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Autore: Il Cavaliere Nero    15/04/2012    7 recensioni
New York e Londra. Due città diverse. Due anni di distanza. Due ragazzi innamorati. Due vite che si scontrano e poi incontrano. Due strade che non possono più separarsi. Storia della storia dell’amore tra Shinichi e Ran:
(…) stava quasi già pensando di confessargli i suoi sentimenti –ci aveva provato, quel giorno, al Tropical Land! “Smettila di parlare di Sherlock Holmes! Vuoi capirlo o no che non vedevo l’ora di venire qui con te, tu non capisci cosa provo!” gli aveva urlato contro, ma lui era avvampato e, cercando di balbettare qualcosa, si era irrigidito completamente. Il coraggio aveva dunque abbandonato Ran, che subito si era finta divertita: “Ahah, perché ti imbarazzi tanto? Non sei affatto un bravo detective se non sei riuscito a capire che stavo scherzando!”

come si è evoluta nel corso del manga la loro vicenda?
[Presenti riferimenti ad eventi accaduti, in Italia, nel manga ma non ancora nell'anime]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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E a Tokyo, quando? - Epilogo

Shinichi e Ran

Il cielo limpido si tingeva di rosso, mentre i raggi del sole iniziavano a divenire sempre più flebili, rispecchiandosi sull’asfalto della strada: era il tramonto.
La ragazza, cercando di nascondere il tremore, si trovava in piedi contro la figura slanciata del ragazzo, stagliata sullo sfondo del sole che tramontava oltre l’orizzonte.
Tuttavia, non erano soli: pochi metri dietro Ran, c’era Sonoko, i calzoncini jeans a fasciarle metà coscia e il leggero top di cotone azzurroa testimoniare che le due ragazze stavano facendo allora rientro dal mare.
Pochi giorni prima, infatti, era stata recapitata all’agenzia investigativa una strana lettera: un invito ad una specie di convegno per detective, nei pressi di Yokohama, nella prefettura di Kanagawa.* Il tono beffardo del mittente aveva indotto Kogoro ad una sonora risata:
“Ahah! Ma con chi crede di avere a che fare questo qui? Io sono il grande Detective Dormiente* Kogoro Mouri, non temo il confronto con altri! Saranno sicuramente dei principianti paragonati a me! Ahah!!”
Quelle lodi rivolte a se stesso si erano prolungate per un altro paio di minuti, mentre Ran avvampava, portandosi un dito tra il colletto della camicia ed il collo nel tentativo di prendere aria. Si sentiva soffocare:
-Se davvero sono stati invitati i detective più famosi, allora…allora anche…-

“Sei la ragazza più difficile che io conosca, talmente diversi sono i sentimenti che provi contemporaneamente! Anche se io fossi Holmes per me sarebbe impossibile capirti, perché il cuore della donna che si ama… come potrebbe essere oggetto di deduzione?”

Quelle parole le erano risuonate prepotenti nelle orecchie: forse quello sarebbe stato il momento giusto per rispondergli…certo, non era a Tokyo come si era prefissata, ma…
“Ma è grandioso! Capita nel week-end!” si era però intromessa Sonoko, che aveva accompagnato la sua amica a casa da scuola ed era salita in agenzia.
“Facciamo così, Ran: noi accompagniamo tuo padre per un pezzo, poi facciamo una piccola deviazione e andiamo in spiaggia! Dicono che il sole che batte su quella sabbia abbronzi tantissimo! Che ne pensi, eh?” aveva proposto, quasi urlando, con le mani all’altezza del petto.
“Ma…veramente…” gli occhi di Ran si erano ridotti a due minuscoli puntini scuri: i suoi piani così sarebbero andati in fumo…
“Ehm, io…” si schiarì la voce, cercando di assumere un certo contegno. Peccato che le sue guance color porpora tradissero i suoi veri propositi:
“Io preferirei stare al fianco di papà…voglio dire, dovesse servirgli una mano…dovesse succedergli qualcosa…”
“Oh, come sei noiosa, Ran!” aveva replicato Sonoko, ma con uno strano sorrisetto ad illuminarle il viso “E allora facciamo così: alla sera, dal ritorno dal mare, invece di tornare a casa raggiungiamo la villa stabilita per quest’incontro di fissati per i gialli, va bene? Tanto nella lettera c’è scritto che questa specie di convegno durerà tre giorni! Noi ci perderemo soltanto il primo pomeriggio!”
La karateka però non appariva convinta.
“Dai, dammi retta!” aveva insistito “Ti perderai soltanto le presentazioni! E poi…in questo modo, arriverai bella abbronzata per rivedere il tuo principe azzurro, non trovi?” aveva terminato il discorso ammiccando, dimostrandole così di aver perfettamente capito quali fossero i pensieri che affollavano la sua mente.
Con un sospiro, Ran aveva ceduto: e così, in quel momento, le due ragazze si trovavano proprio sull’autostrada di Tokyo, sulla via del ritorno. La giornata era stata nuvolosa, soltanto allora il cielo stava cominciando a rischiararsi.
“Abbronzarsi, eh?” l’aveva rimbeccata Ran in spiaggia.
“Suvvia, suvvia! Una donna che si rispetti deve sempre farsi attendere, non lo sai?” aveva risposto, facendo vagare lo sguardo tra gli uomini in costume alla ricerca di qualcuno che potesse dar loro uno strappo in automobile; non aveva la benchè minima voglia di prendere l’autobus.
“Questo vale anche per il tuo Shin-chan…lui non fa mica eccezione!” aveva terminato.
“Che faccia tosta hai!” gridò la giovane ereditaria, rivolta al ragazzo in piedi di fronte a loro.
Non c’era nessuno nel raggio di chilometri. Nessuno li avrebbe…disturbati.
Il giovane, per tutta risposta, alzò le spalle, rimanendo in silenzio. Lui e Ran si fissarono per qualche istante, ma mentre lui era deciso a restare immobile, lei era pronta a scattare.
“Non ti vergogni neanche un po’?” insistette la biondina, guardandolo in cagnesco.
Ran, voltatasi in direzione della sua amica, tornò a scrutare lui, vestito d’una camicia nera e di un paio di jeans scuri. Mentre lo sguardo indugiava sulle sue ciabatte infradito, sentì la sua voce articolare:
“E di cosa? Voi, piuttosto, non avreste dovuto intromettervi.” Alzò lo sguardo per puntarlo sulle sue labbra, piegate in una smorfia di fastidio. “Siete state bimbe cattive. Ed ora, ne pagherete le conseguenze.”
Sonoko si strinse immediatamente alle spalle di Ran, tremante: “Che…che facciamo ora?” le domandò, ricevendo per risposta:
“Sta’ indietro…”
-Con quelle ciabatte…- riflettè, tornando per un istante a fissargli i piedi -…sicuramente non sarà agile nei movimenti. Se provo con un Mikazuki geri…*-
Il giovane biondo iniziò a muovere dei passi verso di loro, che per tutta risposta indietreggiarono.
Ran sorrise amaramente: -Ma perché? Perché siamo così sfortunate? Tutte le volte che andiamo al mare ci imbattiamo in qualche pazzo omicida!-
Aveva ragione: così era capitato per molte volte.* E anche in quell’occasione, non c’era stata alcuna differenza! Per puro caso avevano assistito a quello che, a prima vista, era parso un incidente: una ragazza era annegata mentre faceva sub. Ma, naturalmente, in realtà si era trattato di omicidio; e l’assassino aveva ben chiaro che le due giovani avrebbero capito, prima o poi, la verità: lo avevano visto chiaramente armeggiare con la bombola d’ossigeno che poi la vittima aveva utilizzato per nuotare nelle profondità marine! Dopotutto erano entrate in quella stanza senza bussare!*
Per questa ragione si era offerto di dare loro un passaggio in macchina sino alla villa, salvo poi fermarsi nel luogo più deserto dell’autostrada di Tokyo per farle scendere dalla vettura con la scusa d’aver bucato ed eliminarle.
-Se fossimo venute via prima, avremmo incontrato qualcuno dei detective diretti al convegno, non siamo poi così distanti dal luogo dell’incontro! Maledizione…- imprecò Ran, lanciando uno sguardo al piccolo ponte che sovrastava le due corsie con i sensi di marcia opposti: era deserto.
“Chi delle due vuole andarsene per prima?” cantilenò, minacciandole con un pugnale estratto da chissà dove.
“R-Ran…” balbettò Sonoko, stringendosi con maggiore forza alle sue spalle. L’interpellata si liberò velocemente delle infradito –la considerazione fatta per l’uomo valeva anche per lei, che, inoltre, era abituata a combattere a piedi nudi- mettendosi in posizione d’attacco.
“Suppongo tu…” ghignò lui, facendo per correre nella sua direzione.
“INDIETRO, SONOKO!” ripeté lei, dandole una leggera spinta per allontanarla dalla lotta.
“RAN!” gridò, spaventata, cadendo seduta per terra: anche la giovane karateka stava correndo in direzione del ragazzo, desiderando tentare di disarmarlo. Ma proprio quando i due combattenti si trovavano a pochi centimetri di distanza e l’assassino aveva alzato il coltello oltre la testa per darsi lo slancio necessario ad affondare la lama, un oggetto velocissimo lo colpì al polso, facendogli perdere la presa.
“Acc…!” Imprecò quello, portando immediatamente la mano libera sulla pelle dolorante.
Ran ne approfittò: pose le mani di fronte a sé per difendersi da eventuali attacchi, piegò le ginocchia e portò tutto il peso su una gamba sola; alzò il piede destro per colpire l’aggressore, quando un secondo oggetto lo colpì, rapido quanto il primo, alla testa.
L’uomo cadde rovinosamente a terra, privo di conoscenza.
“Uh?” Ancora in posizione, con una gamba leggermente sollevata da terra, la ragazza guardò quel corpo sporco di sabbia disteso a terra.
Poi si girò, per scoprire che i due misteriosi oggetti erano due caschi blu, allora poco distanti da Sonoko.
“Sonoko!” si ricordò improvvisamente la ragazza, correndo ed inginocchiandosi alla sua altezza.
“Perdonami, ti ho fatto male?” le chiese, scuotendola lievemente per le spalle “Stai bene?”
“Ah..ah…” cercò di dirle lei, senza riuscire ad articolare parole di senso compiuto. Quindi, indicò con l’indice oltre le sue spalle.
Ran batté le palpebre un paio di volte, prima di capire:
-Ma certo!-
Chi mai era stato ad aiutarle?
Si voltò immediatamente nella direzione additata dall’ereditiera, focalizzando l’attenzione sul ponte, dove si trovava una moto nera come la notte; tuttavia, Ran concentrò lo sguardo sul ragazzo seduto su di essa.
La scura tuta da motocicletta gli fasciava il corpo, ma era abbastanza aderente da permettere di apprezzare i muscoli del giovane, appoggiato con i gomiti ad una borsa posta tra le sue gambe; i capelli neri erano mossi dal vento e quegli splendidi occhi azzurri, capaci di riflettere la flebile luce del sole, tramontato quasi del tutto, erano fissi su di lei.
Le labbra erano piegate in un sorriso sicuro, fiero.
“S-Shinichi!”
“K-Kudo!”
Lo chiamarono all’unisono le ragazze, gli occhi spalancati: il tono di voce era troppo basso perché lui potesse udire le loro parole, ma gli fu sufficiente leggere il movimento delle labbra per comprenderle.
“Vi cacciate sempre nei guai!” gridò, sorridendo. “Avanti, riportatemi i caschi!”

§§§

“Sei il solito sbruffone!” esclamò Suzuki, colpendolo ad una spalla con il primo casco recuperato da terra. Entrambe le giovani, infatti, avevano accontentato la richiesta del detective ed erano salite sul ponte grazie alle scalette che lo mettevano in comunicazione con la strada.
Mentre Kudo replicava, con sorriso audace, Mouri non credeva ai propri occhi: lo stomaco si era contratto in una morsa, le gambe le tremavano più di quanto non avessero fatto di fronte a quel terribile assassino e il volto le andava a fuoco.
In quello stato, non riusciva neppure ad avvicinarsi all’investigatore: si trovava infatti ad almeno un metro di distanza dagli altri due, che ancora continuavano a battibeccare.
Nel frattempo, Shinichi era sceso dalla sella per riporre il casco.
“Tsk!” esclamò Sonoko mentre lui le porgeva la mano per riprendere il secondo.
“Ce l’ha Ran!” gli rivelò.
Entrambi allora si voltarono a scrutarla e lei, al centro dell’attenzione, arrossì ancora di più.

“Sei la ragazza più difficile che io conosca, talmente diversi sono i sentimenti che provi contemporaneamente! Anche se io fossi Holmes per me sarebbe impossibile capirti, perché il cuore della donna che si ama… come potrebbe essere oggetto di deduzione?”

Ancora quelle parole!
Deglutì cercando di muovere qualche passo, ma sussultò quando si accorse che Shinichi si stava avvicinando. Si fermò a pochi centimetri di distanza da lei, sorridendole:
“Ti spiace?” le domandò inchinandosi leggermente per prendere il casco dalle sue braccia, piegate lungo i fianchi.
“Ah…n-no…” rispose lei, scattando indietro: Shinichi le aveva sfiorato le dita.
Sonoko ghignò, lui battè le palpebre un paio di volte. Poi si girò verso Suzuki:
“Mettilo vicino all’altro!” Si raccomandò, lanciandole il casco con un abile movimento del polso.
“E-Ehy!” si lamentò, afferrandolo per un pelo. Ma risollevato lo sguardo dall’oggetto, notò che il liceale aveva preso per mano Ran e la stava conducendo sulle scale che portavano alla strada.
Sbuffò sonoramente, avviandosi alla moto: “SBRIGATEVI! NON MI PIACE FARE IL TERZO INCOMODO!”
“Sh-Shinichi!” lo richiamò lei, paonazza. “C-cosa…?” però si lasciò trascinare da lui, trovandosi poi con le sue mani a reggerla per i fianchi. Realizzò che si trovavano sotto le scale, nascosti dalla vista impertinente di Sonoko: il ragazzo era appoggiato con la schiena al muro della colonna laterale del ponte e la teneva per la vita, vicino a lui.
“Ahm…” cercò di dire qualcosa, ma la saliva le andò per traverso.

“Sei la ragazza più difficile che io conosca, talmente diversi sono i sentimenti che provi contemporaneamente! Anche se io fossi Holmes per me sarebbe impossibile capirti, perché il cuore della donna che si ama… come potrebbe essere oggetto di deduzione?”

Erano a Tokyo.
Era il momento di rispondergli.
Era il momento di dirglielo.
“Ciao.” La salutò lui, attirando così i suoi occhi sorpresi sul suo volto.
Rise: “Mi sembrava che ci fossimo incontrati in modo alquanto bizzarro, quindi…ricominciamo! Ciao” ripetè, ammiccandole.
Ran si lasciò andare ad un sorriso, sostenendo il suo sguardo.
Così da vicino poteva scorgere del rossore sulle guance dell’amico: ma poteva anche apprezzare il suo volto, dannatamente bello.
A quei pensieri si imbarazzò ancora di più, abbassando immediatamente lo sguardo; ma, seppur senza intenzione, finì a fissare la pelle che la tuta, sbottonata più del dovuto, lasciava intravedere: un petto decisamente ben allenato, dei muscoli davvero scolpiti. Un corpo forte, vigoroso…

“Sei la ragazza più difficile che io conosca, talmente diversi sono i sentimenti che provi contemporaneamente! Anche se io fossi Holmes per me sarebbe impossibile capirti, perché il cuore della donna che si ama… come potrebbe essere oggetto di deduzione?”

Tornò immediatamente a fissarlo negli occhi, deglutendo a disagio.
Shinichi le sorrise di nuovo: “Non riesci proprio a stare lontana dai guai…se non ci fossi io a salvarti!” scherzò.
“Da che pulpito, eh! Sei tu quello che è fissato con i misteri!” riuscì a dire, spinta dal tono beffardo del ragazzo.
Lui le rispose con l’ennesimo sorriso. L’ennesimo raggiante sorriso.
Era davvero contento di poterla finalmente incontrare con il suo vero corpo!
Non appena aveva letto la lettera spedita a Kogoro, aveva sperato fosse arrivata anche a lui: si era dunque rivolto al professor Agasa, pregandolo di controllare nella cassetta delle lettere di villa Kudo.
In effetti, l’invito era lì, tra i volantini degli sconti al supermercato e la pubblicità di un nuovo negozio di videogiochi. Quindi, rapidamente perché Subaru non lo notasse*, lo aveva preso e poi l’aveva presentato ad Ai:
“Haibara! Pensa a quanti investigatori ci saranno! Magari si tratta di un’indagine importante!”
Lei lo aveva osservato con gli occhi a fessure.
“Suvvia, Haibara! Io sono un investigatore! Non puoi negarmelo!”
“Tre giorni, tre pasticche di antidoto, Kudo. Non una di più. Se le sprechi per la ragazza dell’agenzia investigativa, affari tuoi! Non ho intenzione di soccorrerti, stavolta.” Aveva ceduto, consegnandogli l’apotoxina.
Per aspettare che quella sostanza facesse effetto, aveva dovuto aspettare per ben due ore; poi, si era attardato cercando nel garage della sua vecchia casa la moto appartenuta a suo padre, ben attento a non farsi sentire da Okiya.
A quel punto, si era ovviamente fatto tardi e lui si era ritrovato a percorrere l’autostrada di Tokyo in un ritardo bestiale. Fortunatamente, al di là di ogni aspettativa, era invece stato di un tempismo perfetto!
“Stai andando…alla villa di Yokohama?” Ran lo richiamò dai suoi pensieri, eppure lui non smise di scrutarle il corpo, vorace, desiderando marchiare a fuoco nella mente ogni dettaglio scorto da quell’altezza. Dalla sua altezza.
“Può darsi.” Rispose, elusivo. “E tu?”
“No.” Rispose immediatamente lei, la faccia tirata di chi cerca di trattenere un sorriso. “Però, se tu ci vai…”
“Ah, sì?” ridacchiò lui, attirandola di più a sé. Continuò a far guizzare lo sguardo da una parte all’altra del suo corpo, senza curarsi di nasconderle quella scrupolosa osservazione .
Ran infatti se ne accorse: vide chiaramente il suo sguardo esitare e sostarsi, e sentì il cuore mancarle un battito. Conosceva i sentimenti di Shinichi, lui stesso glieli aveva rivelati. Doveva dunque dedurne che fosse anche attratto da lei? Quell’idea le si insinuò nel cervello, lusingandola e donandole un po’ di coraggio.
“Shinichi…” iniziò, pronta a dichiarargli i suoi sentimenti.
“E’ una bella serata, Ran.” La interruppe lui, tornando a fissarla negli occhi.
Che senso aveva continuare a fingere che non fosse successo nulla? Che a Londra non le avesse detto la verità? Non era stata una cattiva mossa, lei appariva serena e non aveva dato impressione di volerlo vedere più di quanto non facesse prima. Semplicemente, era più tranquilla: non parlava più di possibili ammalianti ammiratrici, non sembrava sospettare più che lui intrattenesse, lontano da casa, torbidi rapporti con donne prosperose. Sapeva che l’amava: e questo le bastava.
E allora, perché indugiare oltre? Perché non battere sul tempo Kyogoku ed Hattori, che erano tanto sciocchi da continuare a perdere il loro tempo parlando di abiti adeguati ad una diciassettenne o litigando a causa di un appuntamento dimenticato?
Non c’era ragione d’aspettare.
Presa questa decisione, le sorrise: “Non ti sono sempre piaciuti, i tramonti, Ran?”
Ma non attese una risposta; chiudendo gli occhi, si sporse sul suo viso, il cuore che batteva a mille.
Dal canto suo, la ragazza percepì una scarica elettrica pervaderle il corpo alla vista di Shinichi che, ad occhi serrati, si avvicinava a lei; quindi rimase immobile, incapace di qualsiasi movimento, aspettando di sentire la bocca del ragazzo sulla sua.
E mentre le labbra di lui stavano per azzerare la distanza tra loro e lei stava per chiudere definitivamente gli occhi, un urlo li bloccò:
“ALLORA, CHE STATE FACENDO? AVETE INTENZIONE DI LASCIARMI QUI DA SOLA ANCORA PER MOLTO?”
“Sonoko…” si lasciò sfuggire in un lamento di fastidio lei, sospirando. Quel momento era rovinato!
Ma Shinichi non la pensava allo stesso modo: aveva riaperto gli occhi, ma non si era affatto allontanato dal viso dell’amica, anzi. Le sussurrò, malizioso, sulle labbra:
“Lasciala parlare…” poi gridò in risposta:
“CHIAMA LA POLIZIA, QUEL TIZIO POTREBBE RIPRENDERE I SENSI!”
Quindi chiuse di nuovo gli occhi, baciandola.
-Spiacente Suzuki, ma non ti permetterò di far vincere Kyogoku…- fu l’ultimo pensiero prima che il profumo di Ran gli facesse perdere la cognizione di tempo e spazio. -Questa partita, l’ho vinta io…-
Una rivalsa contro i suoi stessi pensieri, che troppo spesso avevano sottolineato la fortuna di quei due giovani, destinati ad incontrarsi ogniqualvolta volessero, contro la sua cattiva sorte, che invece gli concedeva la possibilità di parlare con Ran solo attraverso un modulatore vocale.
L’uno poteva percepire chiaramente il battito accelerato dell’altro, mentre il bacio timido diveniva più passionale ed entrambi, quasi all’unisono, aprivano la bocca per lasciare che i loro sentimenti assumessero una forma più adulta.
Rapita dal contatto con la lingua del ragazzo, gli circondò il collo con le braccia, stringendosi a lui: e mentre Shinichi attirava a sé i fianchi della giovane, facendo combaciare perfettamente i loro corpi, Ran pensò che non fosse più necessario rispondere alla sua dichiarazione.
Entrambi sapevano d'amarsi.
Così, nel momento in cui Sonoko chiedeva concitatamente alla polizia di sbrigarsi a raggiungerli, finalmente Tokyo vedeva Shinichi e Ran amarsi e regalava loro, quasi come dono augurale, un magnifico tramonto rosso fuoco.

§§§

Precisazioni:

*La città e la rispettiva prefettura esistono realmente, sono nella zona del Kanto di Honshu.
*Detective Dormiente: in effetti non suona troppo bene XD Però non sapevo in che altro modo tradurre Sleeping Kogoro-san!
*Mikazuki geri: calcio a mezzaluna.
*Assassini al mare: Varie volte è capitato, in più file e volumi. Mi è sembrato pedante elencarli tutti.
*…senza bussare: ho ‘copiato’ l’espediente del volume 5, file 1, il caso dell’uomo bendato.
*L’invito era lì (…)…rapidamente perché Subaru non lo notasse: So bene che Conan sembra fidarsi molto di Okiya, però è anche vero che ha chiesto a Ran di non parlare mai di Shinichi di fronte a lui. Quindi mi sono allineata all’idea che il detective non gradisca che Okiya sia informato delle cose che riguardano Shinichi.
*Shinichi chiede a Ran di chiamarsi con il cognome in luogo del nome nell'episodio 476 della numerazione originale giapponese.

§§§

Note dell’autrice: The end! Anche questa breve fic è finita!
All’inizio della storia avete pensato che il ragazzo con le infradito fosse Shin, vero? Ahah, spero che questa piccola ‘trappola’ vi sia piaciuta, ho voluto creare una specie di equivoco/scambio di persona per non rendere il finale troppo ovvio.
Ho alternato le riflessioni indirette di Shinichi a quelle di Ran, spero sia chiaro quando faccio parlare la coscienza di uno e quando quella dell’altro, di solito non sono troppo brava in queste cose. Infine, ho tentato di realizzare una ‘summa’ delle riflessioni esposte nei due capitoli precedenti. Ahah, e ho voluto assegnare anche una piccola parte a Sonoko, senza la quale il rapporto tra Shin e Ran sarebbe ‘incompleto’ XD Spero vi sia piaciuto!

Un ringraziamento particolare va ai commentatori del secondo capitolo: Shine_, Yume98, SaraKudo, _Rob_, 88roxina94, mangakagirl.

Detto questo, siamo giunti al termine. Prometto di tornare presto (conoscete oramai il mio concetto di ‘presto’ ^^”) con la prossima fanfic.
Vi ringrazio enormemente per i commenti, o anche solo per aver letto la fic: mi avete colmato il cuore di gioia!
Un grande bacio,

Cavy-chan

   
 
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