro una ragazzina innamorata …” pensai. Poi vidi due mie compagne sedute accanto a Near.
-Stai rimorchiando bene, albino.- commentai acido.
Poi notai che Amane e Takada si voltarono contemporaneamente verso di me.
-Invidioso.- le ignorai. Poi anche Nate si girò verso di me, e i suoi occhi mi colpirono. Non fui capace di reagire, ero incatenato in quei due pozzi oscuri. Poi finalmente distolsi il mio sguardo imbarazzato.
Senti ancora per un po’ il suo puntato deciso su di me, ma poco dopo si girò nuovamente per finire i compiti assegnataci.
Appoggiai la testa sulla mano, e i capelli biondi mi solleticarono il braccio. Pensai in quel momento che avrei potuto tagliarli. “Ma neanche per scherzo.” Ridacchiai tra me e me.
Le due ore di storia passarono velocemente, e come si poteva immaginare la professoressa, non ci interrogò ma appena udiva un brusio appena percettibile, ci confiscava altri esercizi da fare. Troppo occupata dal suo computer, per poterci tenere d’occhio o condurre una vera lezione.
Avevo esaurito tutte le pagine bianche del mio quaderno degli appunti. I rimasugli coperti di saliva si trovavano appiccicati alla sedia di Near. Purtroppo, non era la mia giornata fortunata, solitamente avevo una mira impeccabile. Mi dondolai con la sedia, e le braccia dietro alla nuca attendendo il suono del campanello che squillò un attimo dopo.
Aspettai che tutti i ragazzi fossero usciti dall’aula, e prima che potessi fare altrettanto la docente mi chiamò.
-Mihael, la tua punizione.- mi ricordò lei. Io alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai alla cattedra. –Nate, aspetta fuori dall’aula per favore.- disse all’omino bianco. Lui salutò appena e sparì. Poi puntai i miei occhi azzurri in quelli severi della prof.
-Che compiti mi assegnerà questa volta?- chiesi spaccone, aprendo la cartella e tirando fuori l’agenda.
-Nulla di particolare.- disse, riponendo il diario nel mio zaino, -Ti chiedo solo di aiutare Nate se avrà bisogno per gli orari scolastici, i compiti e altre questioni scolastiche.- ordinò lei. Sgranai gli occhi. Era tutta la mattina che pensavo a come distruggere psicologicamente quel moccioso ed ora mi si presentava un’occasione d’oro che non avrei di certo sprecato.
-Lo farò con piacere.- risposi sorridendo. Lei mi fissò di sbieco ma poi mi lasciò andare in pausa.
Quando fui fuori dalla classe, notai che la testolina bianca non c’era più. Girai la testa in cerca della sua figura bianca ma non la vidi. Me ne infischiai. “Chissene importa di quel moccioso.” Pensai, camminando per i corridoi. In quel momento avevo solo una cosa in mente: cibo.
Raggiunsi la mensa scolastica ed afferrai al volo qualche Onigiri e una bibita in lattina. Poi notai il lontananza la chioma rossa del mio migliore amico seduto ad un tavolo. Mi avvicinai a lui.
-Dove cazzo eri finito?- domandò educato, non appena appoggiai il sedere sulla panchina.
-La Racchia mia ha tenuto un attimo in classe …- non mi fece finire.
-Non credevo fosse il tuo tipo …- commentò con sguardo malizioso. Io scossi la testa, annoiato.
-Coglione.- risposi fissandolo male. –Sai qual’é la mia punizione? Fare da balia al nuovo arrivato.- sputai tra i denti. Lui sghignazzò di gusto.
-Te la sei cercata, sei una pianta grane Mello, fattelo dire.- continuo a ridere sguaiatamente. Gli mollai un pugno sul braccio.
-Sai essere serio qualche volta?- mormorai.
-Devo essere sincero? No.- sbuffai. –Eddai, sai come sono fatto.- mi diede una pacca amichevole sulla spalla.
-Ma so come potrei farti cambiare, magari gonfiandoti di botte.- dissi mostrando il pugno.
-E smettila, sfogati su Nete, o come cazzo si chiama.- disse lui, soffiandosi via dagli occhi una ciocca di capelli.
Scoppiai a ridere.
-Come siamo volgari.- commentai, sorridendo. –Da chi hai imparato?- domandai fissandolo.
-Dal migliore.- rispose lui. –Dimmi, hai già qualcosa in mente?- cambiò argomento lui, bevendo del latte.
-Veramente no, ma credo che ne succederanno delle belle.- risposi sogghignando. Lui mi fissò di sottecchi, in un modo abbastanza strano.
-Come mai tutto questo interesse per il nuovo arrivato?- chiese. Quella domanda m’innervosì notevolmente, senza motivo.
-Perché è da un po’ che non infastidisco qualcuno.- risposi, socchiudendo gli occhi.
-Ma settimana scorsa hai fatto scappare via in lacrime Halle Lidner, la ragazza del quarto anno.- disse Matt, mettendo in bocca una sigaretta. Mi alzai in piedi e mi diressi verso il cortile, con il rosso alle calcagna. Uscimmo e lui accese immediatamente la sigaretta. Era vietato, ma le regole erano fatte per infrangerle. O almeno, era quello che pensavamo noi.
-Quella Lindsay mi dava sui nervi. La sua faccia soprattutto.- commentai, appoggiato alla ringhiera.
-Se devo dire la mia, ci sono ragazze molto più antipatiche. Per esempio Misa Misa.- disse, facendo un tiro dalla sua sigaretta.
-Hai ragione, ma anche se è antipatica, apre le gambe senza fare una piega.- ridemmo a gran voce.
Poco dopo che terminò di fumare la sua sigaretta, suonò il campanello d’inizio lezioni.
-Forza, è ora di riniziare.- disse Matt, gettando il mozzicone a terra e percorrendo a ritroso il cammino per andare nella nostra aula di matematica, nel terzo piano. La raggiungemmo e occupammo posto in fondo, accanto alla finestra.
-Buongiorno ragazzi.- disse il nostro professore di matematica entrando in classe. –Ho sentito che c’è un nuovo allievo.- fece acciuffando il registro e controllando i nomi.
-Nate River …?- chiamò a gran voce il prof, senza ottener risultato. Io mi guardai attorno, per controllare se veramente non ci fosse stato l’omino bianco. Infatti non lo trovai.
-Psst … Mello, dov’è il tuo amichetto?- sussurrò Misa, sghignazzando antipatica. La ignorai, poi mi alzai in piedi attirando l’attenzione del professore.
-Scusi, sono io che devo aiutare Near. Vado a cercarlo? Magari non sa dove si trova l’aula.- conclusi uscendo, senza attender risposta.
Vagai per i corridoi del terzo, e secondo piano, prendendomela comoda. Poi passai alla mensa ma nemmeno lì lo trovai.
Poi decisi di controllare anche negli spogliatoi, nel caso in cui si fosse perso.
Raggiunsi la palestra in tutta tranquillità, non avevo nessuna fretta, però c’era un’impercettibile tensione nell’aria.
Dopo aver controllato l’area per la ginnastica, raggiunsi la porta che mi separava dagli spogliatoi, e li udii uno strano rumore.
Spalancai la porta e trovai tre ragazzi che se la stavano prendendo con qualcosa, o qualcuno.
Mi avvicinai senza far rumore, e vidi che si trovava una persona a terra che era brutalmente presa a calci.
-Ragazzi, vi state divertendo senza di me?- domandai sarcastico, poggiando una mano sulla spalla di quello più robusto.
Loro si fermarono improvvisamente, quasi spaventati ma i loro volti tornarono presto normali.
-Che spavento Mello. Scusa, ma ho un’ora buca e non mi sembrava il caso di infastidirti.- disse un ragazzo del primo anno, ma già bullo provetto.
Voltai lo sguardo verso gli altri due.
-E voi, come mai in giro?- chiesi fissandoli.
-Niente di che, ci stavamo annoiando. Cosi abbiamo agganciato una possibile vittima e abbiamo trovato lui.- fece il terzo mostrandomi la loro preda. Sgranai gli occhi.
Ai miei piedi si trovava la persona dei miei ultimi pensieri di quella mattina, Nate. Presi a gridare.
-Ma siete matti?!- strillai, mettendomi le mani nei capelli. Lo vidi immobile, in posizione fetale. -Lui è il nuovo allievo della mia classe!- dissi spingendoli, e sentendomi assolutamente stupido per quella scenata. Non credevo che avrei mai potuto provare una cosi strana sensazione per una persona a me antipatica.
Loro mi fissarono scioccati.
-Ma sei impazzito, Mello?- chiese il primo che avevo interpellato.
Voltai la testa verso Near, ma mi sentì subito sollevato perché incrociai il suo sguardo. Ma non era come la mattina precedente, che mi fissava impassibile con i suoi enormi occhi neri, c’era una strana luce che si notava appena.
-Ora andatevene subito, prima che vi faccia del male.- li minacciai.
-Che cazzo ti prende Mihael?- dissero in coro i tre, rimanendo immobili e incapaci di capire quella situazione. Ma sinceramente, nemmeno io riuscivo a comprenderla.
-Non ho nulla, solo che voglio che sparite, ora.- ordinai cacciandoli.
-Sangue freddo, amico.- disse il primino, sparendo assieme agli altri dalla mia vista.
-Tutto ok?- domandai con voce bassa, all’albino, appoggiandomi a braccia incrociate al muro.
-Si.- rispose serio, alzandosi da terra e spolverandosi i vestiti bianchi ormai neri. Ci fissammo negli occhi, i suoi cosi profondi mi colpirono.
-Forza, ora abbiamo matematica. Seguimi.- gli dissi, camminando velocemente e uscendo appena dallo spogliatoio. Ma non senti i suoi passi seguirmi, cosi mi fermai sulla soglia.
-Allora, muovi il culo o ti devo portare a peso?- domandai ironico, fissandolo di sbieco. Non mi rispose, ma notai che zoppicava. Lo feci fermare.
-Cosa ti fa male?- domandai, facendolo appoggiare al muro. Non rispose, preso da una strana collera, gli afferrai il viso tra le mani, stringendogli le guance. –Allora?- sibilai, attendendo una risposta.
-La caviglia.- rispose, senza aggiungere nient’altro. Alzai gli occhi al cielo, poi mi abbassai sulle ginocchia. Mi voltai verso di lui, e vidi una smorfia confusa sul suo volto.
-Devo mandarti un invito scritto? Sali sulle mie spalle che ti accompagno in infermeria.- gli ordinai, annoiato. Per pochi istanti non percepii nessun movimento, ma poi sentì che si stava appoggiando su di me.
-Posso andare?- domandai, alzandomi in piedi, quel ragazzo non pensava nulla. Era come trasportare una piuma.
-Si.- rispose, atono. Cominciai a camminare abbastanza velocemente, appena quel tanto bastava per raggiungere l’infermeria in poco tempo.
Quella situazione era assai strana. Era sin da quella mattina che volevo infastidire quell’omino bianco, ma perché l’avevo aiutato invece di partecipare alla rissa? Domande, a cui non sapevo rispondere.
Arrivai in infermeria con la testa fra le nuvole. Vidi un’infermiera e chiesi, dove potevo lasciarlo.
-Su quel lettino.- mi disse, aiutandomi a trasportarlo, io annui e lo feci.
-Cos’è successo?- domandò lei visitandolo. Poi quando gli tastò la caviglia, Near ebbe uno spasmo di dolore. Pensai a cosa rispondere.
-Lo stavo cercando, perché è un allievo nuovo ma quando sono arrivato in palestra ho visto che lo picchiavano cosi sono intervenuto.- spiegai, seduto accanto a loro. Quella situazione sarebbe andata a mio vantaggio.
La ragazza smise per un attimo di applicare una speciale pomata anti infiammatoria, e mi squadrò con occhio stupito.
-Davvero Mello? Mi sorprendi. Di solito sei il primo che crei casini.- disse lei, riprendendo il massaggio. Io sorrisi più sinceramente che riuscì.
-Se volete scusarmi, dovrei tornare in aula e avvertire il professore dell’accaduto.- annunciai alzandomi in piedi. Ma con mia grande sorpresa ,una manina fredda come il ghiaccio mi cinse il polso facendomi partire un brivido che percorse l’intera spina dorsale.
Voltai lo sguardo verso l’infortunato.
-Grazie, Mello.- disse lui, stringendomi lievemente. Io cercai di eliminare quel contatto e di conseguenza quella sensazione inaspettata.
-Si, si, prego.- risposi, leggermente imbarazzato.
-Torni dopo le lezioni?- domandò di nuovo lui. Io lo fissai di sbieco.
-C-come?- domandai, stranito da quella richiesta. Lui sorrise appena.
-Per aiutarmi a raggiungere la palestra.- puntualizzò. –Sai, mi hanno appena fatto del male- disse. Faceva del sarcasmo il ragazzino? Io annui, per poi uscire da li, ma mi bloccai dietro la porta chiusa, attirato da qualcosa.
-Sembrate molto legati.- disse l’infermiera a Nate. Io rimasi col fiato sospeso.
-Non lo siamo, ma mi ha aiutato e questo mi basta a capire, che potrebbe essere diverso dagli altri.- rispose l’albino.Ci rimasi di stucco. Non mi sarei mai aspettato un’affermazione cosi, per giunta sul mio conto.
Con le idee piuttosto confuse tornai in aula.
 

 
Grazie a tutti °W°
 
 
 
  
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