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Autore: N33ROD84    16/04/2012    8 recensioni
Vi è mai capitato di desiderare, o solo pensare, leggendo un libro che se foste stati i protagonisti di quella storia avreste agito in un certo modo e non in un altro? Cosa succederebbe se vi venisse data davvero questa opportunità? Questa è la storia di Elisabeth, una ragazza come tante che in un giorno come tanti si ritrova catapultata all’interno del sesto libro della mitica serie senza conoscerne minimamente la storia. Troppo semplice? E se si trovasse a vestire i panni di Harry Potter in persona e a dover fare i conti con il tormentato legame che la unisce indissolubilmente a Lord Voldemort?
Genere: Azione, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Non possiedo Harry Potter. Harry Potter e qualsiasi cosa ad esso legato appartengono unicamente all’autrice J.K. Rowling.

Premessa: Vi è mai capitato di desiderare, o solo pensare, leggendo un libro che se foste stati i protagonisti di quella storia avreste agito in un certo modo e non in un altro? Cosa succederebbe se vi venisse data davvero questa opportunità? Questa è la storia di Elisabeth, una ragazza come tante che in un giorno come tanti si ritrova catapultata all’interno del sesto libro della mitica serie senza conoscerne minimamente la storia. Vediamo se indovinate quali panni si troverà a vestire? ;)

Note: Perdonate ogni mio eventuale refuso e fatemi sapere cosa ne pensate. Ogni vostro giudizio sarà sicuramente di forte ispirazione per il proseguo della storia ^^

 

UN ANNO DA HARRY POTTER
ONE YEAR LIKE HARRY POTTER


CAPITOLO 1
UNA GIORNATA COME TANTE


one year like harry potter


16 luglio 2005

Tic Tac.
Tic tac.
Tic tac.

Il vecchio orologio a pendolo scandiva lentamente il tempo di quella che sembrava essere una giornata come tante.

Elisabeth odiava quel rumore. Così come odiava il ticchettio emesso da qualsiasi orologio. I suoi genitori erano proprietari di una piccola orologeria artigianale locata nel centro di Londra che veniva tramandata da oltre tre generazioni. E come da tradizione, avevano provato a insegnarle l'arte affinché, un domani, potesse prendere in gestione l'attività. Elisabeth aveva respinto ogni loro tentativo.

David e Susan avevano quindi rinunciato lasciando alla ragazzina ampio respiro affinché scegliesse da sola la propria strada, mentre Elisabeth - ormai sedicenne - non aveva ancora la minima idea di cosa fare della propria vita.

--

«Elisabeth!»

Nessuna risposta.

«Elisabeth! Sveglia, è ora di alzarsi!»

Elisabeth, al secondo richiamo della madre, emise uno strano e soffocato verso prima di alzarsi, a fatica, dal letto.

«Ar.. Yawn.. Arrivo..» disse infilando i piedi nelle pantofole e strofinando con sofferenza gli occhi che, ancora intorpiditi, faticavano a mettere a fuoco la stanza.

«Ciao Romeo» sussurrò dando una leggera grattatina sul capo del piccolo gatto meticcio che ancora sdraiava sul letto e che, con estrema indifferenza, continuava a ronfare senza curarsi della propria padrona.

Elisabeth uscì dalla propria stanza, attraversò uno stretto corridoio passando davanti all'orologio a pendolo della nonna Josephine, ed entrò in cucina.

«Eccoti finalmente!» disse Susan vedendo la figlia entrare in cucina ancora in pigiama.

La madre di Elisabeth era una donna molto bella. Alta, mora e giovane. Aveva solo 38 anni. Indossava un paio di jeans stretch, una camicetta bianca che ne risaltava la carnagione olivastra e un paio di scarpette con i tacchi. Elisabeth le somigliava molto. Stessi occhi verdi smeraldo, stessi capelli mori leggermente mossi che scendevano appoggiandosi sulle spalle e dei lineamenti mascolini che rendevano entrambe le donne ancora più misteriose e affascinanti.

«Questa è la lista della spesa» disse agitando un foglietto bianco in una mano e afferrando una piccola ed elegante borsetta nell'altra.

«Mi raccomando, compra tutto, in particolare le uova. Mi servono per la torta di stasera. Voglio preparare a tuo padre la sua torta preferita, dopo tutto quarant'anni si compiono una volta sola nella vita!»

«Sì mamma, non ti preoccupare..»

«Bene, io vado» disse Susan avvicinandosi alla figlia e stampandole un caloroso bacio sulla fronte «ci vediamo stasera!». Con quest'ultima affermazione uscì chiudendo la porta alle sue spalle.

--

Era una giornata molto calda. La più calda di tutta l'estate.

Elisabeth si era lasciata alle spalle un anno scolastico davvero impegnativo. Ancora ricordava, con estrema chiarezza, il forte groviglio allo stomaco e il senso di nausea avvertito quando, davanti al tabellone dei risultati scolastici, aveva letto la parola "rimandata" a fianco del suo nome. Si era sentita svenire.

Com'era possibile?

Elisabeth non era mai stata particolarmente brava a scuola. Non perché le capacità non le avesse, semplicemente aveva altro per la testa. Si accontentava di ottenere la sufficienza, e lei era certa di averla guadagnata in tutte le materie.

L'unica materia che non aveva calcolato era storia. Non aveva mai avuto un rapporto particolarmente felice con la professoressa Giggs, ma l'ultima e accesa discussione avuta poco prima della fine delle lezioni aveva probabilmente condizionato il suo giudizio. E così si era trovata un'insufficienza.

Persa in questi pensieri, Elisabeth camminava per i vicoli di Londra. Il supermercato era giusto un paio di isolati più in là.

Passò davanti alla macelleria di fiducia per poi lasciarsi alle spalle una piccola bottega di oggetti usati. Svoltò l'angolo e attraversò l'incrocio che l'avrebbe portata al negozio di alimentari.
Poco prima di raggiungere le porte scorrevoli del supermercato però, vide qualcosa che non aveva mai notato prima.

Quasi schiacciato tra due edifici, c'era un terzo edificio, molto stretto e con un architettura più vecchia rispetto agli altri due. Sembrava fosse stato costruito molto tempo prima rispetto alle altre strutture, che in un certo senso sembravano "soffocarlo".

Solo una porta, un'unica e vecchia porta a vetrina con l'insegna "books". Nulla in esposizione, nessun cartello promozionale o di benvenuto.

Elisabeth si fermò a osservare quella curiosa visione che, sebbene facesse quella strada quasi tutti i giorni, non aveva mai notato prima.

«Non deve avere una grande clientela..» pensò tra sé e sé.

Leggermente affannata dalla camminata e accaldata per la forte afa, mise la mano sulla maniglia della vecchia porta e la aprì. Un buona lettura era quello che ci voleva per scacciare la forte noia di quei giorni.

---

Elisabeth ci mise qualche minuto per abituare la vista alla "luminosità" interna della bottega che, con il passare dei secondi le pareva sempre meno “luminosa” e sempre più buia.

Messo a fuoco l'ambiente, la ragazzina notò la totale assenza di corrente elettrica. Appese alle pareti vi erano delle vecchie lampade ad olio.

Vecchi libri usurati e consumati dallo scorrere degli anni giacevano abbandonati, sebbene in modo ordinato, su centinaia e centinaia di scaffali. Come poteva essere tanto capiente uno spazio che dall'esterno sembrava essere tanto piccolo?

Anche l'aria sapeva di antico, resa ancora più pesante dalla quantità di polvere depositata su pavimenti, scaffali, banconi e libri.

«Ma dove sono capitata?» si disse.

E con questo pensiero si voltò su se stessa pronta a varcare la porta dell'uscita.

«L'ha già trovato?».

Una voce, proveniente da dietro il bancone principale locato di fronte all'ingresso, interruppe Elisabeth proprio mentre stava per afferrare la maniglia dell'uscita. La ragazzina si voltò, e individuò il suo interlocutore.

Un'anziana figura le stava sorridendo. Un uomo, apparentemente sulla settantina. Ma chi avrebbe potuto decifrare con esattezza la sua età? I lunghi capelli bianchi, le numerose rughe scolpite sul viso e due grandi e brillanti occhi neri.

«Mi scusi?» disse Elisabeth con tono incerto.

«Mi chiedevo se l'avesse già trovato. Il suo libro» rispose lo strano negoziante.

«Il mio libro? Io.. No, devo essere entrata qui per sbaglio.. Mi dispiace..».

L'anziano sorrise ancora più intensamente. «Oh cara, nessuno entra qui per sbaglio. Le persone che entrano in questo negozio, poche a dire la verità, entrano solo quando è il momento di entrare».
Elisabeth, guardò il negoziante con aria perplessa. «Sì, certo, come no..» pensò tra sé e sé. E sebbene non volesse far altro che salutare e abbandonare quelle mura per dedicarsi alla sua spesa, annuì, più che altro per non sembrare scortese.

Così l'anziano signore proseguì: «sai, ben pochi sono a conoscenza del fatto che sono le cose a scegliere noi, e non il contrario. Tendiamo a convincerci che acquistiamo un bel vestito perché ci piace o una borsa perché è bella. Nella realtà sono loro ad avere scelto noi, già da tempo. La stessa cosa vale per i libri. Sono loro a sceglierci. E ogni volta che scelgono una persona la storia cambia, le emozioni cambiano e tal volta persino i personaggi. Curioso, non credi?».

«Sì, molto curioso» rispose Elisabeth assecondando il vecchio senza aver davvero prestato attenzione alle sue parole. Doveva trovare un modo per uscire da quella situazione.
«Sai che giorno è oggi?» disse il vecchio.

«Mmh, sabato?» rispose Elisabeth.

«Più o meno. Oggi è sabato 16 luglio 2005. È una data molto speciale. Un giorno molto speciale. È il giorno in cui sei entrata in questo negozio. Chissà, il destino, quale storia ha selezionato per te».
A questo punto il libraio iniziò frugare tra gli scaffali e dopo qualche minuto ne estrasse un libro.

Elisabeth notò che anche questo, così come tutti gli altri libri presenti nella bottega, appariva usurato. L'immagine di copertina era indistinguibile così come il titolo.

«Eccolo» disse il vecchio allungando il libro alla ragazza.

«Di cosa si tratta?» domandò Elisabeth afferrando l'oggetto.

«E chi può dirlo?» rispose l'anziano sorridendo. «Perché non ci dai un'occhiata» aggiunse con un cenno.

Elisabeth lo aprì scegliendo una pagina a caso, e iniziò a leggere:

“«lanciare un incantesimo senza doverlo pronunciare, vi consente di risparmiare tempo sull'avversario e di rendere il vostro attacco o la vostra difesa più veloci» disse Piton alla classe. «Ora dividetevi a coppie. Uno cercherà di lanciare all'altro un incantesimo senza parlare. L'altro cercherà di respingere l'incantesimo ugualmente in silenzio. Provate».
Ron, che si supponeva dovesse colpire Harry con una fattura, era rosso in faccia, le labbra strettamente compresse nello sforzo di resistere alla tentazione di pronunciare l’incantesimo. Harry teneva la bacchetta alzata, aspettando sulle spine di respingere un incantesimo che sembrava invece non arrivasse mai.”

«Ecco, un fantasy. Io odio il genere fantasy» disse Elisabeth tenendo gli occhi sulle pagine. «La mia amica Bet, invece, li adora. In particolar modo va matta per il libro di quel maghetto.. Non sarà questo?».

Elisabeth alzò lo sguardo in attesa della risposta del vecchio, ma in quel momento accadde qualcosa di strano.

Tutto intorno a lei iniziò a girare vorticosamente.

All'improvviso avvertì un urlo, e a seguire una risata stridula, maligna. Poi una luce accecante e l'immagine di due persone a terra, un uomo e una donna, forse. E da lì iniziarono a scorrere delle immagini.. Dei ricordi?
Ma la velocità era troppo elevata perché Elisabeth riuscisse a focalizzare anche una sola scena. Solo un frammento gli rimase impresso nella mente come un incubo ad occhi aperti.

Una figura magra, più pallida della morte e con due grandi lividi occhi rossi. Un naso piatto come quello di un serpente e due fessure per le narici.

Poi tutto si fermò. Solo allora Elisabeth riuscì a togliere le mani dagli occhi.

La testa le scoppiava. Una forte nausea le saliva dallo stomaco. Doveva essere stato il caldo. Lo sbalzo di temperatura tra quella esterna e quella interna il negozio le aveva probabilmente provocato un’allucinazione visiva. Dopotutto non era una cosa così strana. Sì, era la spiegazione più plausibile.

Elisabeth alzò quindi lo sguardo, pronta a congedarsi in fretta e furia da quello strampalato libraio, ma ciò che vide non era certo ciò che si aspettava.

Davanti a lei un'oscura figura la stava osservando con odio e disprezzo. Una lunga tunica nera. Nera come gli unti capelli che coprivano la sua testa.

«Un tentativo patetico Mr. Weasley» disse l'uomo. «Lascia che ti mostri come lanciare un vero incantesimo senza pronunciarne il nome».

E così dicendo Piton si voltò verso Elisabeth puntando verso di lei la sua bacchetta.


--- Fine del capitolo 1 ---



** Fatemi sapere cosa ne pensate e recensite! A presto con il secondo capitolo! ^^ **


   
 
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