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Autore: anya898989    10/11/2006    8 recensioni
Piccola storiella che mi è venuta in testa mentre facevo un tema di italiano a scuola, narrata in prima persona. In breve: le vicende di una ragazza di 26 anni che vive insieme ad altre due amiche, sempre alla ricerca di una quarta coinquilina! Una ricerca che porterà a risvolti inaspettati.

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Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sento suonare la sveglia: una brusca fine nei miei sogni

Sento suonare la sveglia: una brutta fine ai miei sogni.

Segna le 7.30.

Unico pensiero: non voglio alzarmi. Voglio restare sotto le coperte ancora un po’.

Anche se so che sarà impossibile, perché…

- Giulia! Sono le sette e mezza… Alzati! È tardi…e poi oggi devi accompagnare Valeria al lavoro, ricordi?-

Ecco il perché. La mia coinquilina, nonché vecchia compagna di liceo, entra nella mia camera con l’irruenza di un uragano non per darmi il buongiorno, bensì per mettere fine, dopo la sveglia, ai miei sogni!

-Si…mi sto alzando.- mugugno ancora in preda ad un sonno profondo.

Maledetto il giorno in cui sono rimasta qui!...ripensandoci, però so di avere detto una cretinata: è stato fantastico quando abbiamo deciso all'unanimità di continuare a stare qui a Livorno tutte insieme. Dopo aver finito l’università non mi sentivo di tornare al paese; volevo trovare il coraggio di farmi una vita mia, di trovare lavoro senza l’aiuto dei miei, ma nel frattempo di continuare la vita universitaria, dividendo una casa in tre.

All’inizio però, quando mi sono trasferita qui per l’università, eravamo in cinque: tutte compagne al liceo che avevamo avuto la fortuna di trovare una casa con 3 camere (di due letti ciascuno!) in periferia. L’unica cosa scomoda era un po’ di traffico prima di arrivare al centro, ma per il resto la casa era fantastica e l’affitto non troppo altro, visto che lo dovevamo dividere in cinque!

In ogni modo stavo dicendo…eravamo in cinque in casa: Debora però ha preferito spostarsi dopo qualche anno a Roma per frequentare l’università di cinema, o qualcosa del genere; Giada, invece, si trasferì, dopo il primo anno si spostò a Pisa ed andò ad abitare con una sua cugina.

Siamo rimaste in tre: io, Giusy e Vale.

Io, fortunatamente, dopo essermi laureata all’università di Lettere Moderne, ho trovato un lavoro part-time in un giornale locale. Così come Giusy e Vale avevano trovato occupazione sempre qui a Livorno. Così decidemmo di rimanere per qualche altro anno nella stessa casa, con la sola differenza che ora l’affitto lo dovevamo pagare noi al posto dei genitori, e per giunta dovevamo mettere la somma delle assenti. Infatti andavano sempre alla ricerca di un/a coinquilina, ma ancora non avevamo trovato nessuno!

Giusy mi tira giù dal letto, togliendomi di dosso il dolce tepore delle coperte. Mi fa mettere le ciabatte e mi trascina in cucina, dicendomi che la colazione è pronta.

Giusy ha sempre avuto questi istinti materni, sin da quando eravamo piccole e andavamo al liceo. Mi ricordo che quando si organizzavano le mangiate di classe, lei era l’unica che si proponeva per cucinare tutto, anche perché il resto delle ragazze credo che neanche sapesse farlo! Era sempre la prima che, in queste occasioni, si preoccupava di riorganizzare e di ripulire le case in cui si facevano le mangiate di classe. Ora a distanza di quasi 10, anche se abbiamo 26 anni, si preoccupa come una mamma di me e Vale: cucina per noi, sia a pranzo sia a cena, ci sveglia puntuale la mattina, sparecchia, riordina la casa, ecc…

Io e Vale, un po’ ne approfittiamo di questa situazione, soprattutto io: quando il turno di lavare i piatti tocca a me, basta una battutina di ciglia (tanto per fare gli occhi languidi) e supplicarla un po’, che lei indossa il grembiule e nel giro di due minuti la cucina risplende.

Finisco di far colazione, e corro nella mia stanza a vestirmi. Dopo 15 minuti sono già pronta, ma devo aspettare come al solito Valeria. Esco da casa avvertendola che sono ad aspettarla in macchina. Dopo una decina di minuti si degna di uscire da quella stramaledetta porta. Un giorno o l’altro farà arrivare in ritardo pure me, che devo essere in ufficio alle nove in punto, mentre lei dovrebbe essere già a lavoro fin dalle otto e mezza. Dopo una corsa contro il tempo riesco a lasciarla alle 8.35 davanti al negozio dove fa la commessa.

Arrivo in ufficio alle 9 meno un quarto. Sistemo un po’ di carte e aggiorno i risultati delle partite di pallavolo. Ah si…dimenticavo: mi occupo del settore sportivo, in particolare della pallavolo.

Alle nove spaccate entra il caporedattore, che con furia animale mi spiega di cosa mi devo occupare durante la settimana.

-Dovrai seguire la nazionale femminile del paese in trasferta ad Empoli, ok? Per le foto, puoi chiedere aiuto a Mauro: vedo che lavorate bene insieme!-

Cerco di sorridere e apparire sinceramente entusiasta. Mauro? Mauro ed io lavoriamo bene insieme? Ma se l’ultima volta che siamo andati a scattare qualche foto durante una partita non faceva altro che sbavare dietro tutte le giocatrici possibili! Che sfiga!

Buttò con forza nel cestino una cartaccia che gironzolava libera sulla mia scrivania. “Devo darmi una mossa e cercare quell’incapace” penso.

Esco dallo studio e dove lo trovo? Naturalmente davanti alla macchinetta del caffé che fa il cascamorto con una delle segretarie più giovani. D’altronde lui è il ragazzo più giovane: ha solo venticinque anni e tanta inesperienza nel lavoro: se non fosse per la bravura e la passione che ci mette quando ritrae persone e cose attraverso la macchina fotografica, già il capo lo avrebbe sbattuto fuori da un bel pezzo.

Mi concentro; cerco di essere più serena possibile; cerco di attirare su di me tutte le energie positive possibili…questa qua mi sembra una cazzata ma quando ho poca pazienza è l’unica cosa che mi trattiene dal mostrare la mia furia a tutte le persone che si presentano sul mio cammino.

Prendo fiato e dico tutto d’un soffio: “Ciao! Bella giornata vero? Comunque Mauro, ho bisogno di te; appena sei libero, io sono nel mio ufficio!”

Dopo cinque minuti irrompe nel mio ufficio con l’allegria di un bambinone, dicendomi che non devo essere gelosa delle mie colleghe più giovani.

La mia disperazione è tale che lascio correre tutto, compreso il fatto che non sono mie colleghe visto che io “dovrei” fare la giornalista! Qualche giorno lo ucciderò, ma per ora ho bisogno di lui e soprattutto della sua macchina perché io non ce la faccio a guidare fino ad Empoli.

Gli spiego la situazione e lui, come al suo solito, si dimostra molto contento ed entusiasta di seguire la squadra femminile!

A casa

-Ma perché non ti mandavano a seguire la squadra maschile? Così magari ti rifacevi gli occhi e potevi ammirare qualche bel figo!-

-Guarda Vale, non ci avevo pensato!-controbatto sarcasticamente-Non rigirare il dito nella piaga!-

-Smettetela di lamentarvi voi due e venite a tavola, che è pronto!-

Così sotto l’obbligo, più che invito, di Giusy ci sediamo attorno al tavolo e cominciamo a discutere della giornata.

Due giorni dopo. Sportclub. Empoli.

-Mauro smettila di guardarle così: ci mancano che ci denunciano per molestie!-

-Fammi fare il mio lavoro! Per ora sto valutando il soggettofotografico!-

-Si. Va bene. Ragione hai. Però sbrigati a fotografarle, così poi io, terminata la partita, vado negli spogliatoi, faccio qualche domanda e ritorniamo a casa.

-Posso andare io ad intervistarle negli spogliatoi, maestra?- chiede, mostrandosi il giocherellone qual è.

-Ah dimenticavo! Devi fotografare il nuovo acquisto della squadra: dovrebbe essere quella rossiccia-

-Bell’acquisto- commenta il solito buffone.

D’altra parte non si poteva dargli torto, visto che le giocatrici del Livorno oltre ad essere formidabili nel gioco, sembravano uscite da Miss Italia. Poi quest’ultima, era la più alta: poteva essere un metro e ottanta. In pratica la rete neanche le creava problemi quando saltava; mentre per me ci vuole una molla sotto le scarpe solo per poterla guardare negli occhi.

Finita la partita, mi dirigo verso gli spogliatoi per sentire i commenti delle protagoniste, dato che avevano stravinto ottenendo i primi tre set. Mauro mi ha detto che mi aspettava in macchina: un’altra scusa per restare solo nel caso gli si presentasse qualche bella ragazza.

Distendo il braccio sulla maniglia e apro con cautela la porta: alcune ragazze sono già sotto la doccia. Ma a me basta parlare un po’ con il capitano e se sarò fortunata anche con la new-entry!

Incontro il capitano mentre stava mettendo piede nella doccia. Lo fermo e anche se un po’ controvoglia acconsente a rilasciarmi una piccola intervistuccia.

Poi chiedo della rossa.

-Quella è di Milano! Ha voluto uno spogliatoio per se!- sbotta una ragazza da dentro la doccia.

-Magari si vergogna a fare la doccia con noi, perché ancora non ci conosce-

-Si quella lì non vuole mischiarsi con le schiappe come noi!- riprende l’altra.

Prima che scoppi una discussione all’interno dello spogliatoio, mi avvio verso la porta che mi hanno indicato.

-Permesso??- la mia voce indecisa risuona per quel piccolo spogliatoio.

Si spalanca la porta della doccia ed esce fuori la giocatrice con addosso solo un asciugamano che riesce a coprire appena la zona bikini, lasciando in bella mostra quelle gambe interminabili. I capelli rossi le ricadono attorno al viso denotando quegli zigomi che durante la partita, forse perché teneva i capelli raccolti, non si notavano. Vedo i suoi occhi di un verde chiarissimo voltarsi verso me.

-Prego- dice con fare gentile.

Prima che il mio cervello si mette in moto passa qualche secondo. Riesco solo a biascicare qualcosa del tipo “potrei intervistarti?”.

Lei dopo aver fatto un cenno di assenso, dice –Aspetta solo un attimo-

-ok- faccio io.

Cerca qualcosa dentro la borsa. Ad un certo punto, evidentemente contrariata per non aver trovato nulla, sbuffa: “Al diavolo. Io non ci resisto a stare così”

-Tu mi capisci vero?- rivolgendosi verso me.

Oh cacchio e che vuole da me? Annuisco titubante.

Si avvicina di qualche passo. Poi un altro.

Ad un certo punto comincio a pensare alla distanza…ma che c’entra la distanza??? Niente il mio cervello mi ha abbandonata! Eppure ho sentito dire, forse in qualche film, che dopo mezzo metro di distanza scatta il bacio. Ma cosa c’entra questo?

Il suo passo ora esita un po’. Ad un certo punto si spazientisce; manda a quel paese qualcuno

- Fanculo! -

Ora distanza non ce n’è più. Solo le nostre labbra unite in un bacio straordinario. Niente più.

Subito sento la sua lingua chiedere di più; avendo perso ogni freno inibitorio e ogni appiglio alla realtà, la lascio fare: mi trasporta in uno dei baci più appassionanti della mia vita. Mi accorgo che le nostre lingue fremono al contatto e che non si possono staccare. Qualche volta si staccano per riprendere il fiato necessario e poi ritornano ad accarezzarsi e sfiorarsi, per intraprendere una via senza ritorno: quella del piacere. Un piacere che fino ad allora non avevo mai provato.

Completamente presa da lei: mi accorgevo di essere una piccola preda in confronto a quella torre, dalla bellezza inverosimile. Nonostante questo non facevo niente per sfuggire da quella situazione. Anzi ci volevo restare all’infinito.

Poi sento solleticare quel punto con la sua mano: un chiaro segno. Allargo le gambe: inizio a sentire le sue dita muoversi dentro di me seguendo lo stesso ritmo delle nostre lingue; in poco tempo raggiungo il piacere assoluto.

Dopo che ci siamo distaccate, cala un silenzio gelido sulla stanza.

È la prima volta che faccio una cosa del genere: cioè ho fatto l’amore con una persona con cui non avevo neanche scambiato una parola prima d’ora.

Decido che è meglio chiuderla lì. Esco dalla stanza in tutta fretta. Come una deficiente neanche mi accorgo che la palestra è vuota. Arrivata alla macchina, mi rigiro verso il campo e la vedo correre verso di noi.

Le serve un passaggio.

Le sue compagne l’hanno lasciata lì, “perché ho fatto tardi a cambiarmi” si giustifica.

Naturalmente non voleva fare capire nulla a Mauro, che si è offerto volentieri di darle un passaggio. Mentre discutevano del più e del meno, sempre sotto il mio totale silenzio, Mauro se ne esce fuori chiedendole dove andava ad abitare, visto che si era appena trasferita da Milano.

-Veramente non ho ancora deciso. Per ora sto in albergo, ma ovviamente non posso continuare ancora per molto. Dovrei cercare una casa…per caso conosci qualcuno che affitta a prezzo ragionevole?-

Mauro, con la sua solita leggerezza neanche mi chiede se c’è ancora posto in casa e parte in quinta dicendole:

- C’è Giulia che cerca una coinquilina. Divide l’affitto con altre due sue amiche-

Per non fare la figura della scema davanti a Mauro, mi tocca parlare.

-Si però sono solo tre stanze. Ma se vuoi venire ad abitare con noi non c’è problema…casomai io vado in stanza con una mia amica e ti lascio la stanza libera!- dico cercando di mostrare la mia solita gentilezza, anche se non è per niente facile in questo momento.

-Mi farebbe comodo dividere la casa con altre ragazze, così il prezzo dell’affitto non sarà alto! Ah comunque non ho problemi a dividere la stanza…- vedo uno strano scintillio di desiderio balenare nei suoi occhi.

-Hai visto Giulia, hai trovato la coinquilina che da tanto cercavi!-

-Si. Davvero una fortuna averti incontrata.- dico cercando di apparire il più normale possibile.

“Ho trovato la compagna che cercavamo da tanto tempo … e che compagna!” penso,mentre il mio sguardo si rivolge furtivamente verso il suo per ricambiare l’occhiatina di prima e la mia bocca si tende in un sorrisino malizioso, fortunatamente non notato dall’ingenuità di Mauro.

  
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