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Autore: Unforgiven_Ice_Girl    14/04/2012    1 recensioni
La storia di Annis, una ragazza che cerca di essere razionale, ma a volte viene sommersa dai suoi tanti, troppi pensieri e dalle sue paure. Una persona che, come tante, prova ad essere forte e a proteggersi con la sua corazza, mentre dentro soffre in silenzio.
[Se vi piace questa storia, dovete ringraziare soprattutto un mio caro amico, Unforgiven_Ice_Boy, per due motivi: per prima cosa perché ha deciso di aiutarmi nella scrittura di questa storia... e per seconda cosa perché è stato lui a consigliarmi di continuare questa storia che avevo lasciato da parte per tanto tempo.]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Quella sera Annis era particolarmente bella. Lo aveva notato anche lei guardandosi allo specchio.
Capelli lunghi, castani e pieni di boccoli.
Trucco che si vedeva appena, ma abbastanza accentuato per nascondere i brufoli.
Top nero con i brillantini, senza spalline e abbastanza attillato.
Pantaloni bianchi e lunghi, che andavano a finire dentro gli stivaletti neri.
 
Annis si guardò un’ultima volta allo specchio, poi mise il cappotto e partì.
Non le piaceva guardarsi allo specchio. Ogni volta trovava un nuovo difetto in lei.
Nessuno l’aveva mai considerata “figa” e lei per prima non si sentiva tale.
Però era davvero una bella ragazza, almeno quando si prendeva cura di se stessa.
 
Entrò nel locale in modo molto modesto, non voleva che la guardassero troppo… di sicuro gli altri avrebbero trovato ancora più difetti di quelli che aveva già notato lei stessa.
Però in molti si voltarono a guardarla… se ne voleva già andare…
Chissà se il taxi era rimasto lì fuori, ad aspettarla, come se sapesse già che dopo massimo 2 minuti la ragazza avrebbe voluto sparire.
 
Il taxi non c’era… così come non c’era nessuno dalla sua parte. Lei sentiva tutti gli sguardi su di lei. Alcuni volevano conoscerla forse, altri la guardavano con la coda nell’occhio pensando a tutti i suoi difetti, altri ancora volevano toccarla.
Non sapeva di cosa aveva paura, ma aveva paura. Forse di essere giudicata, oppure semplicemente di stare lì, in quell’ambiente così nuovo ai suoi occhi.
 
Corse in bagno e si osservò allo specchio. Ed ecco che le tornavano in mente tutti i suoi difetti… le spalle troppo larghe, la postura non proprio perfetta, il fisico così tremendamente flaccido.
Ma sono queste le cose che contano davvero nella vita? Sì, per lei sì, e anche per gli altri.
Questi ed altri erano i difetti che lei vedeva in se stessa.
“Se solo fossi più carina…” quella frase la conosceva, i suoi occhi la ripetevano ogni giorno al suo riflesso nello specchio.
La realtà l’aveva affrontata abbastanza, e quel suo atteggiamento da dura la stava stancando. Lei non era così. Ed era tanto stanca di fingere. Ma se avesse recitato nella parte di quella a cui non importa niente delle opinioni degli altri, quella che si vede e si sente bella, quella che era forte, che rispondeva a tutti quelli che le dicevano qualcosa di poco carino, quella che non piangeva mai, quella che non aveva paura di niente, se non di non piacere… Sì, poteva farlo, avrebbe potuto recitare quel ruolo… però non era lei.
Continuava a guardarsi allo specchio e i difetti non smettevano di girovagare nella sua testa.
Non era ciò che fingeva di essere, era ciò che era e basta.
Non era una dura, che non piangeva mai. Era una persona vulnerabile e debole, che segretamente piangeva molto spesso.
Non era una ragazza femminile e raffinata, come era solita vestirsi. Era una ragazza che in realtà si alzava la mattina e si metteva la prima cosa le capitasse davanti, una persona semplice che amava vestirsi come un ragazzo.
Non era una a cui piaceva truccarsi. A casa si sbrigava a togliere tutto quel make-up dal suo viso per poi rimanere con il viso triste e pallido.
Non era una persona estroversa, come provava a fingere di essere. In realtà era timida e forse non aveva nemmeno il coraggio di fare tutte quelle cose che credeva di poter fare.
 
“Voglio morire…” quella frase le sembrava familiare… la diceva spesso. E appena dopo averla detta iniziava a chiedersi perché avesse pensato una cosa del genere. In realtà non voleva morire, però era stanca di vivere quella vita. Non voleva morire lei, voleva che morisse quella parte di lei che era così debole… quella parte che spesso era triste, quella parte che le causava problemi.
 
Entrarono un po’ di ragazze nel bagno, le solite oche. Ridevano tra di loro, ma si ricomposero vedendo che non erano le sole lì. Annis uscì, non sopportava quegli sguardi. Pensò che avrebbe fatto meglio ad andarsene, altrimenti avrebbero trovato più difetti da giudicare in lei. Uscì velocemente e si guardò intorno. Si divertivano tutti, tutti tranne lei. Cominciò a camminare verso il bancone, attenta a non inciampare con quei tacchi alti che aveva messo, e si appoggiò sul tavolo mentre chiedeva al cameriere: “Cuba libre!”
“Da quando anche le brave ragazze bevono alcol?” chiese una voce che proveniva da dietro. Si voltò. “David!” e finalmente le labbra di Annis accennarono un sorriso. David era il suo migliore amico, un ragazzo alto e castano, stava davvero bene con lui ed era contenta di vederlo.
“Posso offrirti qualcosa?” chiese Annis abbracciandolo.
David sorrise. “Prima ordini alcol, poi vuoi offrire qualcosa ad un ragazzo… certo che i ruoli si sono scambiati in questo secolo, eh? Ma dimmi… che fai qui tutta sola? E poi… che fine hai fatto questo periodo? Non ci siamo più sentiti!”
Annis arrossì un po’ e abbassò lo sguardo. “Lo so, Dave, sono pessima! Ho avuto un po’ da fare… sto cercando lavoro e non trovo niente, la situazione è un po’ critica. Mi volevo iscrivere a qualche corso ma erano quasi tutti a pagamento, e che pagamento! A dire il vero ce n’era uno gratuito… ma non mi hanno presa perché al test d’ingresso ho sbagliato tutte le domande sulla matematica!”
David scoppiò a ridere e non riusciva a smettere, e questo fece innervosire Annis… lei era stata molto male in quel periodo e non aveva nessuno che la consolasse, neanche David che non si era più fatto sentire perché la sua nuova ragazza era gelosa di Annis. E ora lui stava lì davanti a lei a sbellicarsi e a riderle in faccia. Poi si ricompose, anche perché notò lo sguardo della ragazza. “Dai scusa, è che… come possono pretendere che tu azzecchi le domande di matematica? Sono scemi questi!”.
Mentre David stava ancora ridacchiando gli si avvicinò una ragazza. Era bionda, capelli lunghi, lisci con dei boccoli alle punte, e perfettamente ordinati. Magra, un fisico da modella. Un top fucsia con i brillantini le scopriva a malapena il seno, aveva un piercing con un diamante all’ombelico e una minigonna nera attillata, talmente tanto che quando si girava si notava anche il perizoma. Era una di quelle ragazze che Annis aveva incrociato poco prima in bagno, una di quelle oche. Si avvicinò a David dall’alto dei suoi tacchi rumorosi e diede un bacio molto appassionato a David, dopodiché si voltò verso Annis con aria schifata. “Hei piccoletta, ci stavi provando con il mio ragazzo? Guarda che per te si mette male, eh!”
Annis non rispose, la guardò soltanto con il suo solito sguardo nervoso che David aveva già notato. “Amore, non devi essere gelosa… lei è Annis, la mia…” esitò un pochino e guardò Annis come se volesse chiederle scusa. “La mia ex compagna di scuola.” Annis sentiva il suo stomaco che bruciava, il suo cuore che si stava spezzando… “Ma quale ex compagna? Io sono la tua migliore amica, Dave! E lo sono ancora!!!”… l’avrebbe voluto gridare a lui, gridare a quella poco di buono della sua ragazza, gridare a tutto il locale. Ma si limitò a stare zitta, come sempre.
“Ah sì… quella!” rispose schifata la ragazza di David. “Amore, andiamocene… in questo locale c’è troppa gente grezza.” Poi si avvicinò all’orecchio di David e le sussurrò qualcosa. Sfortunatamente Annis sapeva leggere bene il labiale: “Andiamo in macchina, avrei un regalino da darti…” e gli toccò il sedere.
“Annis, noi andiamo. A presto.” Disse laconico David.
“Sìsì, andate… devo andare anch’io. Ciao.” Sussurrò con un filo di voce. Aspettò che se ne fossero andati, e poi se ne andò anche lei, con il primo taxi.
  
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